Repubblica Italiana
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Gruppo VI                            /377.99.11

OGGETTO: XXXX di YYYY - Riorganizzazione strutturale dell'ente da parte di un commissario ad acta - Legittimità.

   
   
   
                                    Assessorato regionale del lavoro,
                                         della previdenza sociale,
                                         della formazione professionale
                                         e dell'emigrazione
                                         P A L E R M O

   
                 1. Con la nota in oggetto indicata, trasmessa a questo Ufficio a seguito delle determinazioni assunte in merito alla nota del XXXX di YYYY 23.11.99, n. 2935, codesto Assessorato richiede il parere dello scrivente in ordine alla problematica sollevata dal XXXX di YYYY con nota 23 settembre 1998 relativa alla legittimità o meno della delibera 19 novembre 1997 n. 1758 con cui il Commissario ad acta del XXXX di YYYY ha provveduto ad effettuare il riordino strutturale dell'Ente.
                 In particolare, viene richiesto:
   1) se la delibera de qua sia viziata;
   2) se, qualora sia ritenuta viziata, sia da considerarsi inesistente, nulla od annullabile;
   3) quali provvedimenti debbano essere assunti dal C.d.A. qualora la delibera di cui trattasi risultasse invalida.
   
                 2. In ordine alla problematica prospettata sembra opportuno, preliminarmente procedere all'analisi del decreto di conferimento dell'incarico di Commissario ad acta del XXXX di YYYY emanato dall'Assessore regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l'emigrazione pro-tempore in data 13 settembre 1997.
                 Il D.A. 13 settembre 1997, n. 580/97/V/F.P. con cui è stato prorogato, nella persona del dott. G. B., l'incarico di commissario ad acta del XXXX di YYYY, è stato emanato, infatti, in vigenza della l.r. 20 giugno 1997, n. 19, che è stata approvata dall'A.R.S. a seguito di un excursus normativo costituito dalle leggi regionali 28 marzo 1995, n. 22 e 10 agosto 1995, n. 57 dalle quali appare indispensabile intraprendere l'esame della fattispecie prospettata, attesa la rilevanza del quadro normativo in cui si inserisce il D.A. di cui trattasi.
                 Va osservato, infatti, che ai sensi dell'art. 1 della l.r. 28 marzo 1995, n. 22 concernente "Norme sulla proroga degli organi amministrativi e sulle procedure per le nomine di competenza regionale" "Le disposizioni del d.l. 16 maggio 1994, n. 293 convertito con modificazioni dalla L. 15 luglio 1994, n. 444 si applicano, con le modifiche ed integrazioni previste dalla presente legge, agli organi di amministrazione attiva, consultiva e di controllo della Regione, nonchè degli enti pubblici da essa dipendenti o comunque sottoposti a tutela, controllo e vigilanza, e delle persone giuridiche a prevalente partecipazione pubblica, alla nomina dei cui organi concorrono la Regione o altri dei suddetti enti pubblici, fatta eccezione per gli organi elettivi della Regione, delle province e dei comuni e per gli organi per i quali la nomina di componenti è di competenza dell'Assemblea regionale".
                 Tale legge, sulla base del disposto normativo del successivo articolo 4, trovava applicazione "a decorrere dal novantesimo giorno successivo alla data della sua entrata in vigore"; tale termine è stato, poi, prorogato di ulteriori novanta giorni dall'art. 2 della l.r. 10 agosto 1995, n. 57 citata nel preambolo del provvedimento assessoriale di proroga dell'incarico di commissario ad acta.
                 La normativa sopra riportata, che ha sostanzialmente recepito le disposizioni del D.L. n° 293/1994 convertito con modificazioni nella L. 15 luglio 1994, n. 444, prevede che gli organi non ricostituiti nel termine di durata per ciascuno di essi previsto sono prorogati per non più di 45 giorni decorrenti dalla scadenza del termine medesimo e che, nel periodo di prorogatio, gli organi stessi possono adottare esclusivamente gli atti di ordinaria amministrazione nonchè gli atti urgenti ed indifferibili, con indicazione specifica dei motivi di urgenza ed indifferibilità. Prevede, altresì, espressamente la decadenza degli organi non ricostituiti entro il termine massimo di proroga, con conseguente sanzione di nullità degli atti adottati dagli organi decaduti.
                 Tenendo presente che nella formulazione in ordine agli organi interessati alla disciplina generale sulla proroga, così come disciplinata dalla L.r. n° 22/95, non sono stati contemplati gli organi di gestione straordinaria degli enti pubblici ma solamente gli organi di gestione ordinaria e che, per quanto concerne la gestione commissariale sussiste un orientamento giurisprudenziale secondo cui non va soggetta a prorogatio (cfr. Cassaz. Sez. Lav. 11.12.1979, n. 6454; Corte dei Conti, Sez. controllo, 16.7.1991, n. 45 e 11.5.1998, n. 31/Rel.), la Giunta regionale di Governo nella seduta del 26 luglio 1995 con delibera n° 2550 fece obbligo agli Assessori regionali per i singoli rami di amministrazione di propria competenza di nominare commissari ad acta, ove necessario, per il disbrigo degli affari urgenti ed indifferibili in tal senso motivando nel merito.
                 Ciò al fine di assicurare la continuità dell'azione amministrativa laddove, come nella specie, non fosse stato possibile procedere tempestivamente alla rinnovazione degli organi di gestione ordinaria.
                 Ma il decreto di conferimento (recte: di conferma) dell'incarico di commissario ad acta, peraltro più volte prorogato (basti rilevare che solo al dott. G. B. è stato conferito a decorrere dalla data del 10 agosto 1996) non solo è privo di motivazione in ordine alla natura urgente ed indifferibile degli atti da porre in essere ma, altresì, contrasta con i generali principi costituzionalmente sanciti del buon andamento ed imparzialità dell'azione amministrativa atteso che il perdurare di una gestione commissariale non supportato da adeguate motivazioni ed in assenza di giustificazioni in ordine alla situazione di fatto costituisce una situazione contraria al normale funzionamento dell'Ente ed impone il pronto ripristino degli organi ordinari (cfr. Corte dei Conti, Sez. controllo enti, 11 maggio 1998 n. 31/91; 24 gennaio 1995, n. 4; 16 luglio 1991, n. 45); tanto più ove si consideri che il decreto di cui trattasi è stato emanato, come sopra rilevato, in vigenza della L.r. n° 19/1997 e, quindi, anche in violazione dei principi informatori in essa contenuti in materia di ricostituzione degli organi (cfr. Corte dei Conti, Sez. controllo enti, 11.5.1998, n. 31/Rel.).
                 Ne consegue oltre alla illegittimità propria del decreto de quo una invalidità derivata degli atti posti in essere dal commissario ad acta che, per quanto autonomi, sono legati al decreto da un rapporto di conseguenzialità, a nulla rilevando, per tali aspetti, l'approvazione intervenuta sulla delibera oggetto del presente parere da parte dell'Assemblea dei Soci che, peraltro, non ha ai sensi dell'art. 11 dello Statuto competenze in merito all'approvazione di atti di tal genere del C.d.A. ovvero, in caso di gestione commissariale, dal Commissario.
                     A fronte di quanto sopra rilevato a parte il richiamo ai poteri di convalescenza o di autotutela propri dell'Assessorato in ordine ai propri atti rimessi alla valutazione discrezionale dello stesso (con le ovvie conseguenze sugli atti compiuti dal commissario ad acta nella ipotesi di annullamento del decreto di nomina atteso che gli stessi, in tal caso, sarebbero da considerarsi adottati in carenza di potere, salvo ratifica), lo scrivente Ufficio in ordine al quesito posto - che, invero, esula dalle attribuzioni demandategli normativamente che postulano l'esame di una fattispecie collegata alla interpretazione di una norma di diritto positivo e non concerne, invece, pareri in ordine alla legittimità o meno di un atto deliberativo posto in essere da un organo di gestione, ordinario o straordinario, di un Ente sottoposto a controllo e/o vigilanza della Regione - non può che esprimere il proprio avviso in termini generali e cioè alla stregua dei comuni principi in materia di annullamento e revoca d'ufficio tenendo conto che il commissario ad acta, pur rientrando di norma nel concetto del c.d. controllo sostitutivo, nella fattispecie, considerato che nessuna inerzia era imputabile all'Ente, appare sostanzialmente quale organo di gestione straordinaria nominato in assenza degli organi di gestione ordinaria (non di competenza dell'Ente ma degli organi di Governo). Pertanto si ritiene che l'Ente in questione possa attivare nei confronti degli atti posti in essere dal commissario di cui trattasi il potere di autotutela.
                 Pertanto, se sulla base della valutazione dell'operato del Commissario ad acta in ordine alla adozione della delibera de qua si rinvenissero vizi di merito o di legittimità propri dell'atto è possibile procedere con provvedimenti di revoca o annullamento.
                 In proposito, si osserva che la revoca è il provvedimento che produce la cessazione dell'efficacia durevole di un atto riconosciuto inopportuno, non conveniente o inadeguato, fermi restando gli effetti da questo già prodotti (efficacia ex nunc), in base ad un diverso apprezzamento della situazione che aveva dato luogo alla sua emanazione.
                 Tuttavia, deve altresì ricordarsi che alla revoca di un provvedimento si potrà procedere soltanto ove sussista un interesse pubblico concreto e attuale all'eliminazione dell'atto; occorre cioè dimostrare quale sarebbe il particolare vantaggio che all'amministrazione deriverebbe dal ritiro dell'atto stesso.
                 Infine, non sembra irrilevante rammentare che sono revocabili solo gli atti ancora efficaci. L'eliminazione dell'atto mediante la revoca presuppone, infatti, che esso sia ancora suscettibile di produrre effetti.
                 In alternativa all'ipotesi considerata, ove -in luogo di una valutazione di opportunità- si ravvisasse nel provvedimento deliberativo in questione la sussistenza di un vizio di legittimità, in tal caso si potrebbe procedere, ricorrendovi le altre condizioni, all'annullamento d'ufficio.
                 Questo trova il suo fondamento nel generale potere di autocontrollo della legittimità dei propri provvedimenti, spettante ad ogni organo amministrativo.
                 Tuttavia, le condizioni per l'esercizio del potere di annullamento in autotutela sono, da una parte, l'invalidità originaria dell'atto, ossia, la presenza nello stesso, sin dal momento della sua emanazione, di un vizio di legittimità e, dall'altra, la sussistenza, al tempo in cui si procede, di un interesse pubblico concreto e attuale all'eliminazione dell'atto, ulteriore rispetto al generico interesse al ripristino della legalità.
                 La valutazione dell'interesse pubblico all'annullamento dell'atto amministrativo illegittimo non deve riportarsi, dunque, al momento in cui l'atto venne emanato, ma deve riferirsi al momento in cui l'annullamento viene pronunciato. Ne consegue che non può essere adottato l'annullamento, per eliminare situazioni contrarie all'interesse pubblico, che si siano verificate in passato ma che siano cessate, ovvero che potessero presentarsi in futuro, ma che in atto non sussistono.
                 Sotto quest'ultimo profilo va qui evidenziato che l'eventuale esercizio del potere di autotutela, nella fattispecie, interverrebbe sull'atto finale di un procedimento concluso dal quale derivano, ovviamente, situazioni giuridicamente protette; ciò che, di per sè, rende più pregnante la valutazione discrezionale che, com'è noto, caratterizza l'esercizio del potere in questione.
                 Al riguardo, infatti, la giurisprudenza ha chiaramente affermato che "gli atti di autotutela, pur essendo discrezionali, devono essere adottati comparando l'interesse pubblico, che non può essere solo quello del mero ripristino della legalità, con quello privato che si radica in posizioni di vantaggio consolidate con l'aspettativa della loro rispondenza a legittimità, in virtù della presunzione di legittimità che assiste gli atti amministrativi" (T.A.R. Marche Ancona, 12 marzo 1993, n. 140).
                 La rilevanza di tale interesse pubblico specifico e l'impossibilità di soddisfarlo altrimenti che con la rimozione dell'atto ed il conseguente sacrificio di posizioni giuridiche, soprattutto se consolidate nel tempo vanno, poi, adeguatamente motivate (Cfr. TAR Calabria-Catanzaro, 26 aprile 1990, n. 290 - TAR Palermo, Sez. II - 26 febbraio 1996, n. 197 - TAR Piemonte 26-5-97 n. 262 - C. Stato Sez. V, 23.8.96, n. 944).
                 Il Consiglio di Stato (Sez. VI, n. 124 del 2.3.76) ha avuto, altresì, occasione di precisare che "poichè alla base dei principi che regolano l'annullamento d'ufficio è un sano realismo giuridico in virtù del quale si richiede di adeguare alla realtà consolidatasi il dato giuridico, sacrificando, all'uopo, astratte esigenze di legittimità formale alla necessità di non turbare un ordinamento effettuale, i principi stessi non possono essere applicati in maniera rigida e formalistica, in quanto altrimenti si finirebbe col tradire la loro stessa ratio".
                 Alla stregua delle considerazioni sopra svolte, nel precisare che l'efficacia del provvedimento di annullamento (a differenza di quello di revoca) retroagisce al momento dell'emanazione dell'atto viziato (efficacia ex tunc) "con eccezione di quei fatti materiali che si siano verificati e che non è possibile distruggere, quali le prestazioni di fatto di servizio e le correlative corresponsioni di assegni che l'Amministrazione non può ripetere dall'impiegato che li ha percepiti in buona fede" - con la conseguenza che "le attività svolte non possono essere considerate come servizio bensì come prestazione di mero fatto, cui è riconnesso solo il diritto dei dipendenti interessati a ritenere quanto percepito a titolo di retribuzione" (T.A.R. Abruzzo-Pescara 15 febbraio 1985, n. 30) - l'Ente de quo potrà valutare l'opportunità o meno di intervenire nella questione con un provvedimento in sede di autotutela, nell'ambito dell'ampia potestà discrezionale allo stesso spettante nella materia.
                 In ultimo, a prescindere dall'esercizio del potere di autotutela giova osservare che nelle more della stesura del parere è stata approvata dall'A.R.S. in data 4 maggio 2000 la legge concernente "Norme sulla dirigenza e sui rapporti di impiego e di lavoro alle dipendenze della Regione siciliana. Istituzione dello sportello unico per le attività produttive. Disposizioni in materia di protezione civile. Norme in materia di pensionamento", entrata in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione avvenuta sulla GURS del 17 maggio 2000, che ai sensi dell'art. 1 primo comma si applica ai rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze della Regione e degli enti pubblici non economici sottoposti a vigilanza e/o controllo della Regione che, ai sensi della disposizione contenuta nel terzo comma del medesimo articolo, "si adeguano anche in deroga alle speciali disposizioni di legge che li disciplinano al regime giuridico di cui al presente titolo adottando appositi regolamenti di organizzazione...." che dovranno tener conto del nuovo sistema organizzativo (articolazioni in aree o servizi e  unità operative) nonchè del profilo dirigenziale a cui riconnettere nuovi funzioni e compiti.
   
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                 Ai sensi dell'art. 15, co. 2 del D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo Scrivente acconsente sin d'ora all'accesso presso codesta Amministrazione al presente parere da parte di eventuali soggetti richiedenti.
                 Si ricorda poi che in conformità alla circolare presidenziale dell'8 settembre 1998, n.16586/66.98.12, trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS".

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