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Gruppo    XV                          /342.99.11

OGGETTO: Immobile vincolato ai sensi della legge n. 1089/1939, di proprietà della Provincia regionale di XXXX - Alienabilità.

   
   
   
                                              Assessorato Regionale
                                              dei Beni Culturali ed Ambientali
                                              e della Pubblica Istruzione
                                              S E D E
   
   
                 1. Con la nota suindicata codesto Assessorato ha chiesto l'avviso dello scrivente in ordine all'alienabilità di un immobile appartenente alla Provincia regionale di XXXX e vincolato ai sensi della L. 1 giugno 1939, n.. 1089.
                 Trattasi in particolare dell'edificio denominato "JJJJ", sito in YYYY, adiacente alla chiesa di ... in piazza......, in ordine al quale la suddetta Provincia ha richiesto l'autorizzazione ad alienare di competenza di codesta amministrazione.
                 Ritiene al riguardo codesto Assessorato che il suddetto immobile, in quanto appartenente alla Provincia, sia inalienabile ai sensi dell'art. 23, L.n. 1089/1939.
   
                 2. Sulla questione suesposta si osserva quanto segue.
                 La tutela dei beni di interesse artistico e storico era contenuta essenzialmente nella legge 1 giugno 1939, n. 1089 e successive modifiche ed integrazioni, la quale aveva istituito, per tale categoria di beni, un regime speciale nei due aspetti fondamentali della loro circolazione e della loro gestione.
                 Tale speciale regime, cui la normativa citata sottoponeva i beni di interesse culturale, si differenziava, poi, almeno in parte, a seconda della loro appartenenza, cioè dell'individuazione del soggetto al quale il singolo bene appartiene, data la concorrente presenza, accanto ad una proprietà privata, di una proprietà pubblica delle cose soggette alla legge n. 1089/1939.
                 In particolare, e per quel che in questa sede interessa, l'art. 23 della legge in esame dichiarava "inalienabile" le "cose indicate negli artt. 1 e 2", - e cioè, rispettivamente "le cose, immobili e mobili, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnografico..." (art. 1) e le cose immobili aventi riferimenti con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte e della cultura in genere (art. 2) -, se appartenenti allo Stato o ad enti pubblici.
                 Al contempo, il successivo art. 24, primo comma, L. cit., testualmente prevedeva la facoltà del Ministro per l'educazione (ora Ministro per i beni culturali) di "autorizzare l'alienazione di cose di antichità e d'arte, di proprietà dello Stato e di altri enti o istituti pubblici, purchè non ne derivi danno alla loro conservazione e non ne sia menomato il pubblico godimento".
                 L'autorizzazione ministeriale si configurava, pertanto, nel sistema della legge n. 1089 del 1939, quale deroga al vincolo di inalienabilità che, ai sensi dell'art. 23, era altrimenti imposto alle cose di interesse artistico e storico "quando appartengono allo Stato o ad altro ente o istituto pubblico".
                 Successivamente alla legge in esame, il codice civile del 1942 aveva però introdotto un importante elemento innovativo, ricomprendendo nel demanio dello Stato e degli enti pubblici territoriali, "gli immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico e artistico" (art. 822, secondo comma e art. 824).
                 Si era pertanto posto il problema della compatibilità della sopradescritta disciplina derogatoria di cui alla L. 1089/39 con le susseguenti disposizioni contenute negli artt. 822, secondo comma, 823 e 824 c.c., in virtù delle quali gli immobili riconosciuti di interesse storico, archeologico e artistico, come tutti gli altri beni che compongono il demanio pubblico, anche delle province e dei comuni, sono assolutamente inalienabili e, in genere, soggetti alle regole di amministrazione e di tutela giuridica, propria della proprietà pubblica.
                 In proposito, la dottrina, aveva affermato che "non vi è dubbio che le norme contenute nel terzo libro del codice, essendo posteriori a quelle della legge speciale del 1939, hanno modificato (ed eventualmente abrogato) le disposizioni di quest'ultima" (cfr. T. Alibrandi e P. Ferri, I beni culturali e ambientali, Giuffrè, 1978, p. 214).
                 La giurisprudenza si era consolidata sul medesimo orientamento. Il Consiglio di Stato, infatti, nell'adunanza generale del 13 luglio 1989, n. 59, definendo il contrasto che sul punto in questione si era determinato tra la VI sezione giurisdizionale (che con le decisioni 19 gennaio 1985, n. 8 e 7 maggio 1988, n. 568, aveva affermato che, poichè gli artt. 822, 823 e 824, cod. civ., stabiliscono l'inalienabilità dei beni immobili di interesse storico o artistico appartenenti a enti pubblici territoriali rinviando alla disciplina speciale che li riguarda, sarebbe tuttora in vigore l'art. 24 della L. n. 1089/1939) e la II sezione consultiva (parere 13 febbraio 1985, n. 303), affermò, - in aderenza alla tesi prospettata dalla richiamata dottrina -, che l'art. 24 della L. n. 1089/39 doveva ritenersi abrogato dall'art. 823 c.c., dimodochè non risultavano più alienabili, - nemmeno su autorizzazione ministeriale -, i beni immobili di interesse storico, artistico ed archeologico, appartenenti, come nel caso di specie, ad enti territoriali.
                 La disciplina di deroga prevista dall'art. 24, L. cit., poteva invece trovare perdurante applicazione, come sottolineato dal Consiglio di Stato, nelle ben diverse e residuali ipotesi di beni di interesse storico ed artistico di proprietà di enti pubblici diversi dagli enti territoriali (e, perciò, non rientranti nel demanio), nonchè nei riguardi delle cose mobili di proprietà dello Stato e degli altri enti o istituti pubblici (in tal senso anche Tar Lombardia, Brescia, 2 ottobre 1992, n. 1040).
                 La riferita problematica può dirsi oramai superata dal recente D. Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 con cui il legislatore ha adottato il testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, abrogando, tra l'altro, la L. n. 1089/1939.
                 In sintonia con il consolidato orientamento giurisprudenziale, l'art. 54 infatti assoggetta espressamente i beni culturali indicati nell'art. 822 del codice civile, appartenenti allo Stato, alle regioni, alle province, ai comuni, "al regime proprio del demanio pubblico" e l'art. 55 prevede la possibilità di alienazione su autorizzazione ministeriale (e, nella Regione, assessoriale) anche: dei beni culturali appartenenti allo Stato, alle province, ai comuni, che non facciano parte del demanio storico ed artistico; dei beni culturali, anche immobili di cui all'art. 2, comma 1, lett. a) e b) appartenenti ad altri enti pubblici" (primo comma, lett a e b), purchè ricorrano le condizioni di cui al secondo comma della stessa norma.
                 Pertanto, risulta chiaro che la sottoposizione degli immobili in oggetto alla disciplina della demanialità ne determina una inalienabilità assoluta, che non può subire alcuna deroga e che è suscettibile di venire meno soltanto in seguito al vero e proprio disconoscimento, nelle forme legali, di quei connotati che determinano ex lege la demanialità storico-artistica.
                 Unica eccezione può essere considerata la possibilità di un trasferimento computabile con la permanenza della demanialità, cioè un trapasso tra soggetti pubblici titolari di un demanio storico-artistico, e quindi dallo Stato ad altri enti territoriali o viceversa.
                 Va da ultimo ricordato, per completezza, che la particolare procedura di alienazione dei beni immobili di interesse storico e artistico dello Stato, delle regioni, delle province e dei comuni prevista dall'art. 32 della L. 23/12/1998, n. 448, non trova ancora applicazione, non essendo stato adottato il regolamento cui è demandata l'individuazione delle ipotesi di alienabilità.
                 Nelle suesposte considerazioni è il parere dello scrivente.
   
   * * * * *


             A' termini dell'art. 15, co. 2 del D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12 lo scrivente acconsente sin d'ora all'accesso presso codesto Assessorato al presente parere da parte di eventuali soggetti richiedenti.
                 Si ricorda poi che, in conformità alla circolare presidenziale dell'8 settembre 1998, n. 16586/66.98.12 trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS".


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