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Gruppo    IV                          /305.99.11

OGGETTO: Espropriazione aree agricole e assimilate. L. 865/1971. Art. 16, co. 6. Vigenza.

   
   
   
                                                           Assessorato Regionale
                                                           Lavori Pubblici
                                                           P A L E R M O
   
   
                 1. Con la nota cui si risponde viene chiesto l'avviso dello scrivente in ordine alla vigenza del comma 6 dell'art. 16 della l. 865/1971, dichiarato incostituzionale con sentenza n. 5/1980 dalla Corte costituzionale.
                 Assume codesta Amministrazione che l'art. 5 bis della l. 359/1992 ha sancito il principio che per le aree agricole e per quelle non classificabili come edificabili si applicano le norme di cui al titolo II della legge 865/1971, ivi compreso il succitato co. 6 dell'art. 16 di cui lo stesso fa parte e che la Corte costituzionale, con successiva sentenza n. 261 del 1997, ha confermato che per tali aree si continuano ad applicare le norme di cui al titolo II della l. 865/71 con tutti i relativi strumenti di tutela.
   
                 2. Il dispositivo della sentenza n. 5 del 1980 della Corte Costituzionale deve essere interpretato alla luce della corrispondente motivazione per modo che il decisum che ha dichiarato illegittimo l'art. 16, quinto, sesto, e settimo comma della legge n. 865 del 1971 deve essere inteso nel senso che i criteri di determinazione dell'indennità di esproprio intanto sono da ritenere caducati in quanto si riferiscono alle aree con destinazione edilizia. Infatti, soltanto per tali aree valgono le considerazioni svolte nella parte motiva di quella sentenza, la quale ha sottolineato il contrasto dell'art. 16 citato con gli artt. 3 e 42 della Costituzione, in quanto applica criteri estimativi che astraggono e prescindono del tutto dalle caratteristiche del bene espropriato, onde possono condurre alla liquidazione di indennità irrisorie.
                 Dalla motivazione risulta invece che, per quanto riguarda le aree con destinazione agricola, non sussiste alcuna ragione di illegittimità, dato che, in tal caso, l'art. 15 della l. 865/71 tiene presenti le caratteristiche oggettive del bene espropriato in quanto prevede che per i terreni agricoli l'indennità di esproprio sia fissata con specifico riferimento alle colture effettivamente praticate nel fondo espropriato ed anche in relazione all'esercizio dell'azienda agricola.
                 Giova peraltro ricordare che la persistente legittimità del criterio di indennizzo basato sul valore agricolo quando esso venga utilizzato con riguardo ad aree né virtualmente, né potenzialmente edificabili fu subito affermata dalla stessa Corte costituzionale con le sentenze nn. 231/1984 e 355/1985 e dalla Corte di Cassazione a sezioni unite con sent. 24 ottobre 1984, n. 5401.
                 La stessa Corte Costituzionale ha altresì affermato (cfr. sent. 261/97, Ord. 43/99) che nell'ordinamento italiano non esiste un tertium genus tra le aree edificabili e tutte le altre aree, parificate, quanto alla stima ai fini dell'indennità di esproprio a quelle agricole. Invero, la soluzione adottata dal legislatore è stata netta, nel senso di creare, per semplificare il sistema, ai soli fini del calcolo della indennità di espropriazione, una dicotomia, contrapponendo le aree edificabili a tutte le altre. Sicchè per queste ultime, e cioè "per le aree non classificabili come edificabili e per quelle agricole si applicano le norme di cui al titolo II della legge 22 ottobre 1971, n. 865, con tutti i relativi strumenti di tutela. Anche nell'ambito delle aree la cui indennità di espropriazione è commisurata al valore agricolo, in quanto non rientranti tra quelle edificabili, operano meccanismi differenziati che a loro volta tengono conto di una serie di elementi" (sent. 261/97).
                 Nelle superiori osservazioni è pertanto il parere dello scrivente.
   
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                 Si ricorda poi che in conformità alla circolare presidenziale dell'8 settembre 1998, n. 16586/66.98.12, trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS".
   

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