Repubblica Italiana
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Gruppo    VI                          /214.99.11

OGGETTO: Applicabilità o meno del divieto di trasferimento ex art. 8, c. 6, L. 23/1996 all'immobile denominato "Villa XXXX", di proprietà della Regione.

   
   
   
                                              Presidenza della Regione
                                              - Direzione del Personale e dei
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                                              Demanio e Patrimonio
                                              P A L E R M O
   
   
   
                 1. Con la nota suindicata vien chiesto il parere dello scrivente in ordine alla applicabilità o meno in ambito regionale della Legge 11 gennaio 1996, n. 23. In particolare, si chiede "se la suddetta normativa possa legittimamente applicarsi nei rapporti con il Comune di YYYY per l'utilizzo di Villa "XXXX", stante che in atto non sussiste formale contratto di locazione, e se conseguentemente dovrà procedersi allo stralcio del bene di che trattasi dal piano di dismissione ex art. 11 della L.r. 6/1997, il cui procedimento di approvazione e pubblicazione è in itinere".
   
                 2. Sul quesito prospettato si osserva preliminarmente che, come è noto, con il D.P.R. 14 maggio 1985, n. 246, sono state approvate le norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia di pubblica istruzione, le quali nel trasferire all'Amministrazione regionale le attribuzioni degli organi centrali e periferici dello Stato in materia, da esercitarsi nel territorio della Regione, hanno precisato che "sono, altresì, comprese le attribuzioni in materia di edilizia scolastica ed universitaria".
                 Tale materia era stata già, peraltro, anche in precedenza oggetto di apposite leggi regionali (nn. 412/1975, 56/1977, 130/1982, 15/1988) emanate in virtù della potestà legislativa in materia spettante alla Regione ai sensi dell'art. 14 lett. r) e dell'art. 17 lett. d) dello Statuto siciliano.
                 Ciò premesso, la legge 11 gennaio 1996, n. 23, è in astratto applicabile in Sicilia in quanto non contrasti con le norme regionali contenute nelle leggi sopra richiamate; tuttavia non sembrerebbe applicabile al caso di specie l'art. 8, comma 6, della legge succitata, nel senso richiesto dal Comune di YYYY.
                 In proposito va, infatti, osservato preliminarmente che la legge 11 gennaio 1996, n. 23, come evidenziato anche nella relazione al disegno di legge, è stata approvata nell'ottica di dare per quanto possibile una soluzione al problema dell'edilizia scolastica poichè le scuole il più delle volte sono ospitate - come ivi è affermato - in edifici non adeguati né alle norme sulla sicurezza", agibilità ed igienicità, né all'uso scolastico, e spesso la precarietà di tale collocazione si tramuta in sistemazione definitiva in assenza delle risorse finanziarie necessarie a dare risposte adeguate.
                 A tal fine, nel prevedere gli interventi da realizzare e le competenze in capo ai comuni e alle province per la programmazione, l'attuazione ed il finanziamento degli stessi, la legge 23/1996 ha previsto all'art. 8 una serie di puntuali disposizioni per regolare il trasferimento alle province degli immobili appartenenti ai comuni e allo Stato, utilizzati come sede delle istituzioni scolastiche facenti capo alle Province ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett. b). Un così puntuale rinvio esclusivamente alle province ed in relazione alle loro competenze (art. 3, comma 1, lett. b) sembrerebbe escludere che le disposizioni contenute nell'art. 8 in parola possano considerarsi applicabili ai comuni.
                 In proposito, e ad ulteriore conferma di tale interpretazione, si richiama il comma 10 dello stesso articolo, laddove espressamente si afferma che "le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche ai comuni qualora questi utilizzino un immobile ad uso scolastico di proprietà della provincia o dello Stato".
                 Il tenore e la portata delle disposizioni contenute nell'art. 8 non sembrano dunque lasciare alcun margine di discrezionalità alla relativa interpretazione prevedendovisi il trasferimento alle province degli immobili dei comuni e dello Stato e precisandosi, nel sopra richiamato comma 10°, che le stesse possono applicarsi ai comuni soltanto ove questi utilizzino immobili della provincia e dello Stato, per un ovvio rispetto delle condizioni di reciprocità fra i due enti in relazione alle rispettive competenze.
                 Le disposizioni esaminate non consentirebbero dunque ai comuni l'utilizzazione di beni di privati o di altri enti, come nella specie della Regione siciliana, senza un apposito contratto o convenzione.
                 Suscita pertanto qualche perplessità nella fattispecie l'atteggiamento adottato dal Comune di XXXX, che ha mantenuto l'attuale stato di fatto non preoccupandosi di regolarizzare l'utilizzazione senza titolo dei locali in questione. E ciò neanche dopo l'entrata in vigore della più volte citata legge 23/1996, di cui chiede l'applicazione ed in relazione alla quale, anche a voler considerare in ipotesi applicabile il relativo art. 8 alla fattispecie, sarebbe stato necessario che il Comune stesso stipulasse comunque una convenzione per regolare i rapporti con l'ente proprietario dell'immobile (art. 8, comma 3).
                 3. La fattispecie sottoposta all'esame dello scrivente, oltre che in relazione all'applicabilità della L. 23/1996, va comunque esaminata anche con riguardo alla natura demaniale del bene oggetto della controversia in atto con il Comune ed al modo in cui tale natura demaniale influisce sull'individuazione ed attivazione di procedure adeguate per il rilascio dei beni locati o comunque occupati, dato che tale sembra essere l'intento di codesta Amministrazione.
                 In proposito non sembra possa dubitarsi della natura demaniale del bene in oggetto, rientrando lo stesso in uno dei "tipi" di bene demaniale previsti dalla legge (art. 822 cod. civ.), appartenendo ad un ente pubblico territoriale e sussistendo la volontà dell'Amministrazione di destinare il bene stesso ad una pubblica funzione (cfr. Virga, "Diritto amministrativo", Milano, 1989).
                 Ciò premesso, considerato che l'immobile in oggetto, costruito nell'800 come residenza del Marchese JJJJ di XXXX, è stato dichiarato -come riferisce codesta Amministrazione- di interesse artistico e storico e che, in quanto tale, è sussumibile in una delle categorie di cui all'art. 822 c.c., non può dubitarsi che lo stesso abbia acquisito la qualità di bene demaniale all'atto del trasferimento della proprietà all'Amministrazione regionale, trasferimento avvenuto in forza dell'art. 11 delle norme di attuazione dello Statuto approvate con D.P.R. 14 maggio 1985, n. 246.
                 Dall'acclarata natura demaniale del bene de quo consegue che deve escludersi che il regime applicabile al rapporto in questione possa ravvisarsi nello schema proprio del contratto di locazione.
                 In altri termini l'acquisizione dell'immobile di cui trattasi al demanio regionale, comporta, per i terzi che ne avevano e ne hanno la detenzione, il mutamento del titolo di godimento; ciò nel senso che il godimento stesso può ora configurarsi non per effetto di un contratto privatistico, bensì solo in forza di un atto tipico di disposizione della proprietà pubblica e cioè di una concessione amministrativa.
                 La soluzione qui accolta trova, del resto, conferma nella sentenza della Corte di Cassazione, sez. III, 21/6/1995, n. 7020, laddove - con riguardo ad una fattispecie analoga - è affermato che a seguito dell'assoggettamento di un bene al regime del demanio pubblico "il suo godimento da parte di terzi non può più avvenire in base a contratti di diritto privato, ma solo mediante un atto avente natura di concessione; ne discende che il rapporto di locazione concluso dal precedente proprietario dell'immobile con un terzo cessa automaticamente per effetto dell'esercizio del potere ablatorio della P. A. e che l'ex conduttore non può vantare nei confronti della stessa, che non ha mai assunto la qualità del locatore, alcun diritto che sia dipendente o collegato a tale qualità".
                 In tale situazione trattasi dunque di accertare quali siano i rimedi attivabili dall'Amministrazione per ottenere il rilascio dell'immobile.
                 Al riguardo va evidenziato che, ai sensi dell'art. 823 codice civile, spetta all'autorità amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico; alla stessa infatti è riconosciuta la facoltà di procedere in via amministrativa ovvero di avvalersi dei mezzi ordinari a difesa della proprietà e del possesso.
                 Il previsto potere di "procedere in via amministrativa", vale a dire in via di autotutela, ha dunque carattere alternativo rispetto ai rimedi giurisdizionali e comporta per la P.A. la possibilità di provvedere direttamente ed immediatamente alla tutela dei beni pubblici mediante l'adozione di atti esecutori aventi, come tali, forza coattiva volti ad eliminare le situazioni divenute incompatibili con la destinazione pubblica del bene (Cfr. C.d.S. sez. V 22/11/1993, n. 1164).
                 Alla stregua del sistema di norme delineato e delle superiori considerazioni, valuterà codesta Amministrazione, anche in relazione all'interesse pubblico allo svolgimento delle attività scolastiche che attualmente hanno luogo nell'immobile de quo, quali siano i tempi e i modi più opportuni per ottenere il rilascio dello stesso.
                 La richiesta di rilascio sembra coerente peraltro con la circostanza che l'immobile di Villa XXXX, di interesse storico-artistico vincolato ai sensi della legge 1089 del 1939, non è mai stato riconosciuto conforme all'uso scolastico e per lo stesso anche il mantenimento nell'attuale stato di fatto risulta in contrasto con le norme in materia di edilizia scolastica e problematico l'eventuale adeguamento, come riferito da codesta Amministrazione.
                 Nei termini il parere dello scrivente. Si resta a disposizione per ogni ulteriore chiarimento al riguardo.
   
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                 Si ricorda infine che, in conformità alla circolare presidenziale dell'8/9/98 n. 16586/66.98.12, trascorsi novanta giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne abbia comunicato l'eventuale riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS".

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