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Gruppo    III                        /188/99/11

OGGETTO: Consorzio A.S.I. di XXXX - Passaggio alla qualifica di dirigente superiore - Art. 26 del R.O.

   
   
   
                                                           Assessorato Industria
                                                           P A L E R M O
   
   
                 1. Con la nota in riferimento codesto Assessorato pone allo scrivente Ufficio delle problematiche inerenti l'applicazione dell'art. 26 del vigente Regolamento Organico - tipo dei Consorzi A.S.I. della Sicilia, recante "Norme transitorie per l'accesso alla qualifica di Dirigente Superiore".
                 La prima questione concerne l'istanza di un dipendente del Consorzio A.S.I. di XXXX con la quale lo stesso sollecita l'adozione dell'atto deliberativo d'inquadramento nella qualifica di dirigente superiore, ritenendo di avere maturato i dieci anni di anzianità richiesti dall'art. 26 citato. Le perplessità sorgono a seguito del rigetto della suddetta istanza da parte del Consorzio, il quale non considera realmente compiuti i dieci anni di effettivo servizio nella qualifica di dirigente a causa della ridotta presenza in ufficio del dipendente nel periodo 1994/1998, a seguito degli impegni connessi all'espletamento, da parte del medesimo, del mandato di Consigliere Provinciale.
                 Con la medesima nota codesto Assessorato manifesta inoltre dubbi sulla legittimità costituzionale di taluni effetti prodotti dall'art. 26 in argomento, sulla fondatezza dei quali chiede, dunque, l'avviso dello scrivente.
   
                 2. In riferimento alle perplessità sorte a seguito del rigetto da parte del Consorzio A.S.I. di XXXX, dell'istanza di inquadramento nella qualifica di dirigente superiore avanzata dal dipendente del consorzio medesimo, si osserva quanto segue: le previsioni normative di cui all'art. 5 l. 1078/66 e, successivamente, agli artt. 2 e 4 della l. 816/85, a seguito delle quali i periodi di aspettativa nonchè i permessi, retribuiti e non, regolarmente fruiti dai pubblici dipendenti per svolgere il proprio mandato elettorale in comuni e province, sono da considerarsi "a tutti i fini come servizio effettivamente prestato", sanciscono - in conformità al principio costituzionale secondo cui i cittadini chiamati a cariche elettive non devono subire danni o discriminazioni in conseguenza dell'espletamento dell'incarico - l'operatività di una "fictio legis" per cui il servizio deve considerarsi comunque prestato a tutti gli effetti. Nell'interpretare la portata di tali norme ed, in particolare, la clausola "a tutti i fini", che più qui interessa,deve ritenenrsi che l'equiparazione istituita riguardi il decorso temporale della sospensione dell'attività lavorativa che viene appunto parificato al decorso del rapporto di lavoro nella sua normale esecuzione; ne deriva che tutti gli effetti connessi alla continuità e alla permanenza nel tempo del rapporto di lavoro effettivamente prestato operano anche relativamente al periodo di sospensione della attività lavorativa: quindi tale periodo deve computarsi ai fini della progressione in carriera, dell'attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e di previdenza, come d'altra parte può evincersi dall'art. 4, comma sesto, della legge 1261/1965 che, sebbene si riferisca all'aspettativa per mandato parlamentare, può considerarsi per quanto riguarda il significato dell'equiparazione "a tutti gli effetti" equivalente alle norme qui in esame. Unica eccezione a quanto evidenziato, può aversi "ove determinate conseguenze giuridiche siano collegate, non già al permanere e al decorrere nel tempo del rapporto di lavoro, bensì alla natura ed alla qualità dell'attività lavorativa espletata", in quest'ultima ipotesi non sembra possibile il ricorso alla "fictio legis" dell'equiparazione dovendosi viceversa effettivamente procedere all'esame e valutazione del contenuto della prestazione lavorativa, cosa che, ad esempio, accade in caso di promozione o scelta per merito comparativo, ove l'effetto giuridico della valutazione comparata di più prestazioni lavorative è resa impossibile qualora siano in realtà inesistenti le prestazioni medesime (vedi Cass. Sez. Lav., 07/05/97 n. 4006).
                 Nel caso di specie non pare verificarsi una simile ipotesi, risultando viceversa prevalente, ad avviso dello scrivente, il sopra esaminato "principio di equiparazione". Piuttosto deve ritenersi che l'espressione "effettivo servizio" di cui all'art. 26 del R.O. in argomento, debba essere inteso in senso di servizio effettivamente prestato - nei termini di cui sopra - nella qualifica di dirigente e che quindi la data dalla quale dovrà essere computato il periodo di servizio in tale qualifica è quella in cui "lo stesso in concreto ha avuto inizio a seguito di atti formali della P.A. e non quella della decorrenza giuridica della nomina qualora la seconda data sia anteriore alla prima" (vedi Cons. di Stato, Sez. II, par. n. 11 del 22/2/89). D'altra parte, si osserva ancora come lo stesso art. 26 induce a propendere in tal senso allorchè prosegue richiedendo, in alternativa ai dieci anni, una anzianità di servizio complessiva di quindici anni, avendo indifferentemente riferimento alla qualifica di dirigente e a quella immediatamente inferiore senza dunque porre alcuna differenziazione temporale tra le due qualifiche e, dunque, mostrando chiaramente di non ritenere indispensabile una preventiva ed effettiva acquisizione di esperienza allo svolgimento delle mansioni di dirigente.
                 Per quanto suesposto ritiene lo scrivente Ufficio che le assenze connesse all'espletamento del proprio mandato elettorale, non possano inficiare la legittimità dell'istanza avanzata dal dipendente del Consorzio A.S.I. di XXXX.
   
                 3. Riguardo poi il secondo aspetto del quesito posto, concernente i dubbi sollevati sulla legittimità costituzionale di taluni effetti prodotti dal medesimo art. 26 del R.O. tipo dei Consorzi A.S.I., lo scrivente ritiene di poter sostanzialmente condividere quanto espresso da codesto Assessorato . Si evidenzia, infatti, come la Corte Costituzionale non ha mancato più volte di rilevare l'illegittimità di quelle norme che, spesso anche indiscriminatamente, abbiano disposto la ripartizione dei posti disponibili nelle più alte sfere dirigenziali avendo degli automatismi in favore del personale interno inquadrato nelle qualifiche immediatamente inferiori, che, violando l'art. 97 Cost. contrastano con il modello concorsuale - peraltro individuato come lo strumento più adeguato per la selezione del personale della P.A. - il quale richiede che la selezione avvenga con criteri di pubblicità tali da prevedere e consentire la partecipazione anche agli estranei, consentendo il reclutamento dei migliori soggetti. D'altra parte l'art. 97 Cost. oltre a tutelare, al primo comma, il buon andamento della P.A., all'ultimo comma stabilisce che "agli impieghi, nelle pubbliche amministrazioni, si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge". In particolare quest'ultima disposizione, al fine che qui interessa, va interpretata nel senso che anche il passaggio ad una fascia funzionale superiore, comportando l'accesso od un nuovo posto di lavoro, corrispondente a funzioni più elevate, è una figura di reclutamento soggetta alla stessa regola del pubblico concorso (V. Corte Cost. s. 487/1991); se pure è ammesso che il legislatore deroghi a tale principio, la Corte ha però collegato tale eventualità alla presenza di "peculiari situazioni giustificatrici che consentano l'esercizio di una discrezionalità che deve però trovare il suo limite nella necessità di garantire il buon andamento della P.A." (V. Corte Cost., s. 313/94).
                 Ciò premesso, l'art. 26 in argomento sembra, ad avviso dello scrivente, effettivamente presentare nella sua formulazione, evidente incongruenze tali da giustificare l'insorgere di dubbi in ordine alla sua conformità costituzionale; e se da un lato l'esigenza di far fronte a peculiari situazioni - le quali peraltro non si evincono dal testo normativo - può legittimare la deroga, in sede di prima applicazione del R.O., alle normali procedure concorsuali per l'accesso alla qualifica di dirigente superiore e comunque, nel limite dei tre posti disponibili, risulta certamente arduo trovare una legittimazione giuridica agli ulteriori effetti giuridici prodotti dai successivi commi dell'articolo "de quo": in particolare per quanto concerne la prolungata rinunzia all'utilizzazione delle regolari procedure concorsuali disposta al fine di garantire il diritto all'acquisizione - anche in soprannumero - della qualifica di dirigente superiore non solo a tutti i dirigenti consortili già in possesso, alla data di approvazione del R.O. tipo, dei requisiti di anzianità richiesti dal primo comma ed inseriti nelle graduatorie degli aspiranti, ma anche agli altri dirigenti non ancora in possesso, alla suddetta data, dei requisiti d'anzianità, consentendo loro l'acquisizione della qualifica superiore allorchè avranno maturato l'anzianità minima. Si tratta, invero, di meccanismi indubbiamente in contrasto con i principi costituzionali suesposti i cui effetti distorsivi andrebbero valutati - in vista di un'eventuale eliminazione o modifica dell'articolo in argomento - anche sotto il diverso aspetto dell'aggravio economico che potenzialmente potrebbe derivare a carico degli enti consortili.
                 Nei termini il reso parere.
   
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                 Ai sensi dell'art.15, co. 2 del D.P. Reg. 16 giugno 1998, n.12, lo Scrivente acconsente sin d'ora all'accesso presso codesta Amministrazione al presente parere da parte di eventuali soggetti richiedenti.
                 Si ricorda poi che in conformità alla circolare presidenziale dell'8 settembre 1998, n.16586/66.98.12, trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS".
   

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