Repubblica Italiana
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Gruppo     II                     296/98.11

OGGETTO: Ricorso al Governo regionale ex art. 4 u.c. L. 1497/1939. Quesito.

   
   
                                        SEGRETERIA DELLA GIUNTA REGIONALE
                                                 S E D E
   
               p.c.             ASSESSORATO REGIONALE DEI BENI
                                               CULTURALI ED AMBIENTALI E DELLA P.I.
                                               P A L E R M O
   
   1.          Si riscontra la nota suindicata a firma del Capo di Gabinetto del Presidente pro-tempore, con cui si trasmette in copia il ricorso al Governo regionale ex art. 4, u.c., della legge 29 giugno 1939, n. 1497 proposto da A... ed altri avverso il D.A. 18 agosto 1995 di proroga del vincolo di immodificabilità temporanea della località "G..." in agro di A..., al fine di acquisire l'avviso dello Scrivente sui seguenti punti:
   a) se il Governo regionale debba pronunziarsi o meno sul ricorso ai sensi dell'art. 4 u.c. della legge n. 1497/39 e, in caso affermativo, "se debbano ritenersi acquisiti i pareri degli organi consultivi previsti dalla norma in parola ed emessi in relazione alla istruttoria del ricorso straordinario presentato in precedenza dagli stessi ricorrenti, avverso lo stesso provvedimento, e dichiarato inammissibile con D.P. n. 341 del 22 settembre 1997";
   b) se il Governo "debba comunque...pronunziarsi sul gravame, anche se la proroga del vincolo anzidetto è definitivamente scaduta il 6 settembre 1998, "ed entro quali termini".
   
   2.          Si premette che la competenza dell'Ufficio in tema di ricorsi amministrativi è circoscritta dalla legge (art. 7 l.r. 29 dicembre 1962, n. 28 e succ. modif.) ai ricorsi straordinari; onde lo Scrivente si limiterà ad esaminare le modalità di applicazione in ambito regionale del particolare rimedio previsto dall'art. 4, u.c., l. 1497/1939, senza entrare nel merito del ricorso suindicato, ancorchè avanzato avverso un provvedimento già impugnato (per errore scusabile) in via straordinaria.
   
   3.          Il ricorso al "Governo del Re" previsto dall'art. 4, u.c., della legge 29 giugno 1939, n. 1497, avverso l'elenco delle "bellezze d'insieme" approvato dal Ministro competente costituisce, com'è noto, una forma di "ricorso gerarchico improprio" e cioè un ricorso amministrativo avverso un atto non definitivo esperibile al di fuori di un rapporto di subordinazione gerarchica tra autorità emanante ed autorità decidente. Tali tipi di ricorsi, ammessi nei soli casi previsti dalla legge o dagli ordinamenti dei singoli enti, restano disciplinati dalle fonti normative che li prevedono, come si evince dall'art. 1, comma 2, del d.lgs. 24 novembre 1971, n. 1199.
               Orbene, l'art. 4, u.c., L. 1497/1939 sopra citato si limita a stabilire che il Governo si pronuncia sul ricorso (da proporsi entro tre mesi dal compimento delle formalità di pubblicazione dell'elenco) "sentiti i competenti corpi tecnici del ministero dell'educazione nazionale e il Consiglio di Stato". L'art. 13, co. 2, del regolamento di esecuzione della legge, emanato con r.d. 3 giugno 1940, n. 1357 chiarisce che il "competente Corpo tecnico che il ministro ha l'obbligo di consultare...è la V Sezione del Consiglio nazionale dell'educazione, delle scienze e delle arti" (al quale, dopo l'avvento della Repubblica, è subentrato il Consiglio superiore delle antichità e belle arti presso il Ministero della p.i.), il cui parere può essere preceduto da quelli facoltativi di "collegi, uffici e istituzioni" non meglio identificati, "che abbiano particolare competenza sull'argomento".
               Dopo l'istituzione del Ministero dei beni culturali ed ambientali, (d.l. 14 dicembre 1974, n. 657, conv. con l. 29 gennaio 1975, n. 5) il "corpo tecnico" di cui all'art. 13, co. 2, r.d. n. 1357/1940 cit. è individuabile nel Consiglio nazionale dei beni culturali ed ambientali istituito con l'art. 2 del D.P.R. 3 dicembre 1975, n. 805, recante l'organizzazione di quel Ministero.
   
   4.          L'applicabilità dell'istituto di cui trattasi nell'ambito della Regione non dà adito a dubbi, attesa la competenza esclusiva della medesima in materia di tutela del paesaggio (art. 14, lett.u, St. Si). L'art. 2 del D.P.R. 30 agosto 1975, n. 637, recante le relative norme di attuazione riserva invero all'Amministrazione regionale l'adozione di "tutti gli atti previsti dalle LL. 1 giugno 1939, n. 1089 e 29 giugno 1939, n. 1497". Sull'esperibilità del ricorso al Governo regionale in subiecta materia, peraltro si è già espresso ripetute volte il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana (pareri SS.rr., 18 ottobre 1994, n. 528; 20 maggio 1997, n. 767/96; S.c., 20 gennaio 1998, n. 15/98; 12 maggio 1998, n. 374/98; 12 marzo 1996, n. 123/96).
               In Sicilia il "corpo tecnico" a cui compete l'emissione del parere obbligatorio di cui agli artt. 4, u.c. l. 1497/1939 e 13, co. 2, R.D. n. 1357/1939 è il Consiglio regionale per i beni culturali ed ambientali, istituito con l'art. 4 della l.r. 1 agosto 1977, n. 80, recante la disciplina organica "per la tutela, la valorizzazione e l'uso sociale dei beni culturali ed ambientali", organo il quale, a termini del successivo art. 6, u.c., "nelle materie di competenza della Regione, svolge tutte le funzioni" dell'omonimo Consiglio nazionale.
   
   5.          Passando all'esame degli specifici quesiti posti da codesta Segreteria si ricorda che parte della sopra richiamata giurisprudenza del C.g.a. (pareri SS.rr. 20 maggio 1997, n. 767/96; S.c., 12 maggio 1998, n. 374/98 e 12 marzo 1996, n. 123/96) si è formata proprio su ricorsi avverso vincoli di immodificabilità temporanea ex art. 5 l.r. 30 aprile 1991, n. 15 e relative proroghe.
               L'obbligo del Governo regionale di pronunziarsi sul ricorso de quo discende poi de plano dal principio generale dell'obbligatorietà della decisione del ricorso gerarchico, sia proprio che improprio, desumibile dagli artt. 5 e 6 del D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199.
               Quanto al secondo quesito, si rileva che il procedimento di decisione del ricorso al Governo avverso il decreto assessoriale suindicato è del tutto autonomo da quello del ricorso straordinario erroneamente avanzato in precedenza dagli stessi ricorrenti avverso il medesimo provvedimento: onde nessun atto di tale procedimento, sfociato in una pronunzia di rito, è utilizzabile per la decisione del gravame riproposto nella sede competente a seguito della remissione in termini per errore scusabile. Peraltro il D.P.Reg. n. 341 del 22 settembre 1997, con cui è stato dichiarato inammissibile il ricorso straordinario, non è stato preceduto dal parere del Consiglio regionale per i beni culturali ed ambientali. Quindi, prima della consultazione del Consiglio di giustizia amministrativa - non più obbligatoria a seguito dell'entrata in vigore della legge 15 maggio 1997, n. 127, il cui art. 17, co. 26, non include il ricorso al Governo ex art. 4, u.c. l. 1497/1939 tra gli affari per i quali è richiesto il parere obbligatorio del Consiglio di Stato (v. C.G.A., S.c. 12 maggio 1998, n. 374/98) - dovrà essere acquisito il parere del predetto organo tecnico dell'Assessorato regionale dei beni culturali ed ambientali e della p.i.
               Quanto all'ultimo quesito, si osserva che la definitiva scadenza del vincolo di immodificabilità temporanea dell'area di cui trattasi non fa venir meno l'obbligo dell'Autorità adita di pronunziarsi sul ricorso, anche se (ricorrendone i presupposti) con una decisione di rito.
               Per quanto concerne poi lo spatium deliberandi si ritiene applicabile al ricorso suindicato, in mancanza di contraria disposizione nella disciplina particolare che lo concerne il termine di 90 giorni previsto dall'art. 6 del citato D.P.R. n. 1199/1971, il cui Capo I reca la disciplina generale dei ricorsi gerarchici. Il fatto che tale termine sia abbondantemente scaduto, con conseguente formazione del silenzio-rigetto, non priva tuttavia l'autorità adita della potestà di decidere il ricorso (C.S., A.p. 27 novembre 1989, n. 16; Sez. V, 24 aprile 1991, n. 657; 8 marzo 1994, n. 143; Sez. VI, 4 luglio 1991, n. 414; C.g.a., S.g. 2 novembre 1992, n. 325), il cui esercizio potrebbe essere sollecitato dal ricorrente con i normali rimedi contro il silenzio-rifiuto della P.A. (C.S. Ap. 27 novembre 1989, n. 16 cit.).
   
   

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