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Gruppo XIV Prot._______________/96.98.11

OGGETTO: Caccia.- Territorio destinato a protezione della fauna selvatica.- Fondi chiusi.


ASSESSORATO REGIONALE
AGRICOLTURA E FORESTE
(Rif. nota n. 1331/Gr. XI del 24.2.98)
P A L E R M O


1.- Con la nota emarginata - pervenuta allo scrivente in data 1 aprile 1998, e sollecitata con nota n. 3181/gr. 11° del 26 maggio 1998 - è stato chiesto l'avviso di questo Ufficio circa la ricomprendibilità dei "fondi chiusi", previsti e disciplinati dall'art. 24 della l.r. 1 settembre 1997, n. 33, nell'ambito della quota di territorio agro-silvo-pastorale destinato, ai sensi dell'art. 14, comma 3, della stessa legge regionale, a protezione della fauna selvatica.
Viene evidenziato nella richiesta di parere che, mentre la Ripartizione faunistico-venatoria di Palermo - che ha sollevato la problematica in questione - ritiene che detti "fondi chiusi" facciano parte (in conformità peraltro alle previsioni recate dall'art. 15, comma 9, della L. 11 febbraio 1992, n. 157 che detta i principi fondamentali in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio) della porzione di territorio destinato alla protezione della fauna, la richiedente Amministrazione reputa viceversa che gli stessi risultino inclusi nel territorio destinato alla gestione programmata della caccia di cui al comma 7 del citato art. 14, l.r. 33/1997.

2.- In ordine alla problematica proposta si osserva quanto segue.
L'art. 14 della l.r. 1 settembre 1997, n. 33, recante "Norme per la protezione, la tutela e l'incremento della fauna selvatica e per la regolamentazione dell'esercizio venatorio. Disposizioni per il settore agricolo e forestale", nel sottoporre a pianificazione faunistico-venatoria l'intero territorio agro-silvo-pastorale della Regione, ne prevede, con riferimento al territorio di ciascuna provincia regionale, una destinazione differenziata, riservando (comma 3) una quota del 25 per cento a protezione della fauna selvatica, prevedendo (comma 6) che una quota sino ad un massimo del 15 per cento possa essere destinata all'esercizio della caccia riservata a gestioni private, a centri privati di produzione di selvaggina e ad allevamenti di fauna selvatica a scopo di ripopolamento, e statuendo (comma 7) che il rimanente, residuale, territorio sia finalizzato alla gestione programmata della caccia secondo le modalità indicate agli articoli 17 e seguenti.
L'art. 24 della stessa legge regionale, poi, rubricato "Utilizzazione delle aree ai fini della gestione programmata della caccia. Fondi chiusi", testualmente prevede, al comma 1, che "il proprietario o il conduttore di un fondo, incluso nel piano faunistico-venatorio regionale ai fini della gestione programmata della caccia, che intenda vietare sullo stesso l'esercizio dell'attività venatoria deve, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione del piano, avanzare all'Assessore regionale per l'agricoltura e le foreste richiesta motivata".
Il successivo comma 4 dello stesso articolo, vieta l'esercizio venatorio in forma vagante sui terreni in attualità di coltivazione ed il seguente comma 5, inoltre, specificatamente vieta a chiunque l'esercizio venatorio "nei fondi chiusi da muro o da rete metallica o da altra chiusura, di altezza non inferiore a metri 1,20, o da corsi o specchi d'acqua perenni il cui letto abbia una profondità di almeno metri 1,50 e la larghezza di almeno 3 metri", e prescrive che "l'esistenza di fondi chiusi alla data di entrata in vigore della presente legge e l'istituzione successiva dei medesimi devono essere comunicate alle ripartizioni faunistico-venatorie competenti per territorio."
Infine, il comma 6, unificando la disciplina per le diverse fattispecie di fondi al cui interno è vietata la disciplina venatoria, prescrive che "i divieti di cui al presente articolo sono resi noti mediante tabelle apposte a cura e spese del proprietario o conduttore del fondo, che delimitano in maniera chiara e visibile il perimetro dell'area interessata", ed il comma 7, dispone che "nei fondi sottratti alla gestione programmata della caccia è vietato a chiunque, compreso il proprietario o conduttore, esercitare l'attività venatoria fino al venir meno delle ragioni del divieto".
Dal tenore letterale del complesso di disposizioni riportate non emerge, con chiarezza, una univoca interpretazione delle stesse ai fini che qui rilevano. Ed infatti - premesso che la diversificazione tra le varie tipologie di fondi in cui, ai sensi del citato art. 24 della l.r. 33/1997, è precluso l'esercizio venatorio, risulta sostanzialmente affidata ad elementi materiali attinenti alla riconoscibilità degli stessi; ed invero, mentre il fondo in cui si intende vietare, in conformità al comma 1, l'esercizio dell'attività venatoria è riconoscibile soltanto a seguito dell'apposizione della prevista tabellazione, l'ipotesi del "fondo chiuso" (comma 5) appare caratterizzata dall'esistenza di elementi, naturali o manufatti, che rendono difficile l'accesso, ed i terreni in attualità di coltivazione (comma 4) dalla visibilità della coltivazioni stesse - si rileva che, testualmente, soltanto in relazione alla fattispecie di cui al comma 1, si specifica che i fondi in questione sono inclusi nel piano faunistico-venatorio regionale ai fini della gestione programmata della caccia, mentre nessuna prescrizione o indicazione in tal senso, od anche in senso contrario, reca la norma citata in ordine alle altre due fattispecie disciplinate ai commi 4 e 5. Analogamente, nella rubrica dell'articolo 24, appare riscontrarsi una duplicità di oggetto che non consente la certa ricomprendibilità dei "fondi chiusi" nell'ambito del territorio destinato alla gestione programmata della caccia, o al contrario, nell'ambito della quota finalizzata alla protezione della fauna.

Ad avviso dello scrivente la questione proposta può, però, essere agevolmente risolta in forza del rinvio operato dall'art. 49 della medesima l.r. 33 del 1997 - per tutto quanto non previsto dalla stessa legge regionale - alla normativa recata dalla L. 11 febbraio 1992, n. 157 e successive modifiche ed integrazioni.
Ed invero, il comma 9 dell'art. 15 della richiamata L. 157 del 1992 testualmente dispone che "la superficie dei fondi di cui al comma 8 (riguardante appunto i "fondi chiusi") entra a far parte della quota dal 20 al 30 per cento del territorio agro-silvo-pastorale di cui all'articolo 10, comma 3", destinata proprio alla protezione della fauna selvatica.
Pertanto, non riscontrandosi nella normativa regionale alcuna specifica ed univoca previsione in argomento, non può che ritenersi applicabile quanto invece puntualmente disposto dalla legge statale alla quale è operato rinvio.

Si reputa opportuno infine rappresentare che la ricomprensione nella percentuale del territorio destinata a protezione della fauna selvatica di tutte le aree in cui sia comunque vietata l'attività venatoria, purchè le medesime aree siano definibili come agro-silvo-pastorali - tra le quali appunto è dato far rientrare anche i "fondi chiusi" - è stata ritenuta costituzionalmente legittima dalla Corte costituzionale con la sentenza 30 dicembre 1997, n. 448.
La Corte ha invero ritenuto che "non necessariamente tutto il territorio destinato alla tutela faunistica deve rivestire le caratteristiche proprie delle "oasi di protezione", e cioè di quelle aree che, secondo la definizione del comma 8 (n.d.r.: dell'art. 10 della L. 157/1992) sono "destinate al rifugio, alla riproduzione e alla sosta della fauna selvatica"; detto territorio "comprende" sì queste ultime (comma 4) ma resta affidato, per la ulteriore sua individuazione, alla pianificazione faunistico-venatoria regionale e provinciale, cui spetta enucleare, secondo i criteri stabiliti nel menzionato art. 10, "comprensori omogenei" nei quali si articola la destinazione differenziata del territorio stesso".
In altre parole, la Corte ha ritenuto che, se è pur vero che per protezione della fauna va inteso il divieto di abbattimento e cattura a fini venatori accompagnato da provvedimenti atti ad agevolare la sosta della fauna, la riproduzione e la cura della prole (comma 4, art. 10, L. 157/1992), non ne consegue che nel territorio destinato a protezione possa essere compreso soltanto quello che, per sua natura e funzione, sia idoneo a consentire l'agevolazione congiunta di tutte le attività vitali della fauna selvatica.
Nei termini l'avviso dello scrivente.

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