POS. V Prot._______________/202.05.11

OGGETTO: Cave - Materiali lapidei di pregio - V.I.A. - Recupero ambientale - Schema di circolare.




ASSESSORATO REGIONALE DEL TERRITORIO E DELL'AMBIENTE
Dipartimento Territorio e Ambiente
PALERMO







1. Con nota prot. n.45761 del 21 luglio 2005 codesto Dipartimento, premesso che nell'ambito delle competenze allo stesso attribuite in materia di valutazione di impatto ambientale ha predisposto una bozza di circolare con cui intende regolamentare le procedure relative all'approvazione dei progetti di recupero ambientale per le cave di materiali lapidei di pregio "da allegare alle istanze dei provvedimenti ai sensi del D.P.R. 12 aprile 1996 e succ. mod. e integraz.", ha chiesto il parere dello Scrivente sulla "legittimità" della bozza di circolare alla luce delle osservazioni prodotte dal "Lapis-Consorzio lapidei siciliani", allegate alla richiesta di parere.
Codesto Dipartimento al riguardo si limita a chiarire che il medesimo, in sede di rilascio dei provvedimenti di cui al D.P.R. 12 aprile 1996,approva contestualmente il progetto di massima delle opere di recupero ambientale delle cave soggette al regime autorizzatorio di cui alla l.r. 9.12.1980, n.127.
Codesta Amministrazione precisa altresì che la problematica concerne: le istanze per l'apertura di cave di materiali lapidei di pregio; il rinnovo dell'autorizzazione e/o la richiesta di ampiamento di cave precedentemente autorizzate alla coltivazione dei suddetti materiali; il rinnovo dell'autorizzazione e/o la richiesta di ampliamento di cave precedentemente autorizzate all'estrazione di materiali diversi da quelli citati, e da cui si intendono estrarre materiali lapidei di pregio.


2. In ordine alla nota cui si risponde va pregiudizialmente premesso che nella richiesta in esame non sono enucleati specifici problemi relativi all'interpretazione di norme di legge, regolamentari o statutarie, e corredati dall'orientamento di codesto Dipartimento, riguardando la medesima piuttosto l'attività procedimentale di codesta Amministrazione attiva, che ha la titolarità esclusiva della stessa nonchè la responsabilità della legittimità o meno del procedimento perseguito.
Tuttavia, nello spirito di una fattiva collaborazione finalizzato al migliore andamento dell'Amministrazione, non ci si esime dal fornire indicazioni normative per una migliore redazione della circolare de qua, dal momento che questa risulta poco chiara e talora poco aderente al dettato normativo. Ci si soffermerà, infine, sulle osservazioni del Lapis.

La bozza di circolare tenta di contemperare all'interno di un unico procedimento gli interventi in materia di attività estrattiva di cava di competenza di codesto Assessorato, chiamato a pronunciarsi in ordine a: A) le opere di recupero ambientale da porre in essere al termine dell'attività estrattiva; B) la compatibilità ambientale (VIA) del progetto di cava.
Si tratta di competenze attribuite a codesto Assessorato da due distinti, e inevitabilmente connessi, settori normativi e cioè, rispettivamente: A) dalla legge regionale 9 dicembre 1980, n.127, e succ. mod. e integraz., che disciplina l'attività di cava nella Regione siciliana e più specificamente, per le cave di materiali lapidei di pregio, dalla legge regionale 1 marzo 1995, n.19, e B) dalla più recente normativa in materia di valutazione di impatto ambientale, introdotta nell'ordinamento statale (e regionale) in attuazione di direttive comunitarie.

A) La legge regionale n.127/1980 e succ. mod. e integraz. contiene precise disposizioni tese ad assicurare il recupero ambientale delle zone assoggettate ad attività di cava: gli articoli 10, 12 e 19.
In particolare, l'art.12, secondo comma, lett. d), l.r. cit. prescrive, in sede di rilascio dell'autorizzazione alla coltivazione di cava da parte del distretto minerario competente, tra gli allegati a corredo della domanda, la presentazione da parte del richiedente di uno "studio di fattibilità e progetto di massima delle opere di recupero ambientale della zona da realizzare nel corso e al termine della coltivazione, con l'indicazione dei tempi di esecuzione delle medesime e dei costi di massima previsti. In particolare, devono essere specificate le modalità di ricostruzione del manto vegetale e delle piantagioni, della regolarizzazione del flusso delle acque e della sistemazione ambientale della zona" (così, art.12 secondo comma, lett.d).

Lo studio di fattibilità e il progetto di massima di cui alla lett. d dell'art.12 cit. devono essere approvati dal comune (v. art.39, primo comma, l.r. 27.12.1978, n.71, come modificato dall'art.10, l.r. n.127/1980 cit. e sostituito dall'art.1, l.r. 26.3.1982, n.22); le decisioni, positive o negative, devono essere assunte dal comune entro sessanta giorni dalla data di trasmissione della documentazione da parte del distretto minerario; decorso tale termine, provvede in via sostitutiva, entro i successivi trenta giorni, l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente a mezzo di commissario ad acta (art. 39, cit. terzo comma, cit.).

Infine, a norma dell'art.19, l.r. n.127/1980 e succ. mod. e integraz. il rilascio dell'autorizzazione alla coltivazione di cava è subordinato al versamento in apposito capitolo gestito dall'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente di una somma da utilizzare per l'esecuzione delle opere di sistemazione dei luoghi per il recupero ambientale (primo comma).
Nel corso o al termine dei lavori di coltivazione della cava, sulla base delle indicazioni fornite dallo studio di fattibilità di cui all'art.12, secondo comma, lett. d cit. il comune provvede alla redazione di un progetto esecutivo con il relativo preventivo di spesa delle opere da eseguire per il recupero ambientale della zona, da sottoporre all'approvazione dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente che determina la somma occorrente con decreto (settimo comma).
A tal fine, la legge prevede che una copia dell'autorizzazione unitamente a quella dello studio di fattibilità di cui all'art.12, secondo comma, lett. d, nonché delle quietanze vengano trasmesse al comune interessato e all'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente (art.19, sesto comma, l.r. cit.).


Per le attività estrattive dei materiali lapidei di pregio la legge regionale 1 marzo 1995, n.19 ha introdotto un procedimento autorizzatorio semplificato, diverso da quello regolato dall'art.9, l.r. n.127/1980.
In particolare, per quel che in questa sede interessa, l'art.1, l.r. ult. cit. non prescrive la presentazione di un progetto di massima delle opere di recupero ambientale.
L'art.3, l.r. n.19/1995 cit. prevede, invece, analogamente a quanto visto sopra per le cave in generale, la redazione di progetti esecutivi delle opere di recupero ambientale da parte dei comuni interessati, da sottoporre all'approvazione di codesto Assessorato.
In particolare la disposizione testè citata dispone che "Il rilascio dell'autorizzazione o del rinnovo della stessa è subordinato al versamento della somma prevista dall'art.19 della legge regionale 9 dicembre 1980, n.127, con le modalità ivi previste, e alla presentazione della dichiarazione di cui al comma quinto del medesimo articolo 19" (comma primo); e prescrive che "Il recupero ambientale delle aree interessate alle attività estrattive di materiali lapidei di pregio è effettuato al completamento del programma di utilizzazione del giacimento, con le modalità di cui al comma 3 dell'art.2 della legge regionale 15 maggio 1991, n.24" (quarto comma).
La norma da ultimo citata prevede, infine, che "3. Nell'ambito dei bacini di materiali lapidei di pregio, i comuni interessati procederanno alla redazione di progetti esecutivi delle opere di recupero ambientale da sottoporre all'approvazione ed al finanziamento da parte dell'Assessorato del territorio e dell'ambiente" (così, art.2, terzo comma, l.r. n.24/1991, n.24).


B) Passando all'esame della procedura di impatto ambientale, com'è noto, nella Regione siciliana il contesto normativo di riferimento è quello introdotto dall'art.91, l.r. 3 maggio 2001, n.6, che, nel rispetto delle disposizioni della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE (successivamente modificata con la direttiva del Consiglio 3 marzo 1997, 97/11/CE e con la direttiva 2003/35/CE), ha disposto il rinvio alle disposizioni e ai principi stabiliti dal D.P.R. 12 aprile 1996 e dal D.P.C.M. 3 settembre 1999 (che il primo ha modificato), integrati da specifiche disposizioni contenute nella norma medesima.
Il quadro normativo di riferimento va poi completato con il D.A. 23 marzo 2004, che in attuazione della direttiva n.97/11/CE ha prescritto la documentazione necessaria per la valutazione di impatto ambientale dei progetti sottoposti a verifica.

È chiaro che, salvo le poche disposizioni contenute nella norma regionale, l'impianto normativo applicabile è quello che risulta dal D.P.R 12 aprile 1996 e dal D.P.C.M. 3 settembre 1999, che ha modificato gli allegati del primo.

In estrema sintesi, per quanto concerne i progetti aventi ad oggetto cave, alla luce della normativa sopra individuata si può ricordare che:
1) i progetti relativi a "cave e torbiere con più di 500.000 mc/a di materiale estratto o di un'area interessata superiore a 20 ha" (v. art.1, terzo comma, D.P.R. cit. e allegato A, lett. q) sono assoggettati a VIA obbligatoria ex art.5, D.P.R. cit.
2) i progetti aventi ad oggetto "cave e torbiere" (v. art.1, sesto comma, D.P.R. cit. e allegato B, n.8, lett.l) che non rientrano tra i progetti di cui all'allegato A sono sottoposti a verifica ex art.10, D.P.R. cit , al fine di stabilire se procedere o meno a VIA.

Diversa è la documentazione richiesta a seconda che il progetto ricada sub 1) o sub 2). Per quel che in questa sede interessa, occorre ricordare che:
1) nel caso di progetti soggetti a VIA obbligatoria, il richiedente deve presentare, unitamente alla domanda, il progetto dell'opera e lo studio di impatto ambientale secondo quanto previsto dall'art.5, primo comma, D.P.R. cit.
Contestualmente, la domanda completa di copia del progetto e dello studio di impatto ambientale deve essere trasmessa alla provincia e ai comuni interessati (e nel caso di aree naturali protette anche ai relativi enti di gestione), che devono esprimere il proprio parere secondo le modalità indicate dal secondo comma dell'art.5, D.P.R. cit.
Lo studio di impatto ambientale, secondo quanto dispone l'art.6, primo comma, D.P.R. cit., deve essere predisposto secondo le indicazioni di cui all'allegato C del D.P.R. cit. (che riproduce le indicazioni di cui all'allegato IV della direttiva 85/337/CEE, aggiunto dalla direttiva 97/11/CE) e deve contenere, tra l'altro, "la descrizione delle misure previste per eliminare o ridurre gli effetti sfavorevoli sull'ambiente" (quarto comma, lett. d).
Specifica, infine, l'art.7, D.P.R. cit. che la procedura di valutazione di impatto ambientale deve concludersi prima dell'eventuale rilascio del provvedimento amministrativo che consente in via definitiva la realizzazione del progetto e comunque prima dell'inizio dei lavori (primo comma).

2) Per i progetti soggetti a verifica, invece, l'art.10, D.P.R cit. si limita a richiedere "una descrizione del progetto ed i dati necessari per individuare e valutare i principali effetti che il progetto può avere sull'ambiente" (primo comma). L'autorità competente deve poi pronunciarsi in ordine all'assoggettabilità o meno del progetto a VIA, sulla scorta degli elementi indicati nell'allegato A del D.A. 23.03.2004 cit., "conforme all'allegato III della direttiva n.97/11/CE" (v. articolo unico).
3. Tutto ciò premesso, passando all'esame della bozza di circolare, in via generale va osservato quanto segue.

Non bisogna confondere gli obblighi di sistemazione dei luoghi derivanti in capo al soggetto allorché l'attività estrattiva venga a cessare con "le eventuali prescrizioni per la mitigazione degli impatti ed il monitoraggio delle opere e/o degli impianti" che il giudizio di compatibilità ambientale può prevedere secondo quanto dispongono, per la VIA obbligatoria, l'art.7, D.P.R. cit. e, per i progetti sottoposti a verifica, l'art.10, D.P.R.

Come sopra si è cercato di evidenziare, diversa infatti è la normativa che viene in considerazione, diversi i contenuti e le competenze e diverse le finalità.

La ratio delle prescrizioni imposte con il giudizio di impatto ambientale (VIA), di competenza di codesto Assessorato, è quella di evitare (in un'ottica di prevenzione) fin dall'inizio danni all'ambiente anziché combatterne successivamente gli effetti, e ciò tenendo subito conto, già in fase di progettazione, delle probabili ripercussioni del progetto sull'ambiente, al fine di mitigarne l'impatto legato alla realizzazione del progetto stesso.
In questo senso è prevista, come contenuto necessario dello studio di impatto ambientale, "la descrizione delle misure previste per eliminare o ridurre gli effetti sfavorevoli sull'ambiente" (v. art.6, comma quarto, lett. d, D.P.R. cit.).

Diversamente, lo scopo del progetto di recupero ambientale è quello di ripristinare l'assetto dei luoghi al completamento dell'attività estrattiva. E, al riguardo, come sopra visto, il legislatore regionale ha semplificato il procedimento per il rilascio dell'autorizzazione alla coltivazione di materiali lapidei di pregio, non richiedendo, tra l'altro, a corredo della domanda, un progetto di massima delle opere di recupero ambientale.
Se è questo il contesto normativo, non è possibile aggravare il procedimento richiedendo un progetto di massima delle opere di recupero ambientale.

E ciò tanto nel procedimento per la VIA ex art.5, D.P.R. cit, quanto a fortiori per la procedura di verifica ex art.10, D.P.R. cit. Si consideri, infatti, che per quest'ultima, come sopra ricordato, è diversa la documentazione prescritta dal legislatore che non richiede lo studio di impatto ambientale ex art.6, D.P.R. cit.(vedi supra), ma una più limitata descrizione delle misure previste per eliminare o ridurre gli effetti sfavorevoli sull'ambiente. Non può dunque essere richiesta la presentazione di un progetto di massima delle opere di recupero ambientale vistato dal comune.


Ciò posto in via generale, alla luce degli altri più specifici rilievi del Lapis, va in particolare segnalato che nel testo della circolare:
- codesta Amministrazione deve sempre distinguere con chiarezza le due procedure, di VIA obbligatoria e di verifica;

- per consentire una più agevole lettura della circolare, sarebbe opportuno fare riferimento esclusivamente alla normativa interna, statale o regionale, e non alle direttive comunitarie;

- il D.A 23.03.04 ha recepito l'allegato III della direttiva 97/11/CE, che concerne i criteri di selezione da seguire nella procedura di verifica, e non l'allegato IV, come indicato nella circolare;

- le direttive comunitarie possono essere attuate nell'ordinamento interno sia con legge (o decreto-legge o decreto legislativo) che con un atto amministrativo (nel caso in esame, con il decreto assessoriale): la Corte di giustizia ha invece deplorato l'attuazione tramite semplici prassi amministrative o atti puramente interni come, ad esempio, direttive verbali, lettere e ordini di servizio (sentenza del 15 ottobre 1986, causa 168/85, Commissione c. Italia); nemmeno l'attuazione attraverso circolari amministrative incontra il favore della Corte di Giustizia, nella misura in cui nemmeno le circolari vincolano giuridicamente l'amministrazione e garantiscono ai singoli la certezza delle loro situazioni giuridiche;

- sarebbe più corretto individuare la normativa in materia di VIA, facendo riferimento all'art.91, l.r. n.6/2001, che a sua volta rinvia al D.P.R. 12.4.1996 ed al D.P.C.M. 3.9.1999, che è l'unico atto che ha modificato il primo. In ogni caso deve essere eliminata l'indicazione "s.m.i.";

- poco importa rilevare, come fa il Lapis, che in Sicilia non esistono cave delle dimensioni indicate nell'allegato A del D.P.R. 12.04.1996, dato che la circolare può comunque fornire indicazioni di carattere generale e astratto che facilitino l'applicazione della legge;

- l'art.91, l.r. n.6/2001 ha rinviato al D.P.R ed al D.P.C.M. più volte citati nella loro interezza, salvo le specifiche norme dettate dalla disposizione regionale stessa.

Va infine ricordato che l'art.2, l.r. 5 luglio 2004, n.10 , per le ipotesi di rinnovo delle autorizzazioni ivi previste (rinnovi finalizzati al completamento del programma di coltivazione precedentemente autorizzato, rinnovi che prevedano una modifica plano-altimetrica del programma di utilizzazione a suo tempo approvato e rinnovi che prevedano un ampliamento dell'area di cava nella misura ivi indicata), deroga all'art.91, l.r. n.6/2001 (cfr. sul punto parere n.68.11.05, reso da questo Ufficio a codesto Dipartimento con nota prot. n.5960 del 21 aprile 2005).

Nelle superiori considerazioni è il parere dello Scrivente.

A termini dell'art. 15 del regolamento approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo Scrivente acconsente alla diffusione del presente parere in relazione ad eventuali domande di accesso inerenti il medesimo.
Codesta Amministrazione vorrà comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca una lite, ovvero se intende differirne la pubblicazione sino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi. Decorso tale termine senza alcuna comunicazione in tal senso si consentirà la diffusione sulla banca dati "FoNS", giusta delibera di Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998.


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