Pos. III   Prot. N. /146.11.05  



Oggetto: Società mista per la gestione del Sistema Informativo Territoriale Regionale -SITR.




Allegati n...........................


Presidenza della Regione
                      Segreteria generale 
                                  S E D E 




1-Con la suindicata nota di pari oggetto codesta Segreteria generale ha trasmesso gli schemi di statuto e di patti parasociali,nonché del regolamento di assemblea predisposti da XXX s.p.a. in vista della costituzione di una società mista finalizzata all'attuazione del Sistema Informativo Territoriale Regionale (SITR)con partecipazione della Regione per il 51% del capitale e della suddetta S.p.a. per il restante 49%..
A quest'Ufficio, al quale viene chiesto di esprimersi in ordine ai competenti profili di legittimità degli atti, vengono rappresentate una serie di perplessità relativamente ad alcune previsioni inserite nei suindicati schemi.
Pertanto, nello spirito di fattiva collaborazione che contraddistingue l'attività dell'Ufficio, anche se non rientra fra i compiti allo stesso ascritti la revisione di atti non aventi natura normativa, si vanno a trattare tutti gli aspetti con riferimento ai quali vengono sollevati dubbi pur se sui medesimi non vengono a volte rivolti specifici quesiti d'ordine giuridico interpretativo.Non si ritiene invece ,in quanto non chiesto,di dover esaminare ulteriori aspetti quali la compatibilità con l'ordinamento comunitario , la coerenza con il Complemento di programmazione dello strumento societario prescelto nonché eventuali interferenze con l'attività della Società Euromediterranea per lo Sviluppo dell'Informazione-PTI S.p.a. costituita, ai sensi dell'art.78 della l.r.n.6 del 2001, per lo svolgimento di attività informatiche della Regione

2-Si concorda con codesta Segreteria generale nel preferire che la determinazione della sede sociale venga effettuata con l'indicazione del solo comune, così come previsto dal testo novellato dell'art.2328 c.c.dal tenore del quale risulta altresì chiaro che ,così operando, il mutamento di sede entro la medesima località non implica modificazione dell'atto costitutivo.
Parimenti si concorda nel ritenere esulante dai contenuti statutari la previsione dell'articolo 6, in quanto funzione dello statuto è dettare l'ordinamento normativo speciale di una determinata organizzazione societaria e non anche regolare i rapporti tra la società ed altri soggetti che con la stessa entrano in contatto per la conclusione di affari e quindi in tale veste sono terzi anche quando,come nel caso specifico la Regione,partecipano alla società in quanto soci.
Conseguentemente tale estraneità depone a sfavore della clausola recata all'art.10.3 e ciò pur a seguito della nuova disciplina del recesso introdotta dalla riforma del diritto societario di cui al d.lgs.17 gennaio 2003,n.6.
Com'è noto ,con l'ampliamento delle cause di recesso,che costituisce un tratto saliente della riforma, si consente alle spa che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio anche di introdurre nuove ipotesi all'interno dello statuto sociale. Così le cause di recesso non costituiscono più un numerus clausus ed è quindi possibile che come tali si prevedano anche fatti e non soltanto, analogamente alle ipotesi legali, l'assunzione di una deliberazione specifica avente un oggetto particolare. L'amplissima libertà concessa ai soci apre sicuramente la strada alle più svariate previsioni statutarie delle quali, per la novità dell'argomento, risulta difficile circoscrivere l'ambito di praticabilità. Non possono però sottacersi i rischi conseguenti all'utilizzo di tale potere statutario soprattutto per le ipotesi fattuali di recesso.con le quali ci si discosta dal modello tradizionale operante sul piano della dialettica endosocietaria.fra maggioranza e minoranza. Quando infatti il recesso diventa strumento per reagire ad accadimenti esogeni rispetto alla società, manca un criterio selettivo della legittimazione ad esercitarlo e si corre il rischio che, come nel caso in esame, si finisca col prevederlo in favore di uno solo o di alcuni soci per ragioni estranee al patto sociale. Tale previsione non sembra del tutto coerente con il modello societario.
Per quanto riguarda invece il voto per corrispondenza non si pongono problemi d'ordine giuridico, in quanto la possibilità della sua previsione da parte dello statuto,già ammessa dalla giurisprudenza, è oggi espressamente sancita dall'ultimo comma dell'art. 2370 c.c. .Conseguentemente la decisione in ordine all'inserimento della relativa clausola risponde solo a valutazioni di opportunità.
Con riferimento all'art.15 dello schema di statuto relativo a "costituzione e deliberazioni dell'assemblea", oltre all'evidenziata necessità di far salvo il disposto dell'art.2369 anche con riferimento al quorum costitutivo dell'assemblea ordinaria chiamata a deliberare su approvazione del bilancio e nomina e revoca delle cariche sociali , poiché si rileva l' impossibilità aritmetica di raggiungere un quorum deliberativo maggiore di quello costitutivo, può solo ipotizzarsi che XXX spa abbia voluto proporre nello schema dello Statuto che l'Assemblea ordinaria e quella straordinaria in prima convocazione deliberino con il voto favorevole del 75% non del capitale sociale ma del capitale rappresentato in assemblea..
Detto ciò va considerato che anche per i quorum la riforma societaria ha innovato profondamente, consentendo allo statuto di richiedere, tranne che nelle ipotesi di approvazione del bilancio e nomina e revoca delle cariche sociali , ,maggioranze più elevate. Tuttavia si concorda con la dottrina nel ritenere che nella permanente vigenza del principio maggioritario lo statuto non possa " richiedere il voto unanime dei soci o maggioranze a tal punto elevate da equivalere sostanzialmente all'unanimità". Conseguentemente"per la stessa ragione si nega che lo statuto possa richiedere la presenza e il voto favorevole della maggioranza del capitale anche per l'assemblea ordinaria in seconda convocazione" (Così F.Galgano Il nuovo diritto societario Cedam 2003 pag 215). Pertanto, anche a non voler tener conto dei refusi di stampa alla cui correzione consegue comunque la necessità di rimodulare il quorum per l'assemblea straordinaria in seconda convocazione, le maggioranze fissate nell'art.15 possono "compromettere il funzionamento dell'assemblea e quindi recare pregiudizio all'efficienza produttiva della società" almeno per quanto riguarda l'assemblea ordinaria. Per ovviare a ciò bisogna quantomeno differenziare le maggioranze richieste in prima e seconda convocazione in coerenza con quanto previsto dall'art.2369 c.c..
Non si ritiene invece che lo sbilanciamento individuato da codesto Ufficio nella clausola che prevede la cessazione dell'intero consiglio di amministrazione in qualunque ipotesi di cessazione di un consigliere nominato dal socio di minoranza (art.16.5) si traduca in invalidità. Infatti la possibilità di inserire la c.d. clausola simul stabunt simul cadent è oggi prevista dall'art. 2386,c.4 che, facendo riferimento alla cessazione di "taluni amministratori", supera le obiezioni mosse dalla giurisprudenza in vigenza della precedente formulazione allorché si pretendeva di limitarne l'applicabilità all'ipotesi del venir meno di uno solo o di alcuni determinati amministratori. Caso mai, e ferme restando le valutazioni di opportunità, affinché non sorgano problemi applicativi andrebbe chiarito a monte ( cioè nello statuto ) il percorso attraverso il quale l'assemblea procede alle nomine delle cariche sociali trasferendo dal contratto parasociale le relative clausole. Ciò in quanto l'art.2368 c.1, ammettendo l'inserimento di norme particolari, permette di assicurare alle minoranze di essere rappresentate negli organi sociali. Si ricorda anche che per l'ente pubblico Regione sarebbe consentito prevedere la nomina diretta ,cioè al di fuori dell'assemblea,dei componenti di propria emanazione.
Quanto invece alla competenza territoriale stabilita nel foro di Roma, e derogatoria se la sede sociale sarà fissata a Palermo, si condivide la perplessità manifestata attesa anche la limitata applicabilità della clausola ;infatti per le controversie nelle quali sarà parte la Regione non sarà possibile derogare al c.d. foro erariale da individuare ai sensi dell'art.25 c.p.c.,norma che andrebbe comunque richiamata dalla disposizione statutaria.
L'approfondimento riguardante clausole dei patti parasociali richiede preliminarmente un pur sintetico accenno alla nozione e disciplina di tale categoria contrattuale.
Tradizionalmente i patti parasociali nella loro composita tipologia sono accordi atipici volti a disciplinare in via meramente obbligatoria tra i soci contraenti il modo in cui dovrà atteggiarsi ,su vari oggetti,il loro diritto di voto in assemblea (cfr.Cass.,sez.I,23-11-2001,n.14865):Conseguentemente ,risultano separati i due piani del "sociale" e del "parasociale"ed il patto parasociale vincola esclusivamente i soci contraenti e non anche la società che è terza rispetto al patto.
La riforma del diritto societario in attuazione della delega ha introdotto per la prima volta nel codice civile una disciplina dei patti parasociali; disciplina che per le società non quotate si limita in realtà a regolare solo la durata degli accordi contemplati dall'art.2341 bis .La norma infatti non reca una definizione di patto parasociale e non ricomprende tutte le pattuizioni che,nella prassi,si possono ritrovare all'interno dei patti parasociali sibbene individua come tali, per assoggettarle alla propria applicazione, solo le fattispecie del sindacato di voto,del sindacato di blocco e del patto di concertazione stipulati al fine di stabilizzare gli assetti proprietari o il governo della società.
Inoltre lo stesso art.2341 bis prescrive un requisito negativo all'ultimo comma secondo il quale non deve trattarsi di patti strumentali ad accordi di collaborazione nella produzione o nello scambio di beni o servizi e relativi a società interamente possedute dai partecipanti all'accordo.
Il contratto parasociale in esame si autoqualifica come appartenente (anche) al tipo da ultimo citato e perciò all'art. 4, pur stabilendosi una durata quinquennale ai sensi dell'art.2341bis , si prevede altresì un'ipotesi di proroga tacita .
Al riguardo si prescinde,non avendoli esternati codesto Ufficio, dai dubbi sulla configurabilità del contratto come accordo accessorio ad una collaborazione tra soggetti coinvolti nell'attività di produzione o scambio di beni e servizi; ipotesi che, invero, sembra limitata al rapporto tra imprenditori che intendano collaborare ,tramite il veicolo societario,nello svolgimento delle rispettive attività economiche. E comunque, poiché l' accordo è tuttavia correlato ad un rapporto contrattuale tra società e socio di maggioranza, risulta accessorio ad altro accordo che mantiene la propria autonomia.
Va invece evidenziato, prima di continuare nell'esame delle clausole, come non trovino tuttora specifica soluzione legislativa le problematiche relative alla validità delle pattuizioni in relazione alla struttura e all'oggetto, sulle quali la giurisprudenza non ha prodotto orientamenti consolidati anche se comunque, in termini generali, l'ingresso dei patti parasociali nel corpus del Codice riveste un forte significato sistematico, rivelando un certo favore per l'autonomia privata a discapito del principio di tipicità vigente in materia di società.
Con riferimento quindi agli aspetti di criticità rappresentati relativamente ad alcune previsioni dello schema di accordi, deve innanzitutto rammentarsi come la natura parasociale dei patti e la conseguente efficacia obbligatoria dei medesimi escluda, in presenza di violazioni, tutti quei rimedi che possono operare o interferire sul piano sociale mentre sono ammessi quegli strumenti di coercibilità che, come le clausole penali ,operano su un piano meramente obbligatorio.
In tale prospettiva nell'art.6 degli Accordi parasociali è assolutamente erronea la previsione di una causa di risoluzione del contratto di società , pretendendo di trasferire in un contratto nel quale i contraenti perseguono uno scopo comune un rimedio proprio dei contratti a prestazioni corrispettive. In più, tale impostazione non è portata alle estreme conseguenze cioè allo scioglimento della società. Si prevede,invece, in funzione risarcitoria non solo il versamento di una cospicua penale ma anche l'obbligo per la Regione di riacquistare la partecipazione di XXX s.p.a. non al prezzo di mercato o valore delle obbligazioni possedute ma per un importo pari a qualsivoglia esborso effettuato dal suddetto socio di minoranza in favore della società, maggiorato degli interessi legali.
In aggiunta all'impropria qualificazione degli istituti giuridici, nell'art.6 la disposizione relativa al riscatto appare inconciliabile con quanto disposto dall'art.10 dello statuto sociale che, al ricorrere dell'identica ipotesi di inadempimento da parte della Regione, attribuisce al socio di minoranza il diritto di recesso con differente liquidazione della quota .
Poiché - come rilevato nella richiesta di parere - l'art.2437 sexies c.c. consente di inserire nello statuto clausole di riscattabilità da parte dei soci per le quali si applicano in quanto compatibili le norme relative alla liquidazione delle azioni in caso di recesso, può ritenersi che scelta la via da seguire per l'inserimento della clausola di riscatto,nello statuto o nell'accordo parasociale,ci si rifaccia comunque ai criteri legali di determinazione del valore di liquidazione.
Nulla può dirsi invece sull'entità della penale né sulla sua previsione esclusivamente a carico della Regione, non conoscendo i contenuti e quindi gli obblighi recati dalla convenzione di affidamento e dal piano dei soci.
Con riferimento all'ultimo quesito riguardante la pattuizione con la quale i soci si impegnano a consentire che la gestione sociale venga affidata all'Amministratore delegato, della quale si sospetta la nullità per contrasto con l'art.2381 c.c. , si rileva che per la sopradescritta efficacia obbligatoria del patto il Tribunale di Milano con riferimento agli" accordi con cui i soci si impegnano a fare in modo che gli amministratori nominati grazie ai loro voti si conformino a pattuizioni riguardanti la gestione societaria, replicandole nelle sedi opportune e dandovi esecuzione " ha ritenuto che " in tali ipotesi i soci non svolgono alcuna attività gestoria all'interno della società e le loro pattuizioni possono essere attuate soltanto se e quando siano recepite ed attuate autonomamente dagli organi preposti della società."(Sent. 2-7-2001).


3 - Ai sensi dell'art. 15, c. 2, del D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12 lo scrivente acconsente sin d'ora all'accesso presso codesto Assessorato al presente parere da parte di eventuali soggetti richiedenti.
                 Si ricorda poi che, in conformità alla circolare presidenziale dell' 8 settembre 1998, n. 16586/66.98.12, trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS".    


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