Pos. II-IV Prot. _______/145.05.11

OGGETTO: Enti locali - Aziende, consorzi e società - Estendibilità disciplina amministratori locali ad amministratori società miste.


UFFICIO DI GABINETTO DELL'ON.LE ASSESSORE DESTINATO ALLA PRESIDENZA
(Rif. nota 1 giugno 2005 n. 3982)
PALERMO


1. Con la lettera sopra indicata codesto Ufficio sottopone allo scrivente un quesito concernente "l'esatta portata del disposto normativo di cui agli artt.18 e 25 della l.r. 23/12/2000, n. 30".
Premesso che il quesito è stato sollevato dall'amministratore delegato di una società mista costituita quale soggetto responsabile dell'attuazione di un patto territoriale, in particolare vien chiesto se un componente del consiglio di amministrazione della predetta società "possa fruire dei benefici previsti dalla l.r. 30/2000, nonché dall'art. 81 T.U. ee.ll. e, più specificatamente, se possa chiedere di collocarsi in aspettativa e svolgere a tempo pieno il proprio mandato".
Al riguardo ritiene codesto Ufficio che i benefici previsti dall'art. 25 della l.r. n. 30/2000 per gli amministratori delle aziende speciali sembra possano estendersi anche agli amministratori delle società miste in considerazione della "connotazione pubblicistica" delle medesime società nonché della "sostanziale analogia ..., per attività e scopi istituzionali," tra le società miste e le aziende speciali.

2. Preliminarmente pare opportuno precisare, sotto un profilo di carattere strettamente formale, che la disciplina della aspettative degli amministratori locali recata dall'art. 81 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) è stata introdotta nell'ordinamento della Regione siciliana dall'art. 18, comma 1, della legge regionale 23 dicembre 2000, n. 30, il cui testo ripete, con formula sostanzialmente identica, quello della citata norma statale.
Pertanto, tenuto conto che la Regione siciliana ha esercitato nella materia de qua la propria competenza legislativa esclusiva (art. 14, lett.o) e art. 15, comma 3, Statuto regionale), deve ritenersi che ai fini della soluzione del quesito in esame va considerata solo la citata norma regionale di cui all'art. 18 della l.r. n. 30/2000 e non anche il corrispondente art. 81 del D.Lgs. n. 267/2000, posto che solo la norma regionale ha efficacia e trova applicazione nell'ordinamento della Regione.
Ciò premesso va ora richiamato l'art. 25, comma 1, della citata legge regionale n. 30/2000 il quale prevede che "fino all'approvazione della riforma in materia di servizi pubblici locali, ai componenti dei consigli di amministrazione delle aziende speciali anche consortili si applicano le disposizioni contenute nell'articolo 16, comma 1, nell'articolo 18, nell'articolo 20, commi 3 e 4, nell'articolo 21, comma 2, e nell'articolo 22".
La riportata norma regionale estende dunque ai componenti dei consigli di amministrazione delle aziende speciali talune disposizioni, pure contenute nella stessa legge regionale n. 30/2000, relative allo status degli amministratori locali e, in particolare, quelle che disciplinano la condizione giuridica dei medesimi amministratori, nonché il regime delle aspettative, dei permessi, delle indennità di missione e degli oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi.
Si ricorda, in via generale, che le aziende speciali rappresentano uno dei modelli tipici di organizzazione dei servizi pubblici locali insieme alle istituzioni e alle società a capitale misto pubblico privato. Ed infatti, la gestione dei servizi pubblici locali, nell'ordinamento regionale, era contenuta nell'art. 1, comma 1, lett. e), della legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48, che operava un rinvio statico e recettizio agli articoli 22 e seguenti della legge n. 142/1990; in particolare il richiamato art. 22, comma 3, della legge n. 142/1990 (ora abrogato dall'art.274 del D.Lgs. n. 267/2000) disponeva che i comuni e le province possono gestire i servizi pubblici, oltre che in economia e affidandoli in concessione a terzi, anche "a mezzo di azienda speciale" (comma 3, lett.c), "a mezzo di istituzione" (comma 3, lett. d) ed altresì "a mezzo di società per azioni o a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale costituite o partecipate dall'ente titolare del pubblico servizio ..." (comma 3, lett. e).
Si fa presente, per completezza, che per effetto di quanto disposto dell'art. 37, comma 2, della legge regionale 26 agosto 1992, n. 7, il rinvio agli artt. 22 e seguenti della legge n. 142/1990, come introdotti dall'art. 1 della l. r. n. 48/1991, opera come "rinvio alle successive disposizioni statali di modifica e di integrazione, in quanto compatibili"; in altri termini, la disposizione testè richiamata ha trasformato il rinvio statico agli artt. 22 e seguenti della legge n. 142/1990, contenuto nell'art. 1, lett. e) della l. r. n. 48/1991, in rinvio di natura dinamica, con la conseguenza che, nell'ordinamento regionale, per la regolamentazione dei servizi pubblici locali occorre fare riferimento, ad oggi, al titolo V del D.Lgs. n. 267/2000 il quale contiene la disciplina dei servizi e degli interventi pubblici locali.
La precisazione di cui sopra ha comunque rilievo puramente formale; ed invero, la problematica in esame si pone infatti con riferimento ad un componente del consiglio di amministrazione di una società mista che, in quanto soggetto responsabile dell'attuazione di un patto territoriale, è stata costituita, in conformità a quanto previsto al punto 2.5 della deliberazione CIPE 21 marzo 1997, "nelle forme di cui all'art. 22, comma 3, lettera e) della legge 8 giugno1990, n.142" e, cioè, in particolare, nelle forme di una società a responsabilità limitata a prevalente capitale pubblico locale.
Pertanto, al fine di accertare se il disposto dell'art. 25 della l. r. n. 30/2000 sopra riportato (che ha riguardo specificamente ai componenti dei consigli di amministrazione delle aziende speciali) possa trovare applicazione anche per i componenti dei consigli di amministrazione delle società miste di cui al richiamato art. 22, comma 3, lett. e), della legge n. 142/1990, pare opportuno considerare anzitutto la natura giuridica di entrambi i predetti enti.
Nella disciplina introdotta a suo tempo dalla legge n. 142/1990 l'azienda speciale è definita come ente strumentale dell'ente locale, dotata di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale, e di proprio statuto, approvato dal consiglio comunale o provinciale (art. 23 legge n. 142/1990; vedi ora art. 114 D.Lgs. n. 267/2000).
L'azienda speciale, essendo destinata a svolgere attività imprenditoriale, va inquadrata, secondo la prevalente dottrina (cfr. Virga, "L'amministrazione locale in Sicilia", Giuffrè, 1998, 225; Spiezia, Monea, Iorio, "I servizi pubblici locali", Giuffrè, 2004, 64) ed altresì secondo la giurisprudenza (Cass. Civ., sez. un., 15-12-1997, n. 12654), fra gli enti pubblici economici; ed invero, pur sottoposta a poteri di indirizzo e vigilanza da parte dell'ente territoriale, l'azienda speciale è dotata di incisiva autonomia e l'esercizio dell'attività di impresa è uniformata a regole di economicità perché diretta a perseguire un profitto o quantomeno a coprire i costi.
Discussa è stata invece la natura giuridica della società mista. Su tale punto si è infatti registrata una contrapposizione fra quanti hanno ritenuto trattarsi di società di natura interamente privatistica sottoposta esclusivamente alla disciplina delle società commerciali, e quanti invece, sottolineandone il carattere di specialità, hanno reputato che quello societario era solo uno schermo dietro il quale si celava una struttura organicamente collegata all'ente locale, ossia un mero organo strumentale.
In particolare, secondo la prima delle tesi sopra richiamate, la società mista rimane pur sempre un soggetto di diritto privato del tutto distinto dall'ente locale che dispone del controllo sugli organi societari e quindi svincolato dai meccanismi di gestione propri del diritto pubblico, sicché gli atti della società sono atti di natura negoziale privata seppure finalizzati alla cura di un interesse pubblico.
Gli stessi scopi della società a partecipazione pubblica rimangono distinti rispetto alle finalità istituzionali dell'ente locale il quale non può incidere unilateralmente sull'attività della società mediante l'esercizio di poteri autoritativi e discrezionali (Cass., sez. un., 6 maggio 1995, n. 4989).
Ciò detto, considerando come prevalente la tesi che inquadra la società mista come soggetto di diritto privato, non può che evidenziarsi la diversa natura giuridica dei due enti sopra esaminati (ente pubblico economico per le aziende speciali e soggetto di diritto privato per la società mista); con la conseguenza che, in relazione allo specifico quesito sottoposto allo scrivente, deve escludersi l'applicabilità dell'art. 25 della legge regionale n. 30/2000 anche ai componenti dei consigli di amministrazione delle società miste.
Tuttavia, pure a volere considerare anche l'altra tesi prospettata sulla natura giuridica della società mista -e cioè quella che ne evidenzia le caratteristiche di organismo il quale, pur avendo natura privatistica, esplica, in concreto, attività dalle caratteristiche pubblicistiche- non sembra comunque che ciò rilevi ai fini che qui interessano.
Ed invero, al riguardo va osservato, con specifico riferimento al testo sopra riportato dell'art 25 della legge regionale n. 30/2000, che il legislatore regionale, pur considerando la materia dei servizi pubblici locali fa espresso riferimento solo alle aziende speciali e non anche alle istituzioni o alle società miste che pur costituiscono, come già rilevato, organismi tipici di erogazione dei servizi locali.
In altri termini, la formulazione adottata dal legislatore e, più in particolare, l'esplicito riferimento alle sole aziende speciali, non sembrano lasciare ampio spazio all'interprete; la riferita disposizione di cui all'art. 25 della legge regionale n. 30/2000 deve interpretarsi nel senso che le norme ivi richiamate relative allo status degli amministratori locali possono trovare applicazione solo per i componenti dei consigli di amministrazione delle aziende speciali e non anche per gli amministratori di altri enti che pur gestiscono servizi pubblici locali.
L'interpretazione qui accolta risulta peraltro avvalorata anche dalla considerazione che, qualora l'intentio legis fosse stata diversa, ciò avrebbe potuto e dovuto essere direttamente esplicitato mediante l'utilizzo di una formulazione più ampia ad esempio richiamando genericamente i membri dei consigli di amministrazione degli enti che gestiscono servizi pubblici locali.
Pertanto, alla stregua di quanto sopra detto, deve concludersi che la portata applicativa dell'art. 25 della legge regionale n. 30/2000 risulta limitata ai componenti dei consigli di amministrazione delle aziende speciali con la conseguenza che i membri dei consigli di amministrazione delle società miste non possono fruire, nel silenzio della legge, dei benefici ivi previsti; ciò a fortori nella fattispecie laddove la società mista, costituita nelle forme di cui all'art. 22, comma 3, lett. e) della legge n. 142/1990, non ha come precipuo scopo la gestione di servizi pubblici ma il coordinamento e l'attuazione di un patto territoriale.


Ai sensi dell'art. 15, comma 2, del "Regolamento del diritto di accesso ai documenti dell'Amministrazione regionale", approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo scrivente comunica preventivamente di acconsentire all'accesso presso codesta Amministrazione al presente parere da parte di eventuali soggetti richiedenti.
Codesta Amministrazione vorrà a sua volta comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca ad una lite, ovvero se intenda differirne l'accesso fino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi cui la richiesta consulenza fosse preordinata. Decorso detto termine senza che sia pervenuta alcuna comunicazione in tal senso, si procederà, giusta delibera della Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998, all'inserimento del presente parere nella banca-dati "FoNS", ed alla conseguente diffusione


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