POS. III- V Prot._______________/138.05.11

OGGETTO: IPAB. Permuta di terreno con realizzando edificio, mediante trattativa privata. Ammissibilità.





ASSESSORATO REGIONALE FAMIGLIA, POLITICHE SOCIALI E AUTONOMIE LOCALI
DIPARTIMENTO FAMIGLIA, POLITICHE SOCIALI E AUTONOMIE LOCALI
PALERMO


1. Con nota prot. 1219/Serv. 6 del 24 maggio 2005, codesto Dipartimento ha richiesto un parere dello Scrivente sulla problematica in oggetto, rappresentando i seguenti fatti.

Una IPAB, proprietaria di una porzione di una più vasta area su cui insistono proprietà di altri soggetti, ha interesse alla realizzazione di una struttura immobiliare da adibire alle sue finalità istituzionali.

Il piano regolatore comunale ha destinato l'intera area in questione a "Centro di municipalità", destinazione che ricomprende l'area medesima nelle "Zone speciali" destinate a servizi pubblici ed a "destinazioni specifiche" dalle norme di attuazione del P.R.G.; il comune in questione, interpellato al fine della possibilità di realizzazione della struttura immobiliare de qua ha comunicato il proprio parere favorevole alla realizzazione della struttura medesima "se localizzata e dimensionata congruamente agli altri servizi che ivi è necessario inserire, e quindi valutata a seguito della redazione di un piano-progetto di tutta l'area del Centro di municipalità", dal momento che i "centri di municipalità dovranno divenire i luoghi di una nuova centralità urbana e quindi dei luoghi di centralità sociale e collettiva. Tali centralità non possono esser ottenute con la realizzazione di un solo specifico servizio, ma con un sistema di servizi ed attrezzature....".

Poichè una società ha manifestato interesse all'acquisizione dell'intera area, avendo predisposto un progetto di riqualificazione dell'area medesima (comprendente anche la struttura immobiliare cui l'IPAB è interessata) in conformità delle prescrizioni comunali, ed è disponibile all'acquisto della porzione di area dell'IPAB in questione per un corrispettivo ritenuto congruo dall'Ufficio tecnico comunale, l'Istituzione pubblica di assistenza e beneficenza vorrebbe pervenire con tale società ad un accordo che preveda la compensazione del controvalore del terreno con il valore della struttura (che, nell'ipotesi progettuale della società, insisterebbe su porzione di terreno diversa da quella attualmente in proprietà dell'Istituzione) salvo conguaglio in denaro.

Sulla questione l'IPAB, dopo aver acquisito dei pareri legali da parte di illustri professionisti, evidenzia che, rientrando tale operazione nella realizzazione di un progetto unitario da parte di un unico soggetto che avrà la disponibilità dell'intera area, stante l'eccezionalità e la specialità delle circostanze di fatto si potrebbe ricorrere alla trattativa privata che preveda la permuta del terreno verso l'acquisizione della realizzanda struttura, con eventuale conguaglio.

Codesto Dipartimento, pertanto, evidenziando che la problematica interessa anche gli altri due enti proprietari delle altre zone ricadenti nell'area complessiva, chiede un parere dello Scrivente sulla complessa fattispecie, rilevando che, ove si ritenga possibile tale operazione, sarebbe opportuno un preliminare concordamento d'intenti con il Comune e che, comunque, sia utile prevedere una documentata valorizzazione economica del bene dell'Istituzione da dare in permuta.



2. In ordine alla questione suesposta, si osserva quanto segue.
In primo luogo va rilevato che l'Istituzione in parola ha natura di ente pubblico non economico.

Infatti, ancorchè la Corte costituzionale con la sentenza 396/1988 abbia in qualche modo scardinato l'assioma che tutti gli enti che operano nel settore dell'assistenza e beneficenza dovessero rivestire la natura di ente pubblico, tuttavia non risulta che l'Istituzione in questione sia stata privatizzata alla stregua delle norme di cui alla legge regionale 9 maggio 1986, n. 22.

Pertanto l'Istituzione stessa non può non soggiacere alla normativa concernente i contratti posti in essere dalle pubbliche amministrazioni.

Va, poi, rilevato che se è vero che una corrente giurisprudenziale ritiene esentabili gli enti pubblici dalle particolari procedure concorsuali allorchè debbano cedere immobili non direttamente connessi all'espletamento dei propri fini istituzionali, tuttavia tale giurisprudenza non è univoca; mentre, d'altronde, ove si consideri che qualunque dismissione di beni da parte di enti pubblici è indice di per sé della non utilità dei beni medesimi per l'espletamento dei fini istituzionali, la sottrazione dell'alienazione di tali beni alle regole giuspubblicistiche significherebbe negare le regole medesime.

Ciò posto, acclarato che la fattispecie in esame non può sottrarsi alla normativa che regola i contratti delle pubbliche amministrazioni, occorre inquadrare la fattispecie medesima che, secondo i dati di fatto prospettati, appare quale permuta di bene presente con cosa futura, ovvero potrebbe venir inquadrata in una fattispecie contrattuale mista di vendita - appalto.

In realtà, considerato che l'immobile da realizzare (e da trasferire all'IPAB) verrà costruito non sulla porzione di terreno ceduta dall'istituzione ma su altro appezzamento, appare più aderente alla fattispecie la prospettazione di una permuta di cosa esistente contro bene futuro.

Va, in proposito, riferito che la possibilità della legittimazione delle amministrazioni pubbliche a stipulare contratti di compravendita di cose future, secondo la disciplina contenuta nell'art. 1472 c.c., è stata affrontata dal Consiglio di Stato, in Adunanza generale per la rilevanza dei principi di diritto coinvolti, con il parere n. 2 del 17 febbraio 2000.

In tale pronunzia, il supremo Consesso, passando in rassegna la normativa nazionale e quella comunitaria, nonché le posizioni e i pronunciamenti delle varie sezioni dell'organo medesimo, ha ritenuto che la normativa interna e quella comunitaria sui lavori pubblici non hanno cancellato la compravendita di cose future ("Ritiene, pertanto, l'adunanza, in punto di diritto, che l'istituto della compravendita di cosa futura non sia stato espunto dall'ordinamento con il sopravvenire della più recente legislazione sui lavori pubblici, salvo, poi, verificare se, in concreto, l'amministrazione abbia stipulato un contratto di vendita o di appalto: verifica che tuttavia va svolta sul piano del merito, secondo i criteri di rilevazione (intento delle parti, obbligazioni dedotte, ecc.) elaborati dalla giurisprudenza, i quali non intaccano ma anzi presuppongono la distinzione giuridica fra tipi negoziali giuridicamente ammissibili").

Tuttavia, l'Adunanza, tenendo conto anche delle preoccupazioni manifestate dalla magistratura contabile con un atteggiamento di forte disfavore per l'uso di tale istituto privatistico da parte di pubbliche amministrazioni, dal momento che tale forma contrattuale è correlata alla negoziazione mediante trattativa privata -"atteggiamento in buona parte condiviso dall'adunanza"- ha rilevato che "Tali preoccupazioni, tuttavia, non possono risolversi ad avviso della stessa adunanza nell'eliminazione di una forma giuridica (quella della compravendita di cosa futura), che mantiene intatte le sue caratteristiche nella sua perdurante vigenza giuridica, ma, più semplicemente, possono ricondursi alla necessità di apposizioni di rigorosi limiti esterni ed interni al potere di contrattare in quella stessa forma".

Conclude l'Adunanza generale, in tale parere, che tra le due ipotesi estreme di liberalizzazione del negozio di compravendita di immobile da realizzare e della sua riconduzione sic et simpliciter nell'ambito della disciplina degli appalti pubblici "possa ritenersi che l'esperibilità della vendita di cosa futura sia in astratto ammissibile, ma in concreto condizionata dalla ricorrenza di situazioni eccezionalissime e delle condizioni ................ le quali possono anzitutto riassumersi nella necessità -dettata dalla finalità di evitare intenti elusivi del principio tendenziale e generale del procedimento d'appalto- che l'amministrazione valuti preventivamente la possibilità di ricorrere alle procedure di realizzazione delle opere pubbliche e, ove ne verifichi la non praticabilità in relazione a specialissime, motivate e documentate esigenze di celerità, funzionalità ed economicità, scelga di acquisire l'immobile secondo il meccanismo della compravendita".


Le medesime conclusioni possono venir qui assunte, ancorchè la fattispecie concreta -come detto- appare conformarsi, nella sua essenza correlata alla situazione fattuale rappresentata, quale permuta di cosa presente contro cosa futura.

Invero, la problematica centrale è data dal ricorso alla trattativa privata, senza neppure il ricorso a forme di negoziazione concorsuale, a fronte della necessità per gli enti pubblici di ricorrere, in via di principio, alle gare pubbliche per i contratti da cui derivi un'entrata o una spesa.

Infatti, a termini dell'art. 3 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, e dell'art 37 del relativo Regolamento (R.D. 23 maggio 1924, n. 827), i contratti di vendita di beni di amministrazioni pubbliche vanno preceduti da pubblici incanti.

Analogamente, per le norme che regolano gli acquisti -e quelle che concernono l'affidamento di lavori- è normalmente richiesta la gara pubblica, particolarmente laddove gli importi in gioco superano le soglie cosiddette "comunitarie".

Tuttavia il ricorso alla trattativa privata, anche per tali contratti, è ammissibile in presenza di "speciali ed eccezionali circostanze" per le quali non possano essere utilmente seguite le forme ordinarie di negoziazione concorsuale (v. art. 6 R.D. 2440/1923 e art. 41 R.D. 827/1924; art. 9, comma 6, D. l.vo 24 luglio 1992, n. 358).

Deve ovviamente trattarsi di circostanze oggettive (v. Corte dei Conti, sez. controllo, det. n. 1 del 9/1/1996) che rendono impossibile, infruttuoso e antieconomico il ricorso alle ordinarie procedure, e che impongono un'ampia e dettagliata motivazione nella deliberazione a contrarre (Cons. di Stato, sez. V, 30 giugno 1997, n.760) anche con riguardo ai costi-benefici e alla avvenuta valutazione di altre possibili alternative utili al raggiungimento del risultato.

Va ricordato, in proposito, che l'art. 19 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (nel testo applicabile in Sicilia per effetto della l.r. 2 agosto 2002, n.7 e successive modifiche ed integrazioni) al comma 16 prevede la possibilità del trasferimento della proprietà o altro diritto reale di immobili degli enti pubblici all'appaltatore quale corrispettivo dell'appalto, e che l'art. 83 del D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 504 prevede le norme di dettagli per tale ipotesi.

Pertanto, potrebbe risultare percorribile l'utilizzo di tale normativa, previo accordo di programma tra gli enti pubblici coinvolti, tendente a definire un assetto globale dei rispettivi interessi ed ad una unitaria contrattazione nelle ordinarie forme con i soggetti privati che possano risultare interessati.

Ove si accerti, comunque, che il complesso affare non possa venir realizzato in maniera sostanzialmente diversa da quella prospettata, occorrerà assumere tutte le cautele del caso.

Cautele che non si risolvono soltanto sul piano dei corretti comportamenti amministrativi (esaustività della motivazione, come detto; acquisizione dei pareri di congruità economica da parte dei competenti organi a ciò deputati; etc.), ma anche in cautele contrattuali da assumere da parte dell'ente, in particolare nella considerazione che la cessione attuale del fondo verso la (futura) acquisizione dell'immobile da realizzare -salvo conguagli- determina un trasferimento attuale della proprietà da parte dell'Ente contro un'assunzione attuale di una mera obbligazione, in quanto l'acquisto della proprietà della struttura immobiliare si verificherà solo allorchè la cosa verrà ad esistenza (art. 1472 cod. civ.).

Se è vero che la vendita di cosa futura è nulla se la cosa non viene ad esistenza (art. 1472, secondo comma, cod. civ.) e che è stato ritenuto trascrivibile il contratto di vendita di cosa futura (Cass. 4497/1986), tuttavia, l'ente potrebbe restare egualmente esposto a conseguenze negative in ipotesi di fallimento o di inadempimento parziale dell'altro contraente, vuoi per il conseguimento del conguaglio in denaro vuoi per il completamento e definizione della struttura.

Pertanto occorrerà quantomeno condizionare la cessione attuale del fondo alla definitiva realizzazione della struttura, nonché adottare le altre clausole di cautela che riterranno i legali che assisteranno l'ente nella definizione dell'affare.

Nelle superiori considerazioni è il parere dello Scrivente.

A termini dell'art. 15 del regolamento approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo Scrivente acconsente alla diffusione del presente parere in relazione ad eventuali domande di accesso inerenti il medesimo.
Codesta Amministrazione vorrà comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca una lite, ovvero se intende differirne la pubblicazione sino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi. Decorso tale termine senza alcuna comunicazione in tal senso si consentirà la diffusione sulsito dell'Ufficio, giusta delibera di Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998.



Regione Siciliana - Ufficio legislativo e legale
Ogni diritto riservato. Qualunque riproduzione, memorizzazione, archiviazione in sistemi di
ricerca ,anche parziale, con qualunque mezzo, è vietata se non autorizzata.
All rights reserved. Part of these acts may be reproduced, stored in a retrieval system or
transmitted in any form or by any means, only with the prior permission.

Ideazione grafica e programmi di trasposizione © 1998-2002 Avv. Michele Arcadipane
Revisione e classificazione curata da Avv. Francesca Spedale