Pos. IV Prot. _______/281.04.11

OGGETTO: Elezioni - Ineleggibilità e incompatibilità - Dipendente AUSL.

ASSESSORATO REGIONALE
DELLA FAMIGLIA, DELLE POLITICHE SOCIALI E DELLE AUTONOMIE LOCALI
Dipartimento regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali
PALERMO


1. Con la lettera sopra indicata, indirizzata al Dirigente (rectius: Direttore) generale dell'Azienda U.S.L. n. x e, per conoscenza, allo Scrivente, codesto Dipartimento -nell'esaminare una richiesta di parere concernente l'incompatibilità tra la carica di sindaco e la titolarità di posizioni funzionali apicali di strutture operative periferiche dell'azienda U.S.L.- esprime, in via generale, le proprie considerazioni circa l'applicabilità del sistema regionale delle cause di ineleggibilità e di incompatibilità dei dipendenti delle aziende unità sanitarie locali con le cariche di amministratore locale di cui agli artt. 9 e 15 della legge regionale 24 giugno 1986, n. 31.
In particolare, dopo aver considerato i più recenti orientamenti giurisprudenziali nella materia de qua, le innovazioni normative introdotte in sede statale con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, nonché i principi elaborati dalla Corte costituzionale in materia di accesso alle cariche elettive, codesto Assessorato si esprime al riguardo nel senso che non sussiste "alcuna concreta ragione che possa giustificare il permanere, nella Regione siciliana, di cause di ineleggibilità e di incompatibilità, una volta che queste, nella legislazione nazionale -cui la Regione si era pienamente uniformata con la legge n. 31 del 1986- sono state soppresse".
Ciò premesso, tenuto conto, tuttavia, che le espresse considerazioni possono comunque essere disattese in sede giurisdizionale, nell'ipotesi di una controversia, vien chiesto al riguardo l'avviso dello Scrivente.

2. Preliminarmente appare opportuno delineare il quadro normativo rilevante.
L'art. 9, comma 1, n. 8, e l'art. l5 della legge regionale 24 giugno 1986, n. 31, riproducono sostanzialmente nell'ordinamento regionale le disposizioni dettate dal legislatore statale in materia di ineleggibilità ed incompatibilità del personale dipendente o convenzionato delle unità sanitarie locali con le cariche di amministratore locale (cfr. art. 2, n. 8 e art. 8, n. 2 della legge 23 aprile 1981, n. 154).
In particolare, l'art. 9, comma 1, n. 8 della legge regionale n. 31/1986, prevede che non sono eleggibili a consigliere provinciale, comunale e di quartiere "i componenti dell'ufficio di direzione dell'unità sanitaria locale ed i coordinatori dell'ufficio stesso, per i consigli del Comune il cui territorio coincide in tutto o in parte con il territorio dell'unità sanitaria locale da cui dipendono"; il successivo art. 15, comma 1, della stessa legge regionale n.31/1986, dispone che "i dipendenti delle unità sanitarie locali nonchè i professionisti con esse convenzionati non possono ricoprire la carica di sindaco o assessore del Comune il cui territorio coincide con il territorio dell'unità sanitaria locale dalla quale dipendono o lo ricomprende o con la quale sono convenzionati, nonché di sindaco o assessore di Comune con popolazione superiore a 28.500 abitanti che concorre a costituire l'unità sanitaria locale dalla quale dipendono o con la quale sono convenzionati".
Tali disposizioni sono senza dubbio espressione del "modello" unità sanitaria locale quale "struttura operativa dei Comuni" (cfr. art 15 legge 23 dicembre 1978, n. 833): ed invero, prima della riforma del Servizio sanitario nazionale introdotta dal D.Lgs. n. 502/1992, lo stretto collegamento che caratterizzava le unità sanitarie locali e gli organi elettivi delle comunità locali interessate costituiva il fondamento delle richiamate ipotesi di ineleggibilità ed incompatibilità le quali, dunque, avevano come precipuo scopo quello di prevenire, nell'ipotesi di componente della struttura sanitaria eletto ad una carica amministrativa locale, conflitti di interesse determinati dalla confluenza nello stesso soggetto delle qualità di controllato e controllore della struttura sanitaria.
Con il riassetto organico delineato dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (recepito nell'ordinamento della Regione con la legge regionale 3 novembre 1993, n. 30), è venuta meno l'organizzazione del Servizio sanitario nazionale incentrata sui Comuni e si è altresì configurata l'unità sanitaria locale quale azienda, ente strumentale della regione, dotata di personalità giuridica pubblica e di autonomia organizzativa, amministrativa e patrimoniale.
Il D.Lgs. n. 502/1992, per quanto qui interessa, contiene, all'art. 3, comma 9, una elencazione di cause di ineleggibilità ed incompatibilità che riguardano specificamente le nuove figure dirigenziali introdotte dalla riorganizzazione delle aziende sanitarie, e cioè, il direttore generale, il direttore amministrativo ed il direttore sanitario; pertanto già sin dall'entrata in vigore del citato D.Lgs. n. 502/1992 -mutato il quadro normativo di riferimento e venuta meno la ratio che aveva ispirato il legislatore nella precedente disciplina delle cause di ineleggibilità ed incompatibilità per i dipendenti delle unità sanitarie locali- si è posto il problema della verifica della permanenza in vigore delle medesime cause elencate nell' art. 2, n. 8, e nell'art. 8 della citata legge n. 154/1981.
Con circolare 13 aprile 1995, n. 2, il Ministero dell'Interno ha ritenuto che la nuova disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 502/1992, avesse determinato "l'abrogazione tacita" degli artt. 2, n. 8 e 8 della legge n. 154/1981, poichè tali disposizioni si riferivano a figure e ad uffici soppressi (ufficio di direzione) o, comunque, ad ipotesi che non trovavano più riscontro nella nuova realtà organizzatoria.
Sostanzialmente nello stesso senso si è pronunciato lo Scrivente con parere 11 giugno 1998, n. 11461/122.98.11, indirizzato all'Assessorato regionale della sanità e, per conoscenza, a codesto Assessorato; in particolare, per quanto riguarda le cause di incompatibilità di cui all'art. 15, comma 1, della legge regionale n. 31/1986 (cfr. art. 8, n. 2, legge n. 154/1981), si è sottolineato che le due condizioni previste nel testo del medesimo art. 15 sopra riportato "sembrano inattuabili nel nuovo assetto del S.S.N.": la prima (Comune il cui territorio coincide con il territorio dell'unità sanitaria locale) perché nella Regione siciliana le aziende U.S.L., ai sensi dell'art. 6, comma 2, della legge regionale n. 30/1993, "sono nove, corrispondenti all'ambito territoriale di ciascuna provincia"; la seconda (Comune che concorre a costituire l'unità sanitaria locale) perché i Comuni dell'isola non concorrono alla costituzione delle aziende U.S.L., che è invero avvenuta ope legis (art. 6 legge regionale n. 30/1993).
Ciò detto, si osserva che le due predette condizioni non hanno in effetti subíto, a tutt'oggi, alcuna modifica sostanziale nell'attuale assetto del S.S.N. in Sicilia, tuttavia non può non darsi contezza degli intervenuti orientamenti giurisprudenziali nella materia de qua, delle successive circolari del Ministero dell'interno nonché delle innovazioni legislative introdotte in sede statale con il D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267; ciò nel senso che le conclusioni cui è pervenuto lo Scrivente nel citato parere n. 11461/1998, vanno ora considerate alla luce delle predette innovazioni.
La questione della sopravvivenza della disciplina dettata dalla legge n. 154/1981, a seguito della nuova organizzazione delle aziende U.S.L., introdotta dal D.Lgs. n. 502/1992, è stata oggetto di ampio dibattito in giurisprudenza. Ed invero, mentre i giudici di merito hanno ritenuto che dopo la riforma del sistema sanitario nazionale, la sopravvenuta previsione legislativa di nuove cause di ineleggibilità e di incompatibilità, specifiche per gli organi delle nuove aziende sanitarie, avesse determinato l'abrogazione tacita delle previgenti disposizioni, (cfr. App. Perugia 30 novembre 1995; Trib. Spoleto 26 luglio 1995; Trib. Rimini 21 settembre 1999), in senso contrario si è invece pronunciata la Cassazione sostenendo che il D.Lgs. n. 502/1992 ha introdotto nuove ipotesi di ineleggibilità ed incompatibilità e non ha abrogato, neppure tacitamente, quelle precedentemente in vigore (Cass. 25 febbraio 1999, 1631; sez. I, 15 giugno 2000, n. 8178).
Si è dunque affermato che la carica di sindaco è incompatibile con quella di primario di divisione della azienda U.S.L. (Cass., sez. I, 28 dicembre 2000, n. 16205) e, più specificamente, che la causa di incompatibilità alla carica di sindaco dei dipendenti delle aziende unità sanitarie locali di cui all'art. 8, n. 2, della legge n. 154/1981, non può ritenersi abrogata implicitamente, per effetto del nuovo assetto normativo del S.S.N. introdotto dal D.Lgs. n. 502/1992 (Cass., sez. I, 20 ottobre 2001, n. 12862); in particolare, le conclusioni cui è pervenuta la Corte nelle due ultime sentenze richiamate trovano fondamento nella considerazione che i rapporti tra Comune e azienda sanitaria non sono stati del tutto recisi poiché permane, invece, in capo al sindaco, da solo o quale componente della conferenza dei sindaci, un ruolo rilevante nella formazione del programma, nell'indirizzo sanitario e nel controllo contabile delle aziende sanitarie, tale da evidenziare un possibile conflitto di interessi nell'ipotesi di componente della struttura sanitaria eletto sindaco.
In senso conforme alla Corte di Cassazione si è pronunciato anche il Consiglio di Stato con parere 5 aprile 2000, n. 309/99, laddove è precisato, tra l'altro, che la nuova organizzazione del Servizio sanitario nazionale e la nuova configurazione delle aziende sanitarie -enti pubblici autonomi vigilati dalle Regioni- non autorizzano a ritenere implicitamente abrogata la disposizione di cui all'art. 8, n. 2 della legge n. 154/1981; ed invero, il decreto legislativo n. 502/1992 si è occupato della materia delle incompatibilità solo per individuare nuove ipotesi legate alle nuove figure dirigenziali introdotte dalla riorganizzazione delle aziende sanitarie, ma non contiene alcuna disposizione che autorizzi l'interprete, in una materia come quella elettorale, che attiene ai diritti politici fondamentali dei cittadini, ed è pertanto di stretta interpretazione, a formulare ipotesi di abrogazioni non solo implicite, ma anche indirette, perché conseguenti non ad un riordino complessivo della materia elettorale, ma al riordino di altra materia.
Il richiamato parere del Consiglio di Stato n. 309/99, è stato poi fatto proprio dal Ministero dell'interno il quale, con circolare 17 maggio 2000, n. 4, ha dunque mutato l'orientamento espresso nella precedente circolare n. 2/1995.
Ciò detto, si fa presente che il problema in esame ha trovato soluzione nell'ordinamento statale con il D.Lgs. n. 267/2000 ("Testo Unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali"), il quale ha abrogato la legge n.154/1981 (fatte salve le disposizioni previste per i consiglieri regionali), ha riunito e coordinato, per quanto qui interessa, le disposizioni legislative vigenti in materia di ineleggibilità ed incompatibilità negli enti locali ed ha altresì regolato, con apposite disposizioni, l'ineleggibilità e l'incompatibilità degli organi delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere (art. 60, comma 1, nn. 8 e 9, e art. 66).
Ora, tenuto conto che le norme contenute nella l.r. n. 31/1986 riproducenti le disposizioni della legge n. 154/1981 non sono mai state espressamente abrogate, sembra opportuno considerarle in relazione ai principî elaborati dalla Corte costituzionale nella materia dell'elettorato passivo.
Al riguardo giova evidenziare che la regolamentazione della materia in discussione ha il suo punto essenziale di riferimento nel precetto dell'art. 51 della Costituzione che opera in funzione di "limite" nei confronti del legislatore. La citata disposizione costituzionale assicura in via generale il diritto di elettorato passivo che, in quanto riconducibile alla sfera dei diritti inviolabili della persona (Corte cost. 571/89; 141/96), è suscettibile di restrizioni nei soli limiti indispensabili alla tutela di altri interessi di pari rango costituzionale, nel rispetto della necessarietà e della ragionevole proporzionalità di tali limitazioni (Corte cost. 467/91); corollario del precetto di cui all'art. 51 Cost., a norma del quale l'eleggibilità è la regola e l'ineleggibilità è l'eccezione (Corte cost. 166/72; 344/93; 141/96; 306/2003), è quello per cui le norme che derogano o comunque comprimono il diritto elettorale passivo sono di stretta interpretazione e non sono suscettibili di applicazione analogica.
Altro principio qui rilevante è quello della esigenza di una tendenziale uniformità, sul piano nazionale, della disciplina dell'elettorato passivo (Corte cost. 438/94; 276/97; 306/03), ciò nel senso che, in ossequio al principio di uguaglianza dei cittadini su tutto il territorio nazionale, la materia dell'elettorato passivo, non può subire in sede regionale scostamenti dalla disciplina statale, anche in presenza di competenza esclusiva regionale.
Tale indirizzo trovasi chiaramente espresso nella sentenza della Corte costituzionale n. 162/95 ove è precisato che discipline differenziate in tema di elettorato passivo adottate dalla Regione siciliana nell'esercizio della propria potestà legislativa primaria in materia, non possono considerarsi legittime, salvo che sussistano situazioni concernenti categorie di soggetti che siano esclusive per quella Regione, ovvero si presentino diverse in raffronto a quelle proprie delle stesse categorie di soggetti nel restante territorio nazionale; e purchè, in ogni caso, tale diversità di disciplina sia sorretta da motivi adeguati e ragionevoli, finalizzati alla tutela di un interesse generale.
Ciò posto, avendo presenti tali principî e le intervenute modifiche legislative in sede statale, risulta evidente che il permanere, nell'ordinamento regionale, delle ipotesi di ineleggibilità e di incompatibilità di cui agli artt. 9, comma 1, n. 8 e 15, comma 1, della legge regionale n. 31/1986, non appare conforme ai richiamati orientamenti della Corte costituzionale; ciò è tanto vero che il Governo regionale ha già predisposto un apposito disegno di legge (d.d.l. n. 789/XIII, esaminato dalla prima Commissione dell'A.R.S., nella seduta n. 182 del 21 aprile 2004 ed esitato per l'Aula), il quale -tenendo conto, come si legge nella relazione, del nuovo assetto organizzativo delle aziende sanitarie, dell'indirizzo della Corte di Cassazione nonché dell'abrogazione della legge n. 154/1981- prevede, tra l'altro, l'introduzione di modifiche all'art. 9 della l.r. n. 31/1986 nonché l'abrogazione dell'art. 15 della medesima legge regionale.
Ciò detto, nonostante sia stata rilevata l'attuale discrasia, nella materia de qua, tra ordinamento statale e ordinamento regionale e sia stata altresì evidenziata la non conformità delle esaminate norme della l.r. n. 31/1986 ai principi elaborati dalla Corte costituzionale e sopra richiamati, tuttavia non si ritiene di dover concludere nel senso della inapplicabilità delle norme regionali in questione tuttora vigenti; tale conclusione, in particolare, trova fondamento nella considerazione che tutti i soggetti competenti nel nostro ordinamento a dare esecuzione alle leggi -tanto se dotati di poteri di dichiarazione del diritto, come gli organi giurisdizionali, quanto se privi di tale potere, come gli organi amministrativi- sono giuridicamente tenuti a disapplicare le norme soltanto nell'ipotesi in cui le stesse siano incompatibili con quelle comunitarie.
Pertanto, considerato che la una completa regolamentazione della materia in questione resta in ogni caso affidata all'apposito già predisposto disegno di legge, in tale situazione può solo auspicarsi l'intervento del legislatore regionale che, nelle more dell'adozione di un provvedimento più globale (quale è appunto il disegno di legge n. 789/XIII), potrebbe essere limitato ai soli punti sopra discussi.

Ai sensi dell'art. 15, comma 2, del "Regolamento del diritto di accesso ai documenti dell'Amministrazione regionale", approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo scrivente comunica preventivamente di acconsentire all'accesso presso codesta Amministrazione al presente parere da parte di eventuali soggetti richiedenti.
Codesta Amministrazione vorrà a sua volta comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca ad una lite, ovvero se intenda differirne l'accesso fino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi cui la richiesta consulenza fosse preordinata. Decorso detto termine senza che sia pervenuta alcuna comunicazione in tal senso, si procederà, giusta delibera della Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998, all'inserimento del presente parere nella banca-dati "FoNS", ed alla conseguente diffusione.


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