Pos. 1   Prot. N. 224.04.11 



Oggetto: ESPROPRIAZIONI - Occupazione aree di proprietà XXXXXXX. Lavori di restauro del castello di Caccamo.




Allegati n...........................






                  PRESIDENZA DELLA REGIONE 

Dipartimento regionale del personale e dei servizi generali, di Quiescenza. Previdenza ed Assistenza del personale.
Servizio Demanio e patrimonio immobiliare. U.O. II

                                  P A L E R M O 



1 - Con nota 19 -10-2004, n. 3366 codesto Dipartimento chiede l'avviso dello scrivente Ufficio in ordine alla richiesta risarcitoria formulata dal legale degli eredi XXXXXXX in relazione all'occupazione di un'area di loro proprietà antistante il restaurato Castello di Caccamo.

Dalla documentazione trasmessa possono ricavarsi le seguenti circostanze.

- Nel corso dei primi lavori di restauro dell'immobile, l'Amministrazione dispose regolarmente l'occupazione d'urgenza dell'area per l'impianto del cantiere, sulla quale è stato realizzato un "rilevato in terra armata" . La ditta proprietaria ha ottenuto la relativa indennità di occupazione.
- Il terrapieno non è stato rimosso alla fine dei lavori dall'impresa appaltatrice del primo appalto e l' area è stata di fatto occupata nella fase del successivo appalto. Pacificamente, l'ulteriore occupazione è stata proseguita in mancanza di alcun titolo autorizzativo.
- Le perizie in variante predisposte dalla Direzione dei lavori per regolarizzare detta occupazione attraverso l'emanazione di un ulteriore provvedimento d'occupazione o l'acquisto dell'area non sono state approvate.
- La relazione dell'ingegnere capo 26-10-2001, gruppo 8/IRT, prot. N. 356 conferma la
continuità dell'occupazione dell'area che, nella seconda fase del restauro, ha indotto l'impresa e gli stessi organi tecnici dell'Amministrazione a ritenere che il fondo fosse stato già acquisito nel corso dell'esecuzione del primo lotto.
- La Presidenza ha escluso la propria responsabilità in ordine alla richiesta risarcitoria dei
proprietari dell'area in quanto:
a) l'Amministrazione non è stata informata dell'esigenza di utilizzare l'area anche per il secondo appalto e non ha potuto predisporre, pertanto, i necessari provvedimenti di occupazione temporanea:
b) in mancanza di detti provvedimenti gli oneri relativi all'occupazione di fatto debbono gravare sull'impresa ai sensi dell'art. 18 del Capitolato generale e 27 del Capitolato speciale d'appalto;
c) l'Amministrazione non potrebbe ricorrere a procedure transattive per fatti riconducibili all'impresa.

Conseguentemente, l'impresa appaltatrice è stata invitata a provvedere alla pubblicazione degli avvisi ad opponendum di cui all'art. 17 della l.r. n. 35/1978; in seguito a tale pubblicazione i proprietari del fondo hanno reiterato le proprie richieste di risarcimento proponendo in via di transazione la vendita del terreno.

3. Va premesso che la responsabilità dell'amministrazione appaltante per i danni conseguenti alla realizzazione di un 'opera pubblica può essere esclusa soltanto laddove il danno cagionato ai terzi proprietari derivi dalla mera attività di cantiere attribuibile all' appaltatore. (cfr. Cass. , I, 20-7-1999, n. 7771). Codesta Amministrazione, che nel corso dell'esecuzione del primo appalto aveva autorizzato l'occupazione, appare pertanto tenuta, quantomeno in solido con l'impresa appaltatrice, al ristoro dei danni conseguenti alla mancata restituzione del fondo ed al ripristino dei luoghi, risultando irrilevante, nei confronti del terzo danneggiato, che in esecuzione del primo contratto d'appalto l'impresa esecutrice fosse obbligata alla rimozione del terrapieno.

Peraltro, dalla su richiamata nota dell'ingegnere capo emerge che l'area non è stata mai liberata e restituita ai proprietari così da indurre il secondo appaltatore dei lavori di restauro e lo stesso ingegnere capo a ritenere che il terreno fosse già stato acquisito.

Il fatto che nella seconda fase di progettazione del completamento del restauro non sia stata prevista l'occupazione del fondo adibito a cantiere e che le perizie in variante predisposte dalla direzione dei lavori ai fini della regolarizzazione della situazione non siano state approvate dal competente organo tecnico regionale non appare sufficiente ad escludere una responsabilità diretta dell'Amministrazione atteso che può facilmente presumersi che, come per l'esecuzione del primo appalto, l'occupazione fosse necessaria anche per il secondo.

Deve pertanto ammettersi che, come già rilevato nella relazione su richiamata dell'ingegnere capo, si è realizzata una sostanziale continuità dell'occupazione del fondo con attrezzature di cantiere (circostanza chiaramente confermata nella richiesta risarcitoria del 10-4-2004 e che non appare contraddetta) e con la mancata eliminazione del terrapieno. Codesta Presidenza non appare del tutto estranea alla perpetuazione del fatto illecito atteso, peraltro, che i suoi organi (direttore dei lavori ed ingegnere capo) hanno avuto contezza dell'utilizzo dell'area per l'insediamento del cantiere ma non risulta che nell'ambito delle loro prerogative dirette alla vigilanza sulla corretta esecuzione dei lavori, abbiano mai invitato la ditta appaltatrice allo sgombero.
Orbene, a prescindere dai rapporti interni fra Amministrazione ed imprese appaltatrici, si ritiene che in un eventuale giudizio la responsabilità della Regione difficilmente potrebbe essere negata (come pure rilevato nella nota dell'Ispettorato Tecnico Regionale 22-2-2002, n. 2913).

Non sembra trascurabile, pertanto, la valutazione della proposta transattiva formulata dai proprietari del fondo per la cessione in proprietà dell'area, soluzione che appare preferibile ad un giudizio risarcitorio che, come già evidenziato, presenta notevoli probabilità di veder soccombente l'Amministrazione senza, peraltro, la corrispettiva acquisizione dell'area.


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