POS. IV Prot._______________/203.11.2004

OGGETTO: Demanio - Concessione - Contenzioso in essere.


  PRESIDENZA DELLA REGIONE 
  Dipartimento del Personale, dei Servizi Generali, di Quiescenza, Previdenza ed Assistenza del Personale 

Servizio Demanio e Patrimonio Immobiliare

PALERMO

1. Con nota 30 settembre 2004, n. 6375/D, codesto Dipartimento chiede il parere dello scrivente su talune problematiche sorte successivamente alla stipula - avvenuta l'8 luglio 2003 tra l'Agenzia del Demanio di XXX (autorizzata con nulla-osta della Presidenza della Regione) e la società YYY - dell'atto di concessione di una fascia di terreno demaniale. L'approvazione dell'atto in questione non è ancora avvenuta per il verificarsi di taluni fatti che hanno ingenerato delle perplessità nell'Amministrazione competente.
Per maggiore chiarezza si descrive di seguito l'intera fattispecie, così come riportata dal Dipartimento in indirizzo e dall'Agenzia del demanio di XXX.
Con deliberazione 15 febbraio 1989, n. 1109, l'Agenzia per la promozione dello sviluppo del Mezzogiorno, succeduta alla Cassa per il Mezzogiorno, ha trasferito alla Regione siciliana, in virtù delle previsioni di cui agli artt. 139 e 148 del D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218 (Testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno), l'etilenodotto realizzato, all'interno del Consorzio Asi di XXX, dalla Casmez, in esecuzione del progetto speciale 2022/2, i cui lavori di costruzione vennero affidati all'Eni che, a sua volta, incaricò la società ZZZ della procedura di esproprio delle aree interessate dall'opera pubblica.
La realizzazione dell'etilenodotto, da destinare all'interconnessione di stabilimenti industriali (oggi dell'YYY), comportò l'espropriazione di una fascia di terreno larga circa 30 metri e lunga circa 9 chilometri, lungo la quale vennero realizzate delle condotte.
L'ZZZ in data 14 aprile 1983 ha liquidato a ciascun proprietario delle aree occupate, in virtù di accettazione bonaria, le indennità definitive, come risulta dai rispettivi atti di liquidazione e dalle quietanze a saldo, riportate anche nel certificato di collaudo, approvato con delibera del Commissario di Governo 12 giugno 1986, n. 8981.
L'Agenzia del Demanio di XXX con nota 24 gennaio 2003, n. 16423, chiede all'Agenzia del Territorio della stessa città la redazione del frazionamento di alcune particelle ricadenti nel Comune di WWW, ubicate in zona riservata. L'Agenzia del Territorio adempie, procedendo alla variazione delle particelle, nonché alla registrazione in aggiornamento dei dati catastali.
Poco dopo la stipula del contratto di concessione del 7 luglio 2003, e precisamente il 31 luglio 2003, l'Agenzia del Territorio riceve istanza da parte di un soggetto che dichiara essere il comproprietario di una delle particelle frazionate, di non avere autorizzato il frazionamento di cui, invero, chiede l'annullamento.
Con una seconda nota del 16 ottobre 2003 l'interessato sostiene l'illegittimità del rapporto concessorio tra l'Agenzia del Demanio e la società YYY e chiede all'Amministrazione di procedere all'annullamento in autotutela, insiste ancora sull'annullamento del frazionamento argomentando che alcune delle particelle (contenute nella fascia data in concessione alla YYY) sono ancor'oggi intestate a terzi, sia al catasto che in conservatoria.
In ragione di ciò, l'Agenzia del Territorio chiede all'Agenzia del Demanio di presentare domanda di voltura per evitare l'annullamento del frazionamento.
Nel silenzio dell'Amministrazione interessata, l'Agenzia del Territorio di XXX esegue le visure ipo-catastali per accertare se siano state eseguite variazioni per presentazione di nuovi titoli, e, constatando che le particelle contestate risultano ancora intestate alla vecchia ditta, in autotutela annulla il frazionamento.
A questo punto la Presidenza della Regione, acquisita la citata delibera 1109//89 dal Dipartimento regionale della Programmazione, chiede all'Agenzia del Demanio di effettuarne la trascrizione.
La Conservatoria dei registri di XXX rifiuta di trascrivere perché "ritiene non legittimata la Casmez, oggi agenzia per il mezzogiorno, all'acquisizione della proprietà di beni, non essendo stato esibito alcun titolo idoneo", sostenendo violato il principio di continuità delle trascrizioni.
Successivamente, viene avviata la procedura per la trascrizione con riserva ai sensi dell'art. 2674-bis - che verrà effettuata dalla Conservatoria - e nell'interessare la competente Avvocatura distrettuale alla presentazione del reclamo, la si informa altresì che dagli atti di liquidazione e dalle quietanze a saldo risulta che i proprietari delle aree interessate dall'opera pubblica hanno convenuto la cessione bonaria delle stesse ex art.12, comma 1, della legge 865/1971; la stipulazione di detti contratti di cessione volontaria, rileva l'Agenzia del Demanio - avvenuta nella forma della scrittura privata non autenticata - impedisce la trascrizione (che richiede per l'appunto la forma pubblica). L'onere della continuità delle trascrizioni sarebbe superato dalla considerazione che la cessione bonaria - anche tramite scrittura privata non autenticata - costituisce un titolo d'acquisto originario della proprietà del bene in capo all'Amministrazione espropriante (viene citata Cass. 2 marzo 1999, n. 1730), non occorrendo dunque dare prova della continuità dei passaggi avvenuti fino a quel momento.
In ogni caso si ritiene che, qualora le scritture intercorse fra espropriante ed espropriando non potessero qualificarsi di cessione volontaria, il diniego di trascrizione della conservatoria sarebbe illegittimo in quanto il procedimento espropriativo, privo dell'atto conclusivo, avrebbe dato luogo ad altro modo d'acquisto della proprietà a titolo originario, cioè all'occupazione acquisitiva, non mancando di rilevarsi che nei tratti in cui i tubi dell'etilenodotto sono interrati è presente specifica segnalazione costituita da palline sormontate da cappelletti a forma di tronchi piramidali.
Il Dipartimento in indirizzo, nel comunicare che uno dei terzi interessati ha preannunciato azione giudiziaria, rileva che solo il 1° settembre 2004 l'Agenzia del Demanio ha trasmesso per l'approvazione l'atto di concessione di cui è parte integrante il frazionamento oggi parzialmente annullato.
La YYY, inoltre, ha proposto formale atto di diffida dell'Amministrazione, inteso alla definizione della concessione mediante approvazione.
Codesto Dipartimento chiede se l'atto di approvazione possa contenere una clausola di risoluzione che, qualora il contenzioso avesse esito negativo, salvaguardi l'Amministrazione da pretese di danni da parte della società YYY, ovvero, in alternativa, se debba prima procedersi alla rettifica del contratto di concessione con lo stralcio delle porzioni di particelle per le quali il frazionamento risulta annullato.

2. Sulla complessa fattispecie sottoposta si espone quanto segue.
Preliminarmente, emerge dall'atto di concessione stipulato che lo stesso vincolerà l'Amministrazione concedente solo dopo la prescritta approvazione. Ciò in rispetto della sequenza prevista per gli atti negoziali della P.A., nei quali non può prescindersi dall'adozione dell'atto di approvazione, che è atto di diritto pubblico, segnante il momento in cui il contratto, benché regolarmente stipulato, diviene obbligatorio per l'Amministrazione.
L'approvazione si connota quale condizione sospensiva dell'efficacia del contratto, atteso che l'art. 19 della legge di contabilità generale dello Stato, di cui al R.D. 18 novembre 1923, n. 2440- e l'art. 117 del relativo regolamento riportato al R.D. 23 maggio 1924, n. 827 - ne sanciscono obbligatorietà ed eseguibilità solo dopo l'intervento dell'atto approvativo che risponde a molteplici funzioni, quali quelle di assicurare un controllo di legittimità e di merito, di provvedere alla quantificazione delle variazioni patrimoniali derivanti eventualmente dalla sua conclusione (cfr. Corte dei conti, delibere nn. 12 e 20/2002).
L'adozione di un formale ed autonomo atto di approvazione avente natura di atto amministrativo dal carattere autoritativo, diretto alla cura degli interessi affidati all'Amministrazione, costituisce poi lo strumento cardine per l'esercizio dei poteri di autotutela (cfr. Corte dei conti, sez. controllo, deliberazione n. 79/1994).
Tutto ciò è temperato per il privato contraente dal fatto che, pur non potendo egli revocare la propria manifestazione di volontà dopo la stipula del contratto, non è però tenuto ad eseguire la propria prestazione prima dell'approvazione (cfr. Cass. 23 maggio 1982, n. 3383), mentre l'Amministrazione può sì rifiutare l'approvazione, ricorrendone i presupposti, ma non è facoltizzata a recedere liberamente dal contratto (cfr. Cass. 2 aprile 1974, n. 1150 e 6 dicembre 1977, n. 5276).
Ne consegue allora che il giudizio di legittimità e di merito sul provvedimento concessorio non può contenere particolari clausole, né può agganciarsi, o dipendere dalla valutazione prognostica sull'esito della vicenda prima riassunta, inerente la potenziale controversia circa l'acquisizione, o le modalità d'acquisizione, della proprietà dei beni in argomento.
Né pare possibile richiedere la modifica dell'atto concessorio, dovendosi con l'approvazione limitarsi l'Amministrazione a valutare la legittimità della concessione in sé e per sé, come titolo (concessorio anziché negoziale) al godimento dei beni richiesti (cfr. in fattispecie simile Cons. di Stato, sez. V, 17-12-1998, n. 1803).
L'Amministrazione competente potrebbe dunque procedere alla semplice approvazione della concessione, qualora non rinvenisse particolari motivi ostativi di legittimità o di merito che, ad avviso dello scrivente, nel caso di specie, non paiono sussistere o ricollegarsi alle vicende sopra descritte, almeno nei termini formalmente evidenziati nello specifico esame dell'istituto dell'approvazione.

3. In ordine poi all'inciso "fatti salvi eventuali diritti dei terzi", contenuto nell'atto di concessione, con riferimento alla proprietà demaniale dei terreni, discende che, qualora si verificasse l'ipotesi di accertamento di diritti in capo a terzi, le parti contrattuali (Regione e società YYY) potrebbero doversi accollare, per la parte di relativa spettanza, il peso di un eventuale richiesta di risarcimento danni che, per la parte pubblica, consisterebbe nell'onere discendente dall'illegittima (sempre eventuale) privazione in capo al terzo del diritto di proprietà, mentre per la società YYY l'onere potrebbe ricollegarsi all'illegittimo godimento dei terreni in contestazione.
In ogni caso appare interesse dell'Amministrazione regionale perseguire tutte le forme di difesa e cautela legate alla proprietà di terreni che, ad oggi, per l'irreversibile trasformazione, per la presenza di opere pubbliche, nonché per la "necessità" della loro demanialità, "devono" comunque essere pubblici, fatta sempre salva la presenza di diritti di terzi che allo stato si ritiene potrebbero rappresentarsi solo in termini risarcitori. Quest'ultima fattispecie, laddove dovesse emergere la mancanza di un contratto di cessione bonaria ex art. 12 legge 865/1971 che conseguenzialmente configurerebbe l'ipotesi di occupazione acquisitiva con diritto al risarcimento del danno, semprechè non siano decorsi i termini prescrizionali legati alla fattispecie; come appare invero probabile tenuto conto che dalla data menzionata nella richiesta di parere (1982), circa il periodo di conclusione dell'intero iter espropriativo, dovrebbe anche essere maturato il termine ventennale per usucapire, sommando il possesso "uti domina" dell'amministrazione regionale con quello degli enti che hanno gestito precedentemente i beni poi trasferiti alla stessa, rilevandosi comunque la convinzione di gestire beni demaniali.
Si precisa, comunque, in supporto alla valutazione di codesta Amministrazione in ordine all'approvazione della concessione, che i frazionamenti, e i dati catastali in genere, non hanno valore probante sulla proprietà del bene ma solo valore indiziario, accessorio e sussidiario ad altri elementi probanti il titolo di proprietà, essendo il frazionamento "un documento tecnico indicante in planimetria le particelle catastali frazionate con le rispettive superfici e serve al fine preminente della voltura catastale" (cfr. Cass. 19-02-1981, n. 1044, 07-05-1991, n. 5016, 26-01-1998, n.711 e 28-04-1999, n. 4240).
Si aggiunge, altresì, che per la dimostrazione del passaggio di proprietà, che l'Amministrazione afferma essere avvenuto, non è necessaria, né sufficiente la prova della continuità delle risultanze catastali, trattandosi di forme di pubblicità prive di effetti costitutivi sulla titolarità del diritto dominicale (cfr. Cass., 13-07-1983, n. 4774) . Tra l'altro, (basandosi, però, sulle sole circostanze affermate o riportate nella richiesta di parere) emerge che il terzo, che ha richiesto e ottenuto l'annullamento del frazionamento, non ha mai espressamente rivendicato il diritto di proprietà, o affermato di essere il proprietario, essendosi solo limitato a sostenere che il terreno risulta catastalmente ancora registrato a suo nome e richiedendo all'Amministrazione di provare il proprio titolo di proprietà.
Per ciò che concerne, invece, la validità del contratto di cessione volontaria del bene espropriato, di cui all'art. 12 della legge 865/1971, è vero che "deve ritenersi sufficiente la forma scritta, e quindi anche la scrittura privata, ai sensi dell'art. 1350 cod. civ., non potendosi esigere, in difetto di espressa previsione, l'atto pubblico" (cfr. Cass., sez. I, 15-03-1988, n. 2446), ed è altrettanto vero che "nel sistema generale sull'espropriazione per pubblica utilità la cessione volontaria.......è dotata della funzione - propria del decreto di espropriazione - di segnare l'acquisto a titolo originario in favore della p.a." (Cass., sez. I, 02-03-1999, 1730), ma l'acquirente che vuole realizzare la forma pubblica della scrittura privata non autenticata, ai fini della trascrizione, deve porre in essere un'azione diretta al mero accertamento dell'avvenuto trasferimento della proprietà, potendosi in tal modo procedere alla trascrizione, la cui funzione, si ripete, è solo quella di rendere il contratto, già perfezionatosi con il semplice consenso delle parti, opponibile ai terzi. La sentenza che accoglie la domanda diretta ad accertare l'avvenuto trasferimento della proprietà a mezzo scrittura privata con firma non autenticata serve a predisporre lo strumento giuridico necessario a trascrivere il contratto (cioè la scrittura privata), giacchè la sentenza in sé e per sé considerata non può essere trascritta - non essendo riconducibile ad alcuna delle ipotesi previste dalla legge e in particolare a quelle di cui all'art. 2643 c.c. (che si riferisce alle sentenze che operano la costituzione, il trasferimento o la modificazione di uno dei diritti menzionati nello stesso articolo) - consentendo però la stessa la trascrizione della scrittura privata ai sensi dell'art. 2657 c.c. . Analogo discorso vale per le altre due possibili evenienze di acquisto dei beni a titolo originario, l'accessione invertita o l'usucapione.
Nei termini il reso parere.


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Ai sensi dell'art. 15,co.2 del D.P. Reg. 16 giugno 1998,n.12, lo Scrivente acconsente sin d'ora all'accesso presso codesta Amministrazione al presente parere da parte di eventuali richiedenti.
Si ricorda poi che in conformità alla circolare presidenziale dell'8 settembre 1998,n.16586/66.98.12, trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS".

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