Pos. 4   Prot. N. /154.02.11 



Oggetto: Impiego pubblico. Personale enti locali - Accesso alla qualifica dirigenziale -Normativa applicabile - Potere di annullamento.




Allegati n...........................
   


ASSESSORATO REGIONALE
ENTI LOCALI
Dipartimento enti locali
P A L E R M O





1. Con la lettera in riferimento codesto Dipartimento sottopone allo scrivente talune problematiche concernenti l'accesso alla qualifica dirigenziale per il personale degli enti locali della Regione siciliana.
Riferisce codesta Amministrazione che con circolare 18 gennaio 2002, n. 1, l'Assessorato regionale degli enti locali ha fornito alle amministrazioni locali chiarimenti ed indirizzi circa l'applicazione dell'art. 28 del decreto legislativo n. 29/1993 per la copertura dei posti di qualifica dirigenziale invitando, nel contempo, i medesimi enti a regolarizzare, con annullamento in autotutela, gli inquadramenti illegittimi effettuati.
Rappresenta altresì codesto Dipartimento che già nel triennio successivo alla entrata in vigore del d.lgs. n. 29/1993 alcune amministrazioni locali hanno applicato la norma transitoria di cui al comma 11 del predetto art. 28 d. lgs n. 29/1993, coprendo -come ivi previsto- la metà dei posti di dirigente conferibili mediante concorsi interni per titoli.
Ciò premesso vien chiesto:
a) se il d. lgs. n. 29/1993 potesse trovare applicazione "nella materia de qua" anche in data antecedente al "recepimento espresso operato con l'art. 1, comma 2, della l.r. 15.5.2000, n. 10";
b) se gli enti locali possono dotarsi di "una propria disciplina per l'accesso alla qualifica dirigenziale" prevedendo procedure concorsuali riservate al personale interno;
c) se, e in che termini, sia applicabile nei singoli casi concreti l'orientamento espresso dal Consiglio di Stato che, con sentenza 7 luglio 2000 n. 3805, ha individuato i criteri per l'esercizio del potere di annullamento degli inquadramenti illegittimi nel caso di posizioni giuridiche consolidate;
d) se il mancato esercizio da parte degli enti locali del potere di annullamento degli inquadramenti illegittimi possa consentire l'attivazione delle procedure di controllo sostitutivo ex art. 24 della l.r. n. 44/1991.

2. Preliminarmente all'esame del quesito sub a) è opportuno, ad avviso dello scrivente, premettere due considerazioni.
Anzitutto va precisato che il "recepimento" nella materia de qua (accesso alla qualifica di dirigente) delle specifiche norme recate dal d. lgs. n. 29/1993, trova fondamento, per i dipendenti degli enti locali della Regione siciliana, non nell'art. 1 della l.r. n. 10/2000 -che espressamente indica come ambito di applicazione della medesima l.r. n. 10/2000 e, per quanto non previsto, del d. lgs. n. 29 e succ. mod. solo la "Regione" e gli "enti pubblici non economici sottoposti a vigilanza e/o controllo della Regione- bensì, nell'art. 34, comma 5, della predetta l.r. n. 10/2000 laddove è previsto che "nei comuni, nelle province e negli enti locali trova applicazione il decreto legislativo 29 ottobre 1998, n. 387" il cui art. 10 sostituisce l'art. 28 del d. lgs. n. 29/1993 che appunto disciplina l'accesso alla qualifica di dirigente.
In secondo luogo, poi, si osserva altresì che l'art. 28 del d. lgs. n. 29/1993 è specificamente dettato per le amministrazioni statali e gli enti pubblici non economici ciò che ovviamente esclude gli enti locali quali diretti destinatari della medesima norma; pertanto, la questione concernente l'applicabilità per la dirigenza degli enti locali siciliani, del predetto art. 28 d. lgs. n. 29/1993, prima del "recepimento" operato dall'art. 34 della l.r. n. 10/2000, va impostata non nel senso di applicabilità diretta della norma de qua bensì in quello di considerare il sistema di accesso previsto dal predetto art. 28 d. lgs. n. 29/1993 (e cioè secondo il testo storico della medesima norma: corso-concorso per esami indetto dalle singole amministrazioni, ovvero corso-concorso selettivo di formazione presso la scuola superiore della pubblica amministrazione) quale principio di riforma economico-sociale, come tale vincolante per la legislazione regionale.
Ciò premesso, circa il primo quesito appare determinante quanto statuito dal CGA nel parere 16 novembre 1993, n. 592, laddove è appunto affermato, in via generale, che le norme contenute nel d. lgs n. 29/1993 sono direttamente applicabili al personale (e tra questi al personale degli enti locali siciliani) la cui determinazione dello stato giuridico ed economico è rimesso alla potestà legislativa regionale, "solo in mancanza di norme regionali ed in attesa che la Regione legiferi in materia".
Posto dunque che, ai sensi dell'art. 14 lett. o) e dell'art. 15 dello Statuto regionale, la Regione siciliana ha potestà legislativa esclusiva nella materia dell'ordinamento degli enti locali, che tradizionalmente ricomprende anche il rapporto di lavoro del relativo personale, il Consiglio di giustizia amministrativa affronta e risolve il problema della possibile applicazione diretta nella Regione siciliana delle disposizioni contenute nel d. lgs. n. 29/1993 muovendo dal noto principio della "prevenzione" secondo il quale, nelle materia di competenza esclusiva della Regione, le leggi statali, anche se recanti riforme strutturali, non trovano applicazione in tutte quelle fattispecie che sono già regolate da una legge regionale.
Sotto tale profilo il medesimo Organo sottolinea altresì che, comunque, "le norme regionali in materia di personale vanno verificate alla luce dei principi desumibili dall'art. 2 della legge n. 421/1990" in attuazione della quale è stato emanato il d. lgs. n. 29/1993. "Se coerenti a quei principi conservano piena valenza e continuano a ricevere applicazione.- Se con essi in contrasto, devono ritenersi abrogate ferma rimanendo per la Regione la potestà di legiferare in coerenza a quei principi".
Esaminate le considerazioni di ordine generale espresse dal CGA sulla valenza che assume la potestà legislativa esclusiva ex art. 14 lett. o) e art. 15 dello Statuto, più in particolare va ora rilevato che già prima dell'entrata in vigore del d. lgs. n. 29/1993 la Regione siciliana aveva dettato norme in materia di assunzione agli impieghi pubblici con legge 30 aprile 1991, n. 12, prevedendo espressamente all'art. 3 che per l'accesso ai posti non rientranti tra quelli indicati all'art. 1 della l.r. n. 12/91 (e cioè quelli per i quali è richiesto il possesso del titolo di studio non superiore a quello della scuola dell'obbligo) gli enti indicati al medesimo art. 1 (tra i quali "gli enti locali territoriali") "procedono all'assunzione mediante pubblici concorsi".
Tale disposizione, ad avviso dello scrivente, non si pone in contrasto con il sistema di accesso delineato dall'art. 28 del d. lgs. n. 29/1993, poiché si limita a statuire la regola del concorso pubblico senza specificare che la selezione abbia luogo per esami, ovvero per titoli, ovvero ancora per titoli ed esami, ciò che appunto non esclude che la selezione si svolga per esami così come previsto nel testo storico dell'art. 28 del d. lgs. n. 29/1993.
Pertanto, applicando nella fattispecie l'orientamento espresso dal CGA nel citato parere n. 592/1993, poiché alla data di entrata in vigore del d. lgs. n. 29/1993 la Regione siciliana aveva già legislativamente disciplinato la materia relativa all'accesso agli impieghi pubblici e considerato altresì che tale disciplina risultava coerente con il principio desumibile dall'art. 28 del medesimo d. lgs. n. 29/1993, deve concludersi che il sistema di accesso alla dirigenza per gli enti locali siciliani non poteva trovare fondamento nell'art. 28 del d. lgs. n. 29/1993, né a fortiori poteva direttamente applicarsi la disciplina transitoria di cui al comma 11 del medesimo art. 28.
Vero è che con successiva legge regionale 1 settembre 1993, n. 25, si è poi altresì previsto che "per un triennio" dall'entrata in vigore della presente legge (termine più volte prorogato con varie leggi regionali e da ultimo con l'art. 2, comma 1, della l.r. n. 9/2002, fino al 31 dicembre 2004) "i posti messi a concorso sono coperti mediante concorsi pubblici per soli titoli "; tuttavia -come peraltro rilevato dallo stesso CGA nel citato parere n. 592/93- la riportata disposizione non si pone in contrasto con il d. lgs. n. 29/1993 poiché introduce una disciplina transitoria.

3. Circa il secondo quesito -premesso che il regolamento comunale sull'ordinamento degli uffici e dei servizi può disciplinare le modalità di assunzione agli impieghi dell'ente locale, i requisiti di accesso e le procedure concorsuali- in via generale si osserva altresì che, nella gerarchia delle fonti del diritto i regolamenti comunali costituiscono una fonte subordinata non solo rispetto alle leggi statali e regionali ma anche rispetto allo statuto dell'ente (cfr. Virga Diritto Amministrativo, vol. III, Giuffrè, Milano,1998); ciò nel senso che non possono contenere disposizioni contrastanti con le previsioni legislative e, per i regolamenti adottati in attuazione degli statuti, con le norme statutarie.
Conseguentemente, poiché la legislazione regionale prevede, come già rilevato, che l'accesso agli impieghi pubblici avviene mediante pubblici concorsi (art. 3 l.r. n. 12/1991), appare da escludere che gli enti locali, in contrasto con tale previsione legislativa, possano adottare regolamenti che disciplinino l'accesso alla qualifica dirigenziale mediante concorsi interni senza garantire dunque, l'accesso dall'esterno.
Né sembra possa acquisire rilievo in tale ipotesi l'art. 6, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (recepito dall'art. 2, comma 3, della l.r. 7 settembre 1998, n. 23) ai sensi del quale "gli enti locali, che non versino nelle situazioni strutturalmente deficitarie di cui all'articolo 45 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, possono prevedere concorsi interamente riservati al personale dipendente, in relazione a particolari profili o figure professionali caratterizzati da una professionalità acquisita esclusivamente all'interno dell'ente"; ed invero, tale disposizione, pur costituendo una eccezione alla regola del concorso pubblico, non trova applicazione per la qualifica di dirigente la cui professionalità non si caratterizza certamente come acquisita soltanto all'interno dell'ente e presuppone al contrario capacità ed esperienza professionali acquisite anche al di fuori della prestazione del servizio.

4. In relazione al quesito sub c) si osserva, in via generale, che l'annullamento d'ufficio degli atti amministrativi, oltre alla illegittimità originaria del provvedimento da annullare, presuppone altresì la sussistenza di un interesse pubblico, concreto ed attuale alla eliminazione dell'atto stesso.
Sotto tale profilo si rileva altresì che la giurisprudenza ha più volte affrontato la questione se l'annullamento d'ufficio trovi ostacolo nelle situazioni favorevoli (diritti, interessi, affidamento) che possono nascere dal provvedimento illegittimo, evidenziando al riguardo che tali situazioni rilevano non perché si tratti di diritti che resistono all'annullamento, ma perché da esse può risultare attenuato o eliminato l'interesse pubblico all'annullamento stesso. Ed infatti, per quanto concerne in particolare l'annullamento di un illegittimo inquadramento, il Consiglio di Stato nella sentenza 7 luglio 2000, n. 3805 (citata da codesto Dipartimento nella richiesta di parere) ha affermato che il decorso di un notevole lasso di tempo e il consolidarsi di posizioni giuridiche soggettive "pur non precludendo in modo assoluto l'esercizio del potere di annullamento d'ufficio, richiede una compiuta motivazione sull'attualità dell'interesse all'annullamento" poiché l'eliminazione dell'atto, alterando un assetto ormai da tempo consolidato, potrebbe rendere "maggiore turbamento della sua conservazione".
La medesima giurisprudenza ha altresì chiarito che "quando vi è stato un illegittimo atto di inquadramento di un dipendente in una qualifica superiore a quella spettante, l'amministrazione ha il potere-dovere di emanare l'atto di annullamento, in quanto deve evitare che si consolidino le situazioni di fatto illegalmente costituitesi; pertanto non è necessaria una diffusa motivazione sulla sussistenza del c.d. interesse pubblico attuale a disporre l'annullamento dell'illegittimo atto di inquadramento (in quanto esso sussiste in re ipsa) né rileva il tempo trascorso dalla sua emanazione, in quanto l'atto, se non fosse annullato, avrebbe conseguenze permanenti o perduranti e comporterebbe l'esborso di denaro pubblico senza titolo" (C.d.S., sez. V, 4.11.1996, n. 1301; sez. V, 10.3.1999, n. 235; sez. V 10.3.1999, n. 243; sez. I, 5.4.2000, n. 286).
Dai riferiti orientamenti giurisprudenziali si evince che nel caso di inquadramenti illegittimi -soprattutto qualora si riferiscano a posizioni lavorative di elevata professionalità, con conseguente notevole esborso di denaro pubblico- l'attualità dell'interesse pubblico che può giustificare l'annullamento in autotutela sussiste anche nell'ipotesi in cui sia trascorso un notevole lasso di tempo dall'inquadramento stesso e ciò sia poiché rimane attuale il danno erariale per l'Amministrazione, sia perché è assolutamente prevalente l'interesse pubblico alla copertura dei pubblici impieghi secondo la legge; al più è necessario, in relazione al notevole tempo trascorso, che l'Amministrazione espliciti con chiarezza, nel provvedimento di annullamento, le ragioni che mantengono attuale l'interesse pubblico all'annullamento stesso.
Ciò detto si rileva ora che, trattandosi di valutazioni che restano rimesse alla Amministrazione attiva in relazione alle singole fattispecie concrete da considerare, quest'Ufficio non può individuare, in via generale ed astratta, "quale sia il periodo temporale occorrente per il consolidamento della posizione giuridica soggettiva" ciò che appunto -secondo quanto affermato dal Consiglio di Stato nella citata sentenza n. 3805/2000- renderebbe comunque necessaria, nei termini sopra precisati, una compiuta motivazione del provvedimento di annullamento, mentre può affermarsi che tale lasso di tempo da considerare decorre dal momento dell'adozione del provvedimento di inquadramento fino alla sua rimozione.
Ribadito poi che una "pronunzia espressa" della amministrazione locale sulla sussistenza della attualità dell'interesse pubblico all'annullamento è necessaria nei casi di posizioni consolidate, si precisa altresì che anche nell'ipotesi in cui non venga emanato un provvedimento in via di autotutela, l'Amministrazione può comunque adottare una dichiarazione di scienza o un atto di conferma con il quale ribadisce e mantiene ferma la sua precedente determinazione in relazione all'inquadramento.

5. Infine, con riferimento al quesito sub d) si osserva brevemente che a norma dell'art. 24 della legge regionale 3 dicembre 1991, n. 44, l'esercizio del potere sostitutivo ad opera dell'Assessore regionale per gli enti locali, che provvede a mezzo di un commissario, è consentito quando l'ente omette o ritarda di compiere "atti obbligatori per legge"; pertanto considerato che l'annullamento in autotutela costituisce pur sempre -e cioè anche con la particolare connotazione di potere-dovere che assume nel caso di inquadramenti illegittimi- esercizio di un potere discrezionale dell'Amministrazione, che deve valutare la sussistenza o meno dell'interesse pubblico attuale e concreto al ritiro dell'atto illegittimo, deve ovviamente concludersi che la mancata adozione del provvedimento in autotutela non può consentire l'attivazione delle procedure di controllo sostitutivo ex art. 24 l.r. n. 44/1991.
6. A termini dell'art.15, comma 2, del " Regolamento del diritto di accesso ai documenti dell'Amministrazione regionale", approvato con D.P. Reg. 16 giugno 1998, n.12, lo scrivente comunica preventivamente di acconsentire all'accesso presso codesta Amministrazione al presente parere da parte di eventuali soggetti richiedenti.
Codesta Amministrazione vorrà a sua volta comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca ad una lite, ovvero se intenda differirne l'accesso fino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi cui la richiesta consulenza fosse preordinata. Decorso detto termine senza che sia pervenuta alcuna comunicazione in tal senso, si procederà, giusta delibera della Giunta regionale n.229 dell'8 luglio 1998, all'inserimento del presente parere nella banca-dati "Fons", ed alla conseguente diffusione.


Regione Siciliana - Ufficio legislativo e legale
Ogni diritto riservato. Qualunque riproduzione, memorizzazione, archiviazione in sistemi di
ricerca ,anche parziale, con qualunque mezzo, è vietata se non autorizzata.
All rights reserved. Part of these acts may be reproduced, stored in a retrieval system or
transmitted in any form or by any means, only with the prior permission.

Ideazione grafica e programmi di trasposizione © 1998-2002 Avv. Michele Arcadipane
Revisione e classificazione curata da Avv. Francesca Spedale