Pos. 2  Prot. N. /8.11.2002 



Oggetto: Imprenditore agricolo a titolo principale. Equiparazione a coltivatore diretto. Concessione benefici di cui all'art. 17 legge 865/1971.




Allegati n...........................


ASSESSORATO REGIONALE
AGRICOLTURA E FORESTE
Direzione regionale delle foreste
Servizio infrastrutture di bonifica
Irrigazione ed elettrificazione rurale
e relative espropriazioni
P A L E R M O



1. Con la nota in riferimento codesta Amministrazione chiede il parere dello scrivente Ufficio sulla possibilità di equiparare la figura dell'imprenditore agricolo a titolo principale a quella del coltivatore diretto. La richiesta di equiparazione -avanzata da una Ditta interessata da esproprio per la realizzazione di un'opera pubblica- viene posta al fine di usufruire della maggiorazione del prezzo di cessione che l'art. 17, 1° comma, della legge 22 ottobre 1971, n. 865, come modificato dall'art. 14 della L. 10/1977, prevede per il proprietario coltivatore diretto, nell'ipotesi in cui quest'ultimo abbia ceduto volontariamente l'area da espropriare.
Codesto Assessorato chiede, inoltre, di conoscere se la medesima ditta richiedente possa usufruire -in qualità di comodataria di particelle di terreno espropriate al proprio genitore comodante- dell'indennità che, ai sensi del 2° comma dell'art. 17 citato, viene corrisposta al fittavolo, mezzadro, colono o compartecipe costretto ad abbandonare la coltivazione del terreno espropriando.

2. In ordine al 1° quesito si espone quanto segue. Ai sensi dell'art. 20, 1°comma della L.r. 6 aprile 1996, n. 16, "Le espropriazioni connesse alla esecuzione di opere e alle acquisizioni di competenza dell'Assessorato dell'agricoltura e le foreste....., sono disciplinate dalla legge 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modifiche ed integrazioni".
Il successivo art. 22, legge regionale citata, (intitolato "Indennità di espropriazione") al comma 2° stabilisce che per le aree agricole si applicano le norme di cui al titolo II della legge n. 865/1971.
L'art. 17 L. 865/71 prevede, al 1° comma, la triplicazione del prezzo di cessione rispetto all'indennità provvisoria nel caso che l'area da espropriare sia coltivata dal proprietario coltivatore diretto e, al 2° comma, un'indennità aggiuntiva per il conduttore del fondo (fittavolo, mezzadro, colono, compartecipe) che coltivi il terreno espropriando.
L'applicazione dell'art. 17 L. 865/71 sembrerebbe limitata ai soggetti espressamente indicati che, essendo coltivatori diretti del fondo espropriato, sono privati dell'oggetto della loro attività lavorativa (Cass., Sez., I, 15 aprile 1985, n. 2489). La norma, infatti, "nel riconoscere un diritto alla cosidetta indennità aggiuntiva in favore di soggetti che traggono i propri mezzi di sussistenza dalla coltivazione del suolo (fittavolo, mezzadro, colono, compartecipe e proprietario coltivatore diretto), condiziona la concreta erogazione del beneficio all'utilizzazione agraria del terreno, con conseguente esclusione, dal novero dei soggetti aventi diritto...., dell'imprenditore (di colui che eserciti, cioè, la coltivazione e produzione agricola con prevalenza del fattore capitale su quello lavoro e con impegno prevalente di manodopera subordinata), senza che tale esclusione possa dirsi in contrasto con i principi costituzionali di cui all'art. 3 della Costituzione, attesa l'oggettiva differenza tra tali soggetti e quelli menzionati dalla l. 865/71" (Cass., Sez. I, 28 agosto 1998, n. 8577).
Nel caso di specie, però, la questione non si pone giacchè l'art. 25, 2° comma, della citata L.r. 16/1996 espressamente prevede: "Nel caso di dichiarazione di disponibilità l'indennità è aumentata del 50 per cento ovvero nella misura di cui all'art. 17, comma primo, della legge 22 0ttobre 1971, n. 865, se il proprietario è coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale......" Il legislatore regionale, quindi, ha operato con l'art. 22, 2° comma, L.r. 16/1996, un rinvio all'intero titolo II della L. 865/1971 ma, nell'esercizio delle propria potestà legislativa esclusiva in materia di espropriazioni per pubblica utilità, ha previsto, con il successivo art. 25, di estendere all'imprenditore agricolo a titolo principale quanto disposto per il proprietario coltivatore diretto dall'art. 17, 1° comma L. 865/1971.
La scelta del legislatore regionale è stata di recente operata anche da quello nazionale che con l'art. 40 del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 -intitolato "Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazioni per pubblica utilità" (in G.U.R.I. 16/8/2001, n. 189 S.O.)- concede un'indennità aggiuntiva a quella di esproprio oltre che al proprietario coltivatore diretto anche a quello imprenditore agricolo a titolo principale. E' da dire, però, che l'ammontare dell'indennità aggiuntiva di cui all'art. 40, 4° comma, D.P.R. citato, è determinata in misura differente rispetto a quella di cui all'art. 17, 1° comma della legge 865/1971.
Ciò comporta che -in virtù del rinvio (dinamico) operato dal 1° comma dell'art. 20 della L.r. 16/1996- la disciplina del citato testo unico è applicabile alle espropriazioni connesse all'esecuzione di opere e alle acquisizioni di competenza dell'Assessorato regionale dell'agricoltura e delle foreste. Ne consegue che -poiché l'art. 58 D.P.R. 327/2001 ha abrogato, tra le altre norme, anche il titolo II della legge 22 ottobre 1971, n. 865, con decorrenza dal 1° gennaio 2002- codesto Assessorato dovrà verificare, a quella data, in quale fase si trovasse il procedimento espropriativo giacchè l'art. 57, Titolo V delle norme finali e transitorie del decreto prevede: "Le disposizioni del presente Testo Unico si applicano anche se è stato già apposto su un bene un vincolo preordinato all'esproprio, ovvero se già vi è stata la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera, per le fasi procedimentali non ancora concluse". Occorrerà, dunque, stabilire quali siano le fasi procedimentali non ancora concluse -alle quali si applicherà il Testo Unico, per la parte relativa alle norme dello stesso, sostitutive dell'abrogato Titolo II L. 865/1971- rispetto a quelle già esauritesi sotto il vigore della precedente legge (Capo II L. 865/1971) e che restano, quindi, da quella regolate.
A fine, puramente indicativo, si aggiunge che, nella fattispecie concreta, e dagli elementi allegati alla richiesta di parere in oggetto, sembrerebbe allo scrivente Ufficio che la fase procedimentale relativa alla determinazione dell'indennità provvisoria di espropriazione sia da considerarsi conclusa con l'emissione del relativo decreto che ne determina l'ammontare (D.A. agricoltura e foreste n. 8054); con lo stesso decreto, codesta Amministrazione si è riservata l'accertamento della qualità di coltivatore diretto (e per il disposto dell'art. 25 L.r. 16/1996 anche della qualità di imprenditore agricolo a titolo principale) dichiarata dagli interessati per i fini di cui all'art. 17, commi 1° e 2°, della L. 865/1971. Inoltre, dall'allegata istanza con la quale la ditta interessata "chiede di incassare le maggiorazioni previste dall'art. 17 della L. 865/1971", sembrerebbe accettata l'indennità espropriativa ai sensi dell'art. 12 della stessa legge.
Tale accettazione "è atto astrattamente idoneo a determinare l'insorgere del diritto alla corresponsione dell'indennità medesima, senza che rilevi l'eventuale condizionamento dell'accettazione al riconoscimento di maggiorazioni, ove queste siano direttamente ed automaticamente contemplate dalla legge". (Cass. Sez. V. 20 gennaio 1989, n. 291). La cessione volontaria del bene, conseguente all'accettazione dell'indennità provvisoria, comporta automaticamente che il prezzo di cessione sia determinato in misura tripla (art. 17, 1° c., l. 865/1971) rispetto all'indennità provvisoria una volta che l'Amministrazione abbia accertato il ricorrere del requisito di coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale in capo al proprietario espropriando. Del resto, in virtù del principio "tempus regit actum" , "la legittimità di un atto amministrativo va verificata con riferimento alla disciplina normativa vigente al momento della sua emanazione" e, tale principio, "è applicabile anche agli atti che concludono una fase procedimentale in sé definita, soprattutto se idonei a produrre effetti esterni ed a costituire il presupposto di altri provvedimenti. Pertanto, una volta determinata, sulla base della legge n. 865 del 1971, l'indennità provvisoria di espropriazione, non è tenuta l'Amministrazione a retrocedere nel procedimento rideterminandola secondo nuovi parametri legislativi (Cons. Stato, Sez. IV. 24/11/1986, n. 751).
Nel caso di specie, sembrerebbe, dunque, applicabile all'imprenditore agricolo richiedente la triplicazione del prezzo di cessione prevista dall'art. 17, 1° comma, della L. 865/1971.
In ordine al 2° quesito, relativo all'applicabilità dell'indennità aggiuntiva, di cui al 2° comma dell'art. 17 L. 865/71, al comodatario del fondo espropriato, si rassegna innanzitutto che la concessione in comodato di un fondo rustico, non può farsi rientrare nella previsione del 2° comma dell'art. 17, stante l'impossibilità di qualificarla come contratto agrario (la cui causa -estranea al comodato- è quella di costituire un'impresa agricola su fondo altrui), anche nel caso in cui, trattandosi di comodato modale -come sembrerebbe nella fattispecie- avente per oggetto una cosa produttiva, il comodatario non si limiti ad una semplice attività di custodia ma svolga un'attività di gestione (Cass. 8 marzo 1988, n. 2347). La giurisprudenza è concorde nel ritenere che il comodato è per sua stessa natura un contratto gratuito ed essenzialmente precario, inidoneo a realizzare la funzione tipica dei contratti agrari (affitto, mezzadria, colonia parziaria, soccida) che è quella di consentire con carattere di stabilità la costituzione di un'impresa agraria sul fondo concesso. (Cass. Sez. III, 29/9/1995, n. 10273; conforme: Cass. Sez. III, 5/10/1995, n. 10447 e Cass. Sez. III, 21/11/1997, n. 11635).
Il contratto stipulato tra le parti è chiaramente -al di là della letterale nomea di "comodato"- a titolo gratuito, non essendo previsto nessun corrispettivo per il comodante della cosa; è sicuramente precario, giacchè il "conduttore" si obbliga a restituire al genitore (comodante) gli appezzamenti di terreno "non appena da questi richiesto". Queste ultime sono caratteristiche del comodato, inconciliabili con un "contratto di affittanza agraria. Il concessionario del fondo non assume a suo carico nessun tipo di prestazione che abbia una rilevanza economico-funzionale di portata tale da porsi in sostanza come corrispettivo del bene; ciò che assume (gestione di ordinaria e straordinaria amministrazione) è un semplice modus del rapporto di comodato che non ne snatura la causa: rendere un beneficio al comodatario.
Da quanto sopra detto, non può che discendere l'esclusione del contratto di comodato delle ipotesi contemplate dall'art. 17, 2° comma, della l. 865/1971 e la susseguente impossibilità di concedere alla ditta richiedente l'indennità ivi prevista.

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Ai sensi dell'art. 15, co. 2 del D.P. Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo Scrivente acconsente sin d'ora all'accesso presso codesta Amministrazione al presente parere da parte di eventuali soggetti richiedenti.
Si ricorda poi che in conformità alla circolare presidenziale dell'8 settembre 1998, n. 16586/66.98.12, trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS".






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