Gruppo II   Prot. N. /306.01.11 



Oggetto: Riesame decreti inquadramento ex l.r. 53/85 - Dirigenti Superiori.




Allegati n...........................


Assessorato regionale
Sanità
Dipartimento Fondo sanitario
P A L E R M O

p.c.      Presidenza della Regione 

Dipartimento generale del personale,
dei servizi generali, di quiescenza,
assistenza e previdenza del personale
P A L E R M O




1. Con la nota suindicata, pervenuta allo scrivente il 6 novembre 2001, codesto Assessorato, premesso che di recente ha proceduto ad un riesame dei fascicoli personali di tutti i dirigenti superiori inquadrati nel ruolo speciale transitorio ex l.r. 53/85 e che per alcuni ha avviato i procedimenti di annullamento in autotutela dei decreti di nomina, espone le vicende relative a due dipendenti, di seguito riassunte.
La prima riguarda un dipendente, attualmente in quiescenza, proveniente da un Ente ospedaliero con la qualifica di collaboratore coordinatore, che aveva svolto presso l'ente di appartenenza la funzione di capo settore per un periodo di 10 anni; ma poiché in tale computo è stato incluso anche un periodo di aspettativa sindacale, pari a sei anni, concesso ai sensi dell'art. 50 del D.P.R. 27 marzo 1969, n. 130, chiede se tale periodo possa essere considerato alla stregua di servizio effettivo.
La seconda fattispecie riguarda un altro dipendente, anch'esso in quiescenza, inquadrato nella qualifica di dirigente superiore per aver diretto, per un periodo di 10 anni, l'Ufficio stralcio enti soppressi, istituito presso la Direzione del personale e degli affari generali; e poiché il C.G.A. nella decisione n. 157/99 ha ritenuto che l'espressione "ufficio di dimensione provinciale individui un ufficio con giurisdizione territoriale inferiore a quella dell'Amministrazione di appartenenza e che, nell'ambito territoriale considerato, non è a sua volta incardinato in altro ufficio dell'ente o amministrazione di appartenenza", codesto Assessorato nutre perplessità sulla qualificazione dell'ufficio stralcio enti soppressi quale ufficio a dimensione provinciale.

2. L'art. 50 del D.P.R. 27 marzo 1969, n. 130, dopo aver disciplinato il trattamento economico del personale collocato in aspettativa per motivi sindacali, dispone che i periodi di aspettativa sono utili a tutti gli effetti, tranne che ai fini del compimento del periodo di prova e del diritto al congedo ordinario. Il problema posto da codesto Dipartimento, ossia se tale periodo sia da considerare svolto nella qualifica e nelle funzioni attribuite al dipendente stesso per lo svolgimento dell'attività di servizio, è stato già affrontato in un parere della Presidenza del Consiglio dei Ministri (4 luglio 1988, n. 8227/F.P.) nel quale è stato affermato che "lo svolgimento di attività sindacale dei pubblici dipendenti è considerato dal legislatore equivalente allo svolgimento dell'attività di servizio, nei casi e nei limiti in cui è esplicitamente consentito". E poiché l'art. 50 cit. (come del resto la corrispondente norma contenuta nell'art. 46 della legge 18 marzo 1968, n. 249 riguardante il personale statale) esclude soltanto gli effetti relativi al compimento del periodo di prova e del diritto al congedo ordinario, il Dipartimento della funzione pubblica nel parere sopracitato ha ritenuto che "la disposizione di cui all'art. 50 del D.P.R. n. 130/69 riconosce ai dipendenti del S.S.N. collocati in aspettativa per motivi sindacali, il diritto di conservare ogni prerogativa connessa con lo svolgimento effettivo della attività di servizio nella stessa posizione giuridica che sarebbe stata riconosciuta al dipendente se non fosse intervenuto il collocamento in aspettativa".
Pertanto, alla stregua di quanto esposto sopra si ritiene che il periodo di aspettativa fruito dal dipendente in questione non può che essere considerato come servizio effettivo.

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Per ciò che riguarda, invece, il secondo quesito ossia se la reggenza dell'Ufficio stralcio Enti soppressi istituito presso l'ex Direzione regionale del personale e dei servizi generali, dia titolo all'inquadramento nella qualifica di dirigente superiore, poiché lo Scrivente non ha sufficienti elementi per valutare la reale attività svolta dal predetto ufficio, la consultazione non può che essere limitata ai criteri enucleati dalla giurisprudenza più recente per l'individuazione degli "uffici a dimensione provinciale" la cui direzione dava il diritto all'attribuzione della qualifica di dirigente superiore.
Al riguardo è stato osservato che ciò che rileva non è tanto la mera dimensione ultra provinciale dell'ente quanto l'intrinseca sua struttura organica. Infatti, il termine ufficio, nella comune accezione tecnico-giuridico, ha sicuro riferimento ad una entità organizzativa che sia in grado di identificarsi come organo della P.A., in quanto istituzionalmente dotata di compiti, potestà e competenze sue proprie, capaci di concretizzarsi in atti amministrativi formali. Deve trattarsi, quindi, di un'entità organica che ha ex se una valenza giuridicamente riconosciuta e che quindi opera necessariamente anche come centro di imputazione finale dell'azione amministrativa. Non conta, pertanto, la denominazione di fatto attribuita alle varie articolazioni in cui una certa attività amministrativa è suddivisa (ufficio, sezione, reparto ecc.), ma ciò che rileva è che l'Ufficio in discorso sia stato investito direttamente di competenze esterne e che la sua attività non sia stata limitata alla sola istruzione e predisposizione dei provvedimenti finali (cfr. tra le altre TAR Palermo, sez. I, 3 ottobre 2000, n. 1771; sez. I, 17 luglio 1998, n. 1528).
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Per ciò che riguarda l'annullamento in autotutela ora per allora dei decreti di nomina nella qualifica di dirigente superiore, relativi a personale attualmente in quiescenza , si ricorda che la modifica o la revoca del provvedimento definitivo di pensione può essere disposto solo nelle ipotesi tassativamente stabilite dall'art. 204 del D.P.R. 1092 del 1973 fra le quali non rientrano i casi sopraesaminati; e a questo proposito l'Avvocatura dello Stato di Palermo ha rilevato che, ove non ricorrano i presupposti per la revoca o la modifica del trattamento di quiescenza già attribuito, l'esercizio del potere di autotutela "sarebbe illegittimo per eccesso di potere mancando con ogni evidenza ogni interesse attuale alla rimozione dell'atto, diverso da quello attinente al mero ripristino della legalità violata. Ciò perché l'esercizio dell'autotutela è inutilmente espletato riguardo a situazioni che siano totalmente esaurite, abbiano esplicato in maniera esaustiva ed irreversibile i propri effetti che non siano in alcun modo più modificabili" (parere n. 23291 del 21 agosto 2001 reso all'Assessorato regionale BB.CC.).
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Si ricorda che in conformità alla Circolare presidenziale 8 settembre 1998, n. 16586/66.98.12, trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS".


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