Gruppo    V                          /290.00.11

OGGETTO: Commissione di cui all'art. 67 della L.r. 12 gennaio 1993, n. 10. Compenso spettante al componente avvocato.

   
   
   
                                                           ASSESSORATO REGIONALE
                                                           SANITA'
                                                           P A L E R M O
   
   
                 1. Ai sensi del primo comma dell'art. 67 della l.r. 12 gennaio 1993, n. 10, per gli appalti di fornitura di beni ivi precisati, l'individuazione "dell'offerta economicamente più vantaggiosa" avviene previo parere di una apposita commissione, della quale fa parte fra l'altro (primo comma, lett. c): "un avvocato sorteggiato dall'organo esecutivo dell'ente" interessato alla gara "su terna proposta dall'Ordine degli avvocati e procuratori del circondario in cui ha sede l'ente, o da un avvocato dello Stato nominato dall'organo esecutivo su designazione del competente Ufficio distrettuale".
                 Aggiunge il sesto comma dello stesso art. 67 che: "ai componenti la commissione di cui al comma 1 è dovuto un compenso in base a criteri stabiliti con decreto del Presidente della Regione e rapportati all'importo posto a base della gara, con esclusione dell'I.V.A."
                 In relazione alle riferite prescrizioni codesto Assessorato, con la lettera in riferimento, chiede se al componente avvocato della predetta commissione spetti "il pagamento di una somma calcolata secondo i criteri stabiliti dalle vigenti tariffe forensi, ai sensi della legge 13/6/1942, n. 794 e del D.M. 5/10/1994 n. 585", ovvero i compensi fissati, ai sensi del sesto comma del citato art. 67, con D.P.Reg. 8 marzo 1995, che fa "specifico ed espresso riferimento a ciascuno dei componenti" della commissione de qua.
                 Al riguardo codesto Assessorato fa proprio, nella richiesta di parere, quest'ultimo orientamento.
   
                 2. Il quesito in esame - come si evince dagli atti - è stato sollevato dall'Azienda "XXXX" di YYYY su iniziativa dell'Avv. M.M., componente di una commissione costituita dalla predetta azienda ai sensi dell'art. 67 della l.r. n. 10/1993.
                 L'interessato argomenta in sostanza che la propria equiparazione, ai fini del compenso, agli altri componenti della medesima commissione violerebbe l'art. 24 della legge n. 724/1942, che sancisce l'inderogabilità degli onorari minimi stabiliti per le prestazioni degli avvocati, nonchè la nullità di ogni convenzione contraria; ed allega a conferma alcune sentenze della Corte di cassazione che - fra l'altro - estendono l'inderogabilità dei minimi tariffari forensi anche alle prestazioni stragiudiziali, tra le quali ovviamente l'Avv. Moschetti include implicitamente quella qui in considerazione.
                 Questa tesi non appare da condividere per vari motivi che possono riassumersi come segue.
                 Va in primo luogo segnalato che la Corte di cassazione, sezione lavoro, nella sentenza 12 ottobre 1987, n. 7550, muovendosi in controtendenza rispetto alle pronunzie invocate dall'Avv. M., ha affermato che "l'inderogabilità degli onorari minimi per le prestazioni degli avvocati e la nullità di ogni convenzione contraria, stabilite dall'art. 24 della legge 13 giugno 1942, n. 794 (onorari di avvocato e di procuratore per prestazioni giudiziali in materia civile), non si estendono alle prestazioni stragiudiziali, fra cui rientrano i pareri, il cui compenso può essere quindi validamente determinato da una convenzione tra il professionista ed il cliente". E a questo punto va subito osservato che neanche l'ipotesi dell'atto stragiudiziale, per quanto più sotto si dirà, rientra nella fattispecie.
                 In secondo luogo va rilevato che la giurisprudenza esibita dall'Avv. M. ha sempre come oggetto la violazione dei minimi tariffari forensi ad opera di convenzioni intercorse tra avvocato e cliente (soggetto privato o ente pubblico); situazione questa non conforme alla fattispecie, dove la partecipazione dell'interessato alla commissione de qua discende da un atto unilaterale dell'Amministrazione (decreto di nomina).
                 In terzo luogo, e in diretta connessione con la rilevata natura amministrativa dell'incarico di cui trattasi, appare determinante che l'incarico stesso sia stato conferito in base ad una apposita legge regionale, che si pone come norma speciale rispetto a quelle generali invocate dal professionista interessato e che detta disposizioni, da considerare altrettanto "speciali", circa il compenso da corrispondere ai componenti del collegio in questione. Disposizioni queste in nessun modo equiparabili alle "convenzioni" tra legali e clienti cui si riferisce la giurisprudenza invocata dall'Avv. M., e che costui non poteva ignorare all'atto dell'accettazione dell'incarico.
                 Illuminante in tal senso appare la sentenza delle sezioni unite della Corte di cassazione 14 gennaio 1992, n. 363, la quale sul punto così si esprime: "la nomina a componente della Commissione per la redazione del piano di sviluppo economico della Regione Calabria, in quanto implicante il conferimento non di un incarico professionale, ma di un munus publicum nell'ambito di detto organismo politico tecnico, con compiti di funzionario onorario, non determina la costituzione di un rapporto di prestazione d'opera, né comporta l'insorgere di un diritto al compenso, il cui riconoscimento resta affidato alle valutazioni discrezionali della P.A., con la conseguenza che le posizioni al riguardo di detto componente hanno natura di meri interessi legittimi, tutelabili davanti al giudice amministrativo".
                 Non è infine superfluo far notare - ad ulteriore conferma delle considerazioni fin qui svolte - che l'art. 67 della l.r. n. 10/1993 costituisce norma vigente dell'ordinamento regionale e che il conseguente D.P.Reg. 8 marzo 1995 è stato legittimamente emanato in conformità ad essa, per cui non si vede quale altro comportamento avrebbe potuto assumere l'Amministrazione circa il problema prospettato.
   

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                 Nella considerazione che è per ovvi motivi ipotizzabile l'apertura di un contenzioso relativo alla fattispecie, codesta Amministrazione vorrà comunicare - entro novanta giorni - se ritenga opportuno differire la pubblicazione del presente parere sino alla adozione di eventuali provvedimenti ad esso connessi. Decorso tale termine senza alcuna comunicazione in tal senso, si consentirà la diffusione sulla banca dati "FONS", giusta delibera di Giunta regionale 8 luglio 1998, n. 229.

   

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