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Gruppo XIV 235.2000.11

OGGETTO: Rapporti fonti normative - Materia sanitaria.


ASSESSORATO REGIONALE
BILANCIO E FINANZE
Direzione bilancio e tesoro
(Rif. nota n. 9465/Gr.VII del 28.8.2000)

e, p.c. ASSESSORATO REGIONALE
SANITA'

L O R O S E D I

1.- Con la nota emarginata è stata sottoposta all'attenzione dello scrivente una problematica derivante dalla concorrenza fra due diverse fonti normative, l'una statale e l'altra regionale, concernenti la stessa materia.
In particolare è stato chiesto se, relativamente alle anticipazioni di tesoreria delle aziende unità sanitarie locali debba ritenersi applicabile il limite di indebitamento, pari a un dodicesimo delle entrate di competenza delle stesse al netto delle partite di giro, stabilito dall'art. 4 del D.Lgs. 7 dicembre 1993, n. 517 o, piuttosto, quello previsto dall'art. 16 della legge regionale 30 marzo 1998, n. 5, come modificato dall'art . 40, comma 7, della legge regionale 27 aprile 1999, n. 10, pari ai tre dodicesimi della quota del fondo sanitario nazionale attribuita nell'anno alle aziende operanti in Sicilia
Viene al riguardo rappresentato che il Banco di Sicilia S.p.a. - interessato da diverse aziende sanitarie nella qualità di cassiere - ritiene debba applicarsi la norma statale, mentre codesto Assessorato, in considerazione della potestà legislativa concorrente riconosciuta nella materia de qua alla Regione, ritiene applicabile la corrispondente norma regionale.
Dovendo impartire le necessarie istruzioni, codesta Amministrazione chiede allo scrivente di esprimere il proprio avviso al riguardo.

2.- Prima di passare all'esame della questione prospettata appare utile riassumere il relativo quadro normativo.
L'art. 4 del D.Lgs. n. 517/1993 ha abrogato e sostituito diversi commi dell'art. 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502; più precisamente, per quel che concerne il parere richiesto, la lett. c) dell'art. 4 citato ha così sostituito il comma 5 dell'art. 3 D.Lgs. 502/1992:
"Le regioni disciplinano,... nell'ambito della propria competenza le modalità organizzative e di funzionamento delle unità sanitarie locali prevedendo tra l'altro:
....
....
f) il divieto alle unità sanitarie locali ed alle aziende ospedaliere di cui all'art.4 di ricorrere a qualsiasi forma di indebitamento, fatte salve:
1) l'anticipazione, da parte del tesoriere, nella misura massima di un dodicesimo dell'ammontare annuo delle entrate previste nel bilancio di competenza, al netto delle partite di giro; ....."
Il legislatore regionale, attraverso l'art. 16 della l.r. 30 marzo 1998, n. 5, che espressamente recita:
"1. I direttori generali delle aziende unità sanitarie locali ed ospedaliere operanti possono ricorrere alle anticipazioni del tesoriere nei limiti di un dodicesimo della quota di fondo sanitario attribuita nell'anno alla stessa azienda.
2. Il direttore generale può ricorrere a tale anticipazione nel caso in cui le rimesse di cassa non vengano garantite dalla Regione e per evitare l'insorgere di contenzioso per l'azienda."
ha, da un lato, sostanzialmente confermato il limite previsto dalla norma statale - pur identificando un diverso parametro di riferimento - e, dall'altro, ha introdottoulteriori limitazioni per il ricorso alle anticipazioni di tesoreria condizionando l'ammissibilità di tali forme di indebitamento al verificarsi delle due sole ipotesi prescritte dal riportato secondo comma della stesso articolo 16.
Con l'art. 40, comma 7, della l.r. 27 aprile 1999, n. 10, il limite di cui all'art. 16 della l.r. 5/1998, imposto alle aziende per il ricorso ad anticipazioni del tesoriere, è stato aumentato da uno a tre dodicesimi.
Infine, il decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 recante: "Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell'art.1 della legge 30 novembre 1999, n.419", ha modificato ed integrato la legislazione statale di riordino sanitario, ma, con riferimento alle disposizioni che interessano il parere richiesto, ha mantenuto inalterato il divieto di indebitamento e le deroghe ammissibili.
Si rileva, infatti, che, se da un lato l'art. 3 del D.Lgs. 229/1999 ha abrogato il sopra riportato comma 5, lett. f) dell'art. 3 D.Lgs. 502/92, d'altro canto l'art. 2 dello stesso D.Lgs. 229 ha aggiunto, all'art. 2 del predetto D.Lgs. 502/92, il comma 2 sexies , che così dispone:
"La regione disciplina altresì:
.....
.....
g) fermo restando il generale divieto di indebitamento, la possibilità per le unità sanitarie locali di:
1) anticipazione, da parte del tesoriere, nella misura massima di un dodicesimo dell'ammontare annuo del valore dei ricavi, inclusi i trasferimenti, iscritti nel bilancio preventivo annuale;..."
Con una formulazione lessicale apparentemente diversa ma dal contenuto sostanzialmente identico a quello delle norme soppresse il legislatore ha reintrodotto, con lievi modifiche, attinenti soprattutto al parametro di riferimento, le disposizioni abrogate, operando - attraverso una complessa procedura di abrogazione e reinserimento - il semplice trasferimento della medesima disposizione da un articolo ad un altro del citato decreto legislativo n. 502 del 1992.
A fronte di tale ultima modifica intervenuta nella disciplina giuridica statale nella materia de qua, l'ipotizzato contrasto fra norme rilevato da codesto Assessorato dovrebbe porsi con riferimento, per quel che attiene alla normativa statale, non già all'art. 4 del D.Lgs. 517/1993, ma piuttosto all'art. 2, comma 2 sexies, lett. g), del D.Lgs. 502/1992, come modificato e integrato dal D.Lgs. 229/1999.

3. Premesso il riferimento al quadro normativo, preliminarmente si rileva che, in materia di igiene e sanità pubblica e di assistenza sanitaria la Regione siciliana risulta titolare di potestà legislativa complementare, o concorrente; potestà esercitabile, ai sensi dell'art. 17 dello Statuto, "entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato, ..., al fine di soddisfare alle condizioni particolari ed agli interessi propri della Regione", ed il cui esercizio, come affermato dalla giurisprudenza costituzionale, rimane assoggettato a limiti analoghi a quelli previsti dall'art. 117 cost. per le regioni a statuto ordinario (cfr. Corte costituzionale 27.12.1991, n. 484).
Secondo il disegno delineato dall'art. 17 dello Statuto (e dall'art. 117 cost. relativamente alle regioni a statuto ordinario) dunque, nelle materie in cui viene riconosciuta potestà legislativa concorrente, la legge statale dovrebbe stabilire - attraverso le c.d. leggi cornice - i principi ed interessi generali mentre la legge regionale dovrebbe darne attuazione e svolgimento. Non è, però, escluso che leggi statali che stabiliscono norme di principio contengano anche norme di dettaglio; queste ultime, pur non vincolando la potestà normativa regionale, sono destinate a trovare applicazione fintanto che manchi una diversa disciplina di dettaglio regionale, o fino a quando le regioni non adeguino la normativa ai nuovi principi dettati dalla legge statale.
Ancora si osserva che, quali corollari conseguenti all'applicazione dei criteri che determinano l'efficacia delle leggi statali nelle materie di competenza delle regioni a statuto ordinario, estensibili quindi, per ciò che concerne la Regione siciliana, all'ambito di esercizio di potestà legislativa concorrente, conseguono l'immediata applicabilità della legislazione statale e la necessità di adeguamento della normativa regionale ai principi in questione.
Va, peraltro, considerato che secondo un costante orientamento della Corte costituzionale le disposizioni dirette a porre principi concernenti l'organizzazione delle USL vengono considerate come norme fondamentali di riforme economico-sociali, ed in quanto tali si pongono come limiti anche rispetto a competenze regionali di tipo esclusivo (cfr. Corte cost. sentenze 274/1988, 107/1988 e 355/1993).

Alla luce dei suesposti principi, e in relazione alla questione sottoposta, occorre quindi accertare se il contrasto fra norma statale e corrispondente norma regionale - entrambe sopra riportate - sia riconducibile al legittimo esercizio della potestà legislativa regionale concorrente, o se, invece, la disposizione regionale risulti emanata in violazione dei principi stabiliti dalla normativa statale in materia.
Atteso che, secondo la giurisprudenza costituzionale, i principi che vincolano la potestà legislativa regionale "non possono consistere che nei criteri generali cui si informa una determinata disciplina statale", perché altrimenti si ridurrebbe il potere legislativo regionale ad un potere regolamentare (Corte cost. 223/1993), e tenuto conto che soltanto dalla violazione dei principi e interessi generali discende l'incompatibilità fra norma regionale e statale, risulta necessario ricercare nella norma statale qui considerata i principi e le disposizioni di dettaglio distinguendo gli uni dalle altre.
Da una attenta lettura dell'art. 3, comma 5, D.Lgs. 502/1992 (come modificato dall'art. 4, D.Lgs. 517/1993) nel testo previgente e dell'art. 2, comma 2 sexies, dello stesso decreto legislativo nel testo oggi vigente (come modificato e integrato dunque dall'art. 2 del D.Lgs. 229/1999), si rileva che il legislatore statale - nell'assegnare alle regioni l'incarico di disciplinare le modalità organizzative e di funzionamento delle aziende unità sanitarie locali - ha previsto, nell'ambito del più generale divieto di indebitamento stabilito per le aziende de quibus, le possibili deroghe al divieto medesimo, e specificatamente il ricorso all'anticipazione di tesoreria di cui è discorso ed il ricorso a mutui e altre forme di credito, in seno alle quali ha, peraltro, statuito anche i criteri generali cui devono soggiacere le previste deroghe.
In particolare per quel che riguarda il parere richiesto sembra che il principio informatore della disposizione in esame, in grado di limitare la potestà legislativa regionale, possa essere ravvisato nella necessità della previsione di una misura massima di indebitamento rispetto alle risorse previste nei bilanci delle aziende, e che, diversamente, il disposto che quantifica in modo puntuale il limite massimo consentito - " nella misura massima di un dodicesimo..." - a causa della sua specificità sia piuttosto riconducibile nell'ambito delle norme di dettaglio che sviluppano e danno attuazione a principi fondamentali alle quali la stessa Corte costituzionale non riconosce efficacia limitativa della potestà legislativa regionale concorrente.
Con sentenza n. 249 del 20 settembre 1976 la Corte costituzionale ha, infatti, affermato che la "Regione siciliana nell'esercizio della potestà legislativa concorrente è tenuta a rispettare i principi ed interessi generali cui è informata la legislazione dello Stato, ma non è affatto obbligata a ripeterne pedissequamente le norme".
Si osserva ancora, e conclusivamente, che la disposizione regionale non può considerarsi sic et simpliciter quale estensione della normativa statale di riferimento, poiché, nel determinare il limite del possibile ricorso ad anticipazioni, sostituisce il parametro di riferimento, che non è più costituito dall'"ammontare annuo del valore dei ricavi", cui ha riguardo la disposizione statale, bensì "dalla quota di fondo sanitario attribuita nell'anno alla stessa azienda". Evidentemente, dunque, il legislatore regionale, nell'ambito discrezionale di esercizio della potestà normativa concorrente, ha ritenuto più confacente per le aziende unità sanitarie ubicate nel territorio della Sicilia utilizzare un parametro diverso, non automaticamente sovrapponibile al parametro individuato dalla norma statale, ma non in insanabile contrasto con esso, e soprattutto non atto a compromettere la finalità del disposto divieto di indebitamento.
Alla stregua dei principi espressi e delle pronunce giurisprudenziali citate, si ritiene, pertanto, di condividere l'avviso espresso da codesto Assessorato in merito alla legittimità della applicazione del limite di indebitamento, previsto dall'art. 16 della legge regionale 30 marzo 1998, n. 5, come modificato dall'art. 40, comma 7, della legge regionale 27 aprile 1999, n. 10, pari a tre dodicesimi della quota del fondo sanitario nazionale attribuita nell'anno alla singola azienda.
Considerato, infine, che - anche a seguito delle modifiche legislative statali successive all'emanazione dell'art. 16 l.r. 5/1998 - i criteri generali posti dal legislatore a base della disciplina relativa al ricorso alle anticipazioni sono sostanzialmente rimasti inalterati, rimane impregiudicata la validità ed efficacia della disposizione regionale recante il limite in questione.

4.- Il presente parere viene reso anche all'Assessorato regionale della sanità, cui risulta istituzionalmente ascritta la materia della igiene e sanità pubblica e della assistenza sanitaria, per una opportuna conoscenza dell'avviso espresso dallo scrivente nonché per consentire allo stesso di esprimere le proprie considerazioni al riguardo, alla cui luce questo Ufficio si riserva ogni eventuale approfondimento che si renderà necessario.

5.- A termini dell'art. 15, comma 2, del "Regolamento del diritto di accesso ai documenti dell'Amministrazione regionale", approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo scrivente comunica preventivamente di acconsentire all'accesso presso codesta Amministrazione al presente parere da parte di eventuali soggetti richiedenti.
Codesta Amministrazione vorrà a sua volta comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca ad una lite, ovvero se intenda differirne l'accesso fino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi cui la richiesta consulenza fosse preordinata. Decorso detto termine senza che sia pervenuta alcuna comunicazione in tal senso, si procederà, giusta delibera della Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998, all'inserimento del presente parere nella banca-dati "FoNS", ed alla conseguente diffusione.




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