Pos.1
Prot. N. 14885 - 75.2010.11 Palermo, 19/05/2010
Oggetto:
Enti locali. Servizi socio assistenziali. Comune di Xxx. Centro socio
riabilitativo residenziale per soggetti portatori di handicap gravi.
Affidamento della gestione.
ASSESSORATO REGIONALE DELLE AUTONOMIE
LOCALI E DELLA FUNZIONE PUBBLICA.
Dipartimento regionale delle autonomie
locali.
PALERMO
ASSESSORATO REGIONALE DELLA FAMIGLIA,
DELLE POLITICHE SOCIALI E DEL LAVORO.
Dipartimento regionale della famiglia e
delle politiche sociali.
PALERMO
PRESIDENZA DELLA REGIONE
Ufficio di diretta collaborazione
dell’On.le Presidente.
PALERMO
1. Con la nota suindicata codesto Dipartimento chiede allo Scrivente di
esprimersi in merito alla disciplina relativa alla gestione dei servizi
socio assistenziali da parte dei comuni e sottopone alla consultazione di
questo Ufficio un quesito, rivolto allo stesso Dipartimento dal comune di Xxx,
relativo alle procedure da intraprendere per l’affidamento di specifici
servizi socio assistenziali.
Nella nota cui si risponde viene riferito che tra i compiti
dell’Istituzione per i servizi sociali del comune di Xxx era annoverata la
gestione di un Centro per il ricovero di disabili gravi, operante
in una struttura ceduta allo stesso Centro in comodato d’uso.
Si riferisce, altresì, che a seguito di sfratto esecutivo il predetto
Centro veniva trasferito presso una struttura residenziale messa a
disposizione dall’Istituto Yyy di Xxx e si evidenzia che, sulla base di
apposito progetto sperimentale presentato dall’Istituto Yyy, con deliberazione
del consiglio di amministrazione dell’Istituzione comunale per i servizi
sociali del 15.10.01, veniva approvato un protocollo d’intesa, per la
durata di un anno, tra la stessa Istituzione, l’Azienda sanitaria e
l’Istituto Yyy, per la gestione di un Centro socio-riabilitativo residenziale
per soggetti affetti da grave disabilità.
Il Dipartimento richiedente precisa, inoltre, che alla scadenza del
predetto protocollo, il medesimo veniva rinnovato fino al 15 giugno 2006
e, successivamente, con deliberazione della Giunta municipale, il protocollo
veniva ulteriormente rinnovato fino al decorso 28 febbraio 2010.
Codesto Dipartimento sottolinea, infine, che il consiglio di
amministrazione dell’Istituzione, dopo aver preso atto della precitata
deliberazione della Giunta municipale, approvava la spesa complessiva per
un triennio, il cui ammontare annuo viene, nella nota cui si risponde,
specificato.
Nell’evidenziare che la struttura residenziale sede del Centro è stata
messa a disposizione gratuitamente dall’Istituto Yyy, il Dipartimento
richiedente rileva che l’organizzazione del servizio viene curata dalla
cooperativa sociale Kkk ONLUS con
esclusione dell’assistenza fornita dall’ASP a mezzo di
proprio personale.
A conclusione dell’esposizione fattuale relativa alla questione posta, il
Dipartimento richiedente segnala che l’Istituzione per i servizi sociali è
stata (nel 2009) soppressa e che le relative attribuzioni sono state acquisite
dal competente Dipartimento sociale del Comune di Xxx.
Da ultimo, evidenziando la natura di “servizio pubblico obbligatorio” della
fattispecie rappresentata, la cui eventuale interruzione arrecherebbe
grave pregiudizio ai soggetti assistiti, il Dipartimento richiedente ritiene
che al fine di evitare soluzioni di continuità, la gestione del servizio de
quo debba essere prorogata fino all’espletamento delle procedure di
un’apposita gara d’appalto, indetta dal comune di Xxx nelle forme
stabilite dalla l.r. 4/1996 e successive modificazioni.
Tuttavia, atteso che il costo annuo del servizio eccede il limite
stabilito dall’art. 15 della precitata l.r. 4/1996, codesto Dipartimento chiede
allo Scrivente di esprimere il proprio parere circa la possibilità
di “procedere alla gestione del servizio in concessione all’istituto Yyy
mediante la stipula di una convenzione con lo stesso e con l’ASP” facendo,
altresì, presente che “la suddetta forma di affidamento diretto, pur non
essendo contemplata dalla legislazione regionale vigente in materia di servizi
sociali, è prevista, previa deliberazione del consiglio comunale e senza alcun
limite di spesa, dall’art. 32, lett. b) della legge 142/1990 nel testo recepito
dalla l.r. 48/1991”.
Il Dipartimento conclude la propria richiesta di consultazione evidenziando
che sarà cura dello Stesso trasmettere tempestivamente il parere dello
Scrivente all’Assessorato regionale della famiglia, delle politiche sociali e
del lavoro, in relazione all’esercizio dei relativi compiti ascritti al
medesimo Assessorato.
2. Al fine di giungere alla soluzione del quesito posto sembra allo
Scrivente che in via preliminare debba essere esaminata la natura dei servizi
pubblici locali socio assistenziali, sotto il profilo della eventuale rilevanza
economica, e individuata la normativa da applicare per l’affidamento.
Invero, la distinzione tra servizi di rilevanza economica e servizi privi
di tale rilevanza non risulta agevole ed inoltre, per quanto riguarda i servizi
non economici, attualmente non può farsi riferimento ad alcuna positiva
disciplina normativa a causa della incostituzionalità dell’art. 113 bis del
D.Lgs. 267/2000, dichiarata dalla Corte Costituzionale con la nota sentenza n.
272 del 2004.
Ciò premesso, va, comunque, ricordato che la Commissione europea, nel “Libro Verde sui servizi di interesse generale”,
ha affermato che le norme sulla concorrenza si applicano soltanto alle attività
economiche ed ha precisato che la distinzione tra attività economiche e non
economiche ha carattere dinamico ed evolutivo, cosicché non sarebbe possibile
fissare a priori un elenco definitivo dei servizi di interesse generale
di natura “non economica”.
La giurisprudenza italiana ha, dal canto suo, ritenuto che “la distinzione tra servizi di rilevanza economica e
servizi privi di tale rilevanza sia legata all’impatto che l’attività può avere
sull’assetto della concorrenza ed ai suoi caratteri di redditività; di modo che
deve ritenersi di rilevanza economica il servizio che si innesta in un settore
per il quale esiste, quantomeno in potenza, una redditività, e quindi una
competizione sul mercato e ciò ancorché siano previste forme di finanziamento
pubblico, più o meno ampie, dell’attività in questione; mentre può considerarsi
privo di rilevanza economica quello che, per sua natura o
per i vincoli ai quali è sottoposta la relativa gestione, non dà luogo ad
alcuna competizione e quindi appare irrilevante ai fini della concorrenza.”.
Con riguardo specifico ai servizi sociali va, altresì, aggiunto che “se
pure è vero che i servizi in parola sono connotati da significativo rilievo
socio-assistenziale, non di meno è intrinseca, nell’espletamento degli stessi,
anche una rilevante componente economica tesa ad assicurare non la mera
copertura delle spese sostenute, ma anche un potenziale profitto d’impresa
attraverso la copertura forfettaria dei costi di gestione…”.
Tale interpretazione determina riflessi rilevanti per un ampio ventaglio di
attività tradizionalmente considerate fuori dal mercato per le proprie
connotazioni “sociali”, con la conseguenza che possono farsi rientrare
nell’alveo dei servizi a rilevanza economica anche quelli resi da
organizzazioni morali senza finalità di lucro (enti no profit, ONLUS), laddove
questi svolgano, su richiesta di un Ente locale, un’attività, seppure sociale
per i destinatari, comunque avente carattere imprenditoriale e come tale
prestata a fronte di corrispettivi atti a remunerare i fattori produttivi.
In tale ottica, allorchè il servizio sociale venga gestito da un soggetto
terzo rispetto al comune che non ricava alcun corrispettivo dagli utenti, è lo
stesso Ente che viene a configurarsi come utente collettivo, dal momento che si
fa carico di garantire la remunerazione del gestore, con la conseguenza che per
il medesimo gestore, il servizio pubblico, ancorchè sociale presenta,
comunque, una connotazione economica.
Dal quadro di riferimento, come sopra delineato, e tornando allo specifico
quesito posto, sembra dunque allo Scrivente che, i servizi di cui è questione
presentino le caratteristiche di servizi sociali di rilevanza economica.
Circa la disciplina da applicare per il relativo affidamento del servizio
non sembra che possa farsi riferimento, come sembra ipotizzare il comune di Xxx,
alla concessione di servizi (alla quale, trattandosi, come sopra riferito, di
servizi di rilevanza economica dovrebbe applicarsi la disciplina ex art art. 23
bis del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 convertito in legge 6 agosto
2008, n. 133, come modificato dall'art. 15, del decreto legge 25
settembre 2009, n. 135, convertito in legge 20 novembre 2009, n.
166) bensì agli appalti di servizi, integralmente disciplinati (anche per quel
che riguarda le modalità di affidamento in house providing) dal diritto
comunitario (direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE) e, in ambito interno, dal
D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163, c.d. “Codice dei contratti pubblici” con il
quale è stata data attuazione alle predette direttive.
Ed infatti, la concessione di servizi disciplinata dall’art. 23-bis attiene
a servizi “pubblici”, resi non all’amministrazione, ma “al pubblico”
e che vengono remunerati al prestatore dagli utenti e non dall’amministrazione. L’impresa concessionaria eroga le proprie
prestazioni al pubblico, assume il rischio della gestione del servizio in
quanto si remunera, almeno per una parte significativa, presso gli utenti
mediante la riscossione di un prezzo.
Diversamente, nell’appalto (dei servizi come quelli in questione) le
prestazioni vengono erogate non al pubblico, ma all’amministrazione, la quale è
tenuta a remunerare l’attività svolta dall’appaltatore per le prestazioni ad
essa rese. In questo caso, l’impresa che fornisce il servizio, venendo a
mancare l’elemento del rischio, non sopporta l’alea connessa alla gestione del
servizio.
Ciò premesso, va, comunque, riferito che mentre gli appalti di servizi di
cui all’allegato II A (art. 20, comma 2 del D.Lgs 163/2006) sono integralmente
assoggettati allo stesso “ Codice dei contratti”, gli appalti di servizi di cui all’allegato II B (fra cui, per
quanto qui interessa, i servizi sociali), ai sensi del citato art. 20, comma 1
del D.Lgs. 163/06, sfuggono a tale integrale soggezione, applicandosi agli
stessi solo alcune norme del Codice e, segnatamente, l’art. 65 (avviso sui risultati
della procedura di affidamento), l’art. 68 (specifiche tecniche), l’art. 225
(avvisi relativi agli appalti aggiudicati).
Conseguentemente, la scelta circa
i termini per la presentazione delle offerte è rimessa
all’Amministrazione; tale scelta,
lungi dall’essere arbitraria, deve, comunque, essere effettuata seguendo i
principi di cui all’art 27 dello stesso Codice, che introduce per tutte le
tipologie di contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi
esclusi in tutto o in parte dall’applicazione del Codice, il rispetto dei
principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento,
trasparenza, proporzionalità.
La stessa Autorità di vigilanza sui contratti pubblici ha, infatti,
chiarito che “In ogni caso, per
tutti i contratti, in tutto o in parte, esclusi dall'applicazione del Codice
dei contratti, è fatta salva la regola generale "di chiusura"
stabilita dall'art. 27, secondo cui per l'affidamento devono essere comunque
osservati alcuni principi generali, che sono poi quelli che si ricavano
dall'art. 2 del D.Lgs. 163/2006 e che corrispondono a quelli stessi del
trattato U.E. “
Appare chiaro che, trattandosi di servizi sociali, per le modalità di
affidamento dovrà tenersi conto delle disposizioni recate dalla legge 328/2000
ed in particolare dell’art. 5 nonché degli atti ad essa correlati (DPCM 30
marzo 2001 sull’affidamento dei servizi sociali a soggetti del terzo settore).
Con riguardo, infine, alla possibilità di proroga formale dell’atto de
quo, scaduto il 28 febbraio u.s., sembra allo Scrivente che si debba
rispondere negativamente, per i seguenti motivi.
In primo luogo, costituisce principio generale quello secondo cui la
proroga di un provvedimento preesistente deve necessariamente intervenire
quando l'efficacia dello stesso non sia venuta meno; dunque, risulterebbe
illegittima la proroga di un atto intervenuta dopo la scadenza del contratto.
In secondo luogo, la proroga verrebbe a configurarsi quale affidamento del
servizio in via diretta, la
cui ricorribilità è, invero, contemplata dall’art. 57, comma 2 del D.Lgs.
163/2006 ma come modalità eccezionale rispetto alla regola generale (che è
quella del ricorso al confronto concorrenziale)
e nelle ipotesi dallo stesso art. 57 espressamente elencate.
Diverso è il caso in cui, al di là della cessazione degli effetti del
contratto, attesa la particolare rilevanza umanitaria e sociale del servizio
reso nei confronti di soggetti affetti da gravi patologie invalidanti e
l’eventuale documentata rilevanza negativa correlata alla interruzione del
servizio, la corresponsione delle prestazioni prosegua senza soluzione di
continuità alle stesse condizioni.
In tale ipotesi, essendo il comune titolare delle funzioni amministrative
concernenti gli interventi sociali svolti a livello locale,
l’erogazione di fatto del servizio (dopo la scadenza del termine
convenzionalmente stabilito e per mancato esperimento delle necessarie
procedure selettive ad evidenza pubblica) obbliga, in ogni caso, il comune a
provvedere al pagamento dell’attività comunque prestata, verificato l’utiliter
coeptum e nei limiti dell’arricchimento senza causa. Ciò, comunque, fermo
restando l’immediata attivazione delle procedure strumentali alla riconduzione
a diritto della erogazione delle prestazioni.
Deve, infine, sottolinearsi, la peculiare tipologia del servizio di cui
trattasi ,
destinato a garantire prestazioni di precipua connotazione socio assistenziale
e di elevato contenuto specialistico, funzionale alla concreta tutela di
diritti civili e sociali della persona da
svolgersi al fine di “ promuovere,
proteggere e garantire il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e
di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità, e
promuovere il rispetto per la loro intrinseca dignità.”
E non pare dubbio che la peculiare natura del servizio e,
correlativamente, l’obiettiva condizione di “svantaggio” dei soggetti
destinatari delle prestazioni (appartenenti alle fasce più deboli della
comunità), rendono indispensabili modelli organizzativi di assistenza
altamente specializzata e competenze manageriali e sanitarie possibilmente
conclamate dall’esercizio effettivo di esperienze professionali corrispondenti.
Ciò impone, fermo restando il rispetto dei principi di proporzionalità,
concorrenzialità e ragionevolezza, particolare rigore e precisione nella
definizione dei requisiti di cui i soggetti partecipanti devono essere
necessariamente dotati per poter assolvere con la migliore professionalità ed
efficienza all’essenziale servizio per il periodo posto a base del nuovo bando
di gara.
Il presente parere viene esteso all’Ufficio di diretta collaborazione
dell’On.le Presidente della Regione che, con nota n. 3556 del 20 aprile 2010, ha chiesto allo Scrivente di approfondire la questione oggetto della consultazione.
Attesa la delicatezza della questione e ritenendo di interpetare e
assecondare le esigenze di tempestività rappresentate dal Dipartimento
richiedente, il presente parere viene anche trasmesso immediatamente al
Dipartimento regionale della famiglia e delle politiche sociali.
* * *
Ai sensi dell'art. 15, co. 2, del D.P.Reg.
16 giugno 1998, n. 12 lo scrivente acconsente sin d'ora all'accesso presso
codesto Assessorato al presente parere da parte di eventuali soggetti
richiedenti.
Si ricorda poi che, in conformità alla
circolare presidenziale dell'8 settembre 1998, n. 16586/66.98.12 trascorsi 90
giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta
Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito
nella banca dati "FONS".