Pos. 4   Prot. N. 3402 - 284.08.11 Palermo, 04/03/2009 



Oggetto: Trattenute stipendiali in esecuzione di più ordinanze di assegnazione del G.E.






Assessorato regionale
dei Beni Culturali ed Ambientali e P.I.
Dipartimento regionale BB.CC.AA.ed E.P.
Servizio Personale



P A L E R M O





1. Con la nota cui si risponde codesto Dipartimento ha chiesto l'avviso dello Scrivente in tema di limiti alla pignorabilità dello stipendio di un pubblico dipendente, nei cui confronti l'Amministrazione, nella sua qualità di terzo soggetto debitore, provvedeva, in un primo tempo, a trattenere 1/5 del suo trattamento retributivo a seguito della notifica di due ordinanze di assegnazione di crediti vantate da due istituti bancari e, in un secondo momento, dava esecuzione ad una terza ordinanza che disponeva l'assegnazione del credito riconosciuto dal G.E. del Tribunale di Xxx in favore della moglie separata, ordinando all'Amministrazione di trattenere 1/3 della retribuzione fino alla concorrenza del credito assegnato; di talchè l'ammontare delle predette ritenute operate dal mese di maggio risulta pari al 50% dello stipendio. La legittimità di tale misura della decurtazione è stata contestata dall'interessato con una nota a firma del proprio legale, tuttavia non allegata alla richiesta di parere in oggetto.
In proposito codesta Amministrazione ritiene che, nell'ipotesi di simultanea concorrenza di più provvedimenti giudiziali di assegnazione di crediti, le ritenute da effettuarsi sullo stipendio di un pubblico dipendente, secondo la normativa vigente desumibile dal D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, possono essere stabilite nella misura del 50% del medesimo solo quando unitamente ai crediti alimentari concorrano anche crediti verso lo Stato o l'Amministrazione da cui dipende il lavoratore, ovvero crediti di natura tributaria. Di conseguenza ritiene di dover escludere l'applicabilità della suddetta misura nella fattispecie in esame e, dunque, chiede l'avviso di quest'Ufficio circa l'ordine con cui l'Amministrazione debba procedere nel dare esecuzione alle diverse ordinanze di assegnazione.


2. Sulla questione si osserva quanto segue.
Il sequestro e il pignoramento degli stipendi, dei salari e delle pensioni dei pubblici dipendenti è regolato, com'è noto, dal D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180, che pone precisi limiti quantitativi al fine di assicurare, in ogni caso, i mezzi di sussistenza cui viene riconnesso un vero e proprio interesse pubblico, che giustifica, secondo il legislatore, limiti più ristretti al pignoramento rispetto a quelli previsti dall'art. 545 cod. civ., commi 4 e 5 (il diverso trattamento dei lavoratori pubblici rispetto a quelli privati è stato, peraltro, ritenuto illegittimo dalla Corte Costituzionale con sentt. nn. 89/1987 e 878/1988).
I limiti connessi al cumulo sono regolati dal combinato disposto degli artt. 2, comma 2, e 68, comma 2, dai quali si evince un doppio limite: uno relativo, concernente i singoli pignoramenti o sequestri (od il loro cumulo), disciplinato dall'art. 2, ed uno assoluto, allorché coesistano pignoramenti e sequestri o cessioni, regolato dall'art. 68.
Tuttavia l'esame delle citate disposizioni non risulta da solo sufficiente ai fini della soluzione della questione prospettata.
Relativamente all'ipotesi relativa all'assegno di separazione non può non rilevarsi che una disciplina della distrazione in materia di separazione personale esiste e riguarda, tra l'altro, anche la misura della stessa. In tema di separazione personale dei coniugi, l'art. 156, sesto comma, c.c. - il quale prevede che, nel caso in cui il coniuge non adempia l'obbligo di versare l'assegno di mantenimento in favore dell'altro coniuge e dei figli, il giudice può ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere, anche periodicamente, somme di danaro all'obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agli aventi diritto - si riferisce anche ai trattamenti retributivi corrisposti in favore del coniuge dipendente di una Pubblica Amministrazione, non essendo, inoltre, applicabili in detta ipotesi i limiti stabiliti dal D.P.R. n. 180 del 1950 in materia di sequestrabilità e pignorabilità degli stipendi, salari e pensioni dei dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni (Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 1398 del 27-01-2004, Tulipano c. Sisto).
La richiamata disposizione legislativa di cui all'art. 156 cod. civ., è stata interpretata nel senso (ed in armonia con il più ampio "blocco" normativo costituito, "in subiecta materia", dagli artt. 148 cod. civ. e seguenti, dall'art. 8 della legge n. 898 del 1970 sul divorzio, dagli artt. 3 e 30 della Costituzione) che il giudice possa legittimamente disporre il pagamento diretto anche dell'intera somma dovuta dal terzo, quando questa non ecceda, ma anzi realizzi pienamente, l'assetto economico determinato in sede di separazione con la statuizione che, in concreto, ha quantificato il diritto del coniuge beneficiario (Cass. Civ., Sez. I, sent. n. 12204 del 02-12-1998, Sandrin c. Cavinato).
Al di là di questa ipotesi (estremamente onerosa per l'obbligato), la norma dell'art. 156 c.c. si pone, comunque, in un quadro legislativo integrato dalle analoghe forme di tutela diretta del credito di mantenimento, di cui all'art. 148 c.c., ed all'art. 8 della legge n. 898 del 1970, che al comma 6 stabilisce quale limite "la metà delle somme dovute".
Invero, la progressiva assimilazione dell'assegno di separazione e di divorzio, conseguita al ravvicinamento derivato dai progressivi interventi legislativi che li hanno interessati, la necessaria pregiudizialità del primo rispetto al secondo e la regolamentazione, in parte coincidente, delle conseguenze patrimoniali e personali stabilite dai due istituti, inducono a far ritenere l'applicabilità all'uno della disciplina dettata per l'altro, salvo che non si accerti l'esistenza di una ragione giustificatrice della diversità di regolamentazione che, in relazione al profilo in esame, non è dato riscontrare.
E, in riferimento all'art. 8 della legge n. 898 del 1970, la Corte di Cassazione (come sopra già accennato) ha affermato che "nella materia in esame non operano i limiti di sequestrabilità e di pignorabilità delle retribuzioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni (T.U. approvato con D.P.R. 5 gennaio 1950, n. 180), poiché le disposizioni speciali contenute negli artt. 5 e 8 della legge n. 898 del 1970, non risultano strettamente vincolate ai predetti rigidi criteri quantitativi e prevedono, in quella che del resto è la sedes materiae propria, un meccanismo giuridico che mal si attaglia agli schemi legislativi preesistenti e che nella sua originale fisionomia non contrasta, ma anzi si armonizza, con la ratio delle norme che si assumono violate". Le norme del D.P.R. cit. sono dirette, infatti, ad assicurare quanto necessario alla vita del titolare del reddito ed all'assolvimento dei suoi doveri verso i familiari e, quindi, non contrastano con l'art. 8, cit., che, "in una prospettiva diversa, ma meglio focalizzata (cioè all'interno ed a tutela della famiglia), mira(no) ad assicurare il soddisfacimento delle stesse esigenze, attraverso la valutazione che il giudice concretamente ne fa" (Cass., n. 3595 del 1978; n. 2847 del 1978; n. 1690 del 1978).
Questa interpretazione è stata confortata dalla recente sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, cit., nei termini precisati dalla stessa pronuncia (sentenza n. 506 del 2002), affermando che il limite di pignorabilità "deve rispondere a criteri di ragionevolezza che valgano, da un lato, ad assicurare in ogni caso (...) al pensionato mezzi adeguati alle sue esigenze di vita e, dall'altro lato, a non imporre ai terzi, oltre il ragionevole limite appena indicato, un sacrificio dei loro crediti". Il legislatore ordinario, nella propria discrezionalità, può direttamente quantificare la quota di pensione distraibile, all'esito del ragionevole bilanciamento dei differenti interessi in gioco, ragionevole bilanciamento che si può però anche attribuire al giudice. Ed è ciò proprio quanto dispone l'art. 156, sesto comma, c.c., norma applicabile alla fattispecie in esame, restando esclusa, per le considerazioni sopra svolte, la possibilità di avere riguardo unicamente alla disciplina di cui al D.P.R. n. 180 del 1950.
La norma dell'art. 156 c.c., mostra, infatti, una peculiare fisionomia: essa è preposta alla fissazione dell'assegno di separazione ed ha ben presente il modello di credito da retribuzione e la possibilità che l'assegno sia stato determinato anche in considerazione delle necessità dell'onerato riguardo alla quantità di retribuzione che a lui comunque deve rimanere. Il secondo comma, stabilendo che l'entità dell'assegno di mantenimento "è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell'obbligato", attribuisce, dunque, al giudice il potere-dovere di procedere ad una valutazione complessiva delle situazioni economico-patrimoniali delle parti, che gli permette di accertare quale sia la misura in grado di garantire il ragionevole bilanciamento di tutti gli interessi in conflitto, bilanciamento garantito anche dalla facoltà della parte di ottenere la modifica del provvedimento che determina l'assegno, qualora sopravvengano giusti motivi, al fine di garantire, nel tempo, la sua commisurazione alle effettive condizioni delle parti, così da assicurare piena tutela alle fondamentali esigenze dell'obbligato (cfr., Cass Civ., sez. I, sent. n. 1398 del 2004).
Alla luce delle suesposte considerazioni in ordine ai predetti limiti normativamente previsti, da calcolarsi tenendo conto anche degli altri criteri codicistici sopra indicati, non appare corretto il solo richiamo al D.P.R. n. 180 del 1950, per inferirne l'applicabilità tout court dell'art. 2, dovendosi tenere conto - ai fini del cumulo delle ritenute da effettuarsi sullo stipendio del dipendente - della misura massima del 50% della retribuzione medesima, che dovrebbe, così, consentire di dare contemporanea esecuzione alle tre ordinanze di assegnazione.

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Si ricorda che, in conformità alla circolare presidenziale 8 settembre 1988, n.16586/66.98.12, trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS".


Regione Siciliana - Ufficio legislativo e legale
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