POS. II Prot._______________/280.08.11

OGGETTO: Accertamento dell'anzianità di disoccupazione o inoccupazione ai fini dei benefici contributivi ex l. 407/1990. Interpretazione data dal Ministero del lavoro in risposta ad interpello. Refluenze nella Regione siciliana.





ASSESSORATO REGIONALE DEL LAVORO, DELLA PREVIDENZA SOCIALE, DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE E DELL'EMIGRAZIONE
- DIPARTIMENTO REGIONALE DEL LAVORO
e, p.c.
- UFFICIO DI DIRETTA COLLABORAZIONE ON.LE ASSESSORE

PALERMO



1. Con nota 15 ottobre 2008, prot. 37225/Segr. Dir. Codesto Dipartimento, rappresentando che il Ministero del lavoro, in risposta ad un atto di interpello, a termini dell'art. 9 del d. l.vo 23 aprile 2004, n. 124, ha affermato che "per stabilire il momento dal quale decorre lo status di disoccupazione/inoccupazione, ai fini dei benefici contributivi ex l. 407/1990, occorre necessariamente aver riguardo esclusivamente alla data di presentazione da parte dell'interessato della dichiarazione prevista dal menzionato art. 3 del d.l.vo n. 297/2002 al competente Centro per l'impiego", chiede allo Scrivente se la risposta ad interpello abbia carattere vincolante per l'Amministrazione regionale e, ove non rivesta tale carattere, se, a termini dell'art. 37 della l.r. 5 novembre 2004, n. 15, spetti alla Regione stabilire in quali casi si determini lo status di disoccupazione/inoccupazione per usufruire degli sgravi ex l. 407/1990 e attraverso quali modalità sia certificabile nel territorio regionale.


2. Sulla suesposta questione si evidenzia quanto segue.

L'art. 9 del d. l.vo 23 aprile 2004, n. 124, prevede che i soggetti ivi indicati "possono inoltrare alla Direzione generale .... quesiti di ordine generale sull'applicazione delle normative di competenza del Ministero del lavoro e della previdenza sociale. La Direzione generale fornisce i relativi chiarimenti d'intesa con le competenti Direzioni generali del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e, qualora interessati dal quesito, sentiti gli enti previdenziali"
Il comma 2 di tale articolo stabilisce che "L'adeguamento alle indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti di cui al comma 1 esclude l'applicazione delle relative sanzioni penali, amministrative e civili".

L'istituto in questione, denominato "Diritto d'interpello" dalla rubrica dell'articolo che lo introduce, è analogo a quello previsto, in campo tributario, dell'art. 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente), norma in forza della quale l'amministrazione finanziaria è tenuta a rispondere alle "circostanziate e specifiche istanze di interpello concernenti l'applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti e personali, qualora vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni stesse".

La Corte costituzionale, nell'affrontare un conflitto di attribuzione determinato da un'interpretazione di norma data dall'Agenzia delle entrate, ha ritenuto che la risposta all'interpello ha natura di un "mero parere", vincolante soltanto per l'amministrazione -in quanto non può assumere determinazioni in difformità dalla risposta e irrogare sanzioni né richiedere interessi moratori al contribuente, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell'amministrazione- ma non anche per il contribuente, il quale resta libero di disattenderlo (sent. n. 191/2007).

Precisato, quindi, che la risposta all'interpello in questione, data dal Ministero del lavoro, non può considerarsi giuridicamente vincolante se non per i propri uffici e nel rapporto intercorrente con i soggetti che hanno richiesto la risposta -nei limiti previsti dal comma 2 dell'art. 9 d.l.vo 124/2004- tuttavia nella concreta fattispecie sottoposta la risposta del Ministero, più che interpretativa, appare meramente applicativa della vigente normativa.

Infatti la legge 29 dicembre 1990, n. 407, nello stabilire benefici contributivi correlati all'assunzione di lavoratori disoccupati (art. 8, comma 9) non contiene specifiche previsioni per l'accertamento dello stato di disoccupazione che costituisce requisito per l'accesso ai benefici stessi da parte del datore di lavoro, per cui lo stato stesso non può che esser comprovato se non alla stregua della normativa generale che, in fattispecie, è contenuta nel d.l.vo 21 aprile 2000, n. 181.

L'art. 1, comma 2, lett. c), definisce lo stato di disoccupazione correlandolo a due specifiche circostanze: che il soggetto sia privo di lavoro e che sia immediatamente disponibile allo svolgimento ed alla ricerca di un'attività lavorativa.

L'art. 2 dello stesso decreto legislativo al comma 1 stabilisce che "La condizione di cui all'articolo 1, comma 2, lettera c), dev'essere comprovata dalla presentazione dell'interessato presso il servizio competente nel cui àmbito territoriale si trovi il domicilio del medesimo, accompagnata da una dichiarazione, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che attesti l'eventuale attività lavorativa precedentemente svolta, nonché l'immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa".

Pertanto, è tale disposto normativo che fissa le modalità con cui lo stato di disoccupazione va comprovato.

Peraltro, se è vero che la Regione siciliana ha competenza in materia di lavoro, tale competenza non è piena ed esclusiva ma è concorrente ex art. 17, lett. f) dello Statuto ma anche ex art. 117, terzo comma, della Costituzione; e nelle materie di legislazione concorrente spetta allo Stato la determinazione dei principi fondamentali.

Nello specifico, la Corte costituzionale, con sentenza n. 268 del 2007, ha evidenziato che "Non vi è dubbio che nell'ambito di siffatta disciplina [tutela del lavoro ex art. 117, terzo comma, Costit.] la parte attinente alla definizione dello stato di disoccupazione o di inoccupazione, alle regole per acquisire la qualifica di disoccupato .... ha rilevante importanza" e che "la definizione dello stato di disoccupazione, con la fissazione delle evenienze che ne comportano la perdita, ha carattere polivalente e costituisce il presupposto di un numero indefinito e virtualmente indefinibile di regole attinenti alle varie ipotesi", deducendone che il contenuto delle relative disposizioni ne determina la riconducibilità ai principi fondamentali nella materia, riservati allo Stato.


Nè, in proposito, può darsi un diverso rilievo al disposto dell'art. 37 della l.r. 5 novembre 2004, n. 15, che prevede: "Gli adempimenti applicativi del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, nonché del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, come modificato dal decreto legislativo 19 dicembre 2002, n. 297, sono definiti dall'Assessore regionale per il lavoro, la previdenza sociale, la formazione professionale e l'emigrazione. Le procedure di concertazione con le forze sociali sono attuate attraverso la Commissione regionale per l'impiego".

La disposizione regionale, infatti, demanda ad un provvedimento assessoriale solo gli "adempimenti applicativi" delle disposizioni statali in questione (e, quindi, per quanto concerne il decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181, la definizione degli indirizzi e delle procedure che il medesimo decreto legislativo attribuisce alle regioni, fissando i principi cui le stesse devono attenersi), non già la ridefinizione dei presupposti, delle condizioni e delle modalità di accertamento, e, in altri termini, dei principi, compiutamente definiti dalle normative stesse.

Una diversa portata di tale disposizione regionale, non solo è esclusa dalla letteralità della disposizione stessa, ma, ove, in ipotesi, vi fossero stati margini di incertezza interpretativa, tale incertezza andrebbe superata da una lettura costituzionalmente orientata della norma stessa che non potrebbe portare a ritenere che la disposizione regionale possa aver autorizzato la ridefinizione dei principi applicativi determinati compiutamente dalla legislazione statale.

Nelle superiori considerazioni è il parere dello Scrivente.

A termini dell'art. 15 del regolamento approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo Scrivente acconsente alla diffusione del presente parere in relazione ad eventuali domande di accesso inerenti il medesimo.
Codesta Amministrazione vorrà comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca una lite, ovvero se intende differirne la pubblicazione sino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi. Decorso tale termine senza alcuna comunicazione in tal senso si consentirà la diffusione sulla banca dati dell'Ufficio, giusta delibera di Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998.


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