POS. I Prot._______________/37.11.2008

OGGETTO: IMPOSTE TASSE E TRIBUTI - TASSE DI CONCESSIONE GOVERNATIVA REGIONALE - LICENZE PER LA PUBLICITA' SANITARIA.

ASSESSORATO REGIONALE BILANCIO E FINANZE
Dipartimento Finanze e Credito

e, p.c. ASSESSORATO REGIONALE
SANITA'
- Ispettorato sanitario
- Ispettorato veterinario       

LORO SEDI

1. Con nota 4 febbraio 2008, prot. n. 1575, il Dipartimento in indirizzo chiede il parere di questo Ufficio sulla seguente fattispecie.
L'art. 2 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 (c.d. decreto Bersani), recante: "Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale." - convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 - ha disposto, con riferimento alle attività libero professionali e intellettuali, l'abrogazione delle disposizioni legislative e regolamentari che prevedono il divieto, anche parziale, di svolgere pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni, assegnando agli ordini professionali il compito di verificare il rispetto dei criteri di trasparenza e veridicità del messaggio pubblicitario (comma 1, lett. b).
Si pone dunque la questione se la norma suindicata abbia refluenza sulla specifica tassa di concessione governativa regionale, attinente alla pubblicità sanitaria, di cui alla tariffa allegata al D.Lgs. 22 giugno 1991, n. 230 - numero d'ordine 6, voce 28, atti di cui alle lettere a) e b) - espressamente richiamata dall'art. 6 della l.r. 24 agosto 1993, n. 24.
L'autorizzazione (licenza) alla pubblicità sanitaria, riportata alla lett. a) della tariffa summenzionata, concerne, invero, ambulatori e case di cura, cioè soggetti giuridici diversi dai liberi professionisti indicati all'art. 2 del "decreto Bersani".
In ragione di ciò, ritiene l'Amministrazione richiedente, che la Regione debba continuare a rilasciare le autorizzazioni alla pubblicità sanitaria per case di cura private, gabinetti e ambulatori mono o polispecialistici che, ai sensi dell'art. 5 della legge 5 febbraio 1992, n. 175 - recante "Norme in materia di pubblicità sanitaria e di repressione dell'esercizio abusivo delle professioni sanitarie" - sono di competenza regionale.
Viene, altresì, riferito che la problematica in oggetto è già stata trattata da questo Ufficio con il parere 31 ottobre 2007, prot. n. 18127/242.11.07, su richiesta dell'Assessorato regionale per la sanità. Ciononostante, la questione viene riproposta sotto lo specifico aspetto tributario, in forza del convincimento del Ministero della salute - manifestato nelle note ministeriali del 2007 richiamate nell'indicato parere - circa l'avvenuta abrogazione della legge 175/1992 ad opera dell'art. 2 del "decreto Bersani".
A supporto del proprio convincimento il Ministero richiama la sentenza della Corte di Cassazione, sez. terza civile, 15 gennaio 2007, n. 652.
L'Amministrazione richiedente ritiene però che la pronuncia della Cassazione - nel senso dell'abrogazione della legge 175/1992 - vada circoscritta a quei soli soli articoli (1, 2 e 8) della legge che sono stati oggetto di quel giudizio.

2. Sulla specifica problematica si espone quanto segue.
L'art. 201 del testo unico delle leggi sanitarie, di cui al R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, relativo alla pubblicità in materia sanitaria, ai commi 1 e 2, recita:
"E' necessaria la licenza del prefetto, per la pubblicità a mezzo stampa, o in qualsiasi altro modo, concernente ambulatori o case o istituti di cura medico-chirurgica o di assistenza ostetrica, case o pensioni per gestanti, stabilimenti termali, idropinici, idroterapici e fisioterapici.
Prima di concedere la licenza suddetta, il prefetto sentirà l'associazione sindacale dei medici giuridicamente riconosciuta competente per territorio."

L'art. 201 del T.U.LL.SS. si riferisce soltanto alla pubblicità degli istituti sanitari, con la possibilità, parrebbe, di svolgerla con qualunque mezzo pubblicitario, purchè debitamente autorizzato dall'autorità amministrativa competente.
Diversamente, la legge 5 febbraio 1992, n. 175 - recante "Norme in materia di pubblicità sanitaria e di repressione dell'esercizio abusivo delle professioni sanitarie" - regolamenta la specifica materia della pubblicità sanitaria delle professioni e dei servizi sanitari, statuendo quali siano i mezzi consentiti per attuarla e subordinando il contenuto del messaggio pubblicitario a una previa autorizzazione amministrativa, finalizzata al controllo della correttezza medico sanitaria e della congruità estetica del messaggio, con la previsione del parere obbligatorio degli ordini e dei collegi professionali per la verifica dei titoli accademici e professionali pubblicizzati.
All'entrata in vigore della legge 175/1992 si sono registrati orientamenti discordanti in giurisprudenza circa la sopravvivenza o l'abrogazione del suindicato art. 201 T.U.LL.SS.
In un primo momento è stato ritenuto che "La legge 5 febbraio 1992 n. 175, .........., non ha abrogato per incompatibilità l'art. 201 del R.D. 27 luglio 1934 n. 1265.......... . In quest'ultima disposizione infatti la licenza è richiesta per la pubblicità a mezzo stampa di ambulatori, case di cura, presidi medici, per un controllo sanitario di rispondenza tra l'attività o il presidio medico e la pubblicità che viene fatta; nella normativa del 1992, concernente targhe apposte sull'edificio, inserzioni sugli elenchi telefonici, iscrizioni sui fogli di ricettario, la licenza (la cui omissione non costituisce reato ma dà luogo a responsabilità disciplinare) è volta invece - a differenza della norma del T.U. Delle leggi sanitarie - a un controllo meramente estrinseco e relativo alle caratteristiche estetiche delle targhe e delle iscrizioni, alla veridicità delle qualificazioni professionali e alla loro non equivocità" (cfr. Cass. penale, sez. III, n. 5361 del 27-05-1993).
Successivamente la stessa Corte di Cassazione ha modificato il proprio orientamento, ritenendo che "L'art. 201 t.u.l.s., .........., recante l'obbligo, penalmente sanzionato, di licenza amministrativa per la pubblicità, fra l'altro, di case di cura, gabinetti sanitari e ambulatori, deve ritenersi sostituito ed implicitamente abrogato, per questa parte, dalle disposizioni contenute negli artt. 4 e 5 l. 5 febbraio 1992 n. 175, che disciplinano integralmente e più analiticamente la materia, sanzionando le inosservanze solo in via amministrativa". (cfr. Cass. penale, sez. III, 10-12-1998).
Detto convincimento è stato confermato da successiva pronuncia della medesima Cassazione penale del 29-01-1999, n. 3389, che, ancor più nettamente, ha chiarito: "La legge 5 febbraio 1992 n. 175 ha integralmente disciplinato la materia della pubblicità relativa a case di cura ed ambulatori, già disciplinata dall'art. 201 del R.D. 27 luglio 1934 n. 1265; sicchè si deve concludere che la legge n. 175 del 1992 ha abrogato i primi due commi del citato art. 201 del R.D. n. 1265 del 1934, in virtù del principio previsto dall'art. 15 delle preleggi, secondo cui la legge posteriore abroga la legge anteriore quando regola l'intera materia già regolata dalla legge precedente." .

Da quanto sopra chiarito emerge che i soggetti passivi della tassa sulla pubblicità sanitaria vanno individuati in coloro che esercitano le professioni sanitarie e in coloro che forniscono i servizi sanitari, secondo la (unica) disciplina posta dalla legge 175/1992, seppur le autorizzazioni sono rilasciate dal sindaco, nel primo caso, e dalla regione, nel secondo (artt. 2 e 5).
Detti soggetti, equiparati dalla legge 175/1992 al fine della necessità dell'autorizzazione per lo svolgimento di pubblicità sanitaria, devono ritenersi altresì equiparati ai fini della concorrenza e in ordine alle conseguenze scaturenti dall'art. 2 del D.L. 223/2006, come convertito in legge.
Non sembra, dunque, condivisibile il rilievo posto da codesta Amministrazione, secondo cui "Dall'esame delle suddette voci di tassa si rileva, ........, che le licenze rilasciate per la pubblicità sanitaria non individuano quali soggetti passivi i liberi professionisti bensì gli ambulatori........, le case di cura e gli istituti di cura.........ecc..; quindi persone giuridiche, e non persone fisiche libero-professionisti, che hanno ricevuto l'autorizzazione per aprire o mantenere l'esercizio dell'attività".
Come è già stato chiarito da questo Ufficio con parere prot. 2299/337.11.2006 del 7 febbraio 2007 - rilasciato proprio su richiesta di codesto Dipartimento - gli artt. 1 e 2 del "decreto Bersani" sono contenuti nel titolo I che reca le misure necessarie per garantire il rispetto degli articoli 43, 49, 81, 82 e 86 del Trattato istitutivo della Comunità europea ed "assicurare l'osservanza delle raccomandazioni e dei pareri della Commissione europea, dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato .......in relazione all'esigenza di rafforzare.......... la promozione di assetti di mercato maggiormente concorrenziali........, attraverso la liberalizzazione di attività imprenditoriali...... " e l'art. 2 risulta riferito ai servizi professionali - tra i quali sono certamente ricompresi i servizi sanitario-professionali prestati da case di cura ed ambulatori medici. Nell'indicato parere - cui si rinvia per una più ampia disamina della fattispecie - è evidenziato che per il diritto comunitario, ai fini della tutela della concorrenza, l'esercizio della professione intellettuale e l'attività di "impresa" - diversamente dalla normativa nazionale - sono entrambi riconducibili alla nozione comunitaria di impresa, considerata come "qualunque entità che, a prescindere dal proprio status giuridico o dalle proprie modalità di finanziamento, eserciti un'attività economica, la quale consista nell'offrire beni o servizi su un determinato mercato contro retribuzione e con assunzione dei rischi finanziari connessi" (cfr. l'ampia giurisprudenza comunitaria richiamata nel succitato parere di questo Ufficio).

Discende da quanto sopra detto che le disposizioni di cui all'art. 2 del "decreto Bersani" si applicano indifferentemente ai soggetti di cui all'art. 1 (esercenti professioni sanitarie) e a quelli di cui all'art. 4 (fornitori di servizi sanitari) della legge 175/1992.

In ragione di ciò, la ritenuta abrogazione della legge 175/1992, ad opera delle previsioni contenute dall'art. 2 del "decreto Bersani" - ribadita in più note dal Ministero della sanità (come indicato nel precedente parere di questo Ufficio n. 18127/242/11.07 del 31 ottobre 2007) - non può non estendersi anche a quella parte della legge (artt. 4 e 5) relativa a case di cura, ambulatori, ecc. .

La specifica tassa sulle concessioni governative regionali relative alla pubblicità sanitaria - materia, quest'ultima, di stretta competenza statale - è dunque venuta meno, per il venir meno dell'attività amministrativa sottesa al rilascio dell'autorizzazione (e a giustificazione del pagamento della tassa), giacchè in materia di pubblicità sanitaria il legislatore nazionale ha assegnato agli ordini professionali il compito di vigilare sulla correttezza della pubblicità svolta da tutti i soggetti che forniscono servizi sanitario-professionali - compresi, dunque, quelli forniti dalle case di cura e dagli ambulatori - e di verificare il rispetto dei criteri di trasparenza e veridicità dei messaggi pubblicitari (art. 2, comma 1, lett. b), D.L. 223/2006), con l'obbligo di adeguare le disposizioni deontologiche e pattizie e i codici di autodisciplina alla nuove previsioni (art. 2, comma 3, del medesimo decreto legge).
Nei termini il reso parere.
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Ai sensi dell'art. 15, co. 2, del D.P. Reg. 16 giugno 1998, n.12, lo Scrivente acconsente sin d'ora all'accesso presso codesta Amministrazione al presente parere da parte di eventuali richiedenti.
Si ricorda poi che in conformità alla circolare presidenziale dell'8 settembre 1998,n.16586/66.98.12, trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS".


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