POS. II Prot._______________/176.11.2007

OGGETTO: Ambiente - Valutazione di impatto ambientale - Progetti per opere in corso di realizzazione o già realizzate -Assoggettabilità.





ASSESSORATO REGIONALE DEL TERRITORIO E DELL'AMBIENTE
Dipartimento Territorio e Ambiente
PALERMO







1. Con nota prot. n.51404 del 9 luglio 2007 codesto Dipartimento, premesso di ricevere, in numero crescente, istanze di valutazione di impatto ambientale ex art.5, D.P.R. 12 aprile 1996 e succ. mod. e integraz. su progetti relativi ad opere in corso di realizzazione e/o già realizzate, ha rappresentato che sinora, posto che la procedura di V.I.A. è volta a valutare preventivamente l'impatto di un'opera sull'ambiente, si è limitato ad esprimere sulle predette istanze "un mero parere ambientale in sostituzione del giudizio di compatibilità ambientale previsto dal D.P.R. 12.04.1996 e ss.mm.ii." ed ha chiesto l'avviso dello Scrivente sulla legittimità del predetto iter.


2. Sulla questione suesposta si osserva quanto segue.
La valutazione di impatto ambientale (VIA) sintetizza l'esigenza di un meccanismo procedurale amministrativo idoneo a prevedere gli effetti sull'ambiente di progetti pubblici e privati per opere e interventi sul territorio, in modo da prevenire, evitare o minimizzare quelli dannosi, ovvero quelli dannosi al di là di una data soglia.
Essa consiste, infatti, nella descrizione e valutazione degli effetti di un progetto su una pluralità di fattori (uomo, flora, fauna, suolo, acqua, aria etc.) nonchè sulle rispettive interazioni, i quali nel loro complesso costituiscono l'ambiente in senso unitario e globale, oggetto della VIA.
Diverse ed eterogenee sono pertanto le funzioni dell'istituto: prevenzione, gestione razionale delle risorse, programmazione, partecipazione, ottimizzazione dei progetti e dei processi decisionali di opere e di attività rilevanti per l'ambiente.

La procedura di VIA ha trovato ingresso nel nostro ordinamento a seguito dell'emanazione della direttiva del Consiglio 85/337/CEE del 27 giugno 1985, successivamente modificata, alla luce dei problemi emersi dopo la prima fase di sperimentazione e della giurisprudenza della Corte di giustizia, dalla direttiva del Consiglio 97/11/CE del 3 marzo 1997. A completare il quadro normativo comunitario è, infine, intervenuta la direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001, che ha introdotto la valutazione degli effetti ambientali di piani e programmi.

Il D.P.R. 12 aprile 1996 e succ. mod. e integraz., richiamato da codesto Dipartimento, rappresenta uno degli atti normativi con cui si è data attuazione nel nostro ordinamento alla normativa comunitaria in materia di VIA.

Inizialmente, infatti, le predette direttive sono state recepite, secondo quanto previsto dall'art.6, L. 8 luglio 1986, n.349, con il D.P.C.M. 10 agosto 1988, n.377, recante la regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambientale, e con il successivo D.P.C.M. 27 dicembre 1988, recante le norme tecniche per la redazione degli studi di compatibilità ambientale.
Successivamente, interventi disorganici, spesso adottati in conseguenza dell'avvio di procedure di infrazione comunitarie, hanno provveduto ad integrare gli elenchi di opere soggette a VIA, ovvero a specificare le modalità applicative della disciplina.

In particolare, con il D.P.R. 12 aprile 1996 cit., recante "Atto di indirizzo e coordinamento per l'attuazione dell'art.40, comma 1, della L. 22 febbraio 1994, n.146, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale", si è provveduto a completare la normativa tecnica e gli elenchi di opere soggette a VIA ed a decentrare le competenze in capo a regioni e province autonome, imponendo alle medesime di disciplinare contenuti e procedure di valutazione di impatto ambientale con le disposizioni in esso contenute, ovvero di armonizzare con queste le disposizioni regionali già vigenti (v. art.1, comma 2, D.P.R. cit.).
Il D.P.R. 12 aprile 1996 cit. è stato poi modificato ed integrato dal D.P.C.M. 3 settembre 1999 e dal D.P.C.M. 1 settembre 2000.

La Regione siciliana aveva in un primo tempo emanato una propria normativa sulla VIA con l'art.30, L.r. 12 gennaio 1993, n.10 e succ. mod., che aveva introdotto, in attesa dell'emanazione di una disciplina organica in materia, il nulla osta in materia di impatto ambientale sui progetti di opere e interventi rientranti nelle categorie ivi indicate (v. comma 1, lettere a-e).
Il legislatore regionale ha poi dato attuazione al D.P.R. 12 aprile 1996, come modificato dal D.P.C.M. 3 settembre 1999, con l'art.91, l.r. 3 maggio 2001, n.6 che al comma 1 così dispone: "1. Nell'ambito della Regione siciliana la valutazione di impatto ambientale viene svolta nel rispetto dei principi e delle disposizioni stabilite dal D.P.R. 12 aprile 1996 atto di indirizzo e coordinamento per l'attuazione dell'articolo 40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994, n. 146, concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale e dal D.P.C.M. del 3 settembre 1999, nonché dalle disposizioni contenute nel presente articolo.".
Nelle more dell'approvazione della legge regionale, le disposizioni immediatamente applicabili del D.P.R. 12 aprile 1996 cit. erano già state recepite in via amministrativa con i DD.PP.Reg. 17 maggio 1999 e 14 novembre 2000.

In particolare, per quel che in questa sede interessa, il D.P.R. 12 aprile 1996 cit., dopo avere disciplinato agli artt.5 e 6 la procedura e lo studio di impatto ambientale, dispone testualmente all'art.7, primo comma che "1. La procedura di valutazione di impatto ambientale deve concludersi con un giudizio motivato prima dell'eventuale rilascio del provvedimento amministrativo che consente in via definitiva la realizzazione del progetto e comunque prima dell'inizio dei lavori.".

Per completezza, va ricordato che il D.P.R 12 aprile 1996 ed i DD.PP.CC.MM. 3 settembre 1999 e 1 settembre 2000 sono stati di recente abrogati dall'art.48, D.Lgs. 3 aprile 2006, n.152, recante "Norme in materia ambientale", con la decorrenza indicata nell'art.52 dello stesso decreto e successive modifiche (31 luglio 2007) e che il D.Lgs. n.152/2006 testè citato commina la sanzione della nullità nei confronti degli atti amministrativi di approvazione o autorizzazione di un'opera o di un progetto privi del presupposto della preventiva valutazione di impatto ambientale obbligatoria (art.4, comma 5).


3. Dalle scarne indicazioni fornite da codesto Dipartimento -"richieste di assoggettabilità alla procedura di valutazione di impatto ambientale prevista dall'art.5 del D.P.R. 12.04.1996 e ss. mm. ii. per progetti di opere in corso di realizzazione e/o già realizzate"- pare potersi desumere che la problematica concerna progetti autorizzati in vigenza del D.P.R. 12 aprile 1996 cit. e per i quali la VIA, pur essendo prevista, non sia stata effettuata.

Va ricordato, al riguardo, che per il principio "tempus regit actum" la legge applicabile è quella vigente al momento dell'approvazione del progetto. Ciò significa che per le opere autorizzate anteriormente al recepimento del D.P.R. cit. era sufficiente il nulla osta ambientale di cui all'art.30, l.r. n.10/1993 cit.; per i procedimenti di autorizzazione di opere avviati dopo il predetto recepimento, è necessaria la previa valutazione di impatto ambientale secondo le disposizioni di cui all'art.5 e segg. del D.P.R. cit.
Si può, pertanto, già escludere la possibilità per codesto Dipartimento di limitarsi a rilasciare, per tali fattispecie, "un mero parere ambientale in sostituzione del giudizio di compatibilità ambientale previsto dal D.P.R. 12.04.1996 e ss.mm.ii.".

Ciò chiarito, la problematica da affrontare è quella relativa al possibile assoggettamento al procedimento di VIA di un'opera già realizzata o in corso di realizzazione; in altri termini, quella dell'ammissibilità di una VIA "postuma", cioè da rilasciare in sanatoria, dopo la realizzazione dell'opera.

L'esame della questione deve partire dalla considerazione - ovvia - che la VIA, per sua natura, non può che precedere l'approvazione del progetto definitivo o, comunque, come espressamente disposto dall'art.7, D.P.R. 12 aprile 1996 cit., l'inizio dei lavori.
La VIA è, infatti, un meccanismo procedurale che consta di un insieme logico e temporalmente coordinato di studi, verifiche e regole di comportamento finalizzati a consentire la preventiva valutazione delle ripercussioni sull'ambiente che possono derivare dalla realizzazione di progetti di trasformazione del territorio.
La dottrina è generalmente d'accordo nel considerare il procedimento di VIA come un sub-procedimento a carattere istruttorio, che si colloca nell'ambito del processo tecnico-amministrativo che conduce all'autorizzazione dell'opera (v., al riguardo, Codice dell'ambiente, a cura di S.Nespor e A.L. De Cesaris, II edizione, Giuffrè, p. 1849).

Tra l'altro, com'è noto, l'effetto proprio di un giudizio negativo di VIA è quello di impedire la realizzazione dell'opera (o di imporre certe modalità nella realizzazione), e ciò -evidentemente- non appare possibile nel caso di VIA "postuma".
Del resto, la stessa Corte di giustizia della Comunità europea ha affermato che la valutazione in questione deve essere effettuata "in linea di principio, non appena sia possibile individuare e valutare tutti gli effetti che il progetto può avere sull'ambiente", quindi comunque in una fase anteriore rispetto a quella della sua realizzazione (v. sentenza 7 gennaio 2004, causa C-201/02).

Il Consiglio di Stato, ad. gen. 25 gennaio 1996, n.21, ha pure sottolineato che si tratta di un procedimento presupposto il cui esaurimento condiziona la successiva approvazione del progetto quale fatto giuridico permissivo, con la conseguenza che "il controllo dell'impatto ambientale ... può essere solo preventivo" e che "non (si) può sottoporre al procedimento di compatibilità ambientale progetti di opere ... già approvate o di opere già eseguite, salvo il potere di annullamento di ufficio dell'approvazione di progetti non eseguiti, ove ne ricorrano i presupposti".
Sulla scorta di questa pronuncia, la dottrina ha ribadito, come limite temporale estremo, "una VIA ... possibile solo in sede di autotutela e solo per progetti che, benchè approvati, non siano già realizzati o in fase di realizzazione" (op.ult.cit., p.1855).


4. Tutto ciò premesso sul piano ontologico e normativo dell'istituto, occorre approfondire ulteriormente l'indagine con una più attenta analisi giurisprudenziale.
La Corte di giustizia europea si è occupata in diverse occasioni delle opere approvate o autorizzate in assenza della pregiudiziale valutazione di impatto ambientale. Anche i giudici nazionali hanno, di recente, affrontato la problematica.
In estrema sintesi emerge quanto segue.

I - Si è, innanzitutto, affermato che il mancato svolgimento della VIA prima dell'autorizzazione dell'opera "non costituisce una semplice irregolarità nella successione degli atti procedimentali ma è una violazione di legge che impedisce ai privati una partecipazione efficace all'azione amministrativa, che condiziona le scelte successive della stessa amministrazione e che indebolisce la tutela prevista per i beni della vita individuali e collettivi (proprietà, domicilio, salute, ambiente)" (così, T.A.R. Lombardia, Brescia, sez. I, 11 agosto 2007, n.726).

La VIA intervenuta in una fase successiva all'autorizzazione dell'opera ed alla sua realizzazione non ha effetto sanante nè rispetto ai provvedimenti di autorizzazione nè rispetto all'attività (ove si tratti di particolari impianti) svolta dai committenti o dai gestori (v. T.A.R. Lombardia ult. cit.).

Su questa posizione si è attestata per prima la giurisprudenza comunitaria (richiamata dal T.A.R. Lombardia cit.) che ha ribadito l'insufficienza della VIA postuma al fine di escludere la violazione del diritto comunitario, condannando lo Stato membro, dal momento che l'obbligo di sottoporre a VIA un'opera, contemplata nell'elenco dei progetti di cui alla direttiva, ne comporta l'effettuazione prima del rilascio dell'autorizzazione alla realizzazione.

Se questo è un primo punto fermo, l'analisi va altresì effettuata sotto un diverso angolo visuale, che conduce ad un secondo ordine di considerazioni, qui di seguito illustrate.

II - Invero, i giudici europei non si pronunciano altrettanto espressamente sulle conseguenze della mancata effettuazione della procedura di VIA sugli atti di autorizzazione e sulle opere già realizzate, lasciando agli Stati membri la scelta in ordine alle forme ed ai modi con cui perseguire la conformazione al diritto comunitario.
Restano, però, inderogabili tre principi: a) la VIA deve essere comunque eseguita; b) il diritto interno non può stabilire per l'omessa VIA dei rimedi più gravosi rispetto a quelli previsti per situazioni analoghe o tali da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento comunitario; c) il singolo che subisce le conseguenze dell'omessa VIA ha sempre diritto al risarcimento del danno (v. Corte di giustizia, 7 gennaio 2004, causa 201/01, punti 64-70).

Ferma restando la responsabilità dello Stato membro per violazione del diritto comunitario, non viene dunque affermata l'irreparabilità dell'omissione di provvedere tempestivamente, anzi la Corte di giustizia europea, talora, ha indicato il percorso procedimentale per rimediare (così, nel caso di impianti per l'esercizio di attività, quello di "revocare o sospendere un'autorizzazione già rilasciata al fine di sottoporre il detto progetto ad una valutazione dell'impatto ambientale", v. Corte di Giustizia 25 settembre 2003, causa C-201/02, par.70).

III - Da una applicazione coerente dei principi comunitari (ben evidenziati nella citata sentenza del T.A.R. Lombardia) può, in conclusione, trarsi quanto segue.
- la procedura di VIA può e deve essere comunque effettuata, anche dopo la realizzazione dell'opera (le sentenze comunitarie, come detto, ammettono qualsiasi soluzione, purchè la valutazione di impatto ambientale venga effettivamente espletata);
- la procedura di VIA effettuata nel corso della realizzazione dell'opera rimanda al suo esito le conseguenze sulla proseguibilità dell'opera stessa (la cui realizzazione potrebbe, a giudizio di codesta Amministrazione, essere sospesa);
- un esame a posteriori non è tuttavia in grado di ottenere gli stessi risultati di un esame tempestivamente svolto prima dell'autorizzazione; al riguardo, occorre tenere conto degli effetti che il tempo produce a favore dei committenti o anche, nel caso di impianti per l'esercizio di attività, del rilievo che l'attività può assumere anche nei confronti dell'interesse pubblico;
- la VIA postuma non può operare retroattivamente ostacolando il diritto dei singoli ad ottenere una compensazione monetaria dei danni derivati dal mancato svolgimento della VIA prima della realizzazione dell'opera, esponendo l'amministrazione ed il committente ad eventuali azioni di risarcimento del danno;
- la VIA postuma non esonera lo Stato membro da responsabilità per violazione del diritto comunitario.

Nelle superiori considerazioni è il parere dello Scrivente.

A termini dell'art. 15 del regolamento approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo Scrivente acconsente alla diffusione del presente parere in relazione ad eventuali domande di accesso inerenti il medesimo.
Codesta Amministrazione vorrà comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca una lite, ovvero se intende differirne la pubblicazione sino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi. Decorso tale termine senza alcuna comunicazione in tal senso si consentirà la diffusione sulla banca dati "FoNS", giusta delibera di Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998.



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