POS. II Prot._______________/27.11.07

OGGETTO: Vincolo paesaggistico e condono edilizio - Problematiche.



ASSESSORATO REGIONALE DEI BENI CULTURALI ED AMBIENTALI E DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE -
Dipartimento dei beni culturali e ambientali e dell'educazione permanente
PALERMO





1. Con nota prot. n.14616 del 16 febbraio 2007 codesto Dipartimento ha chiesto l'avviso dello Scrivente sulla questione che qui di seguito si rappresenta.
In primo luogo, codesta Amministrazione richiama i diversi condoni, paesaggistici ed edilizi, ordinari e straordinari, che si sono succeduti negli ultimi anni, ed in particolare:
- la c.d. sanatoria ambientale introdotta a regime dall'art.1, comma 36 della legge 15 dicembre 2004, n.308, che ha modificato l'art.181 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n.42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) per gli abusi ivi indicati, commessi in zone a vincolo paesaggistico;
- la c. d. sanatoria ambientale straordinaria, disciplinata dal comma 37 dell'art.1, L. n.308/2004 per i lavori compiuti su beni paesaggistici senza la prescritta autorizzazione o in difformità da essa entro e non oltre il 30 settembre 2004;
- l'accertamento di conformità di cui all'art.13 della legge 28 febbraio 1985, n.47 e successive modificazioni e integrazioni, recepito con la L.r. 10 agosto 1985, n.37: la c.d. sanatoria ordinaria in quanto non soggetta a termini di scadenza che, ricorda codesto Dipartimento, concerne soltanto l'abuso edilizio e non anche quello paesaggistico;
- infine, l'ultimo condono edilizio, di carattere temporaneo ed eccezionale, e cioè quello disciplinato all'art.32 del D.L. 30 settembre 2003, n.269, convertito, con modificazioni, nella L. 24 novembre 2003, n.326 e recepito in ambito regionale dall'art.24, L.r. 5 novembre 2004, n.15.
In ordine a quest'ultima fattispecie, codesto Dipartimento, premesso che la legge, per le opere realizzate in zone sottoposte a vincolo paesaggistico, richiede il parere favorevole delle Soprintendenze competenti, ha chiesto se tale parere vada reso anche nelle ipotesi in cui il vincolo sia stato apposto successivamente alla realizzazione dell'abuso.
Al riguardo codesta Amministrazione rappresenta che, allineandosi al costante orientamento giurisprudenziale, ha sinora tenuto conto del vincolo esistente al momento in cui viene esaminata la domanda di condono, a prescindere dall'epoca di introduzione del vincolo stesso.
Senonchè, evidenzia ancora codesto Dipartimento, da ultimo il TAR Sicilia, sezione di Catania, avrebbe accolto una richiesta di sospensiva di un provvedimento negativo della Soprintendenza nella considerazione che il vincolo paesaggistico era stato apposto successivamente alla realizzazione dell'abuso.
Allo stesso riguardo viene chiesto altresì se, per valutare l'esistenza o meno del vincolo paesaggistico, occorra considerare il momento della presentazione della domanda di sanatoria o quello in cui la Soprintendenza esprime il parere.
Infine, codesto Dipartimento segnala "altra fattispecie più volte ricorrente" e cioè quella in cui il Comune rilascia la concessione edilizia senza avere richiesto il necessario nulla osta della Soprintendenza, laddove quest'ultimo avrebbe potuto essere regolarmente concesso; "in questo caso, l'atto comunale rilasciato in violazione della legge di tutela non può essere regolarizzato; esso quindi non legittima il concessionario in bonis al mantenimento dell'abuso paesaggistico, se pure gli dia titolo, a seguito della demolizione, a proporre azione di risarcimento del danno patrimoniale nei confronti degli amministratori comunali". Su tale fattispecie viene richiesto il parere dello Scrivente; codesta Amministrazione non esprime il proprio orientamento sulla problematica.


2. Sulla questione suesposta si osserva quanto segue.
In sintesi, la problematica sollevata da codesto Dipartimento in ordine al condono edilizio introdotto dall'art.32, D.L. 30 settembre 2003, n.269, convertito, con modificazioni, nella legge 24 novembre 2003, n.326, investe il regime giuridico da applicarsi nel caso in cui le opere abusive, oggetto di richiesta di condono edilizio, siano state realizzate antecedentemente all'apposizione del vincolo.

Occorre innanzitutto soffermarsi brevemente sul quadro normativo di riferimento.
Com'è noto, il predetto -ultimo- condono ha trovato applicazione nella Regione siciliana giusta quanto disposto dall'art.24 della L.R. 5.11.2004 n. 15, "Condono edilizio. Oneri concessori", che al primo comma ha testualmente disposto che: "1. Dalla data di entrata in vigore della presente legge è consentita la presentazione dell'istanza per il rilascio della concessione edilizia in sanatoria ai sensi dell'art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con legge 24 novembre 2003, n. 326 e successive modificazioni e integrazioni. Sono fatte salve le istanze di sanatoria già presentate e le anticipazioni versate ai sensi della predetta legge alle quali si applicano le disposizioni di cui al presente articolo".

Come già chiarito più volte dallo Scrivente (parere n.32.11.05 reso a codesto Dipartimento con nota prot. n. 3743 del 11.03.2005 e parere n.241.04.11 reso al all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente con nota prot. n.17586 del 22.11.2004) con l'art.24, l.r. 5 novembre 2004, n.15 cit. il legislatore regionale ha manifestato la chiara volontà di aderire al condono negli stessi termini disciplinati dalla legge nazionale (salvo per quanto attiene al pagamento dell'anticipazione degli oneri di concessione).

Il rinvio operato dal legislatore regionale all'art.32, D.L.n.269/2003 cit. deve pertanto essere interpretato come rinvio all'intera disciplina statale, con conseguente esclusione della normativa regionale di cui alla l.r. 10 agosto 1985, n.37.
Per il predetto condono trovano pertanto applicazione anche in Sicilia gli artt.32 e 33 della L. 28 febbraio 1985, n.47 in quanto richiamati e modificati proprio dall'art.32, (comma 27 e comma 43) del D.L. n.269/2004, e non come già recepiti e modificati dalla legge regionale n.37/1985.

La questione posta va dunque affrontata in termini non dissimili dal resto del territorio nazionale.
Ora, il problema della disciplina vincolistica da applicarsi in sede di rilascio del provvedimento edilizio in sanatoria ha da sempre dato luogo a difficoltà interpretative.
Infatti, l'art.32, l. n.47/1985 cit., rubricato "Opere costruite su aree sottoposte a vincolo", sia nella stesura originaria, sia a seguito della modifica recata dall'art.32, D.L. n.269/2003, fissa genericamente il principio per cui il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria "è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso".

Al riguardo, va ricordato, che le diverse sezioni del Consiglio di Stato avevano assunto opposte posizioni in merito all'individuazione della disciplina da applicarsi nei casi di sopravvenienza di regimi vincolistici gravanti su porzioni di territorio interessati da abusi edilizi.
Così, un primo orientamento, facente capo alla Sezione V, riteneva obbligatoria l'acquisizione del parere dell'organo preposto alla gestione del vincolo paesaggistico anche se le opere abusive da condonarsi risalivano ad un periodo precedente l'apposizione del vincolo stesso (v., per esempio, C.Stato, sez. V, 13 febbraio 1997, n.158).
Di contro, un secondo orientamento giurisprudenziale, riconducibile alla Sezione VI, riteneva superfluo il parere dell'organo competente alla gestione del vincolo paesaggistico, nell'ipotesi in cui quest'ultimo avesse cominciato a gravare l'area interessata da fenomeni di abusivismo successivamente all'esecuzione delle opere. L'assunto traeva origine dalla circostanza che l'inciso contenuto nell'art. 32 della legge n. 47/85 cit. si riferiva ad una fatto già accaduto (l'imposizione del vincolo), con la conseguenza che solo a partire da quel momento l'ambito territoriale caratterizzato da illeciti edilizi assumeva una diversa qualitas giuridica derivante dall'acquisito pregio paesaggistico (v. C. Stato, Sez. VI, 30 settembre 1995, n.1030).

Tuttavia, il contrasto ha trovato la sua definitiva composizione con la decisione n.20 del 7 giugno 1999, in cui l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, applicando i principi generali in materia di azione amministrativa e dando il giusto rilievo agli interessi coinvolti nell'applicazione della disciplina vincolistica, ha sottolineato, per un verso, il carattere eccezionale della normativa sul condono edilizio che costringe ad una lettura di stretta interpretazione; per altro verso, che per principio generale la P.A. deve tenere conto delle norme vigenti al tempo in cui la stessa provvede. In conclusione, secondo l'Adunanza plenaria, un vincolo di inedificabilità non può essere considerato inesistente soltanto perché è stato imposto successivamente alla realizzazione dell'opera abusiva. Una soluzione del genere, infatti, finirebbe per svuotare di contenuto la previsione di tutela contenuta nel vincolo, esponendo gli stessi valori paesaggistici protetti ad una sistematica ed ingiustificata compromissione.

Ciò posto, non pare allo Scrivente che ci si debba discostare dalla predetta impostazione. Infatti, la pronuncia del TAR Sicilia, sez. Catania, riferita da codesto Dipartimento (non trasmessa allo Scrivente, nè reperibile ad oggi nei siti internet), è stata emessa in sede cautelare e, dunque, con una delibazione dei fatti e della fondatezza solo sommaria.

Ad ulteriore riprova di quanto detto, e per completezza, si può altresì ricordare che, con riferimento alle analoghe norme regionali (che, come sopra detto, comunque non si applicano al condono di cui all'art.32, D.L. n.269/2003 qui in esame), la Corte Costituzionale con sentenza 25 gennaio-8 febbraio 2006, n.39 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art.17, comma 1, l.r. 16 aprile 2003, n.4 che, nel sostituire il comma 3 dell'art.5 della l.r. 31 maggio 1994, n.17 aveva previsto la necessità del parere "solo nel caso in cui il vincolo sia stato posto antecedentemente alla realizzazione dell'opera abusiva".


3. Per quanto concerne il secondo quesito, connesso al precedente, e cioè se la rilevanza della sopravvenuta apposizione del vincolo si spinga sino al momento in cui la Soprintendenza esamina la domanda di condono edilizio o si blocchi al momento della presentazione da parte dell'interessato di tale domanda, si osserva quanto segue.

La problematica trova soluzione nella stessa decisione n.20/1999 cit. dalla quale emerge come l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato non condivide "gli argomenti addotti a sostegno delle linee interpretative ... che o negano del tutto la rilevanza del vincolo successivo o la fermano entro il termine per la presentazione della domanda di sanatoria".

Infatti, non condividendo l'orientamento già espresso dalla Sezione II (parere 20 maggio 1998, n.403), che aveva attribuito rilevanza alla data ultima concessa dalla legge per la presentazione della domanda di sanatoria, l'Adunanza plenaria sottolinea che "l'obbligo di pronuncia da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo sussiste in relazione alla esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, a prescindere dall'epoca d'introduzione del vincolo. E appare altresì evidente che tale valutazione corrisponde alla esigenza di vagliare l'attuale compatibilità, con il vincolo, dei manufatti realizzati abusivamente", specificando ulteriormente che "Quanto alla preoccupazione che siffatta soluzione esporrebbe il singolo caso, in violazione del principio di certezza del diritto e di non disparità di trattamento, alla variabile alea dei tempi di decisione sull'istanza, si osserva, per un verso, che addurre inconvenienti non è un buon argomento ermeneutico e, per altro verso, che, ad ogni modo, l'ordinamento appresta idonei strumenti di sollecitazione e, se del caso, di sostituzione dell'Amministrazione inerte.".


4. In ordine al terzo quesito, relativo al caso della concessione edilizia rilasciata senza il previo nulla osta dell'autorità preposta al vincolo, con specifico riferimento all'ipotesi in cui non vi è una violazione sostanziale del vincolo, si osserva quanto segue.

Si tratta, in altri termini, del caso dell'illecito formale in cui sia stato violato l'obbligo di munirsi preventivamente dell'autorizzazione, a fronte di un intervento riconoscibile (a posteriori) compatibile con il contesto paesistico.

Vale la pena, al riguardo, inquadrare la fattispecie nelle sue evoluzioni normative e giurisprudenziali.

La L.29.6.1939, n.1497, oggi abrogata, all'art.7, sottoponeva alla preventiva autorizzazione dell'autorità preposta alla tutela del paesaggio ogni intervento riguardante località o immobili di particolare interesse ai sensi della medesima L. n.1947/1939 e sanzionava, all'art.15, la trasgressione del predetto obbligo con la demolizione delle opere abusivamente eseguite o, in alternativa, con il pagamento di una sanzione pecuniaria.

Non era prevista dal legislatore alcuna ipotesi di autorizzazione paesistica in sanatoria, pertanto l'art.15, L. n.1497/1939 sanzionava anche il mero fatto formale dell'assenza del previo nulla osta di cui al precedente art.7, L. cit.

In effetti, in un primo tempo, anche la giurisprudenza aveva negato l'ammissibilità del rilascio dell'autorizzazione paesaggistica ex art.7, L.n.1497/1939 cit. in sanatoria, e cioè dopo l'avvenuta realizzazione dell'opera insistente su area vincolata (v., ad esempio, C.Stato, sez. VI, 06.10.1994, n.1488; id., ad. gen., 25.01.1996, n.20/96), sul presupposto logico-giuridico che quando il legislatore intende perseguire tale possibilità -come nella materia urbanistico-edilizia- la prevede espressamente.
L'esclusione di un accertamento ex post della conformità paesaggistica veniva motivata, oltre che con il diverso grado di protezione accordata al paesaggio dall'art.9 della Costituzione, anche e soprattutto con la natura dell'autorizzazione paesaggistica, atto amministrativo ad elevato contenuto di discrezionalità tecnica e, dunque, assai diverso dalla sanatoria "edilizia", atto a contenuto sostanzialmente vincolato.

In epoca più recente, argomentando dalla necessità di una lettura evolutiva e sostanzialistica del dato di legge, la giurisprudenza inaugurava un diverso percorso che, con indirizzo via via consolidatosi, riteneva compatibile con i principi ordinamentali la figura dell'autorizzazione paesaggistica a posteriori (v., tra le tante, C.Stato, sez. VI, 9.10.2000, n.5373; 31.10.2000, n.5851; 31.8.2004, n.5723), pur non escludendo la responsabilità penale e amministrativa del privato che abbia agito in difformità rispetto all'iter ordinario imposto dalla norma (così, C. Stato, sez. VI, 31.10.2000, n.5865 "...l'autorizzazione postuma, non inibita e per certi versi imposta al sistema, non costituisce infatti un pieno equipollente dell'autorizzazione tempestiva ex art.7, l.1497/1939, in quanto, diversamente da quest'ultima, non preclude ma anzi impone all'amministrazione l'esercizio del potere-dovere di applicare la sanzione pecuniaria di cui all'art.15 stessa normativa.").

Quanto alle refluenze sulla concessione edilizia, si specificava ulteriormente che "Il rilascio del nulla-osta ex art. 7 l. 29 giugno 1939 n. 1497, da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo paesistico-ambientale, in un momento successivo, anziché precedente all'emanazione della concessione edilizia, costituisce mera irregolarità procedimentale, che non vizia quest'ultimo provvedimento." (così, C.Stato, sez. V, 02.05.2001, n.2471) o, ancora, che l'autorizzazione paesaggistica "costituisce condizione di efficacia della concessione edilizia" con la conseguenza che finchè la stessa non sia intervenuta "è preclusa la materiale esecuzione dei lavori assentiti dal comune sotto il profilo edilizio-urbanistico, e la concessione eventualmente rilasciata deve essere considerata inefficace ed improduttiva di effetti." (cfr. Cass., sez. III, 26.02.2003) .

Tutto è rimasto invariato sotto la vigenza del D.Lgs. 29.10.1999, n.490 (oggi abrogato dall'art.183, D.Lgs. n.42/2004), in cui la L. n.1497/1939 era stata trasfusa.

Anche il D.Lgs. n.42/2004 cit., nella sua stesura originaria, negava espressamente, senza eccezioni, la possibilità di rilascio dell'autorizzazione postuma (v. art.146, comma 10, nel testo storico: "10. L'autorizzazione paesaggistica: ...... c) non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi.").

L'ammissibilità, sia pure limitatamente a violazioni di non rilevante entità, della c.d. sanatoria a regime è stata introdotta dalla L. 15 dicembre 2004, n.308, che ha recato modifiche in tal senso al D.Lgs. n.42/2004, ponendosi in un certo qual modo come lo sviluppo consequenziale del difficile percorso giurisprudenziale.
In sintesi, oggi il quadro normativo di riferimento è dato dalle seguenti disposizioni del D.Lgs. n.42/2004, come modificate dalla L. n.308/2004 cit. e dal D.Lgs. 24.3.2006, n.157:
-art.146, D.Lgs. 22.1.2004, n.42, e succ. mod. che pone a carico dei "proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo dei beni indicati al comma 1", e cioè dei beni paesistici, l'obbligo di sottoporre all'autorità competente i progetti delle opere che intendano eseguire, corredati della documentazione prevista, affinchè ne sia accertata la compatibilità paesaggistica e sia rilasciata l'autorizzazione a realizzarli (secondo comma) e che, specifica che "L'autorizzazione paesaggistica, fuori dei casi di cui all'articolo 167, commi 4 e 5, non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi" (comma 12);
- art.167, primo comma, D.Lgs. cit., e succ. mod. che. per il caso di violazione dell'obbligo di cui sopra, dispone che "il trasgressore" è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese, fatto salvo quanto previsto al comma 4 del medesimo articolo;
- il comma 4 dell'art.167 cit. e succ. mod., che introduce la possibilità di una "sanatoria" a regime per le violazioni meno gravi indicate alle lettere a), b) e c), previo accertamento di compatibilità paesaggistica da parte dell'autorità preposta alla gestione del vincolo e pagamento di una sanzione pecuniaria;
- l'art.181, D.Lgs. cit., e succ. mod., che, per le medesime violazioni meno gravi e alle stesse condizioni, esclude anche l'illecito penale.

L'ipotesi dell'illecito formale, riguardata da codesto Dipartimento, può farsi rientrare sub lett. a) del comma 4 dell'art.167, D.Lgs. n.42/2004 e succ. mod. e integraz., che contempla il caso dei "lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati".

Da quanto detto emerge che, a seguito della comunicazione dell'avvio del procedimento amministrativo per l'adozione dell'ordine di rimessione in pristino, il trasgressore ben potrebbe presentare la domanda ai fini dell'accertamento di compatibilità paesaggistica ai sensi dell'art.167, commi 4 e 5, ottenuto il quale evita di incorrere nell'ordine di rimessione in pristino.
Nelle superiori considerazioni è il parere dello Scrivente.

A termini dell'art. 15 del regolamento approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo Scrivente acconsente alla diffusione del presente parere in relazione ad eventuali domande di accesso inerenti il medesimo.
Codesta Amministrazione vorrà comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca una lite, ovvero se intende differirne la pubblicazione sino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi. Decorso tale termine senza alcuna comunicazione in tal senso si consentirà la diffusione sulla banca dati "FoNS", giusta delibera di Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998.




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