POS. I Prot. 2299 /337.11.2006

OGGETTO: Credito e risparmio - consorzi di garanzia fidi - aziende aderenti.

ASSESSORATO REGIONALE BILANCIO E FINANZE
DIPARTIMENTO REGIONALE FINANZE E CREDITO
PALERMO
           


1. Con nota 11 dicembre 2006, n. 15061, l'Amministrazione in indirizzo pone allo scrivente Ufficio i seguenti quesiti:
a) quale sia l'Amministrazione competente all'istruttoria per la concessione delle agevolazioni ai consorzi di garanzia collettiva fidi composti dalle farmacie e dai soggetti beneficiari degli accreditamenti per il Servizio sanitario regionale, in virtù delle previsioni contenute nella l.r. 21 settembre 2005, n. 11 - recante "Riordino della disciplina dell'attività di garanzia collettiva dei fidi" - e dell''art. 59 della l.r. 28 dicembre 2004, n. 17.
L'Amministrazione richiedente ritiene che - secondo la previsione dell'art. 59, comma 2, della l.r. 17/2004 - la competenza sia ascrivibile all'Assessorato per la cooperazione, il commercio, l'artigianato e la pesca.
b) se l'art. 2 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 - concernente, tra l'altro, le società tra professionisti - abbia refluenza sulla disciplina contenuta nella l.r. 11/2005.
Sul secondo quesito l'Amministrazione in indirizzo ritiene che l'art. 2 del D.L. 223/2006 non incida sul sistema di agevolazioni delineato dalla l.r. 11/2005, nel senso che le stesse potranno essere concesse ai liberi professionisti iscritti ad un confidi e associati in forma di impresa.

2. In ordine al primo quesito si espone quanto segue.
La finalità della l.r. 11/2005 - che ha proceduto a riordinare la disciplina in materia di consorzi di garanzia collettiva dei fidi - è, ai sensi dell'art. 1, quella di agevolare l'accesso al credito e di potenziare il sistema delle garanzie prestate dalle micro, piccole e medie imprese, così come definite dalla normativa comunitaria. A tale fine la Regione favorisce l'incremento patrimoniale dei fondi rischi e di garanzia e il processo di concentrazione dei consorzi fidi, in vista delle regole di "Basilea 2".
Il riordino e la disciplina dei consorzi fidi, di cui alla legge regionale 11/2005, si è resa necessaria per facilitare ai confidi l'adeguamento al sistema delineato dalla Nuova Regolazione Prudenziale Internazionale oggetto dell'accordo sui requisiti patrimoniali delle banche e sul nuovo approccio nella valutazione del rischio di credito, nota come "Basilea 2". Conseguenzialmente il legislatore nazionale ha provveduto, con l'art. 13 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della legge 24 novembre 2003, n. 326, e recante la "Disciplina dell'attività di garanzia collettiva dei fidi", a ridisegnare - attraverso nuovi requisiti patrimoniali, adeguatezza del capitale e gestione del rischio - l'operatività dei confidi e, in particolare, la loro capacità di fungere da strumenti di mitigazione del rischio creditizio per le banche finanziatrici.
In tale contesto, l'art. 23 della l.r. 11/2005 ha abrogato la quasi totalità delle disposizioni in materia di confidi che prevedevano agevolazioni regionali da erogarsi per il tramite o in favore dei confidi, "ad eccezione dell'articolo 59 della legge regionale 28 dicembre 2004, n. 17 e successive modifiche ed integrazioni, relativamente alle operazioni di cessione di crediti".
Ne discende che l'art. 59 della l.r. 17/2004 è stato abrogato nella sua interezza ad eccezione della specifica tipologia di agevolazione - cioè la cessione di crediti a breve termine - di cui solo le farmacie e i soggetti accreditati con il servizio sanitario regionale potranno continuare a beneficiare, attraverso l'integrazione regionale al fondo rischi del consorzio cui sono associati.
Che l'eccezione di salvezza sia limitata solo alla specifica tipologia di agevolazione, unica previsione da estrapolare dalla norma abrogata, è supportata anche dal contenuto dell'abrogato art. 58 della l.r. 32/2000 che, in via generale per tutte le piccole e medie imprese commerciali ed artigianali, regolamentava le operazioni di cessione crediti a breve termine garantite da un consorzio di garanzia colletiva fidi.
Che la sopravvivenza dell'art. 59 della l.r. 17/2004 sia ristretta alla sola tipologia dell'agevolazione considerata è tanto più vero se si considera che la peculiarità del riordino della materia dei confidi è data dall'imposizione di nuovi parametri patrimoniali che neutralizzano qualunque previsione legata al numero delle imprese associate; ciò ha reso necessario - rispetto al precedente sistema che suddivideva la competenza tra diverse amministrazioni regionali a seconda del settore di attività delle imprese - ricondurre ad unità la competenza regionale in materia di approvazione degli statuti consortili e delle integrazioni ai fondi rischi, coerentemente con il nuovo approccio associativo che avvia i confidi all'associazionismo multisettoriale delle imprese, facilitando così, rispetto alla precedente tipologia associativa prettamente di settore, l'adeguamento e il mantenimento dei nuovi parametri patrimoniali e di capitale previsti dalla normativa nazionale. Residua, ed è coerente con il nuovo impianto normativo, la ripartizione di competenza per settore di attività delle imprese solo per le agevolazioni sotto forma di contributi in conto interessi.
Oltre a quanto sopra detto, si rileva inoltre che dall'esame delle disposizioni della l.r. 11/2005 emerge che la cessione dei crediti a breve termine - cui sono ammesse a godere, tra le imprese associate ad un consorzio con integrazione regionale ai fondi rischi, solo quelle indicate dal legislatore (farmacie e beneficiari degli accreditamenti con il servizio sanitario regionale) - deve essere ricondotta, al fine di stabilirne la competenza, ad una delle modalità di concessione degli aiuti indicate tassativamente dal legislatore regionale all'art. 8 della l.r. 11/2005; in particolare, ritiene lo scrivente che la cessione del credito possa essere ricondotta all'ipotesi di cui alla lettera a), comma 2, del medesimo art. 8.
Dalla lettura combinata dell'art. 11 e dell'art. 8 della l.r. 11/2005 consegue allora che, mentre gli aiuti sotto forma di contributi in conto interessi sulle operazioni creditizie rientrano nella modalità agevolativa riportata alla lettera b) dell'art. 8 e sono di competenza dell'Assessorato regionale del settore di attività delle imprese consorziate (nella specifica fattispecie, trattandosi di farmacie riconducibili ad imprese commerciali, la competenza sarebbe dell'Assessorato cooperazione, commercio, artigianato e pesca), la cessione dei crediti - come precedentemente ricondotti alla tipologia indicata dalla lett. a) dell'art. 8 della l.r. 11/2005 - esulano dalla competenza settoriale, essendo relativi al costo della garanzia (sopportato dalle imprese), prestata da un confidi attraverso i fondi rischi, come integrati dall'Assessorato regionale del bilancio e delle finanze, nella cui competenza pare doversi ascrivere l'istruttoria dello specifico aiuto, trattandosi di intervento curato da detto ramo dell'Amministrazione regionale, in quanto strumento finanziario mirato a rafforzare il sistema delle garanzie, diversamente dal contributo in conto interessi finalizzato a ridurre il costo del denaro, come precisato nella stessa premessa alle direttive emanate con decreto dell'Assessore regionale per il bilancio e le finanze 2 agosto 2006, in attuazione di quanto disposto dall'art. 19 della l.r. 11/2005.
Le stesse direttive poi, correttamente, nella parte "4. Presentazione delle domande" indicano la competenza del Dipartimento dell'Assessorato regionale per la cooperazione, il commercio, l'artigianato e la pesca limitatamente al procedimento relativo ad "Abbattimento conto interessi" per i settori commercio, artigianato, liberi professionisti, cooperative e soggetti di cui all'art. 59 della l.r. 17/2004.

3. In ordine al secondo quesito si rassegna preliminarmente che l'art. 2 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito in legge con modificazioni dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, è contenuto nel titolo I recante "Misure urgenti per lo sviluppo, la crescita e la promozione della concorrenza e della competitività, per la tutela dei consumatori e per la liberalizzazione dei settori produttivi". L'art. 1 del decreto legge chiarisce che le norme del titolo I recano misure necessarie per garantire il rispetto degli articoli 43, 49, 81, 82 e 86 del Trattato istitutivo della Comunità europea ed "assicurare l'osservanza delle raccomandazioni e dei pareri della Commissione europea, dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.......in relazione all'esigenza di rafforzare... ......la promozione di assetti di mercato maggiormente concorrenziali........, attraverso la liberalizzazione di attività imprenditoriali...... ".
Le dichiarazioni d'apertura del titolo I - che si allineano ad un percorso ormai consolidato a livello comunitario e sottolineato da pronunciamenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, di cui si dirà oltre - sono ribadite al comma 1 del successivo art. 2, con l'affermazione che il settore dei servizi professionali si adegua al principio comunitario di libera concorrenza. Ed in conseguenza di ciò alla lett. c) del medesimo comma il legislatore rimuove "il divieto di fornire all'utenza servizi professionali di tipo interdisciplinare da parte di società di persone o associazioni tra professionisti, fermo restando che l'oggetto sociale relativo all'attività libero-professionale deve essere esclusivo, che il medesimo professionista non può partecipare a più di una società e che la specifica prestazione deve essere resa da uno o più soci professionisti previamente indicati, sotto la propria personale responsabilità".
L'applicazione alle libere professioni della normativa posta a tutela della concorrenza presuppone che l'esercizio della professione intellettuale sia assimilabile all'attività di "impresa".
A tal proposito, si dà contezza che, per il nostro diritto positivo, questa assimilazione manca.
Il codice civile, all'art. 2082 stabilisce che "è imprenditore chi esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi".
Da tale definizione si ricava che gli elementi costitutivi che caratterizzano la fattispecie "impresa" sono professionalità, economicità e organizzazione dei mezzi. Secondo la dottrina maggioritaria inoltre caratterizza l'impresa, anche se non esplicitamente previsto dalla norma, l'assunzione del rischio derivante dall'attività.
Le peculiarità sopra indicate sono rilevanti al fine della nozione civilistica di imprenditore, nozione finalizzata all'applicazione di tutta una serie di norme che hanno come riferimento l'impresa e l'imprenditore e che vanno sotto il nome di "Statuto dell'imprenditore".
Nel nostro ordinamento esistono però casi in cui, pur in presenza dei requisiti richiesti per lo status di imprenditore, per espressa previsione di legge, tale qualifica non viene attribuita. E' questo il caso dell'esercizio delle professioni intellettuali che il codice civile disciplina in un capo distinto, escludendo all'art. 2238, seppur implicitamente, che l'attività professionale costituisca impresa, a meno che l'esercizio della professione rappresenti un elemento di un'attività organizzata in forma di impresa. Scaturisce da ciò l'inapplicabilità delle norme dello statuto dell'imprenditore, tra cui quelle relative all'iscrizione nel registro delle imprese con effetti di pubblicità legale (l'iscrizione è invero statuita per le società tra avvocati dall'art. 16 del D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 96, ma in una sezione speciale del registro delle imprese e con soli fini di pubblicità notizia), alle scritture contabili, al fallimento e alle altre procedure concorsuali.
Inoltre per la disciplina fiscale l'esercizio delle professioni anche in forma di società dà luogo a reddito da lavoro autonomo e non a reddito d'impresa, mentre con riferimento al trattamento tributario i professionisti sono soggetti passivi dell'Iva e, al ricorrere di determinate condizioni, sono soggetti anche al pagamento dell'Irap.
Nonostante quanto sopra riferito, l'assimilazione dell'attività dei professionisti intellettuali all'attività di impresa rappresenta ormai un principio consolidato nel diritto comunitario della concorrenza e le ripetute iniziative intraprese dalla Comunità, a livello normativo e giurisprudenziale, al fine dell'applicabilità delle norme antitrust, hanno ispirato le recenti normative nazionali suindicate sulla liberalizzazione dei settori produttivi.
La nozione di impresa, che per il diritto comunitario è ben più estesa di quella oggetto del diritto nazionale, è articolata come "qualunque entità che, a prescindere dal proprio status giuridico o dalle proprie modalità di finanziamento, eserciti un'attività economica, la quale consista nell'offrire beni o servizi su un determinato mercato contro retribuzione e con assunzione dei rischi finanziari connessi".
L'Authority per la concorrenza e il mercato, nella delibera del 13 luglio 2005, ha esattamente fatto il punto in materia di libere prefessioni, concludendo che "il diritto comunitario non conosce deroghe al principio secondo cui, ai fini antitrust, l'attività professionale, nella misura in cui ha una valenza economica, è attività di impresa, quale che sia la professione intellettuale coinvolta (a prescindere, cioè, dalla natura complessa e tecnica dei servizi forniti e il rango dei valori cui, in alcuni casi, si collega)". L'Authority ha supportato le proprie conclusioni richiamando alcuni importanti pronunciamenti della Corte di Giustizia delle Comunità europee in materia e, in particolare, la sentenza 12.9.2000, C-180/98, causa Pavlov e altri, relativa a medici specialisti autonomi, in cui al punto 77, è detto: "i medici specialisti autonomi.....svolgono un'attività economica e, pertanto, costituiscono imprese ai sensi degli artt. 85, 86 e 90 del Trattato, senza che la natura complessa e tecnica dei servizi da loro forniti e la circostanza che l'esercizio della loro professione è regolamentato siano tali da modificare questa conclusione"; la sentenza 18.6.1998, C-35/96, Commissione contro Italia, causa nota come degli "spedizionieri doganali", in cui, al punto 34, "il governo italiano ha sostenuto che, sebbene lo spedizioniere doganale sia un lavoratore indipendente, in quanto esercita una professione liberale, come un avvocato, un geometra o un interprete, egli non può tuttavia essere considerato un'impresa, ai sensi dell'articolo 85 del Trattato, poiché i servizi da lui forniti sono di natura intellettuale e in quanto l'esercizio della sua professione richiede un'autorizzazione e implica il rispetto di talune condizioni. Il Trattato distinguerebbe del resto fra i lavoratori indipendenti e le imprese, di modo che qualsiasi attività non subordinata non sarebbe necessariamente esercitata nell'ambito di un'impresa. Inoltre, mancherebbe l'elemento organizzativo indispensabile, vale a dire la combinazione di elementi personali, materiali e immateriali durevolmente destinati al perseguimento di un determinato scopo economico". La Corte di Giustizia ha disatteso le surriportate argomentazioni del governo italiano, richiamando, al successivo punto 36, la nozione di impresa ormai consolidata a livello comunitario; la sentenza 19 febbraio 2002, C-309/99, causa "Wouters", punti 44-49, secondo la quale: "gli avvocati offrono dietro corrispettivo, servizi di assistenza legale consistenti nella predisposizione di pareri, di contratti o di altri atti nonché nella rappresentanza e nella difesa in giudizio. Inoltre, essi assumono i rischi finanziari relativi all'esercizio di tali attività poiché, in caso di squilibrio tra le spese e le entrate, l'avvocato deve sopportare direttamente l'onere dei disavanzi. Di conseguenza, gli avvocati iscritti all'albo.......svolgono un'attività economica e, pertanto, costituiscono imprese ai sensi degli artt. 85, 86 e 90 del Trattato, senza che la natura complessa e tecnica dei servizi da loro forniti e la circostanza che l'esercizio della loro professione è regolamentato siano tali da modificare questa conclusione" (punti 48 e 49); e, infine, nello steso senso, sentenza 19 febbraio 2002, C-35/99, causa Arduino, punti 34 e 37.
L'ampia ricostruzione sopra riferita si è resa necessaria, attese le divergenze con il diritto nazionale, al fine di definire il perimetro del concetto di impresa, facendo emergere indiscutibilmente che la nozione che qui interessa è quella del diritto comunitario della concorrenza, atteso che destinatarie delle agevolazioni che costituiscono aiuti di Stato possono essere solo imprese intese come entità che esercitano un'attività economicamente rilevante, che possa generare profitti, o un soggetto che produce o scambia beni o servizi, senza che la natura giuridica del beneficiario sia rilevante, talchè anche un'organizzazione senza scopo di lucro o un ente pubblico, se esrcita o può esercitare attività economiche, riceve aiuti rilevanti ai fini dell'art. 87 del Trattato. Deriva da ciò che anche soggetti che non sono imprenditori per il diritto interno lo diventano per il diritto della concorrenza. E' questo il caso dei liberi professionisti, in tal senso, da ultimo anche la giurisprudenza nazionale (cfr. T.A.R. Lazio, sez. I. 3-9-2004, parti: Consiglio naz. Geometri C/Autorità garante concorrenza e mercato e, conforme, stesso T.A.R., sez, I, 11-3-2005, parti: Federaz. Ord. Farmacisti c/Autorità garante conc. e mercato).
Chiaramente nel caso di aiuti alle piccole e medie imprese bisogna comunque fare riferimento alla nozione delle stesse di cui all'allegato I del Regolamento (CE) 70/2001 del 12 gennaio 2001, in ordine ai requisiti dimensionali e di fatturato. A tal proposito si richiama l'attenzione sulla raccomandazione 6 maggio 2003, n. 2003/361/CE della Commissione europea che - in considerazione delle difficoltà interpretative nate dalla definizione di piccole e medie imprese in uso a livello comunitario con differenti definizioni rilevate a livello nazionale, nonché relativamente a problemi interpretativi relativi proprio alla definizione di impresa riportata all'art. 1 dell'allegato I del Reg. 70/2001 - ha sostituito la precedente raccomandazione 96/280/CE, precisando, al terzo "considerando" che "conformemente agli articoli 48, 81 e 82 del trattato, come interpretati dalla Corte di giustizia delle Comunità europee si deve considerare impresa qualsiasi entità, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, che svolga un'attività economica, incluse in particolare le entità che svolgono un'attività artigianale o altre attività a titolo individuale o familiare, le società di persone o le associazioni che svolgono regolarmente un'attività economica" (detta definizione è poi riportata all'art. 1 dell'allegato I della stessa raccomandazione).
Si evidenzia infine che la Commissione con la raccomandazione del 2003 chiarisce, a proposito dei diversi criteri per individuare le PMI (numero degli occupati e finanziario), quale sia quello principale e, sopratutto, come vada valutato quello finanziario nell'interazione tra fatturato e totale del bilancio, ritenendo opportuno - al fine di non penalizzare le micro e le piccole imprese rispetto alle medie - di modulare il coefficiente tra le soglie del totale del bilancio e quelle del fatturato con un coefficiente molto vicino a 1 (per tali categorie di imprese va dunque mantenuta la stessa cifra per la soglia del fatturato e per la soglia del totale di bilancio; cfr. "considerando" 6).
La raccomandazione contiene poi una serie di altre utili indicazioni (cui si rinvia) per la corretta applicazione dei diversi parametri anche con riferimento al numero degli occupati.
Conclusivamente - dalla nozione comunitaria di imprese, dall'esame del Reg. 70/2001 sulle PMI e dalla raccomandazione 2003/361/CE - emerge che i liberi professionisti possono essere associati, in qualità di imprese, ai consorzi di garanzia collettiva fidi e possono usufruire, in presenza dei requisiti richiesti, degli aiuti per le piccole e medie imprese, anche in qualità di esercenti un'attività a titolo individuale.
Nei termini il reso parere.
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Ai sensi dell'art. 15, co. 2, del D.P. Reg. 16 giugno 1998,n.12, lo Scrivente acconsente sin d'ora all'accesso presso codesta Amministrazione al presente parere da parte di eventuali richiedenti.
Si ricorda poi che in conformità alla circolare presidenziale dell'8 settembre 1998,n.16586/66.98.12, trascorsi 90 giorni dalla data di ricevimento del presente parere senza che codesta Amministrazione ne comunichi la riservatezza, lo stesso potrà essere inserito nella banca dati "FONS".


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