Pos. 2   Prot. N. 200.06.11 



Oggetto: Energie - Carburanti - Società commerciali - Disciplina sanzionatoria.




Allegati n...........................





ASSESSORATO REGIONALE DELL'INDUSTRIA -
Dipartimento Industria
PALERMO








1. Con nota prot. n.3816 del 19 luglio 2006 codesto Dipartimento ha chiesto il parere dello Scrivente in ordine alla disposizione di cui all'art.21, secondo comma, R.D.L. 2.11.1933, n.1741 che, in materia di trasgressioni alle disposizioni che disciplinano l'importazione, la lavorazione e la distribuzione dei carburanti, prescrive che "Ove si tratti di società commerciali, la pena si applica a ciascun amministratore".
Codesta Amministrazione, al riguardo, rappresentando che questo Ufficio, già investito della questione, aveva ritenuto con parere reso in data 16 marzo 2000 (nota prot. n. 4795/13.2000.11) che "non sembrano sussistere nella legislazione susseguente elementi che possano fare propendere per una disapplicazione", chiede ora di riconsiderare la problematica "in relazione al principio dell'autonomia della responsabilità delle società introdotto dal decreto legislativo 8/6/2001 n.231", rappresentando altresì il differente orientamento del Comando Nucleo Provinciale Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Catania che contesta le predette violazioni al rappresentante legale della società e non ai singoli componenti del consiglio di amministrazione, salvo il caso delle società in nome collettivo, in cui le violazioni sono contestate ai singoli soci.


2. Sulla questione suesposta si osserva quanto segue.
L'art.21, R.D.L. 2 novembre 1933, n. 1741, recante "Disciplina dell'importazione, della lavorazione, del deposito e della distrubuzione degli oli minerali e dei carburanti", che al primo comma prescrive le sanzioni amministrative per le trasgressioni alle disposizioni contenute nel decreto stesso, al secondo comma dispone testualmente che "Ove si tratti di società commerciali, la pena si applica a ciascun amministratore". La sanzione originaria dell'ammenda è stata sostituita con la sanzione amministrativa dall'art.32, L. 24 novembre 1981, n.689 .

Premesso che, come già constatato nel precedente parere su citato, non si rinvengono disposizioni che abbiano abrogato espressamente l'art.21, R.D.L. cit., occorre verificare, come richiesto da codesto Dipartimento, se ha refluenze sulla disposizione che ci occupa il D.Lgs. 8 giugno 2001, n.231 che reca la nuova "Disciplina in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell'articolo 11 della L. 29 settembre 2000, n.300".

Il provvedimento ha certamente portata di assoluta novità, avendo introdotto per la prima volta nel nostro ordinamento il principio della responsabilità delle persone giuridiche in materia penale.
In realtà, per le note problematiche inerenti il principio "societas delinquere non potest", -ricavato dal dettato costituzionale di cui all'art.27 Cost., per il quale "La responsabilità penale è personale"-, il legislatore ha introdotto un tipo di responsabilità definita espressamente "amministrativa" e non propriamente penale, ma collegata ad illeciti amministrativi dipendenti da reati, commessi da soggetti appartenenti ai vertici aziendali o anche da dipendenti nell'interesse o a vantaggio degli enti stessi.

Infatti, la responsabilità "amministrativa" dell'ente è comunque costruita in dipendenza del verificarsi di reati, tant'è che poi, nella concreta disciplina, la medesima presenta peculiarità legate proprio alla circostanza di discendere dalla commissione di un reato ed è assistita dalle garanzie del processo penale (così, l'accertamento dell'illecito amministrativo dell'ente e l'applicazione delle relative sanzioni sono attribuiti al giudice penale e il relativo procedimento è conformato alla disciplina del codice di rito).

Ciò posto in via generale, risulta già evidente che la problematica in esame riguarda illeciti amministrativi (la circostanza che si tratti di reati depenalizzati non ha alcun rilievo) che non rientrano nel campo di applicazione del D.Lgs. cit.

Va per completezza rilevato più specificamente che i reati che danno luogo a responsabilità amministrativa dell'ente sono, allo stato, soltanto quelli indicati negli artt.23, 24 e 25, D.Lgs. n. 231/2001 cit. (commessi nell'interesse o a vantaggio dell'ente medesimo da un soggetto in posizione apicale ovvero, se vi è stata inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza, da un soggetto in posizione subordinata) e, dunque, un numero limitato di fattispecie (essenzialmente delitti contro la pubblica amministrazione o in danno dello Stato, di altri enti pubblici o di organismi comunitari).
Il sistema è, invero, costruito in modo da consentire l'estensione della disciplina sulla responsabilità dell'ente ad ulteriori fattispecie di reato.
Tuttavia, il principio della "riserva di legge" (che si ricava dalla previsione che la responsabilità amministrativa dell'ente in relazione ad un determinato reato e le relative sanzioni siano "espressamente previste da una legge") comporta il divieto di configurare tale tipo di responsabilità e di irrogare sanzioni in assenza di una specifica disposizione legislativa.

La normativa esaminata non ha pertanto ad oggi alcuna refluenza sulla disposizione di cui all'art.21, R.D.L. cit..

Sembra necessario, tuttavia, soffermarsi ulteriormente sulla predetta disposizione, allargando il campo di indagine al fine di rapportare la medesima al modello generale di illecito amministrativo delineato dalla legge 24 novembre 1981, n.689.
La scelta operata in tema di illeciti amministrativi dalla L. n.689/1981 cit. (in particolare con il Capo I) è stata quella di fornire un quadro normativo sistematico e tendenzialmente generale, applicabile cioè a tutte le sanzioni amministrative consistenti nel pagamento di una somma di denaro.
Per quanto concerne l'aspetto che ci occupa, è utile ricordare che il sistema delineato dalla L. n.689/1981 cit., come interpretato dalla Cassazione, non ammette una diretta responsabilità della persona giuridica per la violazioni amministrative, fatta salva la responsabilità solidale (di tipo civilistico) per il pagamento delle relative sanzioni.
L'art.6, terzo comma l. ult. cit. stabilisce infatti che "Se la violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica o di un ente privo di personalità giuridica o, comunque, di un imprenditore nell'esercizio delle proprie funzioni o incombenze, la persona giuridica o l'ente o l'imprenditore è obbligato in solido con l'autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta".
Quindi, nel caso trattato, l'autore dell'illecito viene identificato dalla legge con il legale rappresentante della persona giuridica (o con il dipendente).

La predetta impostazione non esclude affatto, tuttavia, l'esistenza di sistemi sanzionatori amministrativi diversi, per i quali non valgono le regole enunciate nel capo I della legge del 1981, come espressamente chiarito dall'art.12, l. n.689/1981: da tale disposizione si evince che i principi generali si osservano solo "in quanto applicabili e salvo che non sia diversamente stabilito".
La disciplina delle sanzioni amministrative consente, quindi, variazioni in relazione alla specialità di alcuni settori normativi e alle esigenze peculiari di alcune materie.
La giurisprudenza ha interpretato la predetta disposizione nel senso che il Capo I della l. n.689/1981 non debba essere applicato alle sanzioni assoggettate a disciplina "speciale" (v., ad esempio, Cass., sez. lav., 24.03.2003, n.4290; Cass., sez.I, 18.01.1995, n.529).

Tutto ciò premesso, non può che concludersi che la disposizione di cui all'art.21, R.D.L. cit. si pone come speciale rispetto ai principi generali che derivano dagli artt.3 e 6, terzo comma, L. n.689/1981, individuando i responsabili delle violazioni nei soggetti che, secondo il tipo di società, sono titolari del potere di amministrazione (ad es. tutti i soci della società in nome collettivo).
La ratio di tale previsione si fonda probabilmente sulla circostanza che le trasgressioni ivi disciplinate si concretano in comportamenti omissivi derivanti dalla violazione del dovere di provvedere agli oneri di legge, che ricade personalmente su ciascuno dei soggetti titolari del potere di amministrazione.

Per quanto sopra esposto, non sembra allo Scrivente di dovere rivedere il proprio precedente orientamento. Va però al contempo ribadito che, come già suggerito nel precedente parere su citato, vertendo la problematica sull'applicabilità di norme statali, sarebbe opportuno verificare se il differente modus operandi della Guardia di Finanza non si fondi su un diverso orientamento assunto a livello centrale.

Nelle suesposte considerazioni è il parere dello Scrivente.
A' termini dell'art. 15 del regolamento approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo Scrivente acconsente alla diffusione del presente parere in relazione ad eventuali domande di accesso inerenti il medesimo.
Codesta Amministrazione vorrà comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca una lite, ovvero se intende differirne la pubblicazione sino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi. Decorso tale termine senza alcuna comunicazione in tal senso si consentirà la diffusione sulla banca dati "FONS", giusta delibera di Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998.



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