POS. II Prot._______________/6.06.11

OGGETTO: Lavori socialmente utili. Art. 77 l.r. 17/2004. Refluenza sui contratti a termine ex art. 25 l.r. 21/2003.






ASSESSORATO REGIONALE DEL LAVORO, DELLA PREVIDENZA SOCIALE, DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE E DELL'EMIGRAZIONE
AGENZIA REGIONALE PER L'IMPIEGO E LA FORMAZIONE PROFESSIONALE
PALERMO





1. Con nota prot. 4746/Serv. V del 19 dicembre 2005, pervenuta allo Scrivente il 30 dicembre 2005, codesta Agenzia, rappresentando che un comune siciliano ha chiesto l'avviso dell'Assessorato in ordine alla possibilità di considerare a tempo indeterminato i contratti con i lavoratori socialmente utili previsti dall'art. 25, comma 1, lett. b), della l.r. 29 dicembre 2003, n. 21, stante che l'art. 77, comma 2, della l.r. 28 dicembre 2004, n. 17, ha statuito la non applicabilità -a consimili contratti - del d. l.vo 6 settembre 2001, n. 368, ha chiesto sulla questione l'avviso dello Scrivente.

Al riguardo codesta Agenzia ritiene che la disposizione dell'art. 77 della l.r. 17/2004 sia stata posta dal legislatore regionale per porre rimedio alle problematiche interpretative derivanti dalla circostanza che l'art. 39 della legge regionale 3 dicembre 2003, n. 20 aveva previsto la proroga di contratti ex art. 12 l.r. 85/1995 e tale proroga, ad alcuni enti locali, appariva non compatibile con le disposizioni del d.l.vo 368/2001, i cui articoli 4 e 5 consentono la proroga per una complessiva durata del rapporto non superiore ad un triennio.



2. Sulla suesposta questione si osserva quanto segue.

L'art. 77, comma 2, della legge regionale 28 dicembre 2004, n. 17, prevede che "Le disposizioni di cui al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, non si intendono applicabili ai contratti a termine volti alla stabilizzazione dei soggetti destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili".

Invero, il decreto legislativo 368/2001 contiene diverse disposizioni; da quelle che consentono l'apposizione di un termine alla durata del contratto, peraltro con particolari forme e modalità (artt. 1 e 2), prevedendo esplicitamente, per particolari rapporti lavorativi o circostanze, il divieto di apposizione di termini (art. 3) a quelle che consentono la proroga di tali contratti a precisi termini e condizioni (art. 4) e che prevedono le conseguenze della continuazione del rapporto dopo la scadenza del termine o riassunzioni a termine successive (art. 5), nonché altre tese a definire principi di non discriminazione, obblighi formativi e sindacali, sanzioni (artt. 6 e seguenti).

Ancorchè il riferimento al d.l.vo 368/2001 sia formulato in termini non puntuali -non indicando esplicitamente quali siano le disposizioni che il legislatore ha voluto "non applicabili"- tuttavia appare chiaro che certamente non ha determinato, con una tale disposizione, la trasformazione tout court dei contratti di stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili in assunzioni permanenti, non foss'altro perchè nel corpo della stessa disposizione continua a riferirsi a tali contratti come "contratti a termine".

Occorre, quindi, utilizzare i canoni dell'esegesi teleologica, per determinare la finalità della norma in questione onde ricostruire la voluntas legis e, quindi, individuare la portata dell'inapplicabilità del d.l.vo 368/2001 disposta per tali contratti, pur non scostandosi dal dato letterale certo che si concreta nella permanenza dell'utilizzo della locuzione "a termine" qualificante i rapporti in questione.

In mancanza di elementi interpretativi desumibili dai lavori preparatori, occorre ricostruire il quadro normativo su cui il legislatore è intervenuto, anche in termini di evoluzione storica dello stesso.

I contratti a termine per l'impiego dei lavoratori socialmente utili vennero utilizzati, a termini dell'art. 12 della l.r. 21 dicembre 1995, n. 85, quali modalità di attuazione di progetti di utilità collettiva.

Tali contratti, certamente non costituivano un rapporto di lavoro, ma un rapporto di workfare , ovvero "un rapporto giuridico previdenziale, che viene disciplinato da una legislazione volta a garantire al lavoratore diritti che trovano il loro fondamento nel disposto dell'art. 38 della Costituzione; il che impedisce al suddetto lavoratore, impegnato in attività presso le amministrazioni pubbliche, la rivendicazione nei confronti di dette amministrazioni di un rapporto di lavoro subordinato e dei suoi conseguenziali diritti" (Cassazione, SS.UU. civili, sent. 22 febbraio 2005, n. 3508).

L'art. 2 della legge regionale 31 marzo 2001, n. 2, poi, dispose che tali contratti di diritto privato venissero finalizzati all'inserimento lavorativo dei soggetti utilmente collocati nelle graduatorie provinciali, e che, di conseguenza, per l'attivazione di tali contratti non fosse necessaria la predisposizione di nuovi progetti di utilità di collettiva. Con tale norma i contratti di cui agli articoli 11 e 12 della l.r. 85/1995, originariamente previsti quali modalità di attuazione di progetti di utilità collettiva, in buona sostanza vennero trasformati in misure per la fuoriuscita dal bacino dei lavoratori socialmente utili.

L'art. 39 della legge regionale 3 dicembre 2003, n. 20, quindi, ha autorizzato la conferma, da parte degli enti utilizzatori, dei contratti di cui all'art. 12 della l.r. 85/1995, per un ulteriore periodo di tre anni, purchè sussistesse l'interesse all'espletamento della prestazione.

L'art. 41 della l.r. 5 novembre 2004, n. 15, ha esteso, poi, anche ai lavoratori titolari dei contratti a tempo determinato di cui agli articoli 11 e 12 della l.r. 85/1995, la possibilità di beneficiare di alcune delle misure di fuoriuscita previste dall'art. 25 della l.r. 29 dicembre 2003, n. 21.
In un tale contesto, anche dopo la legge regionale 31 marzo 2001, n. 2, può ritenersi che la natura dei rapporti determinati dai contratti a termine in questione continui ad essere di tipo "previdenziale", dal momento che tali contratti, pur tendendo alla stabilizzazione dei lavoratori, non la realizzano ancora in pieno, com'è confermato dalla circostanza che l'art. 41 della l.r. 5 novembre 2004, n. 15, estende anche ai lavoratori titolari dei contratti ivi previsti la possibilità di beneficiare di alcune delle misure di fuoriuscita previste dall'art. 25 della l.r. 29 dicembre 2003, n. 21; mentre, d'altro canto, il finanziamento di tali contratti resta ancora a carico delle risorse finanziarie destinate ai lavoratori socialmente utili.

Giova, tuttavia, ricordare che esiste una corrente di opinione secondo la quale i contratti di stabilizzazione in questione hanno determinato rapporti di lavoro subordinato, ancorchè sui generis, stante l'applicabilità ai lavoratori in discorso delle richiamate misure di fuoriuscita e la permanenza dell'onere finanziario sulle risorse destinate ai lavoratori socialmente utili.

Ed infatti, già nel passato, codesto Assessorato ha dovuto diramare direttive specifiche (con nota 4682 del 2 dicembre 2004) in dipendenza del dubbio, avanzato da alcuni enti locali, di compatibilità del regime dei contratti di diritto privato dei L.S.U. con gli articoli 4 e 5 del d.l.vo 368/2001 che consentono la proroga dei contratti di lavoro a tempo determinato per una sola volta e per una complessiva durata non superiore a tre anni.

In tale contesto, pertanto, si pone la norma dell'art. 77, comma 2, della l.r. 28 dicembre 2004, n. 17, (che trae origine da un disegno di legge governativo e che è stata approvata a ridosso della testè richiamata direttiva assessoriale) che, per eliminare ogni eventuale dubbio, con una disposizione sostanzialmente interpretativa ha ribadito la specialità di tali contratti, anche per il caso che gli stessi si potessero ritenere di lavoro subordinato, sottraendoli alle previsioni di cui al d.l.vo 368/2001.

Per completezza, si ritiene opportuno sottolineare che la disposizione appare pienamente legittima costituzionalmente.

Se, infatti, i contratti in questione continuano ad esser connotati dalla riferita natura previdenziale, come lo Scrivente ritiene, la disposizione non ha altra funzione che ribadire la diversità di tali contratti da quelli di lavoro subordinato a termine.

Ma anche laddove, in ipotesi, potesse ritenersi che con tali contratti si instaurino rapporti di lavoro di tipo subordinato, si tratterebbe comunque di rapporti sui generis, considerati i termini soggettivi, di disciplina e la fonte di finanziamento previsti dalla legislazione regionale che, in materia, costituisce un corpus connotato dalla propria specialità.

Per tale ipotesi, comunque, la disposizione resterebbe parimenti legittima, dal momento che si tratterebbe pur sempre di rapporti escludibili, ad opera del legislatore, dal campo di applicazione della direttiva comunitaria 1999/70/CE del 28 giugno 1999 (della quale il d.l.vo 368/2001 costituisce recepimento) rientrando nella fattispecie dei "contratti e rapporti di lavoro definiti nel quadro di un programma specifico di formazione, inserimento e riqualificazione professionale pubblico o che usufruisca di contributi pubblici" prevista dal paragrafo 2, lett. b), della clausola 2 dell'Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato attuato con tale direttiva.

Nelle superiori considerazioni è il parere dello Scrivente.

A termini dell'art. 15 del regolamento approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo Scrivente acconsente alla diffusione del presente parere in relazione ad eventuali domande di accesso inerenti il medesimo.
Codesta Amministrazione vorrà comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca una lite, ovvero se intende differirne la pubblicazione sino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi. Decorso tale termine senza alcuna comunicazione in tal senso si consentirà la diffusione sulla banca dati dell'Ufficio, giusta delibera di Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998.




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