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2-Non sembra possa dubitarsi della natura di atto recettizio del provvedimento di accettazione delle dimissioni in argomento. La giurisprudenza prevalente ritiene infatti che "in materia di cessazione volontaria del rapporto di servizio le dimissioni non hanno alcun effetto fino a quando non sia comunicata all'interessato l'accettazione"( C. Stato, sez. IV, 12-04-2001, n. 2226) e che " il rapporto di lavoro pubblico si estingue per effetto dell'accettazione delle dimissioni del dipendente da parte del datore di lavoro" (C. Stato, sez. VI, 18-06-2002, n. 3316.) In altri termini fintantochè trovi applicazione l'art.124 del T.U.imp.civ.St. (d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3), l'istituto delle dimissioni volontarie dell'impiegato, pur trovando il suo fondamento nella volontà del dipendente di porre fine al rapporto di impiego, necessita, ai fini dell'operatività, di un provvedimento dell'amministrazione, avente natura autoritativa e carattere costitutivo (C.Stato, sez. IV, 23-03-2004, n. 1473). |
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Viceversa secondo la disciplina privatistica, che tuttavia non ricorre nella fattispecie, "le dimissioni costituiscono un atto unilaterale recettizio, idoneo, indipendentemente dalla volontà del datore di lavoro, a determinare la risoluzione del rapporto di lavoro, sicché la eventuale successiva revoca non può eliminare l'effetto risolutivo già conseguito se non in forza del consenso dello stesso datore di lavoro"(Cass., sez. lav., 29-08-2003, n. 12677.). |
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Si ritiene pertanto che ove codesto Dipartimento preso atto del vizio in cui è incorso valuti che sussiste un pubblico interesse che ne giustifichi la rimozione ben possa addivenire alla modifica richiesta. |
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E ciò in quanto, pur se, com'è noto, non sussiste obbligo di provvedere sull'istanza di riesame di un provvedimento divenuto definitivo e inoppugnabile, l'autorità che lo ha emanato può riconsiderare in via di autotutela l'assetto di determinate situazioni giuridiche. |