POS. II Prot._______________/233.05.11

OGGETTO: Istituzione pubblica di istruzione, educazione ed assistenza. Permuta di terreno con realizzando edificio, mediante trattativa privata. Ammissibilità.





ASSESSORATO REGIONALE BENI CULTURALI ED AMBIENTALI E PUBBLICA ISTRUZIONE
DIPARTIMENTO PUBBLICA ISTRUZIONE
PALERMO




1. Con nota prot. 1615/Serv. 8 del 30 agosto 2005, codesto Dipartimento ha inviato allo Scrivente la richiesta di parere, formulata con nota prot. 1825 del 9 maggio 2005, dall'Istituto XXXX di YYYY, specificando di condividerne il contenuto.

Con la predetta richiesta l'Istituto rappresenta di esser proprietario di una porzione di una più vasta area, sottoposta ad alcuni vincoli territoriali, su cui insistono proprietà di altri soggetti pubblici e di aver interesse alla realizzazione di una struttura immobiliare da adibire alle sue finalità istituzionali.

Il piano regolatore comunale ha destinato l'intera area in questione a "Centro di municipalità", destinazione che ricomprende l'area medesima nelle "Zone speciali" destinate a servizi pubblici ed a "destinazioni specifiche" dalle norme di attuazione del P.R.G.

Poichè una società ha manifestato interesse all'acquisizione dell'intera area, avendo predisposto un progetto di riqualificazione dell'area medesima in conformità delle prescrizioni comunali, è disponibile all'acquisto della porzione di area dell'Istituto in questione per un corrispettivo ritenuto congruo dall'Ufficio tecnico comunale, e si è poi dichiarata disponibile -nell'ambito di un complessivo rapporto di permuta- alla realizzazione degli immobili che l'Istituzione in questione e altro Istituto proprietario di una porzione dell'area complessiva hanno necessità di realizzare per i propri fini istituzionali, le Istituzioni in questione vorrebbero pervenire con tale società ad un accordo che preveda la compensazione del controvalore del terreno con il valore della struttura, salvo conguaglio in denaro.

Sulla questione l'Istituzione evidenzia di ritenere che, nel caso in esame, la realizzazione del progetto unitario, quale condizione per il trasferimento, sembra dar luogo ai requisiti di specialità e particolarità che consentirebbero di realizzare l'operazione -peraltro in tempi brevi- attraverso una trattativa privata mediante permuta.



2. La questione suesposta è stata già affrontata dallo Scrivente per l'analogo quesito postogli dal Dipartimento della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali e affrontato con parere n. 138 del 2005 reso con nota 8138 del 6 giugno 2005 che, ad ogni buon fine, si allega in copia.

Sulla richiesta consultazione, pertanto, si osserva quanto segue, essenzialmente riproducendo quanto osservato nel precedente parere n. 138 del 2005.

In primo luogo va rilevato che l'Istituzione in parola ha natura di ente pubblico non economico, come la stessa, d'altronde, evidenzia.

Pertanto l'Istituzione stessa non può non soggiacere alla normativa concernente i contratti posti in essere dalle pubbliche amministrazioni.

Ciò posto, acclarato che la fattispecie in esame non può sottrarsi alla normativa che regola i contratti delle pubbliche amministrazioni, occorre inquadrare la fattispecie medesima che, secondo i dati di fatto prospettati, appare quale permuta di bene presente con cosa futura, ovvero potrebbe venir inquadrata in una fattispecie contrattuale mista di vendita - appalto.

Dalla esposizione della problematica contenuta nella richiesta di parere -e dalla documentazione allegata alla stessa- non è chiaramente evincibile se la struttura che l'Istituzione in questione mira a conseguire sarà allocata sul terreno attualmente di proprietà della stessa ovvero su terreno attualmente di altro soggetto. Tuttavia, da quanto emerso dagli atti allegati alla richiesta di parere formulata dal Dipartimento regionale della famiglia, delle politiche sociali e delle autonomie locali sembrerebbe che le allocazioni delle strutture da assegnare alle istituzioni pubbliche interessate non siano previste nelle porzioni di terreno in atto di loro rispettiva proprietà. Pertanto, su tale presupposto, appare più aderente alla fattispecie la prospettazione di una permuta di cosa esistente contro bene futuro.

Va, in proposito, riferito che la possibilità della legittimazione delle amministrazioni pubbliche a stipulare contratti di compravendita di cose future, secondo la disciplina contenuta nell'art. 1472 c.c., è stata affrontata dal Consiglio di Stato, in Adunanza generale per la rilevanza dei principi di diritto coinvolti, con il parere n. 2 del 17 febbraio 2000.

In tale pronunzia, il supremo Consesso, passando in rassegna la normativa nazionale e quella comunitaria, nonché le posizioni e i pronunciamenti delle varie sezioni dell'organo medesimo, ha ritenuto che la normativa interna e quella comunitaria sui lavori pubblici non hanno cancellato la compravendita di cose future ("Ritiene, pertanto, l'adunanza, in punto di diritto, che l'istituto della compravendita di cosa futura non sia stato espunto dall'ordinamento con il sopravvenire della più recente legislazione sui lavori pubblici, salvo, poi, verificare se, in concreto, l'amministrazione abbia stipulato un contratto di vendita o di appalto: verifica che tuttavia va svolta sul piano del merito, secondo i criteri di rilevazione (intento delle parti, obbligazioni dedotte, ecc.) elaborati dalla giurisprudenza, i quali non intaccano ma anzi presuppongono la distinzione giuridica fra tipi negoziali giuridicamente ammissibili").

Tuttavia, l'Adunanza, tenendo conto anche delle preoccupazioni manifestate dalla magistratura contabile con un atteggiamento di forte disfavore per l'uso di tale istituto privatistico da parte di pubbliche amministrazioni, dal momento che tale forma contrattuale è correlata alla negoziazione mediante trattativa privata -"atteggiamento in buona parte condiviso dall'adunanza"- ha rilevato che "Tali preoccupazioni, tuttavia, non possono risolversi ad avviso della stessa adunanza nell'eliminazione di una forma giuridica (quella della compravendita di cosa futura), che mantiene intatte le sue caratteristiche nella sua perdurante vigenza giuridica, ma, più semplicemente, possono ricondursi alla necessità di apposizioni di rigorosi limiti esterni ed interni al potere di contrattare in quella stessa forma".

Conclude l'Adunanza generale, in tale parere, che tra le due ipotesi estreme di liberalizzazione del negozio di compravendita di immobile da realizzare e della sua riconduzione sic et simpliciter nell'ambito della disciplina degli appalti pubblici "possa ritenersi che l'esperibilità della vendita di cosa futura sia in astratto ammissibile, ma in concreto condizionata dalla ricorrenza di situazioni eccezionalissime e delle condizioni ................ le quali possono anzitutto riassumersi nella necessità -dettata dalla finalità di evitare intenti elusivi del principio tendenziale e generale del procedimento d'appalto- che l'amministrazione valuti preventivamente la possibilità di ricorrere alle procedure di realizzazione delle opere pubbliche e, ove ne verifichi la non praticabilità in relazione a specialissime, motivate e documentate esigenze di celerità, funzionalità ed economicità, scelga di acquisire l'immobile secondo il meccanismo della compravendita".

Analoghe considerazioni il Consiglio di Stato ha ribadito nella sentenza n. 816 del 1° marzo 2005, e le medesime conclusioni possono venir qui assunte.

Invero, indipendentemente dalla natura giuridica della complessa operazione, la problematica centrale è data dal ricorso alla trattativa privata, senza neppure il ricorso a forme di negoziazione concorsuale, a fronte della necessità per gli enti pubblici di ricorrere, in via di principio, alle gare pubbliche per i contratti da cui derivi un'entrata o una spesa.

Infatti, a termini dell'art. 3 del R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, e dell'art 37 del relativo Regolamento (R.D. 23 maggio 1924, n. 827), i contratti di vendita di beni di amministrazioni pubbliche vanno preceduti da pubblici incanti.

Analogamente, per le norme che regolano gli acquisti -e quelle che concernono l'affidamento di lavori- è normalmente richiesta la gara pubblica, particolarmente laddove gli importi in gioco superano le soglie cosiddette "comunitarie".

Tuttavia il ricorso alla trattativa privata, anche per tali contratti, è ammissibile in presenza di "speciali ed eccezionali circostanze" per le quali non possano essere utilmente seguite le forme ordinarie di negoziazione concorsuale (v. art. 6 R.D. 2440/1923 e art. 41 R.D. 827/1924; art. 9, comma 6, D. l.vo 24 luglio 1992, n. 358).

Deve ovviamente trattarsi di circostanze oggettive (v. Corte dei Conti, sez. controllo, det. n. 1 del 9/1/1996) che rendono impossibile, infruttuoso e antieconomico il ricorso alle ordinarie procedure, e che impongono un'ampia e dettagliata motivazione nella deliberazione a contrarre (Cons. di Stato, sez. V, 30 giugno 1997, n.760) anche con riguardo ai costi-benefici e alla avvenuta valutazione di altre possibili alternative utili al raggiungimento del risultato.

Come già ritenuto dallo Scrivente nel precedente parere n. 138 del 2005, pertanto, una alternativa teoricamente possibile potrebbe consistere in un accordo di programma tra gli enti pubblici coinvolti, tendente a definire un assetto globale dei rispettivi interessi ed ad una unitaria contrattazione nelle ordinarie forme con i soggetti privati che possano risultare interessati, anche ricorrendo alle previsioni dell'art. 19 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (nel testo applicabile in Sicilia per effetto della l.r. 2 agosto 2002, n.7 e successive modifiche ed integrazioni), che, al comma 16 prevede la possibilità del trasferimento della proprietà o altro diritto reale di immobili degli enti pubblici all'appaltatore quale corrispettivo dell'appalto.

Ove si accerti, comunque, che il complesso affare non possa venir realizzato in maniera sostanzialmente diversa da quella prospettata, anche in considerazione della destinazione urbanistica unitaria della zona e delle prescrizioni dl comune, occorrerà assumere tutte le cautele del caso.

Cautele che non si risolvono soltanto sul piano dei corretti comportamenti amministrativi (esaustività della motivazione, come detto; acquisizione dei pareri di congruità economica da parte dei competenti organi a ciò deputati; etc.), ma anche in cautele contrattuali da assumere da parte dell'ente, in particolare nella considerazione che la cessione attuale del fondo verso la (futura) acquisizione dell'immobile da realizzare -salvo conguaglio- determina un trasferimento attuale della proprietà da parte dell'ente contro un'assunzione attuale di una mera obbligazione da parte del soggetto realizzatore, in quanto l'acquisto della proprietà della struttura immobiliare si verificherà solo allorchè la cosa verrà ad esistenza (art. 1472 cod. civ.).

Se è vero che la vendita di cosa futura è nulla se la cosa non viene ad esistenza (art. 1472, secondo comma, cod. civ.) e che è stato ritenuto trascrivibile il contratto di vendita di cosa futura (Cass. 4497/1986), tuttavia, l'ente potrebbe restare egualmente esposto a conseguenze negative in ipotesi di fallimento o di inadempimento parziale dell'altro contraente, vuoi per il conseguimento del conguaglio in denaro vuoi per il completamento e definizione della struttura.

Pertanto occorrerà quantomeno condizionare la cessione attuale del fondo alla definitiva realizzazione della struttura, nonché adottare le altre clausole di cautela che riterranno i legali che assisteranno gli enti nella definizione dell'affare.

Nelle superiori considerazioni è il parere dello Scrivente.

A termini dell'art. 15 del regolamento approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo Scrivente acconsente alla diffusione del presente parere in relazione ad eventuali domande di accesso inerenti il medesimo.
Codesta Amministrazione vorrà comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca una lite, ovvero se intende differirne la pubblicazione sino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi. Decorso tale termine senza alcuna comunicazione in tal senso si consentirà la diffusione sulsito dell'Ufficio, giusta delibera di Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998.












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