Pos. III-V   Prot. N. 4226 / 57.11.05 



Oggetto: Stabilizzazione L.S.U. - Condanna penale - Ammissibilità all'impiego.




Allegati n...........................




ASSESSORATO REGIONALE DELLA FAMIGLIA,
DELLE POLITICHE SOCIALI E DELLE
AUTONOMIE LOCALI
Dipartimento regionale della famiglia, delle
politiche sociali e delle autonomie locali

PALERMO



1 - Con nota n. 269 dell'1 marzo c.a. del Servizio IV di codesto Dipartimento è stato chiesto l'avviso dello Scrivente sulla seguente questione.
In vista della stabilizzazione di personale L.S.U. utilizzato da un Comune di questa Regione, è stato sollevato il problema dell'ammissibilità all'impiego presso una pubblica amministrazione di un soggetto già condannato per un reato previsto dall'art. 15, comma 1, della legge n. 55 del 1990, nel testo sostituito dall'art. 1 c.1 della legge n. 16 del 1992, e per il quale sia stata dichiarata - con successiva ordinanza del Tribunale di sorveglianza - estinta la pena nonché ogni altro effetto penale.
Nel riportare quanto affermato dal Comune interessato, codesto Dipartimento motiva la richiesta di parere sul fatto che "tra le cause impeditive per l'accesso all'impiego...c'è anche quella di non essere stati condannati ad uno dei reati di cui all'art. 1 delle l. 16/92", facendo presente che in caso di mancata stabilizzazione del lavoratore dovrebbe dichiararsi la decadenza dello stesso dalle attività socialmente utili ai sensi dell'art. 9 del d. lgs. 81 del 2000.

2 - Dall'esame della normativa disciplinante i requisiti per l'acceso ai pubblici impieghi ( D.P.R. 3/57 art. 2 e D.P.R. 487/94 art. 2 ) si individuano i seguenti elementi impeditivi della costituzione di un rapporto di impiego : esclusione dall'elettorato politico attivo; precedente destituzione, dispensa o decadenza da impiego pubblico. In merito al primo elemento, viene effettuato un rinvio alla disciplina positiva sull'elettorato attivo di cui al D.P.R. 20 marzo 1967 n. 223 e succ. mod. che, all'art. 2, lo esclude in presenza di tassative situazioni. La ricorrenza di una di queste situazioni è automaticamente preclusiva della costituzione del rapporto. Che, del resto, i requisiti soggettivi per l'accesso al pubblico impiego siano definiti in termini univoci e tassativi dal legislatore, escludendo ogni forma di estensione discrezionale, risponde all'esigenza di garantire anche in questo campo i principi di uguaglianza e di buon andamento.
Nessuna norma tra quelle che regolano l'ammissione agli impieghi statuisce espressamente che l'esistenza di una condanna penale passata in giudicato, avvenuta in periodo antecedente all'instaurazione del rapporto d'impiego, sia ostativa alla nomina.
Tale impedimento è stato talvolta fatto discendere dalla sua assimilazione all' ipotesi di destituzione di diritto già prevista dall'art. 85 del T.U. impiegati civili dello Stato nonché all'ipotesi di decadenza già prevista dall'art. 15 c. 4 octies l. 55/90, nella considerazione che se una circostanza comporta il venir meno del rapporto d'impiego esistente, sarebbe illogico e contraddittorio consentire l'instaurazione di un rapporto destinato ad essere posto nel nulla da una successiva inevitabile destituzione.
Tale argomentazione, tuttavia, risulta ormai priva di fondamento a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 97 del 1988 che ha dichiarato l'illegittimità del suddetto art. 85, lett.a), nella parte in cui non prevede in luogo della destituzione di diritto l'apertura e lo svolgimento del procedimento disciplinare, nonché della sentenza n. 197 del 1993 che ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 15 c.4 octies della l. 55/90 ,introdotto dall'art. 1 l. 16/92, per gli stessi motivi.
Sorretta dalla ratio su cui si fondano le suddette pronuncie di illegittimità costituzionale, la giurisprudenza si è consolidata nell'affermazione che - ove manchi una espressa disposizione di legge che lo preveda - la sentenza penale di condanna per reati comportanti, a norma dell'art. 85 del D.P.R. n. 3 del 1957 citato, la destituzione dal pubblico impiego, non può considerarsi di per sé ostativa all'instaurazione del rapporto, essendo necessaria un'autonoma valutazione dell'Amministrazione sulla rilevanza dei reati commessi, sulla personalità e sulla successiva condotta dell'interessato, sul suo recupero morale, sul tempo trascorso dalla commissione del reato e sulla concreta influenza della condanna sull'attitudine ad espletare l'attività alla quale legittima il rapporto di pubblico impiego ( v. per tutte Consiglio di Stato, VI, 17 ott. 1997 n. 1487 ).
Da quanto sopra emerge che la costituzione del rapporto di pubblico impiego e la permanenza di esso non possono essere escluse, di per sé, dalla condanna penale per determinati reati, dovendo essere anch'esse in ogni caso precedute da una valutazione autonoma e specifica dell'Amministrazione circa l'influenza della condanna sull'attitudine dell'interessato ad espletare l'attività alla quale lo legittima il rapporto di pubblico impiego. Tale valutazione, del resto, è resa possibile dalla previsione dell'obbligo ( dichiarato tuttora sussistente da Cons. Stato VI, n. 1638 del 1994 ) ex art. 2 lett.d) D.P.R. n. 686 del 1957, di dichiarare nella domanda di ammissione ai concorsi tutte le eventuali condanne penali riportate dall'aspirante all'impiego.
E' appena il caso di sottolineare che nella fattispecie proposta è stata dichiarata estinta la pena ed ogni altro effetto penale. Vero è che, come rileva codesto Dipartimento, non si tratta di estinzione del reato né di riabilitazione, ma va considerato che il periodo trascorso in affidamento ai servizi sociali equivale alla detenzione che il condannato avrebbe dovuto subire in carcere: la detta pena detentiva si considera espiata a conclusione del periodo di affidamento, con conseguente estinzione della stessa. Può affermarsi, inoltre, che l'estinzione del reato ex art. 47 l. 354/75 ( oggetto della fattispecie in esame ) ha effetti estintivi di più ampia portata rispetto a quelli della riabilitazione che estingue "le pene accessorie ed ogni altro effetto penale della condanna" (art. 178 c.p. ).
A parere dello Scrivente sarebbe contrastante con la finalità della rieducazione, del recupero morale e sociale del condannato e del suo reinserimento nella vita civile considerare irrilevante l'estinzione della pena intervenuta nel caso di specie.
Sarà, comunque, onere dell'Amministrazione valutare i fatti posti a base della sentenza onde desumerne il giudizio circa l'idoneità morale e l'attitudine ad espletare l'attività di pubblico impiegato dello stabilizzando l.s.u..
In caso negativo, relativamente all'affermazione del Comune richiedente, concernente l'obbligo di chiedere ai sensi dell'art. 9 del d. lgs. 81/2000 la decadenza dalle attività socialmente utili del soggetto in parola, si osserva che la disciplina sanzionatoria prevista del detto art. 9 è dettata per ipotesi di rifiuto degli interessati dell'offerta di lavoro o dell'invito a presentarsi a colloqui di selezione o ad attività formative.
E' appena il caso di rilevare, infine, che l'art. 1 della legge n. 16 del 1992 citato in premessa risulta abrogato dall'art. 274 del d. lgs. n.. 267 del 2000 che, per quanto qui interessa, ha normato la materia agli artt. 58, 59 e 94.

3 - A' termini dell'art. 15 del regolamento approvato con D.P.Reg. 16 giugno 1998, n. 12, lo Scrivente acconsente alla diffusione del presente parere in relazione ad eventuali domande di accesso inerenti il medesimo.
Codesta Amministrazione vorrà comunicare, entro novanta giorni dalla ricezione, l'eventuale possibilità che il parere stesso inerisca una lite, ovvero se intende differirne la pubblicazione sino all'adozione di eventuali provvedimenti amministrativi. Decorso tale termine senza alcuna comunicazione in tal senso si consentirà la diffusione sulla banca dati "FONS", giusta delibera di Giunta regionale n. 229 dell'8 luglio 1998.





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