REPUBBLICA ITALIANA
GAZZETTA UFFICIALE
DELLA REGIONE SICILIANA

PARTE PRIMA
PALERMO - SABATO 6 FEBBRAIO 1999 - N. 6
SI PUBBLICA DI REGOLA IL SABATO

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ASSESSORATO DELL'AGRICOLTURA E DELLE FORESTE


DECRETO 28 dicembre 1998.
Riconoscimento di prodotti a base di latte come prodotti storici fabbricati tradizionalmente.

ALLEGATO

Denominazione del prodotto:  Ragusano D.O.P. 
Legislazione:  Il ragusano è stato riconosciuto tipico dal D.P.R. n. 1269 del 30 ottobre 1955, con decreto 2 maggio 1995 è stato riconosciuto D.O. ed infine con Regolamento CEE n. 1263 dell'1 luglio 1996 ha beneficiato della denominazione di origine protetta (DOP). Il riconoscimento ufficiale prevede la denominazione di "Ragusano" perdendo quella storica "Caciocavallo". 
Attrezzature storiche:  Tina di legno, bastone di legno "rotula", contenitore di rame stagnato di varie dimensioni "iaruozzu", contenitore di legno "pisaquagniu" (pesa caglio), contenitore in creta per conservare il caglio "quagnialuoru", contenitore di legno per la formatura dei formaggi "mastredda", piccolo tino di legno o rame stagnato per filare "staccio", bastone di legno "manovella", materiale in legno per dare forma al formaggio "muolitu", tavolette di legno "cugni", formetta di legno per la marchiatura "marchiu". Vasche di cemento per la salamoia. Fuoco diretto legna-gas. 
Locali di stagionatura:  Vengono detti "maizzè", locali freschi, umidi e ventilati a volte "interrati", si riscontrano inoltre cantine e grotte naturali con pareti geologiacamente naturali dove i formaggi a coppia vengono appesi a "cavallo" di una trave di legno legati con funi di "liama" o corde di "cannu", di "zammarra" o di cotone. Si riscontrano inoltre impalcature, scaffali ed attrezzi in legno o altro materiale vegetale per la pulizia e la manipolazione del formaggio durante la maturazione e stagionatura. 
Brevi cenni storici:  Storicamente denominato caciocavallo ragusano è uno dei formaggi più antichi dell'isola e si pensa che il nome derivi dall'asciugatura a cavalcioni ("a cavaddu') di un'asse e dal nome della zona di produzione (Ragusa). Questo formaggio dal sapore amabile e peculiare è stato oggetto sin dal XIV secolo di un fiorente commercio oltre i confini del Regno di Sicilia. Già nel 1515 Carmelo Trasselli in "Ferdinando il Cattolico e Carlo V" racconta di una "esenzione dai dazi" anche per il caciocavallo ragusano e pertanto già oggetto di notevole commercio. Ancora il Trasselli in "Note sui Ragusei in Sicilia" riporta documenti del "Notaio Gaetano, F. 106" che riferisce ancora del commercio via nave del caciocavallo. Nell'opera dell'abate Paolo Balsamo risalente al 1808 veniva sottolineato "la bontà dei bestiami di Modica" ed i "prodotti di cacio e ricotta, superiori di cinquanta per cento ai comuni, e di venticinque per cento ai migliori di Sicilia". Ed ancora Filippo Garofalo nel 1856 cita la fama e la squisitezza dei caci e delle ricotte del Ragusano. 
Tipologia:  Formaggio a pasta filata 
Area di produzione:  L'intero territorio della provincia di Ragusa ed i comuni di Noto, Palazzolo Acreide e Rosolini in provincia di Siracusa. 

Linee principali tecnologia di produzione:
-  specie/razza:  Vacca; 
-  materia prima:  Latte intero, crudo; 
-  microflora:  Naturale; 
-  caglio:  Pasta di agnello e/o capretto; 
-  sistema di alim. preval.:  Pascoli naturali dell'altopiano ibleo, ricchi di essenze spontanee, ed anche pascoli coltivati con integrazione in stalla di foraggi e concentrati in quantità variabile rispetto alla stagione foraggera.  

Principali peculiarità storiche sulla tecnologia di caseificazione: Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 9 giugno 1995, n. 133.
Riferimenti storici:
-  Antonino Uccello: "Bovari, Pecorari, Curatoli" Cultura Casearia in Sicilia, Stass Palermo, 1980.
-  Carmelo Trasselli: "Ferdinando il Cattolico e Carlo V" - La esperienza siciliana vol. 1, 1475-1525.
-  Filippo Garofalo: "Discorsi sopra l'antica e moderna Ragusa", (Palermo-Stabilimento tipografico di Francesco Lao), 1856.
-  Carmelo Trasselli: "Note sui Ragusei in Sicilia" 1530, estratto da "Economia e storia, rivista italiana di storia economica", 1965.
-  ARAS "I formaggi tipici di Sicilia" Palermo, 1986.
-  Vizzardi- Maffeis "Formaggi Italiani", Edizioni Agricole 1990.
-  Istituto nazionale sociologia rurale: "Atlante dei prodotti tipici: I formaggi", Franco Angeli, 1990.
-  CNR: "I prodotti caseari del Mezzogiorno", 1992.
-  Ministero agricoltura e foreste: "I formaggi DOC italiani" edito da UNALAT in collaborazione con l'INSOR, Franco Angeli, 1992.
-  Licitra Giuseppe "A strategy for managing forages and dairy cows to produce Ragusano cheese in Sicily". Ph.D. Thesis. Cornell University, 1995.
-  Monografia del Progetto Ibleo "Indagine conoscitiva sulla tecnologia di trasformazione casearia del formaggio Ragusano" Ragusa, 1997.
Denominazione del prodotto:  Provola Ragusana 
Attrezzature storiche:  Tina di legno, bastone di legno "rotula", contenitore di rame stagnato di varie dimensioni "iaruozzu", contenitore di legno "pisaquagniu" (pesa caglio), contenitore in creta per conservare il caglio "quagnialuoru", contenitore di legno "mastredda", piccolo tino di legno o rame stagnato per filare "staccio", bastone di legno "manovella". Fuoco diretto legna-gas. 
Brevi cenni storici:  La provola ragusana è uno dei formaggi più antichi dell'isola. L'abate Paolo Balsamo nel suo: "Viaggio fatto in Sicilia e particolarmente nella Contea di Modica", nel 1080, racconta di una fiorente tradizione casearia di formaggi e ricotta tipica dell'altopiano degli Iblei. 
Tipologia:  Formaggio a pasta filata. 
Area di produzione:  L'intero territorio della provincia di Ragusa ed i comuni di Noto, Palazzolo Acreide e Rosolini in provincia di Siracusa. 

Linee principali tecnologia di produzione:
-  specie/razza:  Vacca; 
-  materia prima:  Latte intero, crudo; 
-  microflora:  Naturale; 
-  caglio:  Pasta di agnello e/o capretto; 
-  sistema di alim. preval.:  Pascoli naturali dell'altopiano ibleo, ricchi di essenze spontanee, ed anche pascoli coltivati con integrazione in stalla di foraggi e concentrati in quantità variabile rispetto alla stagione foraggera; 
-    La provola ragusana viene prodotta con tecniche tradizionali. Il latte di una o due mungiture coagula in una tina di legno a 34°C con caglio in pasta di agnello e/o capretto. La cagliata viene rotta con la "rotula" e si fa spurgare in fiscelle poste su un tavoliere di legno, "mastredda", dopo circa due ore viene cotta con la scotta a 80°C per circa 85'. Trascorso questo tempo viene estratta con le mani e posta nella mastredda a maturare fino al giorno successivo nel quale sarà filata dentro lo "staccio" con l'ausilio di un bastone di legno "manovella" e formata con le mani; 
- salatura:  In salamoia satura per circa 24 ore. In qualche caso si riscontra l'aggiunta di sale nella cagliata durante il processo di caseificazione. 
Caratteristiche del prodotto:  Forma a pera. La crosta è sottile, liscia e di colore giallo ambrato. La pasta è di colore giallo paglierino, compatta. L'odore è gradevole ed il sapore dolce e delicato. Pesa circa 0.5-1 Kg. 

Riferimenti storici:
-  Filippo Garofalo: "Discorsi sopra l'antica e moderna Ragusa", (Palermo-Stabilimento tipografico di Francesco Lao), 1856.
-  Uccello Antonino: "Bovari, Pecorari, Curatuli" Cultura Casearia in Sicilia, Stass Palermo, 1980.
-  Associazione regionale allevatori "I formaggi tipici di Sicilia" Palermo, 1986.
-  Istituto nazionale sociologia rurale: "Atlante dei prodotti tipici: I formaggi", Franco Angeli, 1990.
-  CNR: "I prodotti caseari del Mezzogiorno" 1992.
Denominazione del prodotto:  Cosacavaddu Rausanu (Caciocavallo Ragusano) 
Attrezzature storiche:  Tina di legno, bastone di legno "rotula", contenitore di rame stagnato di varie dimensioni "iaruozzu", contenitore di legno "pisaquagniu" (pesa caglio), contenitore in creta per conservare il caglio "quagnialuoru", contenitore di legno per la formatura dei formaggi "mastredda", piccolo tino di legno o rame stagnato per filare "staccio", bastone di legno "manovella", materiale in legno per dare forma al formaggio "muolitu", tavolette di legno "cugni", formetta di legno per la marchiatura "marchiu". Vasche di cemento per la salamoia. Fuoco diretto legna-gas. 
Locali di stagionatura:  Vengono detti "maizzè", locali freschi, umidi e ventilati a volte "interrati", si riscontrano inoltre cantine e grotte naturali con pareti geologiacamente naturali dove i formaggi a coppia vengono appesi a "cavallo" di una trave di legno legati con funi di "liama" o corde di "cannu", di "zammarra" o di cotone. Si riscontrano inoltre impalcature, scaffali ed attrezzi in legno o altro materiale vegetale per la pulizia e la manipolazione del formaggio durante la maturazione e stagionatura. 
Denominazioni ricorrenti de-  Fresco entro 2 mesi. rivanti da diversi stadi di Semi-stagionato fino a 6 mesi. salatura/stagionatura: Stagionato oltre 6 mesi. 
Brevi cenni storici:  Storicamente denominato caciocavallo ragusano è uno dei formaggi più antichi dell'isola e si pensa che il nome derivi dall'asciugatura a cavalcioni ("a cavaddu") di un'asse che dal nome della zona di produzione (Ragusa). Questo formaggio dal sapore amabile e peculiare è stato oggetto sin dal XIV secolo di un fiorente commercio oltre i confini del Regno di Sicilia. Già nel 1515 Carmelo Trasselli in "Ferdinando il Cattolico e Carlo V" racconta di una "esenzione dai dazi" anche per il caciocavallo ragusano e pertanto già oggetto di notevole commercio. Ancora il Trasselli in "Note sui Ragusei in Sicilia" riporta documenti del "Notaio Gaetano, F.106" che riferisce ancora del commercio via nave del caciocavallo. Nell'opera dell'abate Paolo Balsamo risalente al 1808 veniva sottolineato "la bontà dei bestiami di Modica" e i "prodotti di cacio e ricotta, superiori di cinquanta per cento ai comuni, e di venticinque per cento ai migliori di Sicilia". Ed ancora Filippo Garofalo nel 1856 cita la fama e la squisitezza dei caci e delle ricotte del ragusano.  
Tipologia:  Formaggio a pasta filata. 
Area di produzione:  L'intero territorio della provincia di Ragusa ed i comuni di Noto, Palazzolo Acreide e Rosolini in provincia di Siracusa. 

Linee principali tecnologia di produzione:
-  specie/razza:  Vacca; 
-  materia prima:  Latte intero, crudo; 
-  microflora:  Naturale; 
-  caglio:  Pasta di agnello e/o capretto; 
-  sistema di alime. preval.:  Pascoli naturali dell'altopiano ibleo, ricchi di essenze spontanee, ed anche pascoli coltivati con integrazione in stalla di foraggi e concentrati in quantità variabile rispetto alla stagione foraggera; 
-    Il "Cosacavaddu Rausanu" viene prodotto con tecniche tradizionali. Il latte di una o due mungiture coagula in una tina di legno a 34°C con caglio in pasta di agnello e/o capretto. La cagliata viene rotta con la "rotula" e si fa spurgare in fiscelle poste su un tavoliere di legno, "mastredda", dopo circa due ore viene cotta con la scotta a 80°C per circa 105'. Trascorso questo tempo la cagliata viene estratta con le mani e posta nella mastredda a maturare fino al giorno successivo. Prima della filatura la cagliata viene tagliata a fette e posta nello "staccio" e con l'ausilio di un bastone di legno "manovella" e di aggiunta di acqua calda viene lavorata con le mani. La sfera di pasta, ben chiusa dalle mani esperte del casaro, viene deposta nella "mastredda" di legno dove acquisirà la storica forma a parallelepipedo. Il giorno dopo viene immerso in salamoia; 
-  salatura:  In salamoia satura per circa 24 ore per un periodo variabile secondo il peso della forma; 
Caratteristiche del prodotto:  Forma a parallelepipedo con angoli smussati. La crosta liscia, sottile e compatta di colore giallo dorato o paglierino che diventa più scuro con l'avanzare della stagionatura; viene cappata con olio di oliva. La pasta è di colore giallo paglierino, compatta. Il sapore è decisamente gradevole, dolce, delicato poco piccante nei primi mesi di stagionatura; tendente al piccante con l'avanzare della stagionatura. Pesa variabile da 10 a 16 Kg.  

Riferimenti storici:
-  Uccello Antonino: "Bovari, Pecorari, Curatuli" Cultura Casearia in Sicilia, Stass Palermo, 1980.
-  Carmelo Trasselli: "Ferdinando il Cattolico e Carlo V" -La esperienza siciliana vol. 1, 1475-1525.
-  Filippo Garofalo: "Discorsi sopra l'antica e moderna Ragusa", (Palermo-Stabilimento tipografico di Francesco Lao), 1856.
-  Carmelo Trasselli: "Note sui Ragusei in Sicilia" 1530, estratto da "Economia e storia, rivista italiana di storia economica", 1965.
-  ARAS "I formaggi tipici di Sicilia" Palermo, 1986.
-  Vizzardi- Maffeis "Formaggi Italiani", Edizioni Agricole, 1990.
-  Istituto nazionale sociologia rurale: "Atlante dei prodotti tipici: I formaggi", Franco Angeli, 1990.
-  CNR: "I prodotti caseari del Mezzogiorno", 1992.
-  Ministero agricoltura e foreste: "I formaggi DOC italiani" edito da UNALAT in collaborazione con l'INSOR, Franco Angeli, 1992.
-  Licitra Giuseppe "A strategy for managing forages and dairy cows to produce Ragusano cheese in Sicily". Ph.D Thesis. Cornell University, 1995.
-  Monografia del Progetto Ibleo "Indagine conoscitiva sulla tecnologia di trasformazione casearia del formaggio Ragusano" Ragusa, 1997.0
Denominazione del prodotto:  Palermitano 
Attrezzature storiche:   Tina di legno, bastone di legno "rotula", recipiente di legno per la pressatura "cisca", graticcio di canne "cannara", bastone di legno "appizzatuma", bastone di legno "vaciliatuma", contenitore per la filatura "piddiaturi", tavole e contenitore di legno "tavoliere", caldaia di rame stagnato. Fuoco diretto legna-gas. 
Locali di stagionatura:   La stagionatura avviene in locali tradizionali, dai muri spessi che li rendono molto freschi, umidi e ventilati a volte "interrati", si riscontrano inoltre cantine e grotte naturali con pareti geologicamente naturali dove i formaggi vengono poggiati su ripiani di legno. 
Brevi cenni storici:  Il Trasselli in "Alcuni calmieri palermitani del '400" riferisce che già dal marzo del 1412 si riscontra un chiaro riferimento a questo formaggio, addirittura differenziandolo da altri quali il cacio vacchino e cacio pecorino. Si possono riscontrare cenni storici che riportano l'uso del palermitano sia sulle mense delle monache che in quelle dei nobili come cibo particolarmente pregiato. Era considerato infatti un prodotto di alto valore nutritivo adatto ai rinfreschi offerti da principi e baroni ed era inoltre utilizzato come merce di scambio nei contratti di affitto. 
Tipologia:  Formaggio a pasta filata. 
Area di produzione:  La provincia di Palermo ed alcuni comuni della provincia di Trapani con punte di maggiore produzione nella zona di Godrano e Cinisi. 

Linee principali tecnologia di produzione:
-  specie/razza:  Vacca; 
-  materia prima:  Latte intero, crudo; 
-  microflora:  Naturale; 
-  caglio:  Pasta di agnello o capretto; 
-  sistema di alim. preval.:  Pascolo naturale e coltivato con integrazione in stalla di foraggi e concentrati in quantità variabile rispetto alla stagione foraggera; 
-    Il palermitano viene prodotto con tecniche tradizionali utilizzando antichi utensili. Il latte coagula in una tina di legno a 35°C con caglio in pasta di agnello. La cagliata viene fatta spurgare con l'ausilio di un particolare recipiente di legno, "cisca", viene poi cotta sotto scotta per circa 4 ore, dopo viene posta su un graticcio di canne "cannara" per poterla pressare; la pasta ottenuta è appesa ad un bastone di legno "appizzatuma" per favorire lo spurgo del siero. Il giorno dopo viene tagliata, messa nel "piddiaturi", contenitore per la filatura, e filata con la scotta e l'ausilio di un bastone di legno "vaciliatuma". La sfera di pasta, ben chiusa dalle mani esperte del casaro, viene deposta sul "tavoliere" di legno dove acquisirà la storica forma a parallelepipedo. Il giorno dopo viene immerso in salamoia; 
-  salatura:  In salamoia satura per un periodo variabile secondo il peso, per un massimo di 10-12 giorni; 
-  stagionatura:  Da 1 a 4 mesi per il semi-stagionato, oltre 4 mesi per lo stagionato; 
Caratteristiche del prodotto:  Forma parallelepipeda. La crosta è sottile, liscia e di colore ambrato. La pasta è di colore giallo paglierino, compatta, tenace e con sfogliature a stagionatura avanzata. L'odore è fragrante caratteristico ed il sapore piccante. Pesa circa 8-12 Kg. 

Riferimenti storici:
-  Plinio il Vecchio: "Naturalis Historia" (libro 11°).
-  Pietro dè Crescenzi: "Liber ruralium commodorum", 1294.
-  Omero: "Odissea" (libro 9°), X-IX sec. a. C., Onorato Castellino - Vincenzo Peloso, Officine Grafiche 1950.
-  Virgilio: "Bucoliche e Georgiche" (Egloga V e libro 3°), 37-30 a. C/42-39 a.C., Lorenzo Giudice, 1954.
-  Gallo: "Le venti giornate dell'agricoltura e dei piaceri della villa", IV sec. d.C.
-  Archivio comunale di Palermo, vol. 23 n. 2; Calmiere imposto dai giurati e probiviri per la vendita al minuto nei mercati - 21 marzo 1412.
-  Carmelo Trasselli: "Calmiere dei viveri al minuto a Palermo", 1412-1440 da archivio comunale di Palermo.
-  Carmelo Trasselli: "Alcuni calmieri palermitani del '400", estratto da: Economia e storia, rivista italiana di storia economia e sociale, anno 1968, fasc. 3.
-  Ignazio Gattuso: "Economia e società rurale della Sicilia, secoli XVI-XI.
-  Notaio Guglielmo Mazzapiedi, 5 novembre XIV secolo, ind. 1421; archivio di stato di Palermo, vol. 839, f. 103.
-  Notaio Luca Cuccia, 25 agosto XIV secolo, ind. 1601; archivio di Stato di Palermo, V. st. vol. 1022, f. 485 V.
-  Rilievo dell'università di Mezzojuso (appendice n. 5) citato in Ignazio Gattuso: "Economia e società in un comune rurale della Sicilia; secoli XVI-XIX". Tumminelli Editore Palermo.
-  Archivio delle collegiate di Monreale, vol. S.C.A. 1 bis.
-  Uccello Antonino "Bovari, Pecorari e Curatuli" Cultura Casearia in Sicilia, Stass, Palermo, 1980.
-  ARAS "I formaggi tipici di Sicilia" Palermo ,1986.
-  Vizzardi-Maffeis "Formaggi italiani", Edizioni Agricole, Bologna,1990.
-  Istituto nazionale sociologia rurale: "Atlante dei prodotti tipici: I formaggi", Franco Angeli, Milano, 1990.
-  CNR: "I prodotti caseari del Mezzogiorno", 1992.
-  Ministero agricoltura e foreste: "I formaggi DOC italiani" edito da UNALAT in collaborazione con l'INSOR, Franco Angeli, Milano, 1992.
Denominazione del prodotto:  Vastedda Palermitana 
Attrezzature storiche:  Tina di legno, bastone di legno "rotula", recipiente di legno per la pressatura "cisca", graticcio di canne "cannara", bastone di legno "appizzatuma", bastone di legno "vaciliatuma", recipiente di legno "piddiaturi", caldaia di rame stagnato. Tavole e contenitore di legno "tavoliere". Fuoco diretto legna-gas. 
Brevi cenni storici:  Le sue origini risalgono alla produzione del caciocavallo palermitano. La vastedda, infatti, si ottiene da una lavorazione molto simile a quella del caciocavallo palermitano la cui differenza diventa tangibile nel momento della filatura della pasta dove le mani esperte conferiscono alla massa una forma ovoidale più o meno spessa, chiamata appunto Vastedda.  
Tipologia:  Formaggio fresco a pasta filata. 
Area di produzione:  La provincia di Palermo ed alcuni comuni della provincia di Trapani. 

Linee principali tecnologia di produzione:
-  specie/razza:  Vacca; 
-  materia prima:  Latte intero, crudo; 
-  microflora:  Naturale; 
-  caglio:  Pasta di agnello o capretto; 
-  sistema di alim. preval.:  Pascolo naturale e coltivato con integrazione di foraggi e concentrati in stalla in quantità variabile rispetto alla stagione foraggera; 
-    La vastedda palermitana prodotta con tecniche tradizionali prevede la coagulazione del latte in una tina di legno a 35°C con caglio in pasta di agnello. La cagliata viene fatta spurgare con l'ausilio di un particolare recipiente di legno, "cisca", viene poi cotta sotto scotta per circa 4 ore, dopo viene posta su un graticcio di canne "cannara" per poterla pressare; la pasta ottenuta è appesa ad un bastone di legno "appizzatuma" per favorire lo spurgo del siero. Il giorno dopo viene tagliata, messa nel "piddiaturi", contenitore per la filatura, e filata con l'ausilio di un bastone di legno "vaciliatuma". La vastedda modellata a mano per acquisire la forma ovoidale viene successivamente lasciata asciugare sul tavoliere di legno. Il giorno dopo viene salata; 
-  salatura:  In salamoia satura per circa 2-4 ore. Posta ad asciugare dopo 48 ore è pronta da consumare; 
Caratteristiche del prodotto:  Forma ovoidale più o meno spessa dalla pasta color avorio. Il sapore è acidulo e fresco. Pesa circa 1 Kg. 

Riferimenti storici:
-  Archivio comunale di Palermo, vol. 23 n. 2; Calmiere imposto dai giurati e probiviri per la vendita al minuto nei mercati - 21 marzo 1412.
-  Uccello Antonino "Bovari, Pecorari e Curatuli" Cultura Casearia in Sicilia, Stass, Palermo, 1980.
- ARAS "I formaggi tipici di Sicilia" Palermo, 1986.
-  Istituto nazionale sociologia rurale: "Atlante dei prodotti tipici: I formaggi", Franco Angeli, Milano, 1990.
-  C.N.R.: "I prodotti caseari del Mezzogiorno", 1992.
Denominazione del prodotto:  Caci Figurati 
Attrezzature storiche:  Tina di legno, rotula di legno e/o brocca, cisca di legno, coltello di legno, canestro di giunco, graticcio di canne, bastone di legno "appizzatuma", recipiente di legno "piddiaturi", bastone di legno, tavoliere di legno, caldaia di rame stagnato. Fuoco diretto legna-gas. 
Brevi cenni storici:  I caci figurati vengono descritti dallo storico Antonino Uccello nel suo libro "Bovari, pecorari e curatuli" che ha personalmente raccolto testimonianze di vecchi casari sul mantenimento delle antiche tecniche di produzione di questi formaggi. Nella zona dei Nebrodi è usanza antica la produzione di caci figurati che fecero il loro ingresso ufficiale nella "Mostra etnografica siciliana" di Palermo nel 1892. In Contessa Entellina i casari si specializzarono in piccole opere d'arte plasmando la pasta filata in pregiate figure di cavallucci, cerbiatti e gallinelle. 
Tipologia:  Formaggio a pasta filata. 
Area di produzione:  Monti Nebrodi e provincia di Palermo. 

Linee principali tecnologia di produzione:
-  specie/razza:  Vacca; 
-  materia prima:  Latte intero, crudo; 
-  microflora:  Naturale; 
-  caglio:  Pasta di agnello e/o capretto; 
-  sistema di alim. preval.:  Pascolo naturale e coltivato con integrazione di foraggi e concentrati in stalla in quantità variabile rispetto alla stagione foraggera; 
-    I caci figurati seguono lo stesso processo di caseificazione della provola dei Nebrodi e del Palermitano, ma ovviamente si differiscono dopo la fase di filatura, dove il casaro-artista si dedica alla definizione delle diverse figure di pasta casearia; 
- salatura:  Salamoia satura; 
Caratteristiche del prodotto:  Crosta sottile di colore giallo paglierino tendente al giallo ambrato. La pasta è bianca tendente al paglierino, la consistenza è morbida e compatta. Il sapore è dolce e delicato. Pesa circa 0,5 Kg. Hanno soprattutto un valore di rappresentanza folkloristica in quanto possono essere dei doni speciali in altrettanti momenti. 

Riferimenti storici:
-  Pitrè "Il Vespro" capitolo XII pag. 192. 1886.
-  Rubino B. "Figurine di caciocavallo", in Varietas, anno V, n. 54, Milano, 1908.
-  Uccello Antonino "Bovari, Pecorari, Curatuli". Cultura casearia in Sicilia, Stass, Palermo, 1980.
Denominazione del prodotto:  Provola Siciliana 
Attrezzature storiche:  Tina di legno, bastone di legno "rotula", contenitore di legno "mastredda", piccolo tino di legno o rame stagnato per filare "staccio", bastone di legno "manovella". Fuoco diretto legna-gas. 
Brevi cenni storici:  La provola siciliana assieme al caciocavallo è uno dei formaggi più antichi dell'isola. Essa differisce dal caciocavallo per pezzatura, forma, e dal punto di vista tecnologico, per una ridotta durata della salatura e della stagionatura. 
Tipologia:  Formaggio a pasta filata. 
Area di produzione:  L'intero territorio siciliano. 

Linee principali tecnologia di produzione:
-  specie/razza:  Vacca principalmente di razza modicana; 
-  materia prima:  Latte intero, crudo; 
-  microflora:  Naturale; 
-  caglio:  Pasta di agnello e/o capretto; 
Sistema di alim. preval.:  Pascolo naturale ricco di essenze spontanee  
-    La provola siciliana viene prodotta con tecniche tradizionali. Il latte coagula in una tina di legno a 34-37°C con caglio in pasta di agnello e/o capretto. La cagliata dopo la cottura è posta a maturare e spurgare per circa 3-4 ore su tavolieri di legno. La filatura è manuale e le provole vengono modellate a mano nella tipica forma affusolata a pera con testina; 
-  salatura:  In salamoia satura per un tempo variabile da 4 a 6 ore circa in rapporto alla pezzatura. 
Caratteristiche del prodotto:  Forma a pera. La crosta è sottile, liscia e di colore giallo ambrato. La pasta è di colore giallo paglierino, compatta. L'odore è gradevole ed il sapore dolce e delicato. Pesa circa 1 Kg. 

Riferimenti storici:
-  Uccello Antonino: "Bovari, Pecorari, Curatuli". Cultura casearia in Sicilia, Stass, Palermo, 1980.
-  Istituto nazionale sociologia rurale: "Atlante dei prodotti tipici: I formaggi", Franco Angeli, 1990.
-  CNR: "I prodotti caseari del Mezzogiorno", 1992.
Denominazione del prodotto:  Provola dei Nebrodi 
Attrezzature storiche:  Tina di legno, bastone di legno "rotula" e/o brocca, recipiente di legno "cisca", coltello di legno, canestro di giunco, graticcio di canne, bastone di legno "appizzatuma", recipiente di legno "piddiaturi", bastone di legno "manuvedda", tavoliere di legno, caldaia di rame stagnato. Fuoco diretto legna-gas. 
Locali di stagionatura:  La stagionatura avviene in locali tradizionali dai muri spessi che li rendono molto freschi dove il formaggio viene appeso a "cavallo" di una pertica per tutto il periodo della stagionatura. 
Brevi cenni storici:  La provola dei Nebrodi ha le sue origini nella zona di Floresta e si è successivamente diffusa nelle aree limitrofe. Lo storico Antonino Uccello nel suo libro "Bovari, pecorari e curatuli" ha personalmente raccolto testimonianze di vecchi casari sul mantenimento delle antiche tecniche di produzione di questo formaggio. Nella zona dei Nebrodi è usanza antica apportare una variante alla produzione della provola destinando la tuma alla produzione di caci figurati che fecero il loro ingresso ufficiale nella "Mostra etnografica siciliana" di Palermo nel 1892.  
Tipologia:  Formaggio a pasta filata. 
Area di produzione:  Ucria, Montalbano Elicona, Basicò, Floresta, Tortorici, Patti, San Piero Patti, Librizzi, Galati Mamertino, Alcara Li Fusi, Roccella Valdemone, Tripi, Mirto, Longi, Castell'Umberto, S. Teodoro, Naso, S. Fratello, Caronia, Cesarò, Capizzi, Mistretta, Santa Domenica Vittoria, Raccuia. 

Linee principali tecnologia di produzione:
-  specie/razza:  Vacca; 
-  materia prima:  Latte intero, crudo; 
-  microflora:  Naturale; 
-  caglio:  Pasta di capretto e/o agnello; 
-  sistema di alim. preval.:  Pascolo naturale e coltivato con integrazione di foraggi e concentrati in stalla in quantità variabile rispetto alla stagione foraggera; 
-    La provola dei Nebrodi è un formaggio a pasta filata famosa per la dimensione, 4-5 Kg., ed è inoltre l'unica provola ad essere stagionata. Ha una forma molto particolare, oblunga a pera sormontata da un breve collo con la testa a palla. Talvolta è d'uso mettere nell'anima della provola un limone verdello, che conferirà al prodotto stagionato il caratteristico profumo dell'agrume, oppure del burro; 
-  salatura:  Salamoia satura; 
-  stagionatura:  Almeno 10 giorni fino a un mese per il fresco, 3-4 mesi per il semi-stagionato, oltre per lo stagionato. 
Caratteristiche del prodotto:  Crosta sottile di colore giallo paglierino tendente al giallo ambrato con l'avanzare della stagionatura. Ha un odore inconfondibile, la pasta è bianca tendente al paglierino, la consistenza è morbida e compatta. Il sapore è dolce e delicato, lievemente acidulo tendente al piccante. Pesa circa 4-5 Kg., si riscontrano comunque anche pesi superiori. 

Riferimenti storici:
-  Rubino B. "Figurine di caciocavallo", in Varietas, anno V, n. 54, Milano, 1908.
-  Uccello Antonino "Bovari, pecorari, curatuli". Cultura casearia in Sicilia, Stass, Palermo, 1980.
-  Istituto nazionale sociologia rurale: "Atlante dei prodotti tipici: I formaggi", Franco Angeli, 1990.
-  C.N.R.: I prodotti caseari del Mezzogiorno, 1992.
Denominazione del prodotto:  Provola delle Madonie 
Attrezzature storiche:  Tina di legno, bastone di legno "rotula" e/o brocca, recipiente di legno "cisca", coltello di legno, canestro di giunco, graticcio di canne, bastone di legno "appizzatuma", recipiente di legno "piddiaturi", bastone di legno "manuvedda", tavoliere di legno, caldaia di rame stagnato. Fuoco diretto legna-gas. 
Locali di stagionatura:  La stagionatura avviene in locali tradizionali freschi e ventilati dove il formaggio viene appeso a "cavallo" di una pertica per tutto il periodo della stagionatura. 
Brevi cenni storici:  La provola delle Madonie è un prodotto storico di quest'area la cui tradizionale tecnica di caseificazione è illustrata sia da Mario Giacomarra che da Antonino Uccello. 
Tipologia:  Formaggio a pasta filata. 
Area di produzione:  Monti Madonie (S. Mauro Castelverde, Gangi, Collesano, Caltavuturo, Scillato, Polizzi Generosa, Petralia Sottana, Petralia Soprana, Alimena, Blufi, Bompietro, Isnello, Gratteri, Castelbuono, Geraci Siculo, Pollina, Castellana Sicula). 

Linee principali tecnologia di produzione:
-  specie/razza:  Vacca; 
-  materia prima:  Latte intero, crudo; 
-  microflora:  Naturale; 
-  caglio:  Pasta di agnello; 
-  sistema di alim. preval.:  Pascolo naturale e coltivato con integrazione di foraggi e concentrati in stalla. 
-    La provola delle Madonie è prodotta ancora in modo artigianale dalle mani esperte di casari locali che si tramandano da padre in figlio le antiche tecniche casearie. E' di piccole dimensioni, circa 1 Kg, con un breve collo con la testa lavorata a palla; 
-  salatura:  Salamoia satura; 
-  stagionatura:  10-15 giorni  
Caratteristiche del prodotto:  Crosta sottile di colore giallo paglierino. La pasta è bianca tendente al paglierino, la consistenza è morbida e compatta. Il sapore è dolce e delicato. Pesa circa 1-1.2 Kg. 

Riferimenti storici:
-  Uccello Antonino "Bovari, pecorari, curatuli". Cultura casearia in Sicilia, Stass, Palermo, 1980.
-  Giacomarra Mario "I pastori delle Madonie", Stass, Palermo, 1983.
-  Istituto nazionale sociologia rurale "Atlante dei prodotti tipici: I formaggi" Franco Angeli, Milano, 1990.
-  C.N.R.: I prodotti caseari del Mezzogiorno, 1992.
Denominazione del prodotto:  Vastedda della Valle del Belice 
Attrezzature storiche:  Tina di legno, bastone di legno "rotula", fiscelle di giunco, bastone di legno per la filatura, piatti fondi "vastedde", tavoliere di legno, caldaia di rame stagnato. Fuoco diretto legna-gas. 
Brevi cenni storici:  Da sempre nella Valle del Belice parte del latte di pecora autoctona, oggi elevata a razza "Valle del Belice" veniva anticamente ed ancora oggi viene trasformato in vastedda o focaccia, unico formaggio di pecora a pasta filata. La vastedda ha una particolare forma lenticolare o ovoidale conferita pressando più volte in un piatto fondo una porzione di pasta filata. Faceva e fa parte dei sistemi più classici degli allevamenti ovini di quella zona, i cui allevatori-casari decidevano di produrre questo formaggio nei mesi estivi, quando cioè la produzione del latte era molto ridotta.  
Tipologia:  Formaggio fresco a pasta filata; 
Area di produzione:  Valle del Belice (comuni di Calatafimi, Campobello di Mazara, Castelvetrano, Gibellina, Partanna, Poggioreale, Salaparuta, Salemi, S. Ninfa e Vita nella provincia di Trapani; S. Margherita Belice, Montevago, Menfi, Sambuca nella provincia di Agrigento; Contessa Entellina nella provincia di Palermo). 

Linee principali tecnologia di produzione:
- specie/razza:  Pecora della Valle del Belice; 
-  materia prima:  Latte intero, crudo; 
-  microflora:  Naturale; 
- caglio:  Pasta di agnello; 
- sistema di alim. preval.:  Pascolo naturale e coltivato con integrazione di foraggi e concentrati in stalla in quantità variabile rispetto alla stagione foraggera; 
-    La vastedda della Valle del Belice è l'unico formaggio di pecora a pasta filata. Prima veniva prodotta solo nel periodo estivo attualmente, vista la grande richiesta, viene prodotto tutto l'anno. Il latte coagula, in una tina di legno, a 36°C con caglio di agnello in 25-35'. La cagliata viene rotta con una rotula di legno e fatta rassodare in fiscelle di giunco (per acidificare naturalmente). Per circa 20 ore viene lasciata riposare e dopo, tagliata a fette, viene filata con la scotta e l'ausilio di un bastone di legno. Viene estratta con le mani e quindi deposta su piatti fondi, "vastedde", per conferirgli la classica forma; 
-  salatura:  In salamoia per circa 2 ore e successivamente viene posta ad asciugare e dopo 48 ore è pronta per il consumo. 
Caratteristiche del prodotto:  Forma piccola, ovoidale, piatta dalla pasta bianca, dal peso di circa 0,5-1 Kg. Il sapore è acidulo e fresco. 

Riferimenti storici:
-  Campisi Carmelo. "Pecore e pecorino della Sicilia", Francesco Battiato Editore, Catania, 1933.
-  Uccello Antonino "Bovari, pecorari e curatuli". Cultura casearia in Sicilia, Stass, Palermo, 1980.
-  C.N.R.: "I prodotti caseari del Mezzogiorno", 1992.
-  Associazione regionale allevatori "I formaggi della Valle del Belice realtà e prospettive". Palermo, giugno, 1996.
Denominazione del prodotto:  Pecorino Siciliano D.O.P. 
Legislazione:  Il pecorino siciliano è stato riconosciuto a denominazione di origine con il D.P.R. n. 1269 del 30 ottobre 1955. Nel 1996 ha ricevuto la denominazione di origine protetta, Regolamento CEE n. 1107 del 12 giugno 1996. 
Attrezzature storiche:  Tina di legno, rotula di legno, cisca di legno, tavoliere di legno, canestri di giunco "fascedde", caldaia di rame stagnato. Fuoco diretto legna-gas. 
Locali di stagionatura:  Sono dei locali freschi dove le forme vengono sistemate su degli scaffali di legno singolarmente o disposte in coppia l'una sull'altra. Si riscontrano inoltre cantine e grotte con pareti geologicamente naturali.  
Brevi cenni storici:  E' forse il più antico formaggio prodotto in Sicilia, le citazioni storiche risalgono al IX sec. a.C. in uno dei passi più famosi dell'odissea di Omero, quando Ulisse incontra Polifemo. In seguito anche Aristotele e Plinio si soffermano sul procedimento di trasformazione di tale formaggio esaltandone il gusto unico. In particolare Plinio nella sua opera "Naturalis Historia" redige una carta dei formaggi nella quale vengono citati tra i migliori pecorini quelli provenienti da Agrigento.  
Tipologia:  Formaggio a pasta dura, semicotta. 
Area di produzione:   L'intero territorio siciliano. 

Linee principali tecnologia di produzione:
-  specie/razza:  Pecora; 
-  materia prima:  Latte intero, crudo; 
-  microflora:  Naturale; 
-  caglio:  Pasta di agnello; 
-  sistema di alim. preval.  Pascolo naturale e coltivato con integrazione di foraggi e concentrati in stalla in quantità variabile rispetto alla stagione foraggera; 
-    Il pecorino siciliano viene ancora prodotto con tecniche tradizionali. Il latte coagula in una tina di legno a 34-35°C con caglio in pasta di agnello in circa 45'. La cagliata viene fatta spurgare con le mani dopo essere stata posta in canestri di giunco "fascedde" che lasciano sulla superficie una particolare modellatura; viene quindi scottata per circa 4 ore con scotta calda, posta su un tavoliere di legno ed il giorno dopo viene salata; 
-  salatura:  Il giorno successivo alla produzione viene praticata a mano la salatura a secco sull'intera superficie della forma, ripetendo l'operazione per due volte a distanza di circa 10 giorni l'una dall'altra, lavando poi con salamoia quando si osservano fenomeni di asciugatura; 
-  stagionatura:  La stagionatura avviene ad una temperatura di 12-16°C e con il 70-80% di UR per un periodo di almeno 4 mesi. 
Caratteristiche del prodotto:  La forma è cilindrica a facce piane o lievemente concave; la crosta è bianca-giallognola, con la superficie rugosa per la modellatura lasciata dal canestro e viene cappata con olio; la pasta è compatta, bianca o paglierina con occhiatura scarsa. Il sapore è piccante. Pesa 4-12 Kg. con uno scalzo di 10-18 cm. 

Riferimenti storici:
-  Plinio il Vecchio: "Naturalis Historia" (libro 11°).
-  Pietro dè Crescenzi: "Liber ruralium commodorum", 1294.
-  Omero: "Odissea" (libro 9°), X-IX sec. a.C., Onorato Castellino - Vincenzo Peloso, Officine Grafiche, 1950.
-  Virgilio: "Bucoliche e Georgiche" (Egloga V e libro 3°), 37-30 a.C. 42-39 a.C., Lorenzo Giudice, 1954.
-  Campisi Carmelo. "Pecore e Pecorino della Sicilia", Francesco Battiato. Editore, Catania, 1933.
-  Associazione regionale allevatori " I formaggi tipici di Sicilia". Palermo, 1986.
-  Vizzardi-Maffeis "Formaggi italiani", Edizioni Agricole, 1990.
-  Istituto nazionale sociologia rurale: "Atlante dei prodotti tipici: I formaggi", Franco Angeli, Milano, 1990.
-  Ministero agricoltura e foreste: "I formaggi DOC italiani" edito da UNALAT in collaborazione con l'INSOR, Franco Angeli, Milano, 1992.
-  CNR: "I prodotti caseari del Mezzogiorno", 1992.
Denominazione del prodotto:  Maiorchino 
Attrezzature storiche:   Caldaia di rame stagnato, bastone di legno "brocca", fascera di legno "garbua", tavoliere di legno "mastrello", asta di ferro o di legno "minacino", tavoliere di legno. Fuoco diretto legna-gas. 
Locali di stagionatura:   La stagionatura avviene in costruzioni di pietra, "interrati", tipiche della zona nelle quali la termoigrometria si mantiene costante per tutto l'anno. Si riscontrano inoltre cantine, grotte e locali freschi ed umidi dotati di scaffali ed altri materiali in legno. 
Brevi cenni storici:  Questo formaggio è molto apprezzato e ricercato in Sicilia. Da alcune testimonianze della cultura folkloristica siciliana si ritiene che esso abbia fatto la sua comparsa intorno al '600 in occasione della sagra della maiorchina. Le tecniche di produzione tradizionali sono state illustrate in maniera esaustiva nel libro di Carmelo Campisi "Pecore e pecorino della Sicilia" del 1933. 
Tipologia:  Formaggio a pasta dura, cotta 
Area di produzione:  Comuni di Santa Lucia del Mela, Novara di Sicilia, Basicò, Tripi, Mazzarrà Sant'Andrea, Fondachelli, Montalbano di Elicona sul versante nord dei Monti Peloritani. 

Linee principali tecnologia di produzione:
-  specie/razza:  Pecora; 
-  materia prima:  Latte intero, crudo; 
-  microflora:  Naturale; 
- caglio:  Pasta di agnello e/o capretto prodotto in azienda; 
-  sistema di alim. preval.:  Pascolo naturale e coltivato con integrazione di foraggi e concentrati in stalla in quantità variabile rispetto alla stagione foraggera; 
-    Il maiorchino viene ancora prodotto con antiche tecniche tradizionali. Il latte coagula a 39°C con caglio in pasta di agnello e/o capretto. Dopo la rottura della cagliata si riscalda fino a circa 60°C. I bravi casari riescono a raccogliere a mano la cagliata in un'unica massa sferica, che viene posta in una fascera "garbua" e poi poggiata su un piano di legno "mastrello". Particolarità della lavorazione sta nel fatto che la pasta viene bucherellata con una sottile asta di ferro o di legno "minacino" per favorire lo spurgo del siero e quindi viene poi pressata nella fascera di legno "garbua". Dopo un giorno viene tolto dalla fascera e posto su dei ripiani di legno di noce. 
-  salatura:  Le forme dopo 2 giorni vengono salate a secco con sale marino grosso; la salatura varia da 20 a 30 giorni; 
-  stagionatura:  Durante i primi 2 mesi il formaggio va pulito, strofinato e rivoltato; dal 3° mese in poi viene trattato con olio di oliva. Un buon Maiorchino si ottiene dopo circa 8 mesi di stagionatura. 
Caratteristiche del prodotto:  Crosta di colore giallo ambrato tendente al marrone all'avanzare della stagionatura, la pasta è di colore giallo paglierino caratteristico, la consistenza è compatta. Il sapore è delicato, tendente al piccante se più stagionato. Pesa circa 10-12 Kg. con uno scalzo di 12 cm. ed un diametro di 35 cm. 

Riferimenti storici:
-  Campisi Carmelo "Pecore e pecorino della Sicilia", Francesco Battiato. Editore, Catania, 1933.
-  Istituto nazionale sociologia rurale: "Atlante dei prodotti tipici: I formaggi", Franco Angeli, 1990.
-  Associazione regionale allevatori "I formaggi della Valle del Belice realtà e prospettive" Palermo, 1996.
Denominazione del prodotto:  Piacentinu 
Attrezzature storiche:   Tina di legno, rotula di legno, cisca di legno, tavoliere di legno, canestri di giunco "fascedde", caldaia di rame stagnato. Fuoco diretto legna-gas. 
Locali di stagionatura:  La stagionatura avviene in cave naturali fresche e ventilate. Le cave sono in pietra con muri molto spessi ed interrati, caratteristica è la pavimentazione in cotto siciliano molto pendente al centro dove è inserito un "lemmo", vaso in terracotta smaltato, dove si raccolgono tutti i liquidi che si creano durante la stagionatura e che saranno spalmati sul formaggio. 
Denominazioni ricorrenti de-  Primosale avanzato si riferisce al formaggio di circa 1 mese. Semistagionato indica un formaggio con rivanti da diversi stadi di una maturazione compresa tra 2 e 4 mesi circa. Stagionato indica un formaggio la cui maturazione salatura/stagionatura: supera i 4 mesi. 
Brevi cenni storici:  E' un formaggio pregiato che si produce quasi esclusivamente su ordinazione. Nel '500 lo storico Gallo ne: "Le venti giornate dell'agricoltura e dei piaceri della villa" fa accenno ai sistemi di salatura con l'aggiunta di zafferano per dare più colore al formaggio. I metodi tradizionali di fabbricazione sono illustrati da Carmelo Campisi in "Pecore e pecorino della Sicilia", 1935. 
Tipologia:  Formaggio a pasta dura, cruda 
Area di produzione:  Enna ed aree limitrofe 

Linee principali tecnologia di produzione:
-  specie/razza:  Pecora; 
- materia prima:  Latte intero, crudo; 
-  microflora:  Naturale; 
- caglio:  Pasta di agnello a volte di capretto; 
-  sistema di alim. preval.:  Pascolo naturale, ricco di essenze spontanee, e coltivato con integrazione di foraggi e concentrati in stalla; 
-    Il piacentino viene ancora prodotto con tecniche tradizionali utilizzando antichi utensili. Il latte con aggiunta di zafferano coagula in una tina di legno a 32-35°C con caglio in pasta di agnello o capretto in circa 40-60'. La cagliata viene fatta spurgare con le mani dopo essere stata posta in canestri di giunco "fascedde" che lasciano sulla superficie del formaggio una particolare modellatura. All'atto dell'incanestratura viene aggiunto pepe nero in grani. Viene poi scottata, posta su un tavoliere di legno ad asciugare e poi salata; 
-  salatura:  Il giorno successivo alla produzione viene praticata a mano la salatura a secco sull'intera superficie della forma. Ripetendo l'operazione per almeno due volte a distanza di circa 10 giorni l'una dall'altra e spalmando poi sulla forma tutti i liquidi espulsi dal formaggio; 
-  stagionatura:  Da 6-8 settimane circa a 4 mesi circa per il semi-stagionato, 4-6 mesi circa per lo stagionato ad una temperatura di 12-16°C ed un'umidità relativa del 70-80%. Una buona forma di piacentino stagionato si ottiene dopo circa 4 mesi di stagionatura. 
Caratteristiche del prodotto  finito: 

Riferimenti storici:
-  Plinio il Vecchio: "Naturalis Historia" (libro 11°).
-  Pietro dè Crescenzi: "Liber ruralium commodorum", 1294.
-  Omero: "Odissea" (libro 9°), X-IX sec. a.C., Onorato Castellino - Vincenzo Peloso, Officine Grafiche, 1950.
-  Virgilio: "Bucoliche e Georgiche" (Egloga V e libro 3°), 37-30 a.C. 42-39 a.C., Lorenzo Giudice, 1954.
- Gallo: "Le venti giornate dell'agricoltura e dei piaceri della villa", IV sec. d.C.
- Campisi Carmelo "Pecore e pecorino della Sicilia", Francesco Battiato Editore, Catania, 1933.
-  Vizzardi-Maffeis "Formaggi italiani", Edizioni Agricole, Bologna,1990.
-  Istituto nazionale sociologia rurale: "Atlante dei prodotti tipici: I formaggi", Franco Angeli, Milano,1990.
-  CNR: "I prodotti caseari del Mezzogiorno", 1992.
-  Ministero agricoltura e foreste: "I formaggi DOC italiani" edito da UNALAT in collaborazione con l'INSOR, Franco Angeli, Milano, 1992.
Denominazione del prodotto:  Picurinu (formaggio di pecora siciliano) 
Attrezzature storiche:  Tina di legno, rotula di legno, cisca di legno, tavoliere di legno, canestri di giunco "fascedde" caldaia di rame stagnato. Fuoco diretto legna-gas. 
Locali di stagionatura:  Sono dei locali freschi dove le forme vengono sistemate negli scaffali di legno singolarmente o disposte in coppia l'una sull'altra. Si riscontrano inoltre cantine e grotte con pareti geologicamente naturali.  
Denominazioni ricorrenti de-  Tuma fresca senza alcuna salatura. Primosale indica un formaggio fresco di 8-10 giorni circa che ha subi- rivanti da diversi stadi di to la salatura a secco o in salamoia satura. Secondosale indica un formaggio semi-stagionato di 2-4 salatura/stagionatura: mesi circa che ha subito la salatura a secco o in salamoia satura. Stagionato indica un formaggio, salato con le stesse modalità, la cui maturazione supera i 4 mesi. 
Brevi cenni storici:  E' forse il più antico formaggio prodotto in Sicilia, le citazioni storiche risalgono al IX sec. a.C., in uno dei passi più famosi dell'Odissea di Omero, quando Ulisse incontra Polifemo. In seguito anche Aristotele e Plinio si soffermano sul procedimento di trasformazione di tale formaggio esaltandone il gusto unico. In particolare Plinio nella sua opera "Naturalis Historia" redige una carta dei formaggi nella quale vengono citati tra i migliori pecorini quelli provenienti da Agrigento.  
Tipologia:  Formaggio a pasta dura, semicotta. 
Area di produzione:  L'intero territorio siciliano. Storicamente è rinomato il "Picurinu Sicano". 

Linee principali tecnologia di produzione:
-  specie/razza:  Pecora; 
-  materia prima:  Latte intero, crudo; 
-  microflora:  Naturale; 
-  caglio:  Pasta di agnello, a volte di capretto; 
-  sistema di alim. preval.:  Pascolo naturale e coltivato con integrazione di foraggi e concentrati in stalla in quantità variabile rispetto alla stagione foraggera; 
-    Il picurinu (formaggio di pecora siciliano) viene ancora prodotto con tecniche tradizionali. Il latte coagula in una tina di legno a 34-35°C con caglio in pasta di agnello e/o capretto in circa 45'. La cagliata viene fatta spurgare con le mani dopo essere stata posta in canestri di giunco "fascedde" che lasciano sulla superficie una particolare modellatura. All'atto dell'incanestratura può essere aggiunto pepe nero in grani o fiocchi di peperoncino, viene quindi scottata per circa 4 ore con scotta calda, posta su un tavoliere di legno ad asciugare; 
-  salatura:  Il giorno successivo alla produzione viene praticata a mano la salatura a secco sull'intera superficie della forma o in salamoia satura. Se la salatura è a secco, si ripete l'operazione per almeno due volte a distanza di circa 10 giorni l'una dall'altra, lavando poi con salamoia quando si osservano fenomeni di asciugatura e spalmando successivamente sulla forma i liquidi espulsi dal formaggio; 
-  stagionatura:  La stagionatura avviene ad una temperatura di 12-16°C e con il 70-80% di UR per un periodo che può arrivare anche a 6-8 mesi ed oltre. 
Caratteristiche del prodotto:  La forma è cilindrica a facce piane o lievemente concave; la crosta è bianca-giallognola, con la superficie rugosa per la modellatura lasciata dal canestro e viene cappata con olio; la pasta è compatta, bianca o paglierina con occhiatura scarsa. Il sapore è piccante nello stagionato. Pesa 4-12 Kg. con uno scalzo di 10-18 cm.  

Riferimenti storici:
-  Plinio il Vecchio: "Naturalis Historia" (libro 11°).
- Pietro dè Crescenzi: "Liber ruralium commodorum", 1294.
- Omero: "Odissea" (libro 9°), X-IX sec. a.C., Onorato Castellino - Vincenzo Peloso, Officine Grafiche, 1950.
-  Virgilio: "Bucoliche e Georgiche" (Egloga V e libro 3°), 37-30 a.C. 42-39 a.C., Lorenzo Giudice, 1954.
- Campisi Carmelo. "Pecore e pecorino della Sicilia", Francesco Battiato Editore, Catania, 1933.
-  Associazione regionale allevatori " I formaggi tipici di Sicilia" Palermo, 1986.
-  Vizzardi-Maffeis "Formaggi italiani", Edizioni Agricole, 1990.
-  Istituto nazionale sociologia rurale: "Atlante dei prodotti tipici: I formaggi", Franco Angeli, Milano, 1990.
-  Ministero Agricoltura e Foreste: "I formaggi DOC italiani" edito da UNALAT in collaborazione con l'INSOR, Franco Angeli, Milano 1992.
-  CNR: "I prodotti caseari del Mezzogiorno", 1992.
Denominazione del prodotto:  Formaggiu ri capra (formaggio di capra siciliano) 
Attrezzature storiche:  Tina di legno, rotula di legno, cisca di legno, tavoliere di legno, canestri di giunco "fascedde" caldaia di rame stagnato. Fuoco diretto legna-gas. 
Locali di stagionatura:  Sono dei locali asciutti e freschi dove le forme vengono sistemate negli scaffali di legno singolarmente o disposte in coppia l'una sull'altra. Si riscontrano inoltre cantine e grotte.  
Denominazioni ricorrenti de-  Tuma fresca senza alcuna salatura. Primosale indica un formaggio fresco di 8-10 giorni circa che ha subi- rivanti da diversi stadi di to la salatura a secco esterna. Secondosale indica un formaggio semi-stagionato di 2-3 mesi circa che ha salatura/stagionatura: subito la salatura a secco Stagionato indica un formaggio, salato con le stesse modalità, la cui matura- zione supera i 3-4 mesi. 
Brevi cenni storici:  Le origini di questo formaggio risalgono al XI secolo a.C. Omero parla di una bevanda a base di formaggio caprino grattato. Anche Aristotele, nel IV secolo a.C. si sofferma sulle tradizioni casearie siciliane esaltando il gusto del latte caprino mescolata con il latte vaccino o di pecora. Nel periodo Romano, II secolo a.C., Varrone pone l'accento sulle qualità nutrienti del latte di capra e dei formaggi caprini. Un accenno alla bontà del formaggio caprino appare nel "Corso compiuto di agricoltura teorica pratica ed economica" dell'abate Rozier intorno al XVIII secolo. La tecnologia di trasformazione è illustrata nel già citato libro del Campisi. 
Tipologia:  Formaggio a pasta dura, cruda. 
Area di produzione:  L'intero territorio siciliano.  

Linee principali tecnologia di produzione:
- specie/razza:  Capra; 
-  materia prima:  Latte intero, crudo; 
-  microflora:  Naturale; 
-  caglio:  Pasta di capretto, a volte di agnello; 
-  sistema di alim. preval.:  Pascolo ricco di essenze spontanee raramente integrato con alimentazione in stalla; 
-    Il formaggiu ri capra (formaggio di capra siciliano) viene ancora prodotto con tecniche tradizionali. Il latte coagula in una tina di legno a 34-35°C con caglio in pasta di capretto e/o agnello in circa 45'. La cagliata viene fatta spurgare con le mani dopo essere stata posta in canestri di giunco "fascedde" che lasciano sulla superficie una particolare modellatura. All'atto dell'incanestratura può essere aggiunto pepe nero in grani o fiocchi di peperoncino, viene quindi scottata per circa 4 ore con scotta calda, posta su un tavoliere di legno ad asciugare; 
- salatura:  Il giorno successivo alla produzione viene praticata a mano la salatura a secco sull'intera superficie della forma. Dopo 10 giorni la forma viene trattata nuovamente e può subire un'altra salatura a distanza di altri 10 giorni circa.  
- stagionatura:  Da 2-3 giorni, ad oltre 4 mesi; 
Caratteristiche del prodotto:  La forma è cilindrica a facce piane o lievemente concave; la crosta è bianca-giallognola, con la superficie rugosa per la modellatura lasciata dal canestro e viene cappata con olio; la pasta è compatta, bianca o paglierina con occhiatura scarsa. Il sapore è piccante. Pesa circa 3 Kg. 

Riferimenti storici:
-  Plinio il Vecchio: "Naturalis Historia" (libro 11°).
- Pietro dè Crescenzi: "Liber ruralium commodorum", 1294.
- Omero: "Odissea" (libro 9°), X-IX sec. a.C., Onorato Castellino - Vincenzo Peloso, Officine Grafiche 1950.
-  Virgilio: "Bucoliche e Georgiche" (Egloga V e libro 3°), 37-30 a.C/42-39 a.C., Lorenzo Giudice, 1954.
-  Istituto nazionale sociologia rurale: "Atlante dei prodotti tipici: I formaggi", Franco Angeli, Milano, 1990.
-  Campisi Carmelo. "Pecore e pecorino della Sicilia", Francesco Battiato Editore, Catania, 1933.
Denominazione del prodotto:  Padduni (formaggio di capra siciliano) 
Attrezzature storiche:  Tina di legno, bastone di legno "rotula", cisca di legno, tavoliere di legno, canestri di giunco "fascedde" caldaia di rame stagnato. Fuoco diretto legna-gas. 
Brevi cenni storici:  Le origini di questo formaggio risalgono al XI secolo a.C. Omero parla di una bevanda a base di formaggio caprino grattato. Anche Aristotele, nel IV secolo a.C. si sofferma sulle tradizioni casearie siciliane esaltando il gusto del latte caprino mescolato con il latte vaccino o di pecora. Nel periodo Romano, II secolo a.C., Varrone pone l'accento sulle qualità nutrienti del latte di capra e dei formaggi caprini. Un accenno alla bontà del formaggio caprino appare nel "Corso compiuto di agricoltura teorica pratica ed economica" dell'abate Rozier intorno al XVIII secolo. La tecnologia di trasformazione è illustrata nel già citato libro del Campisi. 
Tipologia:  Formaggio a pasta cruda. 
Area di produzione:  L'intero territorio siciliano. 

Linee principali tecnologia di produzione:
-  specie/razza:  Capra; 
-  materia prima:  Latte intero, crudo; 
-  microflora:  Naturale; 
- caglio:  Pasta di agnello a volte di capretto; 
- sistema di alim. preval.:  Pascolo ricco di essenze spontanee raramente integrato con alimentazione in stalla. 
-    Il padduni (formaggio di capra siciliano) si differisce dal "formaggiu ri capra" per la forma (palla vs cilindrica), per il peso (300 g. vs 3 Kg.), per la salatura e soprattutto per la stagionatura (fresco vs 3 mesi). Il latte coagula in una tina di legno a circa 37°C con caglio in pasta di agnello e/o capretto in circa 45'. E' possibile l'aggiunta di pepe nero in grani o fiocchi di peperoncino. La cagliata viene fatta spurgare con le mani in un recipiente di legno molto particolare, "cisca", viene quindi scottata con scotta calda, formata e salata; 
- salatura:  A secco sull'intera superficie della forma. 
Caratteristiche del prodotto:  Ha una forma a palla, pesa circa 300 g., viene consumato fresco. 

Riferimenti storici:
- Plinio il Vecchio: "Naturalis Historia" (libro 11°).
- Pietro dè Crescenzi: "Liber ruralium commodorum", 1294.
- Omero: "Odissea" (libro 9°), X-IX sec. a.C., Onorato Castellino - Vincenzo Peloso, Officine Grafiche 1950.
-  Virgilio: "Bucoliche e Georgiche" (Egloga V e libro 3°), 37-30 a.C/42-39 a.C., Lorenzo Giudice, 1954.
-  Istituto nazionale sociologia rurale: "Atlante dei prodotti tipici: I formaggi", Franco Angeli, Milano, 1990.
-  Campisi Carmelo. "Pecore e pecorino della Sicilia", Francesco Battiato Editore, Catania, 1933.
Denominazione del prodotto:  Canestrato 
Attrezzature storiche:   Tina di legno, caldaia di rame stagnato, spino o rotella di legno, cisca di legno, canestri di giunco "fascedde", tavoliere di legno. Fuoco diretto legna-gas. 
Locali di stagionatura:  Sono ambienti tradizionali molto freschi e ventilati nei quali le forme vengono poggiate su dei ripiani di legno. Si riscontrano anche cantine e grotte naturali con pareti geologicamente naturali. 
Denominazioni ricorrenti de-  Tuma fresca senza alcuna salatura. Primosale indica un formaggio fresco di 8-10 giorni circa che ha subi- rivanti da diversi stadi di to la salatura a secco esterna. Secondosale indica un formaggio semi-stagionato di 2-4 mesi circa che ha salatura/stagionatura: subito la salatura a secco Stagionato indica un formaggio, salato con le stesse modalità, la cui matura- zione supera i 4 mesi. 
Brevi cenni storici:   Il tipico formaggio canestrato detto anche "vacchino" viene citato in contratti di gabella sin dal 1400 come uno dei prodotti da consegnare annualmente al gabellotto come prezzo d'affitto del latifondo. Anche questo formaggio compare nel 1407 nel calmiere dei latticini come "tumazza". Il Trasselli lo riscontra ancora in un calmiere del 1412 alla voce "cacio vacchino" da vendere ad una quotazione inferiore "4 vs 5 grani di rotolo" rispetto al caciocavallo palermitano. Viene ancora citato nella dieta delle monache del monastero di San Castrenze del 1562.  
Tipologia:  Formaggio a pasta dura, semicotta. 
Area di produzione:  Intero territorio siciliano. 

Linee principali tecnologia di produzione:
- specie/razza:  Vacca e a volte pecora e/o capra; 
-  materia prima:  Latte di vacca a volte misto a latte di pecora e/o capra intero, crudo; 
- microflora:  Naturale; 
- caglio:  Pasta di agnello o capretto; 
-  sistema di alim. preval.:  Pascolo naturale e coltivato con integrazione di foraggi e concentrati in stalla; 
-    Il canestrato viene ancora prodotto con tecniche tradizionali utilizzando antichi utensili. Il latte coagula in una tina di legno a 35°C con caglio in pasta di agnello. La cagliata viene fatta spurgare con le mani dopo essere stata posta in canestri di giunco "fascere" che lasciano sulla superficie del formaggio una particolare modellatura. All'atto dell'incanestratura può essere aggiunto pepe nero in grani o fiocchi di peperoncino. La cagliata viene scottata con scotta a circa 80°C e posta su dei tavolieri di legno. Il giorno dopo viene salata; 
- salatura:  Dopo la fase di spurgo e di acidificazione il formaggio viene estratto dai canestri e salato a secco con sale marino fino, avendo cura di creare sulla forma uno strato di sale compatto. La quantità di sale varia in funzione delle caratteristiche del prodotto e non è facilmente quantificabile; 
-  stagionatura:  8-10 giorni (fresco), 2-4 mesi (semi-stagionato), oltre 4 mesi (stagionato). 
Caratteristiche del prodotto  finito 

Riferimenti storici:
-  Omero: "Odissea" (libro 9°), X-IX sec. a.C., Onorato Castellino - Vincenzo Peloso, Officine Grafiche 1950.
- Virgilio: "Bucoliche e Georgiche" (Egloga V e libro 3°), 37-30 a.C/42-39 a.C., Lorenzo Giudice, 1954.
-  Notaio Guglielmo Mazzapiedi, 5 novembre XIV secolo, ind. 1421; archivio di Stato di Palermo, Vol. 839, f. 103.
-  Notaio Luca Cuccia, 25 agosto XIV secolo, ind. 1601; archivio di Stato di Palermo, V. st. vol. 1022, f. 485 V archivio comunale di Palermo, vol. 22 n. 44; Calmiere dei latticini - 5 dicembre 1407.
-  Archivio comunale di Palermo, vol. 23 n. 2; Calmiere imposto dai giurati e probiviri per la vendita al minuto nei mercati, 21 marzo 1412.
-  Carmelo Trasselli: "Calmiere dei viveri al minuto a Palermo", 1412-1440 da archivio comunale di Palermo.
-  Campisi Carmelo "Pecore e pecorino della Sicilia", Francesco Battiato Editore, Catania, 1933.
-  Archivio arcivescovile di Monreale, Pitazzi e Visita del Monastero di Corleone, vol. 6, 1578.
-  Carmelo Trasselli: "Alcuni calmieri palermitani del '400", estratto da: Economia e Storia, rivista italiana di storia economia e sociale, anno 1968, fasc. 3.
-  Rilievo dell'università di Mezzojuso (appendice n. 5) citato in Ignazio Gattuso: "Economia e società in un comune rurale della Sicilia; secoli XVI-XIX". Tumminelli Editore - Palermo.
-  Archivio delle collegiate di Monreale, vol. S.C.A. 1 bis.
-  Vizzardi-Maffeis "Formaggi italiani", Edizioni Agricole, Bologna,1990.
-  Istituto nazionale sociologia rurale: "Atlante dei prodotti tipici: I formaggi", Franco Angeli, Milano,1990.
-  CNR: "I prodotti caseari del Mezzogiorno", 1992.
-  Ministero agricoltura e foreste: "I formaggi DOC italiani" edito da UNALAT in collaborazione con l'INSOR, Franco Angeli, Milano, 1992.
Denominazione del prodotto:  Fiore Sicano  
Attrezzature storiche:  Tina di legno "chiscuni", caldaia di rame stagnato, bastone di legno "rotula", coltello di legno, cassone di legno, fiscelle di legno forate, vacilieddu di rame stagnato, tavoliere di legno, mezze botti di legno per la salamoia. 
Locali di stagionatura:  Costruzioni in pietra calcarea con muri molto spessi e seminterrati. Le forme vengono poggiate su scaffali di legno di leccio o quercia. Il tali ambienti si insediano le muffe, la più importante è del genere Penicillium. 
Brevi cenni storici:  Noto anche con la denominazione di "tumazzu ri vacca", ripercorre la storia di tutti i formaggi fortemente connessa al "caso". E' mitica ormai la storia che il primo produttore a causa di un imprevisto non ha potuto portare a termine la lavorazione del formaggio che tradizionalmente aveva sempre fatto. Al ritorno per "non buttare" la tuma la mise ugualmente in forma, di più piccole dimensioni perché quelle più grandi sarebbero servite per la caseificazione del giorno dopo. Credendo di non poter utilizzare quel formaggio lo trascurò e quindi l'insediarsi di muffe della frutta vicina. Dopo qualche tempo ha deciso di buttarlo ma non prima di averlo assaggiato. Gustandolo ha deciso di ripetere la stessa tipologia di trasformazione del latte mettendola a punto. Per tali motivi le attrezzature sono simili a quelle utilizzate per il canestrato con l'aggiunta di una cassa in legno dove la tuma viene riposta per circa 4 ore e dove vengono effettuati 5-6 rivoltamenti. 
Tipologia:  Formaggio a pasta cruda, molle. 
Area di produzione:  Castronovo di Sicilia, Santo Stefano Quisquina, Prizzi, Palazzo Adriano, Bivona, Cammarata (area centrale dei "Monti Sicani"). 

Linee principali tecnologia di produzione:
- specie/razza:  Vacca; 
- materia prima:  Latte intero, crudo di due mungiture; 
- microflora:  Naturale; 
- caglio:  Pasta di capretto; 
- sistema di alim. preval.:  Pascolo con integrazione aziendale 
-    Il fiore sicano è l'unico formaggio a pasta cruda, molle con la presenza di muffe autoctone di cui il genere più importante è il Penicillium derivante dai microclimi dei locali di stagionatura; 
- salatura:  A secco sull'intera superficie della forma; 
- stagionatura:  In genere 60 giorni ma è possibile rilevare diversi stadi di maturazione anche superiore ad 1 anno di stagionatura. 
Caratteristiche del prodotto:  Formaggio a pasta cruda, molle, crosta sottile di colore grigio-verde per l'insediarsi di muffe autoctone. Pezzatura di 2 Kg. con diametro di 20 cm. e scalzo di 6-7 cm. 

Riferimenti storici:
-  Virgilio: "Bucoliche e Georgiche" (Egloga V e libro 3°), 37-30 a.C/42-39 a.C., Lorenzo Giudice, 1954.
-  Istituto nazionale sociologia rurale: "Atlante dei prodotti tipici: I formaggi", Franco Angeli, Milano, 1990.
-  Vizzardi-Maffeis "Formaggi italiani", Edizioni Agricole, Bologna, 1990.
-  CNR: "I prodotti caseari del Mezzogiorno", 1992.
Denominazione del prodotto:  Ricotta Iblea 
Attrezzature storiche:  Caldaia di rame stagnato "caurara", bastone di canna "minaturi" con un terminale di materiale vegetale essiccato "scupata" per la pulizia della "caurara", raccoglitore in rame stagnato "cazza", cucchiaio in legno "scumaricotta", contenitori di varie dimensioni "iaruozzi", contenitore di canna "cavagna", fiscelle, mestolo, tavolo spersore, scopa di materiale vegetale essiccato "scuparinu". Fuoco diretto legna-gas. 
Brevi cenni storici:  La storia della ricotta iblea è ampiamente illustrata dallo storico Antonio Uccello. L'autore cita "La descrizione della città e del territorio di Noto" del 1813 dove si fa riferimento ad una fiorente produzione non solo di caciocavalli ma anche di ricotta fresca e salata. Uccello descrive minuziosamente la lavorazione della ricotta e gli utensili tradizionali utilizzati. 
Tipologia:  Prodotto fresco. 
Area di produzione:  Provincia di Ragusa. 

Linee principali tecnologia di produzione:
- specie/razza:  Vacca; 
-  materia prima:  Siero di latte vaccino; 
-  microflora:  Naturale; 
-    Il siero di latte viene addizionato di sale e di latte di vacca, quindi riscaldato a circa 90°C fino a quando non avviene l'affioramento della ricotta. Una volta affiorata si elimina la schiuma in superficie e si raccoglie la ricotta nelle fiscelle che verranno poste in un tavolo inclinato contenente dell'acqua fredda. Si è rilevato, in alcuni casi, che qualche casaro utilizza inoltre la scotta del giorno prima messa ad acidificare. 
-  salatura:  Sale aggiunto durante la lavorazione. 
Caratteristiche del prodotto:  Prodotto cremoso, di colore bianco avorio, ha una forma tronco conica dovuta alla fiscella nella quale è contenuto. Il sapore è dolce, l'odore è di siero. 

Riferimenti storici:
-  Filippo Garofalo: "Discorsi sopra l'antica e moderna Ragusa", (Palermo-Stabilimento tipografico di Francesco Lao), 1856.
-  Uccello Antonino: "Bovari, pecorari, curatuli". Cultura casearia in Sicilia, Stass, Palermo, 1980.
-  Istituto nazionale sociologia rurale: "Atlante dei prodotti tipici: I formaggi", Franco Angeli, 1990.
-  Vizzardi-Maffeis "Formaggi italiani", Edizioni Agricole, Bologna, 1990.
-  CNR: "I prodotti caseari del Mezzogiorno", 1992.
-  Progetto Ibleo "Indagine conoscitiva sulla tecnologia di trasformazione casearia del formaggio Ragusano". Ragusa, 1997.
Denominazione del prodotto:  Ricotta Infornata 
Attrezzature storiche:  Caldaia di rame stagnato "quarara", bastone di legno "zubbu", contenitore di legno "tinieddu di l'agru" o "serratizzu", fiscelle di giunco o di canne, cucchiaio in legno "scumaricotta", mestolo, tavolo spersore, forno di pietra, contenitori in ceramica. Fuoco diretto legna-gas. 
Brevi cenni storici:  E' un prodotto la cui tipicità sta nel gusto peculiare e delicato dato dalla tipica lavorazione. 
Tipologia:  Prodotto fresco. 
Area di produzione:  Intero territorio regionale. 

Linee principali tecnologia di produzione:
-  specie/razza:  Vacca, pecora o capra; 
-  materia prima:  Siero di latte di vacca, di pecora o di capra o misto nelle diverse combinazioni. 
-  microflora:  Naturale; 
-    Il siero di latte di vacca, di pecora o di capra o misto viene addizionato di sale marino o di agra (scotta acidificata) in relazione alla specie da cui proviene in prevalenza il siero, e di latte di vacca, di pecora o di capra o misto, quindi riscaldato a circa 90°C fino a quando non avviene l'affioramento della ricotta. Una volta affiorata si elimina la schiuma in superficie e si raccoglie la ricotta nelle fiscelle che verranno poste in un tavolo inclinato contenente dell'acqua fredda. Le ricotte, dopo 1-2 giorni dalla produzione, vengono trasferite in contenitori di ceramica preventivamente imburrati o cosparsi di pepe nero macinato. Subiscono, quindi, una cottura in forno a pietra a 180°-200°C per un tempo di circa 30 minuti fino all'ottenimento di una sottile pellicola di colore bruno-rossastro; 
- salatura:   Le forme possono subire anche una salatura o durante la lavorazione o durante l'asciugatura. 
Stagionatura:   1 giorno infornata, poi in un piatto di terracotta per circa 2 giorni. 
Caratteristiche del prodotto:  Prodotto cremoso, di colore avorio, ha una forma tronco conica dovuta alla fiscella nella quale è contenuto. Il sapore è aromatico.  

Riferimenti storici:
-  Vizzardi-Maffeis "Formaggi italiani", Edizioni Agricole, Bologna, 1990.
Denominazione del prodotto:  RICOTTE di: Vacca, Pecora, Capra, Mista, Salata 
Attrezzature storiche:  Caldaia di rame stagnato "quarara", bastone di legno "zubbu", contenitore di legno "tinieddu di l'agru" o "serratizzu", fiscelle di giunco o di canne, fascere in legno (per la ricotta salata), cucchiaio in legno "scumaricotta", mestolo, tavolo spersore. Fuoco diretto legna-gas. 
Brevi cenni storici:  La storia della ricotta di vacca è ampiamente illustrata sia dallo storico Antonio Uccello, che descrive minuziosamente la lavorazione della ricotta e gli utensili tradizionali utilizzati, sia da Carmelo Trasselli che nel "Calmiere dei viveri al minuto a Palermo" riporta la ricotta come uno dei generi alimentari di più largo consumo. Un accenno alla ricotta di pecora è presente nella già citata opera del Gallo mentre alla fine del 1800, il sacerdote don Gaetano Salamone compila un trattato destinato agli agricoltori e ai casari dove spiega minuziosamente la tecnica di fabbricazione della ricotta di pecora. Anche la ricotta di capra viene citata nel libro del Gallo l'autore afferma che la ricotta di capra è la migliore in assoluto, mentre la ricotta di pecora risulta più saporita rispetto a quella vaccina. La ricotta salata è di antica tradizione, conosciuta notoriamente come indispensabile ingrediente di alcune rinomate pietanze siciliane (pasta alla Norma). 
Tipologia:  Prodotto fresco. 
Area di produzione:  Intero territorio regionale. 

Linee principali tecnologia di produzione:
-  specie/razza:  Vacca, pecora, capra; 
- materia prima:  Siero di latte di vacca, pecora, capra che può essere lavorato singolarmente o miscelato in varie combinazioni (ricotta mista); 
-  microflora:  Naturale; 
-    Il siero di latte della specie prescelta (vacca, pecora, capra) viene addizionato di sale e di latte della stessa specie, quindi riscaldato a circa 90°C fino a quando non avviene l'affioramento della ricotta. Una volta affiorata si elimina la schiuma in superficie e si raccoglie la ricotta nelle fiscelle che verranno poste in un tavolo inclinato contenente dell'acqua fredda; 
-  salatura:  Sale aggiunto durante la lavorazione secondo la specie da cui proviene il siero e secondo la tecnologia di produzione. 
Caratteristiche del prodotto:  Prodotto cremoso, morbido, di colore bianco avorio, più giallo-paglierina per la ricotta di pecora e capra ha una forma tronco conica dovuta alla fiscella nella quale è contenuto. Il sapore è dolce, l'odore è di siero. Questo tipo di prodotto può essere anche salato (ricotta salata) fino a 2 mesi su tavole di legno o in strutture di legno specifiche in ambienti naturali. 

Riferimenti storici:
-  Notaio Luca Cuccia, 25 agosto XIV secolo, ind. 1601: archivio di Stato di Palermo, V. st. vol. 1022, f. 485 V.
-  Gallo: "Le venti giornate dell'agricoltura e dei piaceri della villa", IV sec. d.C.
-  Carmelo Trasselli: "Calmiere dei viveri al minuto a Palermo", 1412-1440 da archivio comunale di Palermo.
-  Uccello Antonino: "Bovari, pecorari, curatli". Cultura casearia in Sicilia, Stass Palermo, 1980.
-  Istituto nazionale sociologia rurale: "Atlante dei prodotti tipici: I formaggi", Franco Angeli, Milano, 1990.
-  Vizzardi-Maffeis "Formaggi italiani", Edizioni Agricole, Bologna, 1990.
-  CNR: "I prodotti caseari del Mezzogiorno", 1992.


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