REPUBBLICA ITALIANA
GAZZETTA UFFICIALE
DELLA REGIONE SICILIANA

PARTE PRIMA
PALERMO - VENERDÌ 21 MAGGIO 1999 - N. 24
SI PUBBLICA DI REGOLA IL VENERDI'

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AVVERTENZA
Il testo della Gazzetta Ufficiale è riprodotto solo a scopo informativo e non se ne assicura la rispondenza al testo della stampa ufficiale, a cui solo è dato valore giuridico. Non si risponde, pertanto, di errori, inesattezze ed incongruenze dei testi qui riportati, nè di differenze rispetto al testo ufficiale, in ogni caso dovuti a possibili errori di trasposizione

Programmi di trasposizione e impostazione grafica di :
Avv.Michele Arcadipane

SUPPLEMENTO ORDINARIO

SOMMARIO

Testo aggiornato e coordinato della legge regionale 12 agosto 1980, n. 87, recante: «Istituzione delle Unità sanitarie locali».   


Testo aggiornato e coordinato della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30, recante: «Norme in tema di programmazione sanitaria e di riorganizzazione territoriale delle Unità sanitarie locali».  PAg  





Testo aggiornato e coordinato della legge regionale 12 agosto 1980, n. 87: «Istituzione delle unità sanitarie locali».

AVVERTENZE


Il testo aggiornato (al 1° dicembre 1998) e coordinato della presente legge, predisposto dall'Ufficio legislativo e legale della Presidenza della Regione siciliana, al fine di consentirne - in conformità alla previsione recata dall'art. 80 della legge regionale 7 marzo 1997, n. 6 - la pubblicazione, è stato redatto, ai sensi dell'art. 11, secondo comma, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 1092, nonché dell'art. 10, comma 3, del medesimo testo unico, al solo fine di facilitare la lettura sia delle disposizioni della legge, integrate con le modifiche apportate da successive norme, sia di quelle richiamate nella legge stessa trascritte nelle note. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti riportati, secondo le relative fonti.
Le modifiche sono evidenziate in grassetto.
La legge regionale in intestazione ha subìto numerose ed incisive modifiche ed integrazioni - specialmente per quanto concerne la disciplina degli organi delle unità sanitarie locali - soprattutto ad opera delle leggi regionali 6 gennaio 1981, n. 6, e 22 aprile 1986, n. 20, ed oggi deve ritenersi parzialmente superata in seguito all'entrata in vigore della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30 (che ha recepito il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502). Anche della citata legge regionale n. 30/93 è stato redatto un apposito testo coordinato.



TITOLO I
ORDINAMENTO


Art. 1
Funzioni

Alla gestione della tutela della salute nell'ambito della Regione siciliana si provvede a mezzo delle unità sanitarie locali, strutture operative costituite dal complesso dei presidi, degli uffici e dei servizi dei comuni singoli o associati che, negli ambiti territoriali determinati ai sensi dell'art. 2, assolvono ai compiti previsti dalla legge 23 dicembre 1978, n. 833.
Le unità sanitarie locali provvedono, nei rispettivi ambiti territoriali, ai compiti del Servizio sanitario nazionale (a) ed in particolare:
a)  all'educazione sanitaria;
b)  alla formazione permanente del personale;
c)  [all'igiene dell'ambiente] (b);
d)  alla prevenzione individuale e collettiva delle malattie fisiche o psichiche;
e)  alla protezione sanitaria materno infantile, all'assistenza pediatrica ed alla tutela del diritto alla procreazione cosciente e responsabile;
f)  all'igiene e medicina scolastica negli istituti di istruzione pubblica e privata di ogni ordine e grado;
g)  all'igiene e medicina del lavoro, nonché alla prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali;
h)  alla medicina dello sport e alla tutela sanitaria delle attività sportive;
i)  all'assistenza medico-generica e infermieristica, domiciliare e ambulatoriale;
l)  all'assistenza medico-specialistica, infermieristica, ambulatoriale e domiciliare per malattie fisiche e psichiche;
m)  all'assistenza ospedaliera per le malattie fisiche e psichiche;
n)  alla riabilitazione;
o)  all'assistenza farmaceutica e alla vigilanza sulle farmacie;
p)  all'igiene della produzione, lavorazione, distribuzione e commercio degli alimenti e delle bevande;
q)  alla profilassi e alla polizia veterinaria, all'ispezione e alla vigilanza veterinaria sugli alimenti destinati all'alimentazione umana, sugli impianti di macellazione e di trasformazione, sugli alimenti di origine animale, sull'alimentazione zootecnica e sulle malattie trasmissibili dall'animale all'uomo, sulla riproduzione, allevamento e sanità animale, sui farmaci di uso veterinario;
r)  agli accertamenti, alle certificazioni e ad ogni altra prestazione medico-legale, spettanti al Servizio sanitario nazionale, con esclusione di quelle relative ai servizi di cui all'art. 6, lett. z, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (c);
s)  a tutte le altre funzioni previste come proprie delle unità sanitarie locali dalla legge 23 dicembre 1978, n. 833 e dalle leggi della Regione.

(a) La legge 23 dicembre 1978, n. 833 («Istituzione del servizio sanitario nazionale»), all'art. 14 (Unità sanitarie locali), così dispone:
«Art. 14
Unità sanitarie locali

L'ambito territoriale di attività di ciascuna unità sanitaria locale è delimitato in base a gruppi di popolazione di regola compresi tra 50.000 e 200.000 abitanti, tenuto conto delle caratteristiche geomorfologiche e socio-economiche della zona.
Nel caso di aree a popolazione particolarmente concentrata o sparsa e anche al fine di consentire la coincidenza con un territorio comunale adeguato, sono consentiti limiti più elevati o, in casi particolari, più ristretti.
Nell'ambito delle proprie competenze, l'unità sanitaria locale provvede in particolare:
a)  all'educazione sanitaria;
b)  [all'igiene dell'ambiente];
c)  alla prevenzione individuale e collettiva delle malattie fisiche e psichiche;
d)  alla protezione sanitaria materno-infantile, all'assistenza pediatrica e alla tutela del diritto alla procreazione cosciente e responsabile;
e)  all'igiene e medicina scolastica negli istituti di istruzione pubblica e privata di ogni ordine e grado;
f)  all'igiene e medicina del lavoro, nonché alla prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali;
g)  alla medicina dello sport e alla tutela sanitaria delle attività sportive;
h)  all'assistenza medico-generica e infermieristica, domiciliare e ambulatoriale;
i)  all'assistenza medico-specialistica e infermieristica, ambulatoriale e domiciliare, per le malattie fisiche e psichiche;
l)  all'assistenza ospedaliera per le malattie fisiche e psichiche;
m)  alla riabilitazione;
n)  all'assistenza farmaceutica e alla vigilanza sulle farmacie;
o)  all'igiene della produzione, lavorazione, distribuzione e commercio degli alimenti e delle bevande;
p)  alla profilassi e alla polizia veterinaria; alla ispezione e alla vigilanza veterinaria sugli animali destinati ad alimentazione umana, sugli impianti di macellazione e di trasformazione, sugli alimenti di origine animale, sull'alimentazione zootecnica e sulle malattie trasmissibili dagli animali all'uomo, sulla riproduzione, allevamento e sanità animale, sui farmaci di uso veterinario;
q) agli accertamenti, alle certificazioni ed a ogni altra prestazione medico-legale spettanti al servizio sanitario nazionale, con esclusione di quelle relative ai servizi di cui alla lett. z) dell'art. 6».
(b) La lettera che si annota riproduce il testo dell'art. 14, terzo comma, lett. b, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, che risulta abrogato dal D.P.Rep. 5 giugno 1993 n. 177 emanato in esito al referendum indetto con D.P.Rep. 25 febbraio 1993.
(c)  L'art. 6, lett. z della legge 23 dicembre 1978, n. 833, è il seguente:
«Art. 6
Competenze dello Stato

Sono di competenza dello Stato le funzioni amministrative concernenti:
(Omissis)
z) i servizi sanitari istituiti per le Forze armate ed i Corpi di polizia, per il Corpo degli agenti di custodia e per il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché i servizi dell'Azienda autonoma delle ferrovie dello Stato relativi all'accertamento tecnico-sanitario delle condizioni del personale dipendent».

TITOLO II
AMBITI TERRITORIALI E SOGGETTI ISTITUZIONALI


Art. 2
Ambiti territoriali

L'ambito territoriale delle unità sanitarie locali, individuato in base ai criteri di cui all'art. 14 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (a), è determinato in conformità alla tabella A allegata alla presente legge (b).
Al fine di assicurare la rispondenza con la programmazione regionale, gli ambiti territoriali possono essere modificati con legge regionale, nell'ultimo semestre di gestione del piano sanitario regionale, anche su motivata richiesta dei comuni, con i criteri e le modalità di cui alla legge 23 dicembre 1978, n. 833.


(a) Si vedano la nota (a) all'art. 1 e la nota (1) alla tabella "A" allegata.
(b) La tabella "A" allegata alla legge 12 agosto 1980, n. 87, è stata sostituita dall'art. 31, comma 1, della legge regionale 1 gennaio 1981, n. 6, e successivamente è stata ripetutamente modificata.

Art. 3
Associazione dei comuni

Nel caso previsto dall'art. 15, terzo comma, lett. b, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (a), con la presente legge è costituita, per ciascun ambito territoriale, l'associazione dei comuni.
Il numero degli abitanti è quello risultante dai dati dell'ultimo censimento ufficiale della popolazione (b).


(a) L'art. 15, comma terzo (ora quinto per effetto della integrazione effettuata dall'art. 13, lett. b, della legge 26 aprile 1982, n. 181), della legge 23 dicembre 1978, n. 833, così dispone:
«Art. 15
Struttura e funzionamento delle unità sanitarie locali

(Omissis)
L'assemblea generale è costituita:
a)  dal consiglio comunale se l'ambito territoriale dell'unità sanitaria locale coincide con quello del comune o di parte di esso;
b)  dall'assemblea generale dell'associazione dei comuni, costituita ai sensi dell'art. 25 del D.P.R. 27 luglio 1977, n. 616, se l'ambito territoriale dell'unità sanitaria locale corrisponde a quello complessivo dei comuni associati;
c)  dall'assemblea generale della comunità montana se il suo ambito territoriale coincide con quello dell'unità sanitaria locale. Qualora il territorio dell'unità sanitaria locale comprenda anche comuni non facenti parte della comunità montana, l'assemblea sarà integrata da rappresentanti di tali comuni».
(b)  Testo sostituito dall'art. 26 della legge regionale 6 gennaio 1981, n. 6.

Art. 4
Elezione dell'assemblea generale dei comuni associati

(a)


(a) Articolo sostituito dall'art. 27 della legge regionale 6 gennaio 1981, n. 6 e abrogato dall'art. 12, comma 1, della legge regionale 22 aprile 1986, n. 20, che agli artt. 4 e 5 ha disciplinato l'elezione dell'assemblea generale.

Art. 4 bis
Procedimento per l'elezione dell'assemblea generale

(a)


(a) Articolo introdotto dall'art. 27 della legge regionale 6 gennaio 1981, n. 6 e abrogato dall'art. 12, comma 1, della legge regionale 22 aprile 1986, n. 20.

Art. 4 ter
Disposizioni finanziarie e di rinvio per l'elezione dell'assemblea generale (a)

Al presidente dell'ufficio elettorale è corrisposto dal comune in cui ha sede l'unità sanitaria locale un compenso fisso di lire 120.000 al lordo delle ritenute di legge, oltre al trattamento di missione corrisposto per i presidenti degli uffici di sezione, se dovuto.
A ciascuno degli scrutatori ed al segretario è corrisposto, dal comune in cui ha sede l'ufficio, un compenso fisso di lire 100.000, al lordo delle ritenute di legge (b).
Il comune in cui ha sede l'unità sanitaria locale provvede al pagamento degli oneri per il trattamento economico dei componenti del seggio e per gli adempimenti di propria spettanza utilizzando acconti che l'Assessorato regionale degli enti locali è tenuto ad erogare in misura non inferiore al 60 per cento delle spese presunte. Entro tre mesi dalla data delle elezioni lo stesso comune deve presentare documentato rendiconto.
Per quanto non previsto nella presente legge, ed in quanto applicabili, valgono le norme previste per l'elezione dei consigli comunali con popolazione superiore a 5.000 abitanti, ivi comprese le disposizioni di cui all'art. 23 della legge regionale 9 maggio 1969, n. 14, e successive modificazioni, con esclusione del numero minimo di candidature prescritto dall'art. 20, quinto comma, del testo unico regionale approvato con decreto del Presidente della Regione 20 agosto 1960, n. 3 (c).

(a) Articolo introdotto dall'art. 27 della legge regionale 6 gennaio 1981, n. 6. Si vedano anche le note (a) e (b) all'art. 10.
(b) Il primo ed il secondo comma dell'articolo che si annota sono stati sostituiti dall'art. 4 della legge regionale 12 agosto 1989, n. 18.
(c) Parole aggiunte dall'art. 5 della legge regionale 30 dicembre 1986, n. 34.

Art. 5
Durata in carica dell'assemblea dell'unità sanitaria locale (a)

L'assemblea generale si rinnova ogni cinque anni e, in ogni caso, in concomitanza al rinnovo dei consigli comunali dei comuni costituenti la maggioranza della popolazione residente nell'unità sanitaria locale; è fatto salvo il caso di cui all'art. 30 della presente legge.
Fino alla prima riunione della nuova assemblea generale, sono prorogati i poteri della precedente.
La prima riunione è convocata con specificazione dell'ordine del giorno dal presidente uscente ed è presieduta dal componente più anziano di età.


(a) Si vedano le note (a) e (b) all'art. 10.

Art. 6
Sostituzione dei componenti l'assemblea generale (a)

In caso di dimissioni, decadenza o morte di un componente l'assemblea generale, si procede alla sostituzione con il primo dei non eletti della lista di appartenenza.


(a) Si vedano le note (a) e (b) all'art. 10.

Art. 7
Prima seduta dell'assemblea generale (a)

L'assemblea generale nella prima seduta procede alla convalida e alla eventuale surrogazione degli eletti; procede, quindi, alla elezione del presidente dell'assemblea e successivamente alla elezione del comitato di gestione con la modalità dell'art. 14.


(a) Articolo sostituito dall'art. 28 della legge regionale 6 gennaio 1981, n. 6. Si vedano anche le note (a) e (b) all'art. 10.

Art. 8
Ineleggibilità e incompatibilità per l'assemblea generale (a)

Ai componenti dell'assemblea generale si applicano le disposizioni di legge vigenti in materia di ineleggibilità ed incompatibilità previste per l'elezione a consigliere comunale.


(a)  Si vedano le note (a) e (b) all'art. 10.

Art. 9
Cause di ineleggibilità e di incompatibilità per il comitato di gestione (a)

Oltre alle ipotesi di ineleggibilità e di incompatibilità previste dalla legislazione vigente per i consiglieri comunali non sono eleggibili a componenti del comitato di gestione:
a)  (b);
b)  (b);
c)  i deputati all'Assemblea regionale siciliana ed i consiglieri regionali;
d)  i presidenti ed i componenti della giunta esecutiva di comunità montana o di altro ente locale associativo sovracomunale;
e)  i sindaci ed assessori di comuni;
f)  i consiglieri comunali dei comuni facenti parte dell'unità sanitaria locale;
g)  i presidenti ed assessori di amministrazioni provinciali;
h)  i consiglieri provinciali di provincia nel cui ambito ricade l'unità sanitaria locale;
i)  i componenti elettivi o funzionari delle commissioni provinciali di controllo;
l)  i dipendenti regionali in servizio presso l'Assessorato regionale della sanità;
m)  i dipendenti di comuni che facciano parte dell'unità sanitaria locale;
n)  coloro i quali abbiano rapporti di lavoro subordinato, autonomo o convenzionato con l'unità sanitaria locale compreso il personale degli istituti e policlinici universitari e delle case di cura private;
o)  coloro che, personalmente od attraverso partecipazioni in società, abbiano rapporti economici diretti od indiretti con l'unità sanitaria locale;
p)  i magistrati della magistratura ordinaria e amministrativa e della Corte dei conti i quali esercitano la loro giurisdizione nel territorio dell'unità sanitaria locale.
Al presidente ed al vice presidente del comitato di gestione si applica la norma di cui all'art. 4 della legge regionale 29 dicembre 1975, n. 87  (c).
Le ipotesi di ineleggibilità previste nel presente articolo, qualora sopravvengano all'elezione, costituiscono causa di incompatibilità.

(a)  Si vedano le note (a) e (b) all'art. 10.
(b)  Le lett. a) e b) non sono state pubblicate perché omesse in sede di promulgazione in quanto impugnate dal Commissario dello Stato ai sensi dell'art. 28 dello Statuto regionale.
(c)  L'art. 4 della legge regionale 29 dicembre 1975, n. 87, così dispone:
«Art. 4

I presidenti ed i componenti delle commissioni provinciali di controllo sono ineleggibili a deputati regionali, salvo che abbiano cessato di esercitare le loro funzioni almeno un anno prima del compimento di un quinquennio dalla data della precedente elezione regionale».

Art. 9 bis (a)
Incompatibilità per cumulo di uffici

Qualora l'incompatibilità del componente l'as-semblea generale o il comitato di gestione dipenda dal cumulo di uffici, l'interessato ha facoltà di dichiarare, entro 15 giorni dalla notificazione della seconda elezione o nomina, per quale ufficio intenda optare; se non fa tale dichiarazione, nel termine stabilito, decade dalla carica ricoperta nell'unità sanitaria locale.


(a)  Articolo aggiunto dall'art. 29 della legge regionale 6 gennaio 1981, n. 6. Si vedano anche le note (a) e (b) all'art. 10.

TITOLO III
GLI ORGANI DELLE UNITA' SANITARIE LOCALI


Art. 10
Gli organi dell'unità sanitaria locale (a) (b)

Sono organi dell'unità sanitaria locale:
1) l'assemblea generale;
2) il comitato di gestione e il suo presidente;
3) il collegio dei revisori dei conti. (c)


(a) Articolo sostituito dall'art. 1 della legge regionale 30 maggio 1983, n. 45. Per l'attuale organizzazione delle aziende unità sanitarie locali si veda in particolare il titolo secondo (Organizzazione delle unità sanitarie locali e ambiti territoriali) della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30.
(b) In relazione a quanto evidenziato nell'avvertenza premessa al presente testo coordinato, si riportano gli artt. 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 12 e 13 della legge regionale 22 aprile 1986, n. 20, recante: «Nuove norme in materia sanitaria e disposizioni per le unità sanitarie locali. Modifica alla legge regionale 20 marzo 1951, n. 29 e successive modifiche».
«Art. 3

In attesa della riforma istituzionale delle unità sanitarie locali prevista dalla legge 15 gennaio 1986, n. 4, la disciplina di cui alla legge regionale 12 agosto 1980, n. 87 e successive modifiche si applica con le modifiche ed integrazioni previste dagli articoli successivi».
«Art. 4

Le attribuzioni dell'assemblea generale di cui all'art. 10 della legge regionale 12 agosto 1980, n. 87 e successive modifiche, sono svolte:
-  dal consiglio comunale, per le unità sanitarie locali il cui ambito territoriale coincida con quello del comune o di parte di esso;
-  da un'assemblea eletta dai consiglieri dei comuni partecipanti all'associazione dei comuni costituita ai sensi dell'art. 3 della legge regionale 12 agosto 1980, n. 87 e successive modifiche, per le unità sanitarie locali il cui ambito territoriale comprenda più comuni.
L'assemblea è composta di:
-  30 membri per le unità sanitarie locali nel cui ambito territoriale risieda una popolazione fino a cinquantamila abitanti;
-  40 membri per le altre unità sanitarie locali.
I componenti dell'assemblea sono eletti tra i consiglieri dei comuni compresi nell'ambito territoriale dell'unità sanitaria locale».
«Art. 5

All'elezione dell'assemblea prevista dall'articolo precedente, i consiglieri dei comuni costituenti l'associazione dei comuni concorrono in misura proporzionale ai voti validi riportati dalla lista nella quale sono stati eletti. A tal fine si divide il totale dei voti validi conseguiti da ciascuna lista nelle ultime elezioni comunali per il numero dei consiglieri comunali assegnati alla lista stessa.
Ciascuno dei quozienti ottenuti, diviso per cento e arrotondato per eccesso, costituisce la frazione di voto o il numero di voti con cui i consiglieri comunali di una determinata lista partecipano all'elezione. L'arrotondamento va fatto a 10, 20, 30, 40, 50, 60, 70, 80, 90, 100.
Quando ad un consigliere, in base ai calcoli effettuati ai sensi del precedente comma, venga attribuita una cifra che risulti unica tra quelle assegnate agli altri consiglieri dell'unità sanitaria locale, allo stesso verrà assegnata, invece della cifra così ottenuta, la cifra che più vi si approssimi tra quelle spettanti ai consiglieri di altre liste della stessa unità sanitaria locale. A parità di approssimazione, viene assegnata la cifra immediatamente superiore.
Qualora alla costituzione delle unità sanitarie locali concorrono più comuni, dei quali uno il cui territorio sia suddiviso in più di una unità sanitaria locale, i consiglieri del comune medesimo partecipano alla votazione con un numero rapportato al numero dei voti validi espressi nelle sezioni elettorali comprese nel territorio dell'unità sanitaria locale, calcolato col sistema di cui al presente articolo».
«Art. 6

L'Assessore regionale per gli enti locali, previa apposita delibera della Giunta regionale, stabilisce il giorno per l'elezione dell'assemblea di ciascuna unità sanitaria locale e la comunica ai sindaci interessati per la pubblicazione all'albo pretorio di apposito avviso.
Con decreto dell'Assessore regionale per gli enti locali, da emanarsi entro i successivi dieci giorni, viene stabilito il numero dei voti con i quali i consiglieri di ciascun comune partecipano alla elezione, da calcolarsi secondo il primo comma del precedente articolo. Tale decreto viene comunicato alla segreteria del comune sede dell'unità sanitaria locale per la preparazione delle liste elettorali, secondo un modello che sarà predisposto dallo stesso Assessore.
I sindaci, entro i trenta giorni antecedenti alla data stabilita per l'elezione dell'assemblea dell'unità sanitaria locale, devono aver provveduto a diramare a ciascun consigliere elettore apposito avviso di convocazione, inviandone altresì copia alla segreteria del comune sede dell'unità sanitaria locale per gli adempimenti inerenti alla preparazione delle liste elettorali. Sono da considerarsi elettori tutti i consiglieri in carica alla data di emanazione del decreto di fissazione della data di elezione.
Nell'ipotesi di scioglimento del consiglio comunale, per la determinazione dei consiglieri in carica, si fa riferimento alla data di emanazione dell'apposito decreto presidenziale.
Nell'ipotesi di decadenza del consiglio, per la determinazione dei consiglieri in carica, si fa riferimento alla data in cui si sono verificate le fattispecie che comportano la decadenza del consiglio.
Le liste dei candidati all'assemblea dell'unità sanitaria locale sono presentate da un consigliere elettore alla segreteria del comune sede dell'unità sanitaria locale dal trentesimo al venticinquesimo giorno antecedente la data della votazione, nelle normali ore di ufficio e, nell'ultimo giorno, anche se festivo, fino alle ore dodici.
Con la lista deve essere anche presentato:
a)  il motto costituito da non più di cinque parole con il quale la stessa lista intenda contraddistinguersi;
b)  la dichiarazione di accettazione di ogni candidato con l'indicazione del domicilio elettorale, autenticata da un notaio o dal segretario comunale o da un cancelliere della pretura o dell'ufficio di conciliazione.
Possono essere altresì indicati due rappresentanti di lista, uno effettivo e l'altro supplente, per assistere alle operazioni di voto, di scrutinio e di proclamazione.
Il segretario del comune sede dell'unità sanitaria locale rilascia ricevuta della lista e degli atti presentati attribuendo un numero secondo l'ordine cronologico di presentazione e provvede a darne comunicazione all'Assessorato regionale degli enti locali per la stampa delle schede di votazione.
Le schede dovranno avere le caratteristiche essenziali del modello descritto nelle tabelle B e C allegate alla legge regionale 6 gennaio 1981, n. 6 e successive modifiche.
L'ufficio elettorale è costituito da un presidente designato dal presidente della Corte d'appello competente per territorio, da cinque scrutatori nominati dalla commissione elettorale comunale del comune sede dell'unità sanitaria locale e da un segretario scelto dal presidente.
Le designazioni, nomine e scelte vengono effettuate secondo le procedure indicate agli artt. 10, 11 e 12 del decreto del Presidente della Regione 20 agosto 1960, n. 3, con esclusione dell'obbligo della stampa del manifesto di cui al citato art. 11.
La votazione si svolge nella sala consiliare del comune sede dell'unità sanitaria locale.
Alle ore sette del giorno per il quale è indetta la elezione, il presidente costituisce l'ufficio; si procede, quindi, alla autenticazione delle schede che vengono deposte in una cassetta, dopo averne controllato il numero ed il valore che devono coincidere con il numero degli elettori e con il valore del voto ad essi attribuito. Di ciò viene dato atto nel verbale. Indi il presidente dichiara aperta la votazione.
Il presidente consegna all'elettore, che abbia esibito apposito avviso di convocazione e di cui sia stata riconosciuta l'identità personale, la scheda di votazione corrispondente al numero di voti rappresentati ed una matita copiativa.
I consiglieri elettori possono esprimere fino a cinque preferenze nell'ambito della lista prescelta.
L'elettore, espresso il voto, con la scheda deve restituire la matita.
A misura che si depongono le schede nell'urna uno degli scrutatori ne fa attestazione apponendo la propria firma nell'apposita colonna della lista di sezione accanto al nome di ciascun votante.
La votazione prosegue sino alle ore 16. Tuttavia gli elettori che si trovino ancora nei locali del seggio sono ammessi a votare anche dopo trascorsa la detta ora.
Dichiarata chiusa la votazione ed accertato il numero dei votanti, la lista di votazione, vidimata dal presidente e da due scrutatori, viene chiusa in un plico e rimessa alla segreteria del comune sede dell'unità sanitaria locale unitamente al plico delle schede autenticate e non utilizzate e al plico delle schede non autenticate.
Compiute le operazioni di cui al precedente comma, si procede alle operazioni di scrutinio e quindi al riparto dei seggi e alla proclamazione degli eletti. A questo scopo si divide il totale dei voti validi riportati da tutte le liste per il numero dei componenti della assemblea da eleggere, ottenendo così il quoziente elettorale.
Si attribuiscono ad ogni lista tanti seggi quante volte il quoziente elettorale risulti contenuto nella cifra elettorale di ciascuna lista. I seggi eventualmente restanti vengono, quindi, attribuiti alle liste per le quali le divisioni abbiano dato i maggiori resti e in caso di parità di resti alla lista che abbia ottenuto la più alta cifra elettorale. Sono considerati resti anche i voti delle liste che non abbiano ottenuto alcun quoziente.
Stabilito il numero dei seggi spettanti a ciascuna lista, l'ufficio determina la graduatoria dei candidati di ciascuna lista a secondo delle rispettive preferenze. A parità di preferenze prevale il candidato più anziano di età.
Indi il presidente proclama eletti, nei limiti dei posti ai quali la lista ha diritto e seguendo la graduatoria, quei candidati che hanno ottenuto le preferenze più elevate.
Di tutte le operazioni dell'ufficio è compilato verbale in duplice esemplare. Uno degli esemplari, con tutti gli atti e la documentazione inerente alla votazione, è depositato nella segreteria del comune sede dell'unità sanitaria locale, mentre il secondo esemplare è trasmesso all'Assessorato regionale degli enti locali.
Dell'avvenuta elezione il sindaco del comune sede dell'unità sanitaria locale invia attestato ai candidati proclamati eletti. Della elezione viene data altresì comunicazione all'Assessorato regionale della sanità per l'adozione dei provvedimenti di cui all'art. 34 della legge regionale 12 agosto 1980, n. 87 e successive modifiche e alla Commissione provinciale di controllo».
«Art. 7

Gli organi di cui all'art. 4 esercitano le competenze di cui alla legge 15 gennaio 1986, n. 4 con le modalità e le procedure dalla stessa legge previste».
«Art. 8

Il comitato di gestione è composto da:
-  cinque membri per le unità sanitarie locali il cui ambito territoriale comprenda una popolazione fino a 50.000 abitanti;
-  sette membri per le altre unità sanitarie locali.
I componenti del comitato di gestione sono eletti dal consiglio comunale o dall'assemblea di cui allo art. 4 tra cittadini aventi adeguata esperienza di gestione e/o direzione amministrativa documentata da un curriculum che deve essere depositato, a cura di uno o più gruppi presenti nel consiglio comunale o nell'assemblea, almeno cinque giorni prima della votazione.
La carica di consigliere comunale è incompatibile con quella di componente del comitato di gestione.
L'elezione del comitato di gestione ha luogo con il sistema proporzionale su liste presentate da uno o più componenti dell'assemblea.
Per l'attribuzione dei componenti del comitato da eleggere, si divide il totale dei voti validi riportati da tutte le liste per il numero dei componenti da eleggere, ottenendo così il quoziente.
Si attribuiscono, quindi, ad ogni lista, tanti componenti quante volte il quoziente risulti contenuto nel numero dei voti riportati da ciascuna lista. Ove risultino posti di componente del comitato non attribuiti, se ne accerta il numero e li si attribuisce alle liste con i maggiori resti.
All'attribuzione di cui al precedente comma partecipano anche le liste che non abbiano raggiunto alcun quoziente. A parità di resti il posto di componente del comitato è assegnato per sorteggio.
I posti di componente attribuiti a ciascuna lista sono assegnati ai candidati che hanno riportato il maggior numero di preferenze. E' consentito, all'interno di ciascuna lista, di esprimere una preferenza.
I componenti del comitato di gestione non possono essere componenti dell'assemblea.
Entro i successivi otto giorni dall'elezione del comitato di gestione, l'assemblea procede all'elezione del presidente e del vicepresidente del comitato con votazioni separate nell'ambito dei componenti del comitato di gestione già eletti.
In ciascuna votazione al primo scrutinio occorre il voto favorevole della maggioranza dei componenti in carica; nelle eventuali votazioni successive è sufficiente il voto favorevole della maggioranza dei presenti.
Fino a quando tale elezione non sia avvenuta, le funzioni di presidente sono esercitate dal componente del comitato più anziano di età».
«Art. 9

Alle sedute del comitato di gestione partecipano, con voto consultivo, il coordinatore amministrativo ed il coordinatore sanitario.
Alle sedute del comitato di gestione possono partecipare, senza voto consultivo, i componenti del collegio dei revisori dell'unità sanitaria locale».
«Art. 10

Fino all'insediamento delle assemblee e dei comitati di gestione eletti ai sensi della presente legge, restano in carica gli organi di amministrazione delle unità sanitarie locali, eletti ai sensi della legge regionale 12 agosto 1980, n. 87 e successive modifiche».
«Art. 12

Sono abrogati:
-  gli artt. 4 e 4 bis della legge regionale 12 agosto 1980, n. 87 e successive modifiche;
-  gli artt. 1, 2 e 3 della legge regionale 23 dicembre 1985, n. 52, con effetto dalla data della relativa entrata in vigore.
E' abrogata, altresì, ogni altra disposizione legislativa o regolamentare regionale comunque incompatibile con la presente legge».
«Art. 13

Per quanto non previsto dagli artt. da 3 a 9 della presente legge si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni della legge regionale 12 agosto 1980, n. 87 e successive modifiche».
(c) Si riporta anche l'articolo unico della legge 15 gennaio 1986, n. 4:
«Articolo unico

1. In attesa della riforma istituzionale delle unità sanitarie locali, gli organi delle stesse, previsti dal secondo comma, punti 1) e 2), dell'art. 15 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, e successive modificazioni ed integrazioni, sono così sostituiti:
a) l'assemblea generale è soppressa. Le relative competenze sono svolte dal consiglio comunale o dall'assemblea generale della comunità montana o dall'assemblea dell'associazione intercomunale costituita secondo le procedure previste dall'art. 25 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, in relazione all'ambito territoriale di ciascuna unità sanitaria locale. Il numero dei componenti dell'assemblea dell'associazione intercomunale è determinato dalla regione e non può superare quello dei componenti assegnati al consiglio di un comune che abbia un numero di abitanti pari a quello dei comuni associati. I componenti dell'anzidetta assemblea sono eletti tra i consiglieri comunali dei comuni associati con voto limitato. Su proposta del comitato di gestione di cui alla successiva lett. b), il consiglio comunale o l'assemblea dell'associazione intercomunale, o l'assemblea della comunità montana deliberano in materia di: 1) bilancio preventivo, suo assestamento e conto consuntivo; 2) spese che vincolano il bilancio oltre l'anno; 3) adozione complessiva delle piante organiche; 4) convenzioni di cui all'art. 44 della legge 23 dicembre 1978, n. 833; 5) articolazione dei distretti sanitari di base. L'approvazione, anche con modificazioni, di detti atti deve intervenire nel termine di quarantacinque giorni dalla trasmissione delle proposte;
b) il comitato di gestione è composto dal presidente e da quattro o sei membri, sulla base di quanto stabilito dalla regione secondo le dimensioni dell'unità sanitaria locale, eletti, a maggioranza, con separate votazioni, dal consiglio comunale o dall'assemblea della associazione intercomunale, anche fuori del proprio seno, tra cittadini aventi esperienza di amministrazione e direzione, documentata da un curriculum, che deve essere depositato, a cura di uno o più gruppi presenti nel consiglio comunale o nell'assemblea della associazione intercomunale, cinque giorni prima della elezione. Qualora l'ambito territoriale della unità sanitaria locale coincida con quello della comunità montana, le funzioni del presidente e del comitato di gestione sono svolte rispettivamente dal presidente e dalla giunta della comunità montana.
2. Sono abrogate le norme incompatibili con la presente legge. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione ai principi della presente legge entro quarantacinque giorni dalla sua entrata in vigore. Entro i successivi quarantacinque giorni gli organi di gestione delle unità sanitarie locali devono essere rinnovati in conformità ai principi contenuti nella presente legge.
3. La presente legge entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana».

Art. 11
L'assemblea generale (a)

L'assemblea generale dell'unità sanitaria locale è costituita:
a) dal consiglio comunale se l'ambito territoriale dell'unità sanitaria locale coincide con quello del comune o di parte di esso;
b)  dall'assemblea generale dell'associazione dei comuni, nell'ipotesi di cui all'art. 15, comma terzo, lett. b, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (b).


(a) Si vedano le note (a) e (b) all'art. 10.
(b) Per l'art. 15, comma terzo, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, si veda la nota (a) all'art. 3.

Art. 12
Le competenze dell'assemblea generale (a)

L'assemblea generale, organo di promozione ed indirizzo politico dell'azione complessiva dell'unità sanitaria locale, elegge il comitato di gestione e provvede al suo scioglimento e al rinnovo nei casi previsti dagli artt. 14, ultimo comma, e 30 della presente legge.
L'assemblea elegge nel suo seno il presidente che convoca e presiede l'assemblea medesima, salvo il caso di unità sanitaria locale coincidente con un comune singolo, nel qual caso essa è presieduta dal sindaco.
La sede dell'unità sanitaria locale è quella di cui alla tabella A allegata alla presente legge.
L'assemblea, con maggioranza di due terzi, può stabilire una sede diversa, entro sei mesi dalla data del suo insediamento.
L'assemblea generale approva:
-  i bilanci preventivi e i conti consuntivi;
-  la relazione allegata al bilancio sui livelli assistenziali raggiunti e sulle esigenze che si sono manifestate nel corso dell'esercizio;
-  i piani e programmi che impegnano più esercizi, la pianta organica del personale e le sue modifiche;
-  i regolamenti di funzionamento dei servizi dell'unità sanitaria locale e le convenzioni, nonché il regolamento interno di funzionamento di cui al successivo art. 13, lett. a;
-  il regolamento che disciplina le forme di partecipazione, di cui al successivo art. 13, lett. d.
L'assemblea generale provvede all'articolazione del territorio dell'unità sanitaria locale in distretti sanitari di base, secondo i criteri stabiliti dalla presente legge.
Emana altresì direttive generali vincolanti per il comitato di gestione.


(a) Si vedano le note (a) e (b) all'art. 10.

Art. 13
Regolamento (a)

L'assemblea generale, nel rispetto delle norme di cui alla presente legge, disciplina con proprio regolamento:
a) l'organizzazione e il funzionamento dell'assemblea, eventualmente anche mediante la costituzione di commissioni;
b) l'organizzazione e il funzionamento del comitato di gestione;
c)  la pubblicazione di appositi bollettino per assicurare la pubblicità degli atti e altre forme di pubblicità delle attività dell'unità sanitaria locale;
d)  le forme e i modi di partecipazione democratica ai sensi dei successivi artt. 25 e 26;
e)  le modalità per l'effettivo esercizio del controllo sugli atti del comitato di gestione, di cui al successivo art. 28, che costituisce atto d'ufficio obbligatorio.
I regolamenti dell'unità sanitaria locale sono adottati secondo lo schema tipo predisposto dall'Assessore regionale per la sanità, previo parere della competente Commissione legislativa (b).
Nelle more dell'approvazione dei regolamenti e per quanto da questi non previsto, si applicano le disposizioni dell'ordinamento degli enti locali.
Per la validità delle sedute dell'assemblea é, in ogni caso, necessaria la presenza della metà più uno dei componenti.
Le deliberazioni sono prese a maggioranza dei presenti.


(a)  Si vedano le note (a) e (b) all'art. 10.
(b)  Si veda il decreto dell'Assessore regionale per la sanità 17 marzo 1982: «Approvazione dello schema tipo di regolamento per l'organizzazione ed il funzionamento dell'unità sanitaria locale».

Art. 14
Elezione del comitato di gestione, del presidente e del vice presidente (a)

[Il comitato di gestione è composto da 11 membri quando l'assemblea generale dell'unità sanitaria locale è composta da 30 membri; da 13 quando l'assemblea generale dell'unità sanitaria locale è composta da 40 membri; da 15 quando l'assemblea generale dell'unità sanitaria locale è composta da 50 membri].
[L'assemblea generale procede all'elezione dei membri del comitato di gestione].
[L'elezione del comitato di gestione ha luogo con il sistema proporzionale su liste presentate da uno o più componenti dell'assemblea].
[Per l'attribuzione dei componenti del comitato da eleggere, si divide il totale dei voti validi riportati da tutte le liste per il numero dei componenti da eleggere, ottenendo così il quoziente].
[Si attribuiscono, quindi, a ogni lista, tanti componenti quante volte il quoziente risulti contenuto nel numero dei voti riportati da ciascuna lista. Ove risultino posti di componente del comitato non attribuiti, se ne accerta il numero e li si attribuisce alle liste con i maggiori resti].
[All'attribuzione di cui al precedente comma partecipano anche le liste che non abbiano raggiunto alcun quoziente. A parità di resti il posto di componente del comitato è attribuito alla lista che ha riportato il maggior numero dei voti e, a parità di questi ultimi, per sorteggio].
[I posti di componente attribuiti a ciascuna lista sono assegnati ai candidati che hanno riportato il maggior numero di preferenze. E' consentito, all'interno di ciascuna lista, di esprimere una preferenza].
[I componenti del comitato di gestione non possono essere componenti dell'assemblea].
[Nella prima seduta il comitato di gestione provvede all'elezione, nel proprio seno, del presidente e del vice presidente. All'elezione del presidente e del vice presidente si provvede con votazione separata].
[Sono eletti coloro che riportano il maggior numero di voti. A parità di voti è eletto presidente o vice presidente il più anziano di età].
[Fino a quando tale elezione non sia avvenuta, le funzioni di presidente sono esercitate dal componente più anziano di età] (b).
I componenti del comitato di gestione partecipano alle riunioni dell'assemblea generale senza diritto di voto.
Se per dimissioni, decadenza o morte di un componente del comitato occorra procedere alla sostituzione, essa avviene con il primo dei non eletti della stessa lista cui apparteneva il componente da sostituire.
Ove risulti impossibile procedere alla surrogazione di uno o più componenti del comitato di gestione, si verifica decadenza dell'organo solo nel caso in cui vengano a mancare per tale causa la metà più uno dei componenti assegnati (c).


(a)  Si vedano le note (a) e (b) all'art. 10.
(b) I commi fra parentesi quadre devono ritenersi implicitamente abrogati dagli artt. 8 e 12, ultimo comma, della legge regionale 22 aprile 1986, n. 20.
(c) Comma aggiunto dall'art. 1 della legge regionale 3 dicembre 1991, n. 45.

Art. 15
Competenze del comitato di gestione (a)

Il comitato di gestione:
a)  predispone i bilanci preventivi e i conti consuntivi, i piani, i programmi, la pianta organica del personale e le sue modifiche, i regolamenti e le convenzioni, al fine di sottoporli all'esame ed all'approvazione dell'assemblea generale;
b)  fissa i compiti e determina le modalità per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti da piani, programmi e direttive generali deliberati dall'assemblea generale e può attribuire, a tali fini, specifici incarichi istruttori e propositivi a uno o più componenti;
c)  compie ogni altro atto di amministrazione dell'unità sanitaria locale, fatti salvi gli atti di competenza esclusiva dell'assemblea generale.
La proposta di bilancio di previsione di cui alla lett. a del precedente comma deve essere accompagnata da una relazione contenente:
1) informazioni e dati sulla qualità e quantità di servizi erogati con riferimento anche al rapporto costi-benefici;
2)  notizie sullo stato di attuazione delle scelte di programmazione;
3)  specifiche e dettagliate dimostrazioni in ordine alla dotazione dei singoli capitoli di bilancio, ponendo in particolare evidenza la rispondenza della prevista attività amministrativa con le indicazioni e le prescrizioni del piano sanitario regionale.


(a) Si vedano le note (a) e (b) all'art. 10.

Art. 16
Funzioni del presidente del comitato di gestione (a)

Il presidente:
a) convoca e presiede il comitato di gestione, ne coordina l'attività, cura l'esecuzione degli atti firmando quelli che comportano impegni, sovrintende agli uffici e al loro buon funzionamento ed esercita le altre attribuzioni che gli siano conferite da leggi o regolamenti;
b)  ha la legale rappresentanza dell'unità sanitaria locale;
c)  adotta, in caso di urgenza, limitatamente agli atti improrogabili per garantire il funzionamento dell'unità sanitaria locale, i provvedimenti di competenza del comitato di gestione, con l'obbligo di sottoporli alla ratifica del comitato stesso alla prima riunione che deve, in ogni caso, essere convocata entro trenta giorni;
d)  cura i rapporti con i sindaci dei comuni interessati, su richiesta dei quali è tenuto a mettere a disposizione gli uffici e le strutture dell'unità sanitaria locale di cui abbiano bisogno per l'esercizio dei poteri ad essi spettanti quali autorità sanitarie locali, nonché per l'esercizio di altri poteri loro propri, in quanto presuppongano accertamenti e rilevazioni sanitarie previste dalla legge.


(a) Si vedano le note (a) e (b) all'art. 10.

Art. 17
Indennità ai componenti dell'assemblea generale (a)

Ai componenti dell'assemblea generale dell'unità sanitaria locale compete, per ogni giornata di effettiva partecipazione, un'indennità di presenza pari a quella stabilita dalle vigenti norme per i consigli comunali dei comuni di corrispondente popolazione.
Compete, altresì, il rimborso delle spese effettivamente sostenute per la partecipazione alle sedute dell'assemblea, secondo quanto previsto per i consiglieri provinciali dalla vigente legislazione regionale.
La partecipazione a commissioni dell'assemblea comporta la corresponsione dell'indennità di presenza solo nel caso in cui siano espressamente previste nel regolamento di funzionamento di cui all'art. 13.


(a) Si vedano le note (a) e (b) all'art. 10.

Art. 18
Indennità al presidente, al vice presidente e ai componenti del comitato di gestione (a)

Al presidente del comitato di gestione dell'unità sanitaria locale compete un'indennità di carica onnicomprensiva mensile, di ammontare pari a quella prevista dalla vigente normativa per il sindaco di un comune di corrispondente popolazione.
Al vice presidente compete un'indennità mensile onnicomprensiva pari al 75 per cento di quella assegnata al presidente.
Agli altri componenti del comitato di gestione compete un'indennità di carica mensile onnicomprensiva pari al 50 per cento di quella assegnata al presidente.
Al presidente, al vice presidente e ai componenti compete, inoltre, il rimborso delle spese effettivamente sostenute, da liquidarsi secondo quanto previsto per i consiglieri provinciali dalla vigente legislazione regionale.


(a) Si vedano le note (a) e (b) all'art. 10.

Art. 19
Cumulo di indennità (a)

Le indennità di carica, di cui all'articolo precedente, non sono cumulabili con altre percepite quali titolari di cariche elettive presso enti pubblici e, qualora queste siano inferiori, è dovuta la corresponsione della sola differenza.


(a) Si vedano le note (a) e (b) all'art. 10.

TITOLO IV
STRUTTURE MULTIZONALI


Art. 20
Organizzazione e gestione dei servizi multizonali

I presidi e i servizi multizonali sono individuati dal piano sanitario regionale che individua, altresì, le unità sanitarie locali interessate ai medesimi.
La gestione delle strutture multizonali compete alle unità sanitarie locali nel cui territorio sono ubicate.
Allorché l'unità sanitaria locale gestisce presidi o servizi multizonali, i bilanci preventivi, i piani e programmi e, in genere, tutti gli atti che riguardano l'organizzazione generale di detti presidi o servizi, sono adottate previa consultazione delle altre unità sanitarie locali interessate. A tal fine, i progetti relativi agli atti in questione sono ad esse inviati e le stesse esprimono il proprio parere formulando eventuali osservazioni entro il termine di giorni 30. Trascorso tale termine, il parere si intende reso positivamente.
Tale consultazione è altresì resa obbligatoria per gli atti che abbiano ad oggetto i presidi e servizi multizonali concernenti il controllo e la tutela dell'igiene ambientale (a) e la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, al fine di individuare, anche in base ai principi stabiliti dalle leggi regionali, criteri e modalità di coordinamento con i servizi di igiene ambientale o igiene e medicina del lavoro di ciascuna unità sanitaria locale interessata, nonché per gli atti riguardanti l'utilizzazione dei presidi specialistici multizonali da parte delle singole unità sanitarie locali per l'esercizio delle funzioni di prevenzione, ai sensi dell'art. 20, comma secondo, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (b).


(a)  Si veda la nota (b) all'art. 1.
(b)  Il secondo comma dell'art. 20 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, è il seguente: «Nell'esercizio delle funzioni ad esse attribuite per l'attività di prevenzione le unità sanitarie locali, garantendo per quanto alla lett. d) del precedente comma la tutela del segreto industriale, si avvalgono degli operatori sia dei propri servizi di igiene sia dei presidi specialistici multizonali di cui al successivo art. 22, sia degli operatori che, nell'ambito delle loro competenze tecniche e funzionali, erogano le prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione».

Art. 21
Collegamento funzionale dei presidi e servizi multizonali

Al fine di assicurare il collegamento funzionale dei presidi e servizi multizonali con quelli delle unità sanitarie locali interessate, il comitato di gestione territorialmente competente si avvale di apposito comitato di coordinamento, composto dai presidenti dei comitati di gestione delle stesse unità sanitarie locali o da loro delegati.
Le modalità di funzionamento del comitato sono stabilite da apposito regolamento interno.
Altre forme di collegamento funzionale e di coordinamento sono stabilite dal regolamento dell'unità sanitaria locale che gestisce presidi o servizi multizonali.

TITOLO V
ARTICOLAZIONE DEL TERRITORIO DELL'UNITA' SANITARIA LOCALE IN DISTRETTI; PARTECIPAZIONE, INFORMAZIONE E CONSULTAZIONE


Art. 22
Criteri di distrettualizzazione (a)

Le unità sanitarie locali si articolano in distretti sanitari di base, quali strutture tecnico--funzionali per le erogazioni delle prestazioni di primo livello e di pronto intervento, di norma facendone coincidere il territorio con quello di uno o più comuni oppure con quello di uno o più quartieri, ai sensi della legge regionale 11 dicembre 1976, n. 84 (b).
A tal fine, sono da tenere presenti, di norma, i seguenti criteri:
a) corrispondenza dell'area distrettuale ad una popolazione compresa, di norma, tra 35.000 e 50.000 abitanti; per le aree metropolitane di Palermo, Messina e Catania tali limiti sono compresi, di norma, tra 100.000 e 200.000 abitanti; (c)
b) densità demografica e sua dinamica nel territorio, con particolare riguardo a zone montane e rurali e a quartieri urbani;
c)  presenza di aree ad alto rischio;
d)  flussi gravitazionali per cause occupazionali e sociali;
e)  viabilità e sistema dei trasporti;
f)  localizzazione di strutture funzionali.
L'applicazione dei criteri di cui al comma precedente va effettuata garantendo che ogni distretto comprenda una porzione di territorio tale da consentire, in relazione alla viabilità ed ai collegamenti con trasporti pubblici - avuto riguardo anche a particolari situazioni climatico-metereologiche - alle caratteristiche dei luoghi e degli insediamenti abitativi, ottimali condizioni e tempi di accesso alle strutture esistenti.
Con particolare riferimento al criterio di cui alla lett. a del secondo comma, possono prevedersi distretti riferiti a fasce di popolazione più elevate, se coincidenti con l'ambito territoriale di un quartiere, o meno elevate, purché non inferiore a 5.000 abitanti, qualora non possano essere altrimenti garantiti ottimali condizioni e tempi di accesso alle strutture esistenti.

(a)  Si vedano gli artt. 6 e 8 della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30.
(b)  La legge regionale 11 dicembre 1976, n. 84, che reca: «Norme sul decentramento amministrativo e sulla partecipazione dei cittadini all'amministrazione del Comune attraverso i Consigli di quartiere», è stata abrogata dall'art. 6 della legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48, «con eccezione degli articoli che disciplinano o che richiamano le procedure elettorali».
(c)  Lettera sostituita dall'art. 6, comma quarto, della legge regionale 3 dicembre 1993, n. 30.

Art. 23
Funzioni dei distretti sanitari di base (a)

I distretti sanitari di base provvedono all'erogazione dei servizi di primo livello e di pronto intervento.
In particolare, tenuto conto dei criteri di cui all'articolo precedente, rientrano fra le attività del distretto:
-  il controllo ed il miglioramento dell'ambiente di vita e di lavoro;
-  l'igiene pubblica e ambientale (b), ivi compresa la tutela degli alimenti, le vaccinazioni, le altre forme di profilassi e di disinfezione e disinfestazione, nonché le altre misure di lotta contro le malattie trasmissibili;
-  gli interventi di prevenzione individuale e collettiva compresi quelli di igiene mentale e tossicodipendenze;
-  le attività diagnostiche, terapeutiche e riabilitative correnti, domiciliari semiassistite ed ambulatoriali;
-  la guardia medica notturna, prefestiva e festiva, e di assistenza nelle località turistiche;
-  la distribuzione dei farmaci;
-  l'informazione sanitaria, la promozione sociale e l'educazione sanitaria dei cittadini;
-  la vigilanza, la profilassi e l'assistenza veterinaria.
A livello di distretto si articola anche l'attività del consultorio familiare.
Il distretto esplica una funzione di filtro e di orientamento per la fruizione di altre prestazioni non erogate a livello di base.
Nei distretti devono essere garantiti i collegamenti funzionali e le integrazioni con i servizi socio-assistenziali.

(a)  Si veda l'art. 8 della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30.
(b)  Si veda la nota (b) all'art. 1.

Art. 24
Consultazioni dei comuni

In attuazione dei principi fissati dall'art. 15, sesto comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (a), le unità sanitarie locali assicurano la consultazione dei comuni sui progetti dei bilanci preventivi ed allegata relazione sui livelli assistenziali, dei conti consuntivi, degli atti di programmazione che impegnano più esercizi, dell'articolazione del territorio in distretti sanitari di base e del regolamento che disciplina le forme di partecipazione.
I comuni, entro 30 giorni dal ricevimento, esprimono il proprio parere sui contenuti degli atti suddetti.

(a)  L'art. 15, comma sesto (ora ottavo per effetto dell'integrazione apportata dall'art 13 della legge 26 aprile 1982, n. 181), della legge 23 dicembre 1978, n. 833, è il seguente: «La legge regionale detta norme per assicurare forme di preventiva consultazione dei singoli comuni sulle decisioni di particolare rilievo dell'associazione dei comuni».

Art. 25
Indirizzi della partecipazione

In attuazione dei principi fissati dagli artt. 13, terzo comma (a), e 15, quarto comma (b), della legge 23 dicembre 1978, n. 833, i comuni singoli o associati assicurano ampie forme di partecipazione, consultazione ed informazione a livello di unità sanitaria locale e di distretto sanitario di base.
L'unità sanitaria locale, al fine di assicurare la corretta applicazione dei suddetti principi, provvede con proprio regolamento a fissare le relative forme e modalità di esercizio uniformandosi ai seguenti indirizzi:
a) istituzione di organismi di partecipazione con funzioni propositive e consultive composti da rappresentanti delle categorie di cui al terzo comma dell'art. 13 della legge 23 dicembre 1978, n. 833;
b)  individuazione di forme di partecipazione dei cittadini alle attività del distretto e degli utenti direttamente interessati all'attuazione e gestione dei singoli servizi;
c)  realizzazione di un articolato sistema di informazione finalizzato a diffondere tra i cittadini la piena coscienza degli obiettivi e degli strumenti della riforma sanitaria con particolare riferimento all'educazione sanitaria, agli aspetti epidemiologici, alla conoscenza delle cause delle malattie e ai modi di prevenirle.


(a)  Il comma terzo dell'art. 13 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, è il seguente: «I comuni, singoli o associati, assicurano, anche con riferimento alla legge 8 aprile 1976, n. 278, e alle leggi regionali, la più ampia partecipazione degli operatori della sanità, delle formazioni sociali esistenti sul territorio, dei rappresentanti degli interessi originari definiti ai sensi della legge 12 febbraio 1968, n. 132, e dei cittadini a tutte le fasi della programmazione dell'attività delle unità sanitarie locali e alla gestione sociale dei servizi sanitari, nonché al controllo della loro funzionalità e rispondenza alle finalità del servizio sanitario nazionale, agli obiettivi dei piani sanitari triennali delle regioni di cui all'art. 55. Disciplinano inoltre, anche ai fini dei compiti di educazione sanitaria propri dell'unità sanitaria locale, la partecipazione degli utenti direttamente interessati all'attuazione dei singoli servizi».
(b)  L'art. 15, comma quarto (ora sesto per effetto dell'integrazione apportata dall'art 13 della legge 26 aprile 1982, n. 181), della legge 23 dicembre 1978, n. 833, è il seguente: «In armonia con la legge 8 aprile 1976, n. 278, il comune può stabilire forme di partecipazione dei consigli circoscrizionali nell'attività delle unità sanitarie locali e quando il territorio di queste coincide con quello delle circoscrizioni può attribuire ai consigli circoscrizionali poteri che gli sono conferiti dalla presente legge».

Art. 26
Partecipazione a livello di distretto

La partecipazione a livello di distretto, disciplinata dal regolamento dell'unità sanitaria locale, garantisce forme di controllo democratico in attuazione del terzo comma dell'art. 13 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (a).
A tal fine il regolamento deve prevedere la concreta possibilità per tutti i soggetti di cui al citato terzo comma dell'art. 13 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, di:
-  discutere con l'équipe distrettuale di base le relazioni annuali di attività, esprimendo valutazioni e proposte;
-  essere consultati dall'ufficio di direzione dell'unità sanitaria locale, in sede di progettazione dei programmi dipartimentali;
-  suggerire programmi di interventi specifici per il distretto di competenza o formulare proposte per il miglioramento del funzionamento dell'efficienza dei servizi distrettuali.

(a) Per il terzo comma dell'art. 13 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, si veda la nota (a) all'art. 25.

Art. 27
Informazioni statistiche

I comuni sono tenuti a comunicare tempestivamente alle unità sanitarie locali competenti per territorio le variazioni e le notizie anagrafiche della popolazione, utili ai fini della programmazione sanitaria e per la gestione dei servizi sanitari.
L'Assessore regionale per la sanità provvede a predisporre un modello uniforme per la trasmissione dei dati.

TITOLO VI
CONTROLLI E POTERI SOSTITUTIVI


Art. 28
Controllo sugli atti

(a)

(a)  Articolo abrogato dall'art. 4, comma 4, della legge regionale 23 dicembre 1985, n. 52, che a sua volta è stato abrogato dall'art. 31, lett. g) della legge regionale 3 dicembre 1991, n. 44.

Art. 29
Controlli sostitutivi

Quando gli organi dell'unità sanitaria locale omettono di compiere, entro i termini fissati dalla legge, un atto obbligatorio, l'Assessore regionale per la sanità diffida l'ente a provvedere fissando un ulteriore congruo termine. Decorso invano tale termine, l'Assessore provvede alla nomina di un commissario con l'incarico di compiere l'atto.
Gli interventi sostitutivi di cui ai precedenti comma sono compiuti d'ufficio, o su richiesta dei soggetti interessati, o su rapporto della commissione provinciale di controllo.

Art. 30
Poteri sostitutivi

Qualora per normale scadenza o in relazione all'ipotesi di cui all'art. 14, ultimo comma (a), occorra procedere alla rinnovazione del comitato di gestione e l'assemblea non provveda entro 30 giorni, l'Assessore regionale per la sanità invita l'assemblea stessa a provvedere entro i 15 giorni successivi.
Trascorso inutilmente tale termine, il Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per la sanità, previa deliberazione della Giunta regionale, provvede alla nomina di un commissario straordinario con il potere di compiere ogni atto necessario per la temporanea gestione dell'unità sanitaria locale, al fine di assicurare la continuità dei servizi.
Nominato il commissario straordinario, l'assemblea dell'unità sanitaria locale si riunisce esclusivamente al fine di procedere all'elezione del comitato di gestione e per l'esercizio del controllo di cui all'art. 28 (b).
Qualora l'assemblea non provveda alla nomina del comitato di gestione entro il termine perentorio di mesi tre il Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per la sanità, previa deliberazione della Giunta regionale, procede al suo scioglimento e il commissario straordinario assume temporaneamente anche i poteri dell'assemblea generale dell'unità sanitaria locale.
Nell'ipotesi di cui al comma precedente tutti gli atti adottati dal commissario straordinario devono essere sottoposti all'esame della commissione provinciale di controllo.
Nel caso previsto dal precedente art. 11, lett. a (c), si procede allo scioglimento del consiglio comunale, con le modalità previste dalla legge regionale 18 marzo 1955, n. 17 (d).
Il commissario straordinario resta in carica fino all'insediamento del comitato di gestione eletto dall'assemblea.
Entro 60 giorni dallo scioglimento dell'assemblea generale l'Assessore regionale per gli enti locali, previa delibera della Giunta regionale, convoca il consiglio comunale o l'associazione dei comuni per il rinnovo dell'assemblea stessa, con le modalità di cui al precedente art. 4 (e).
Qualora il comitato di gestione adotti ripetutamente provvedimenti contrari alla legge o contrastanti con le prescrizioni del piano sanitario regionale, o si trovi nell'impossibilità di funzionare, l'Assessore regionale per la sanità invita il presidente del comitato di gestione al rispetto delle leggi e del piano sanitario.
Ove il comitato di gestione persista nel precedente atteggiamento, l'Assessore regionale per la sanità invita l'assemblea a revocare la fiducia al comitato stesso e a provvedere al suo rinnovo.
Qualora l'assemblea non provveda, entro 60 giorni, al rinnovo del comitato di gestione, si applicano le disposizioni previste dal quarto, settimo e ottavo comma del presente articolo.

(a)  Il riferimento all'art. 14, ultimo comma, va fatto al penultimo comma di tale articolo, in quanto l'attuale ultimo comma è stato aggiunto dall'art. 1 della legge regionale 3 dicembre 1991, n. 43. Si veda, in tal senso, la nota (c) all'art. 14.
(b)  Si veda la nota (a) all'art. 28.
(c)  In relazione all'art. 11, lett. a), si vedano anche le note (a) e (b) all'art. 10.
(d)  In forza della legge regionale 18 marzo 1955, n. 17, è stato emanato il decreto legislativo del Presidente della Regione 29 ottobre 1955, n. 6, recante: «Ordinamento amministrativo degli enti locali nella Regione siciliana», la cui attuale efficacia si fonda ora sulla legge regionale 15 marzo 1963, n. 16. Il rinvio effettuato dalla disposizione che si annota sembra, pertanto, da riferire all'art. 54, e successive integrazioni e modifiche, del predetto "Ordinamento amministrativo".
(e)  Si veda la nota (a) all'art. 4.

Art. 31
Verifiche e coordinamento della Regione

La Regione svolge funzioni di indirizzo e di coordinamento nei riguardi delle scelte e dell'azione degli organi delle unità sanitarie locali al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi del Servizio sanitario e, in particolare, per accertare la corrispondenza tra la programmazione sanitaria regionale e l'attività programmatoria dell'unità sanitaria locale, nonché la congruenza tra costi dei servizi e relativi benefici, ai sensi dell'art. 11, secondo comma, lett. c, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (a).
A tale fine, i progetti dei bilanci preventivi, dei costi consuntivi e delle piante organiche, predisposti dal comitato di gestione, sono inviati, tramite l'Assessore regionale per la sanità, alla Giunta regionale la quale esprime il proprio parere, entro 30 giorni, sulla rispondenza di tali atti al piano sanitario regionale, dandone notizia alla commissione provinciale di controllo.
Il comitato di gestione presenta all'assemblea gli atti di cui sopra corredati dal parere della Giunta regionale.
Gli atti eventualmente adottati dall'assemblea in contrasto con l'avviso espresso dalla Giunta regionale, ai sensi del secondo comma del presente articolo, sono nulli.
Il presidente e i componenti l'assemblea generale sono personalmente e solidamente responsabili (b).
La Giunta regionale attua, inoltre, forme di collaborazione tecnica e di supporto all'azione degli organi delle unità sanitarie locali al fine di evitare squilibri di gestione e di assicurare la uniformità dei servizi sul territorio regionale.


(a)  L'art. 11, secondo comma, lett. c, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, è il seguente:
«Art. 11
Competenze regionali

(Omissis)
Le leggi regionali devono in particolare conformarsi ai seguenti principi:
(Omissis)
c)  assicurare la corrispondenza tra costi dei servizi e relativi benefici».
(b)  Si riporta l'art. 5 della legge regionale 23 dicembre 1985, n. 52:
«Art. 5

Le deliberazioni concernenti bilanci preventivi, conti consuntivi, piante organiche e relative modifiche, contrastanti, ai sensi dell'art. 31 della legge regionale 12 agosto 1980, n. 87, con il piano sanitario regionale nonché ogni altra deliberazione per la quale non sia indicata idonea copertura finanziaria ai sensi dell'art. 49 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 e successive modifiche, sono nulle di diritto, salva la responsabilità solidale di coloro che hanno adottato l'atto, del collegio dei revisori e di chiunque abbia concorso a darne eventuale attuazione».

Art. 32
Controlli ispettivi e di efficienza (a)

L'Assessore regionale per la sanità verifica l'efficienza gestionale delle attività delle unità sanitarie locali e la loro coerenza economico-finanziaria con il bilancio e con gli obiettivi programmatici. I relativi risultati sono segnalati, oltre che alle assemblee generali delle unità sanitarie locali interessate, alla Giunta regionale e al Presidente della Regione e, ove sussistano i presupposti, l'Assessore è tenuto alla denuncia presso gli organi competenti, a promuovere i procedimenti di responsabilità e i procedimenti disciplinari.

(a) Si riporta l'art. 79 della legge regionale 18 aprile 1981, n. 69:
«Art. 79

Fermo restando quanto previsto dall'art. 32 della legge regionale 12 agosto 1980, n. 87, le unità sanitarie locali sono tenute a fornire alla Regione ogni informazione di natura economico-finanziaria occorrente ai fini della programmazione sanitaria nazionale e regionale ed ai fini della gestione del servizio sanitario secondo modalità di rilevazione fissate dalla Giunta regionale.
Le unità sanitarie locali sono tenute, inoltre, a fornirsi reciprocamente ed a richiesta ogni notizia utile allo svolgimento delle proprie funzioni nella materia di cui alla presente legge nonché di svolgere ogni altra forma di collaborazione nell'interesse reciproco e di quello regionale».

Art. 33
Relazione annuale e trimestrale

Entro il mese di marzo di ogni anno l'assemblea dell'unità sanitaria locale esamina ed approva una relazione, presentata dal comitato di gestione, sui livelli di prestazioni erogate e sulle principali esigenze manifestatesi nel corso dell'anno precedente e la trasmette all'Assessore regionale della sanità.
La relazione è redatta secondo criteri e modalità uniformi determinati annualmente dall'Assessore regionale alla sanità, sulla base di schede di rilevazione tipo a tal uopo predisposte.
La relazione, oltre ad esporre in forma riassuntiva le parti fondamentali del bilancio, deve contenere i dati riguardanti il personale impiegato, anche in rapporto ai posti letto, all'assistenza in regime di day-hospital o ambulatoriale negli ospedali, il tasso di utilizzazione dei posti letto, la durata media della degenza, il costo medio per ricovero e per giornata--ricovero, il tasso di spedalizzazione per abitante, la spesa media ospedaliera per cittadino residente, l'occupazione ospedaliera per abitante.
La relazione di cui ai comma precedenti deve fornire i dati disaggregati concernenti l'erogazione dell'assistenza medica di base in forma diretta o convenzionata ambulatoriale e domiciliare, della specialistica diretta o convenzionata ambulatoriale e domiciliare, per singole specialità e per cittadino residente, anche in rapporto ai piani di attività avviati per la prevenzione delle malattie ed il recupero funzionale dei soggetti assistiti, i dati della spesa farmaceutica per abitante ed ogni altro elemento utile ai fini della verifica sulla gestione dell'unità sanitaria locale, nonché di un giudizio sull'assistenza sanitaria erogata e sullo stato di salute della popolazione.
Il Presidente della Regione, sulla base degli elementi forniti dall'Assessore regionale per la sanità e delle relazioni di cui ai precedenti comma, entro il mese di maggio dei primi due anni di validità del piano triennale sanitario regionale, presenta all'Assemblea regionale siciliana una relazione generale sulla gestione ed efficienza dei servizi sanitari nella Regione, ai sensi dell'art. 49, ultimo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (a).
L'Assemblea regionale siciliana esamina ed approva la relazione generale di cui al comma precedente, formulando indirizzi per la migliore attuazione delle finalità del piano sanitario regionale ed indicazioni per le eventuali modifiche o integrazioni del piano sanitario nazionale.
Per il terzo anno di validità del piano regionale l'assemblea generale dell'unità sanitaria locale entro il mese di marzo esamina ed approva una relazione presentata dal comitato di gestione sui risultati dell'ultimo anno e più in generale una relazione sullo stato di attuazione nel triennio.
Il Presidente della Regione, entro il mese di maggio del terzo anno di gestione del piano sanitario regionale, previa deliberazione della Giunta di Governo, sulla base delle relazioni di cui al comma precedente e delle relazioni dei due anni precedenti, presenta all'Assemblea regionale siciliana una relazione sullo stato di attuazione del piano sanitario regionale e sugli obiettivi e le linee di politica sanitaria rilevanti ai fini della formazione del successivo piano sanitario.

(a) L'ultimo comma dell'art. 49 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, è il seguente: «Il presidente della giunta regionale presenta annualmente al consiglio regionale una relazione generale sulla gestione ed efficienza dei servizi sanitari, con allegata la situazione contabile degli impegni assunti sulla quota assegnata alla regione degli stanziamenti per il servizio sanitario nazionale. Tale relazione deve essere trasmessa ai Ministri della sanità, del tesoro e del lavoro e della previdenza sociale, con allegato un riepilogo dei conti consuntivi, per singole voci, delle unità sanitarie locali».

Titolo VII
NORME TRANSITORIE PER LA PRIMA COSTITUZIONE DELLE UNITA' SANITARIE LOCALI E NORME FINALI


Art. 34
Prima convocazione dell'assemblea dell'associazione dei comuni (a)

Entro 15 giorni dalla comunicazione di cui all'ultimo comma dell'art. 4 bis (b), l'Assessore regionale per la sanità fissa la data della convocazione per la prima seduta dell'assemblea generale (c) da tenersi entro i successivi trenta giorni per gli adempimenti di cui all'art. 7. Gli avvisi di convocazione debbono notificarsi almeno 10 giorni prima della disposta seduta.
Ove l'assemblea così convocata non possa deliberare per la mancata partecipazione della maggioranza degli aventi diritto, l'Assessore regionale per la sanità fissa una nuova convocazione per le sedute da tenersi entro i 15 giorni successivi. Gli avvisi di convocazione debbono notificarsi almeno 5 giorni prima della disposta seduta.

(a)  Testo sostituito dall'art. 30 della legge regionale 6 gennaio 1981, n. 6.
(b)  Si veda la nota (a) all'art. 4 bis.
(c)  Si vedano le note (a) e (b) all'art. 10.

Art. 35
Elezione del comitato di gestione

Il comitato di gestione dell'unità sanitaria locale è eletto dall'assemblea generale (a), nella prima riunione convocata secondo le norme del precedente art. 34.

(a) Si vedano le note (a) e (b) all'art. 10.

Art. 36
Nomina del presidente del comitato di gestione (a)

Il comitato di gestione, eletto dall'assemblea ai sensi degli articoli precedenti, come primo atto procede all'elezione del presidente e del vice presidente, ai sensi del precedente art. 14.
Fino a quando tale elezione non sia avvenuta, le funzioni di presidente, compresa la convocazione della prima riunione del comitato, sono esercitate dal componente più anziano di età.

(a)  Si vedano le note (a) e (b) all'art. 10.

Art. 37
Comunicazione delle avvenute elezioni (a)

Delle elezioni effettuate ai sensi degli articoli precedenti viene data immediata comunicazione, oltre che alle commissioni provinciali di controllo, all'Assessore regionale per la sanità.

(a)  Si vedano le note (a) e (b) all'art. 10.

Art. 38
Costituzione delle unità sanitarie locali

Entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge il Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale, costituisce le unità sanitarie locali con proprio decreto (a), ai sensi e per gli effetti degli artt. 61 e 66 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (b).
Con lo stesso provvedimento il Presidente della Regione adotta le disposizioni relative al trasferimento ai comuni, in modo graduale ove necessario, delle funzioni, dei beni mobili ed immobili e delle attrezzature (c) degli enti ed istituti di cui all'art. 66, 1° comma, lett. a e b, della predetta legge 23 dicembre 1978, n. 833.
Con lo stesso provvedimento il Presidente della Regione adotta, altresì, anche in riferimento a normative specifiche, le disposizioni relative all'utilizzazione del personale (d) e alla gestione finanziaria dei servizi, ai sensi dell'art. 61, terzo comma, lett. b e c, della legge 23 dicembre 1978, n. 833.
Con lo stesso provvedimento il Presidente della Regione adotta, altresì, norme concernenti le indicazioni per l'adeguamento della delimitazione degli ambiti territoriali dei distretti scolastici e di altre unità di servizio (e), ai sensi dell'art. 11, ultimo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (f).
Il decreto del Presidente della Regione, di cui ai commi precedenti, è atto definitivo.

(a)  Si veda il decreto del Presidente della Regione 5 novembre 1980, n. 121, recante: «Costituzione delle unità sanitarie locali nel territorio della Regione», con il quale - fra l'altro - gli enti locali sono stati invitati a pronunciarsi in merito alla delimitazione dei distretti scolastici e delle altre unità di servizio. Inoltre, per le disposizioni relative al trasferimento delle funzioni, dei beni, delle attrezzature e del personale, si veda il decreto del Presidente della Regione 28 luglio 1982, n. 84, recante: «Attribuzione di funzioni alle unità sanitarie locali».
(b) Si riportano gli artt. 61 e 66 della legge 23 dicembre 1978, n. 833:
«Art. 61
Costituzione delle unità sanitarie locali

Le regioni, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge e secondo le norme di cui al precedente titolo I, individuano gli ambiti territoriali delle unità sanitarie locali, ne disciplinano con legge i compiti, la struttura, la gestione, l'organizzazione, il funzionamento e stabiliscono i criteri per l'articolazione delle unità sanitarie locali in distretti sanitari di base.
Con provvedimento da adottare entro il 31 dicembre 1979 secondo le norme dei rispettivi statuti le regioni costituiscono le unità sanitarie locali.
Le regioni, con lo stesso provvedimento di cui al comma precedente, adottano disposizioni:
a) per il graduale trasferimento ai comuni, perché siano attribuiti alle unità sanitarie locali, delle funzioni, dei beni, delle attrezzature di cui sono attualmente titolari gli enti o gli uffici di cui, a norma della presente legge, vengono a cessare i compiti nelle materie proprie del servizio sanitario nazionale;
b) per l'utilizzazione presso i servizi delle unità sanitarie locali del personale già dipendente dagli enti od uffici di cui alla precedente lett. a) che a norma della presente legge è destinato alle unità sanitarie locali, nonché per il trasferimento del personale medesimo dopo la definizione degli organici secondo quanto disposto nei provvedimenti assunti in attuazione di quanto previsto dal penultimo comma, punto 4, del precedente art. 15;
c) per la gestione finanziaria dei servizi di cui alla precedente lett. a) a partire dalla data di costituzione delle unità sanitarie locali, con l'obbligo di fissare i limiti massimi di spesa consentiti per le attribuzioni del personale e per l'acquisto di beni e servizi e di prevedere periodici controlli della spesa e le responsabilità in ordine alla stessa.
Fino a quando non sarà stato emanato il provvedimento di cui al secondo comma del presente articolo, la tutela sanitaria delle attività sportive nelle regioni che non abbiano emanato proprie norme in materia, continuerà ad essere assicurata, con l'osservanza dei principi generali contenuti nella legge 26 ottobre 1971, n. 1099 e delle normative stabilite dalle singole federazioni sportive riconosciute dal CONI, secondo i propri regolamenti».
«Art. 66
Attribuzione, per i servizi delle unità sanitarie locali, di beni già di pertinenza di enti locali

Sono trasferiti al patrimonio del comune in cui sono collocati, con vincolo di destinazione alle unità sanitarie locali:
a) i beni mobili ed immobili e le attrezzature appartenenti alle province o a consorzi di enti locali e destinati ai servizi igienico-sanitari;
b)  i beni mobili ed immobili e le attrezzature degli enti ospedalieri, degli ospedali psichiatrici e dei centri di igiene mentale dipendenti dalle province o da consorzi delle stesse o da istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB) di cui al settimo comma dell'art. 64, nonché degli altri istituti di prevenzione e cura e dei presidi sanitari extraospedialieri dipendenti dalle province o da consorzi di enti locali.
I rapporti giuridici relativi alle attività di assistenza sanitaria attribuite alle unità sanitarie locali sono trasferiti ai comuni competenti per territorio.
E' affidata alle unità sanitarie locali la gestione dei beni mobili ed immobili e delle attrezzature destinati ai servizi igienico-sanitari dei comuni e all'esercizio di tutte le funzioni dei comuni e loro consorzi in materia igienico-sanitaria.
Le regioni adottano gli atti legislativi ed amministrativi necessari per realizzare i trasferimenti di cui ai precedenti commi per regolare i rapporti patrimoniali attivi e passivi degli enti e degli istituti di cui alle lett. a) e b) del primo comma.
Ai trasferimenti di cui al presente articolo si provvede con le modalità e nei termini previsti dell'art. 61.
Con le stesse modalità ed entro gli stessi termini gli enti ed istituti di cui alle lett. a) e b) del primo comma perdono, ove l'abbiano, la personalità giuridica.
Con legge regionale sono disciplinati lo svincolo di destinazione dei beni di cui al primo comma, il reimpiego ed il reinvestimento in opere di realizzazione e di ammodernamento dei presidi sanitari dei capitali ricavati dalla loro alienazione o trasformazione, nonché la tutela dei beni culturali eventualmente ad essi connessi».
(c)  Si veda la precedente nota (a).
(d)  Si veda la precedente nota (a).
(e)  Si veda la precedente nota (a).
(f)  L'art. 11, ultimo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, è il seguente: «All'atto della determinazione degli ambiti di cui al comma precedente, le regioni provvedono altresì ad adeguare la delimitazione dei distretti scolastici e di altre unità di servizio in modo che essi, di regola, coincidano».

Art. 39
Trasferimenti dei beni ai comuni

I beni mobili ed immobili nonché le attrezzature degli enti od istituti di cui all'art. 66, primo comma, lett. a e b, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (a), sono trasferiti al patrimonio del comune in cui sono collocati con vincolo di destinazione d'uso alla competente unità sanitaria locale, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
A tale scopo, gli enti ed istituti di cui al comma precedente, nonché i comuni, nel caso previsto dall'art. 66, terzo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (a), dovranno provvedere, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, ad una ricognizione straordinaria delle componenti del proprio patrimonio destinato totalmente o prevalentemente ai servizi igienico-sanitari, ivi compresa una verifica straordinaria di cassa presso il proprio tesoriere e presso gli eventuali altri agenti autorizzati al maneggio di denaro.
Detta ricognizione straordinaria verrà effettuata in conformità alla normativa vigente presso ciascun ente ed istituto e le relative risultanze, analitiche e sintetiche, formeranno oggetto di apposita deliberazione.
Ai fini dell'emissione del decreto di cui all'articolo precedente, le risultanze della ricognizione di cui ai precedenti comma vengono comunicate al Presidente della Regione nonché al comune interessato che, entro il termine perentorio di giorni 30, provvede a formulare eventuali osservazioni.
Sono, altresì, trasferiti ai comuni competenti per territorio i rapporti giuridici relativi alle attività di assistenza sanitaria attribuite alle unità sanitarie locali.
Il regolamento dei rapporti patrimoniali attivi e passivi relativi ai beni trasferiti, nonché dei rapporti giuridici di cui al comma precedente è curato, ove necessario e previa diffida, da apposito commissario nominato dal Presidente della Regione.

(a) Per i commi qui richiamati dell'art. 66 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, si veda la nota (b) all'art. 38.

Art. 40
Svincolo di destinazione dei beni e loro reimpiego

Lo svincolo di destinazione dei beni di cui all'articolo precedente e all'art. 65, primo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (a), il reimpiego e il reinvestimento dei capitali ricavati dalla loro alienazione o trasformazione in opere di realizzazione o di ammodernamento dei presidi sanitari, nonché la tutela dei beni culturali eventualmente ad essi concessi, sono deliberati dal consiglio del comune cui i beni sono stati trasferiti, su proposta dell'assemblea generale dell'unità sanitaria locale, previa autorizzazione concessa con decreto del Presidente della Regione, a seguito di deliberazione della Giunta regionale.
Le iniziative di cui al comma precedente possono essere assunte direttamente dal comune interessato con deliberazione del consiglio, previo assenso della unità sanitaria locale e previa autorizzazione, con decreto, del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale.

(a) Il primo comma dell'art. 65 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, è il seguente: «In applicazione del progetto di riparto previsto dall'ultimo comma dell'art. 4 della legge 29 giugno 19797, n. 349, e d'intesa con le regioni interessate, con decreto del Ministro del tesoro, di concerto con i Ministri del lavoro e della previdenza sociale e delle finanze, sia i beni mobili ed immobili che le attrezzature destinate prevalentemente ai servizi sanitari appartenenti agli enti, casse mutue e gestioni soppressi sono trasferiti al patrimonio dei comuni competenti per territorio, con vincolo di destinazione alle unità sanitarie locali».

Art. 41

Al personale comandato alla data del 31 dicembre 1979 presso l'Assessorato regionale della sanità in esecuzione del combinato disposto di cui alla legge n. 386 del 17 agosto 1974 (a) ed alla legge regionale 3 giugno 1975, n. 27 (b), è attribuito, a decorrere dal primo luglio 1980, un'indennità mensile lorda pari alla differenza tra il trattamento economico complessivo lordo goduto presso gli enti di appartenenza e quello spettante al personale regionale in servizio con uguale anzianità nella corrispondente qualifica.

(a) La legge 17 agosto 1974, n. 386, ha convertito in legge, con modificazioni, il decreto-legge 8 luglio 1974, n. 264, recante: «Norme per l'estinzione dei debiti degli enti mutualistici nei confronti degli enti ospedalieri, il finanziamento della spesa ospedaliera e l'avvio della riforma sanitaria».
(b)  La legge regionale 3 giugno 1975, n. 27, reca: «Norme per il finanziamento della spesa e per l'erogazione dell'assistenza ospedaliera».

Art. 42

(a).

(a)  Articolo abrogato dall'art. 13 della legge regionale 27 dicembre 1985, n. 53.

Art. 43

Entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge (a), i comuni possono avanzare richiesta motivata di aggregazione nell'ambito territoriale di una unità sanitaria locale diversa da quella in cui sono inclusi in base all'allegata tabella A (b), purché territorialmente contigua.
Sulla richiesta di cui al precedente comma, che deve essere approvata con il voto favorevole di almeno i due terzi dei consiglieri comunali assegnati, decide con decreto il Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per la sanità, sentito il parere della competente Commissione legislativa.
I comuni il cui territorio, in base alla tabella A allegata, è suddiviso in più di una unità sanitaria locale, possono avanzare richiesta di diversa suddivisione del territorio stesso, entro i termini e con le modalità di cui ai due precedenti comma.

(a)  L'art. 31, comma 2, della legge regionale 6 gennaio 1981, n. 6, così dispone: «2. Il termine di cui all'art. 43 della legge regionale 12 agosto 1980, n. 87, ferme restando, in quanto compatibili, le richieste già presentate, decorre dalla data di entrata in vigore della presente legge».
(b)  Si vedano la nota (b) all'art. 2 e la nota (1) alla tabella "A" allegata.

Art. 44

Tutti gli atti assunti dall'assemblea generale e dal comitato di gestione devono essere trasmessi in copia agli enti locali compresi nell'unità sanitaria locale (a).

(a)  Si vedano le note (a) e (b) all'art. 10.

Art. 45

Gli ambiti territoriali delle unità sanitarie locali, determinati ai sensi della presente legge, potranno essere modificati quando saranno istituiti i liberi consorzi dei comuni, nel quadro della riforma dell'ordinamento amministrativo della Regione, al fine di ricomprenderli all'interno degli ambiti territoriali di questi ultimi.
Alle modifiche di cui al precedente comma provvede con decreto il Presidente della Regione, previo parere della competente Commissione legislativa.

Art. 46

Per la costituzione delle assemblee generali delle unità sanitarie locali numeri 34, 36, 60, 61 di cui alla tabella A prevista nel precedente art. 2, si adotta, nella prima applicazione della presente legge, il metodo già pre-visto all'art. 4 (a).

(a)  Si veda la nota (a) all'art. 4.

Art. 47

Le unità sanitarie locali comprendenti una popolazione inferiore a 50.000 abitanti sono soggette a provvedimenti di conferma definitiva nel contesto delle finalità di cui al secondo comma dell'art. 2.

Art. 48

(a).

(a)  Articolo non pubblicato perché omesso in sede di promulgazione in quanto impugnato dal Commissario dello Stato ai sensi dell'art. 28 dello Statuto regionale.

Art. 49

Sino a quando non sarà stato approvato il piano sanitario triennale regionale, per le piante organiche (a) di cui al secondo comma dell'art. 31, è necessaria l'autorizzazione con decreto dell'Assessore regionale per la sanità, sentita la competente Commissione legislativa.
Il parere della competente Commissione legislativa è obbligatorio.
I provvedimenti eventualmente difformi dal parere espresso dalla Commissione sono adottati dall'Assessore regionale per la sanità, previa delibera motivata della Giunta di Governo.

(a)  Comma così modificato dall'art. 11 della legge regionale 27 maggio 1987, n. 32.

Art. 49 bis (a)

In sede di predisposizione del piano sanitario regionale triennale l'Assessorato regionale della sanità prevede le modalità per consentire ai cittadini residenti nel territorio di una frazione ricadente nell'ambito territoriale di una unità sanitaria locale, diversa da quella della quale fa parte il comune di appartenenza, l'accesso in via normale ai servizi dell'unità sanitaria locale all'interno del cui ambito territoriale la frazione ricade.

(a)  Articolo aggiunto dall'art. 1 della legge regionale 28 aprile 1981, n. 77.

Art. 50

All'onere derivante dall'art. 41 della presente legge e ricadente nell'esercizio finanziario in corso, nella misura di lire cinquanta milioni, si fa fronte con parte delle disponibilità di cui al cap. 60751 del bilancio della Regione per l'anno 1980.

Art. 51

La presente legge sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana ed entrerà in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione.
E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione.

Tabella A
INDIVIDUAZIONE DEGLI AMBITI TERRITORIALI DELLE UNITA' SANITARIE LOCALI (1)
(Testo sostituito dall'art. 31 della legge regionale 6 gennaio 1981, n. 6 e poi ulteriormente modificato con vari provvedimenti che si riportano in nota)

  USL | DELIMITAZIONE AMBITI TERRITORIALI | Popolaz. | Sede     | (denominazioni comuni) | legale
  1 Buseto Palizzolo, Custonaci, Favignana, Paceco, San Vito Lo Capo, Trapani, Val- 
derice, Erice  131.125 Trapani 
  2 Pantelleria 8.327 Pantelleria 
  3 Marsala, Petrosino 79.994 Marsala 
  4 Mazara del Vallo, Gibellina, Vita, Salemi 59.413 Mazara del Vallo 
  5 Castelvetrano, Campobello di Mazara, Partanna, Poggioreale, Salaparuta, Santa 
Ninfa  62.597 Castelvetrano 
  6 Alcamo, Calatafimi, Castellammare del Golfo 63.937 Alcamo 
  7 Caltabellotta, Menfi, Montevago, Sambuca di Sicilia, Santa Margherita Belice, 
Sciacca  68.859 Sciacca 
  8 Burgio, Villafranca Sicula, Calamonaci, Ribera, Cattolica Eraclea, Montallegro, 
Lucca Sicula  36.550 Ribera 
  9 Bivona, San Biagio Platani, Alessandria della Rocca, Santo Stefano Quisquina, 
Cianciana  26.725 Bivona 
  10 Casteltermini, San Giovanni Gemini, Cammarata 25.282 Casteltermini 
  11 Agrigento, Aragona, Comitini, Favara, Joppolo Giancaxio, Porto Empedocle, Raf- 
fadali, Santa Elisabetta, Siculiana, Realmonte, Sant'Angelo Muxaro  135.010 Agrigento 
  12 Campobello di Licata, Canicattì, Castrofilippo, Grotte, Naro, Racalmuto, Rava- 
nusa, Camastra  93.553 Canicattì 
  13 Licata, Palma di Montechiaro 63.683 Licata 
  14 Bompensiere, Milena, Montedoro, San Cataldo, Serradifalco, Marianopoli 37.395 San Cataldo 
  15 Mussomeli, Acquaviva Platani, Campofranco, Sutera, Vallelunga Pratameno, Vil- 
lalba  28.365 Mussomeli 
  16 Caltanissatta, Santa Caterina Villarmosa, Delia, Resuttano, Riesi, Sommatino 102.813 Caltanissetta 
  17 Butera, Gela, Mazzarino, Niscemi 113.396 Gela 
  18 Capizzi, Cerami, Nicosia, Sperlinga, Gagliano Castelferrato, Troina (2) 36.279 Nicosia 
  19 Calascibetta, Enna, Villarosa, Catenanuova, Centuripe, Valguarnera Caropepe 64.158 Enna 
  20 Leonforte, Regalbuto, Agira, Nissoria, Assoro 46.536 Agira 
  24 Modica, Scicli, Ispica, Pozzallo 92.255 Modica 
  25 Avola, Noto, Pachino, Portopalo di Capo Passero, Rosolini 95.344 Noto 
  26 Floridia, Siracusa, Solarino, Canicattini Bagni, Sortino, Palazzolo Acreide, Buc- 
cheri, Buscemi, Cassaro, Ferla, Priolo Gargallo  168.259 Siracusa 
  27 Augusta, Melilli 43.689 Augusta 
  28 Carlentini, Francofonte, Lentini 57.747 Lentini 
  29 Caltagirone, Grammichele, Licodia Eubea, Mazzarrone, Mirabella Imbaccari, 
San Cono, San Michele di Ganzaria, Vizzini, Mineo  87.700 Caltagirone 
  30 Militello in Val di Catania, Castel di Judica, Palagonia, Raddusa, Ramacca, Scor- 
dia  57.877 Palagonia 
  31 Belpasso, Paternò, Ragalna (3) 56.086 Paternò 
  32 Adrano, Biancavilla, Santa Maria di Licodia 57.145 Adrano 
  33 Gravina di Catania, Camporotondo Etneo, Mascalucia, Nicolosi, Pedara, Santa Agata Li Battiati, San Giovanni la Punta, San Gregorio di Catania, San Pie- 
tro Clarenza, Trecastagni, Tremestieri Etneo, Valverde, Viagrande  56.871 Gravina di Catania 
  34 Catania (comprende i quartieri: 2, 10, 11, 13, 14 e 15) (4) 91.357 
  35 Catania (comprende i quartieri: 3, 5, 6, 7, 8, 9 e 12) ed i comuni di Mister- 
bianco e Motta Sant'Anastasia (3)  191.591 Catania 
  36 Catania (comprende i quartieri: 1, 4, 16 e 17) 141.685 
  37 Aci Bonaccorsi, Aci Castello, Acireale, Aci Sant'Antonio, Santa Venerina, Zaffe- 
rana Etnea, Aci Catena  87.003 Acireale 
  38 Calatabiano, Castiglione di Sicilia, Fiumefreddo di Sicilia, Giarre, Linguaglossa, 
Mascali, Milo, Piedimonte Etneo, Riposto, Sant'Alfio  75.266 Giarre 
  39 Bronte, Randazzo, Maletto, Maniace, Santa Domenica Vittoria (5) 35.692 Bronte 
  40 Antillo, Casalvecchio Siculo, Castelmola, Forza d'Agrò, Gaggi, Gallodoro, Giardini Naxos, Graniti, Letojanni, Limina, Mongiuffi Melia, Roccafiorita, Santo Alessio Siculo, Santa Teresa di Riva, Savoca, Taormina, Motta Camastra, Francavilla di Sicilia, Roccella Valdemone, Malvagna, Moio Alcantara, San Teodo- 
ro, Cesarò (6)  59.437 Taormina 
  41 Messina (comprende i quartieri: 6, 7, 8, 9, 10, 11 e 13 più i comuni di Villa- 
franca Tirrena, Saponara, Rometta (7)  188.285 
  42 Messina (comprende i quartieri: 1,2,3,4, 5 e 14 più i comuni di Roccalumera, Nizza di Sicilia, Itala, Scaletta Zanclea, Fiumedinisi, Alì, Alì Terme, Furci  
culo, Mandanici, Pagliara (8)  100.013 Messina 
  43 Condrò, Gualtieri Sicaminò, Milazzo, Monforte San Giorgio, Pace del Mela, Roccavaldina, San Filippo del Mela, San Pier Niceto, Santa Lucia del Mela, Spa- 
tafora, Torregrotta, Valdina, Venetico  66.025 Milazzo 
  44 Leni, Lipari, Santa Maria Salina, Malfa 12.230 Lipari 
  45 Barcellona Pozzo di Gotto, Basicò, Castroreale, Falcone, Fondachelli Fantina, Furnari, Mazzarrà Sant'Andrea, Merì, Montalbano Elicona, Novara di Sici- 
lia, Rodì Milici, Terme Vigliatore, Tripi  67.199 Barcellona Pozzo di Gotto 
  46 Brolo, Ficarra, Gioiosa Marea, Librizzi, Montagnareale, Oliveri, Patti, Piraino, 
Raccuja, San Piero Patti, Sant'Angelo di Brolo, Sinagra, Floresta, Ucria  53.588 Patti 
  47 Castel di Lucio, Mistretta, Motta d'Affermo, Pettineo, Reitano, Santo Stefano di 
Camastra, Tusa (9)  26.418 Mistretta 
  48 Alcara li Fusi, Capo d'Orlando, Capri Leone, Frazzanò, Galati Mamertino, Longi, Militello Rosmarino, Mirto, San Marco d'Alunzio, Sant'Agata di Militello, Tortorici, San Salvatore di Fitalia, Acquedolci, San Fratello, Caronia, Naso, Ca- 
stell'Umberto (10)  81.508 Sant'Agata di Militello 
  49 Campofelice di Roccella, Castelbuono, Cefalù, Collesano, Gratteri, Isnello, La- 
scari, Pollina, San Mauro Castelverde  45.540 Cefalù 
  50 Alimena, Bompietro, Castellana Sicula, Gangi, Geraci Siculo, Petralia Soprana, 
Petralia Sottana, Polizzi Generosa, Blufi  39.990 Petralia Sottana 
  51 Caccamo, Sciara, Termini Imerese, Trabia, Cerda, Caltavuturo, Sclafani Bagni, 
Aliminusa, Montemaggiore Belsito, Scillato  61.329 Termini Imerese 
  52 Bagheria, Santa Flavia, Casteldaccia, Altavilla Milicia, Ficarazzi 58.873 Bagheria 
  53 Bisacquino, Campofiorito, Chiusa Sclafani, Contessa Entellina, Corleone, Giu- 
liana, Roccamena  30.910 Corleone 
  54 Lercara Friddi, Castronovo di Sicilia, Vicari, Alia, Valledolmo, Roccapalumba, 
Palazzo Adriano, Prizzi  42.359 Lercara Friddi 
  55 Balestrate, Borgetto, Camporeale, Giardinello, Montelepre, Partinico, San Cipi- 
rello, San Giuseppe Jato, Trappeto  62.780 Partinico 
  56 Carini, Capaci, Isola delle Femmine, Torretta, Terrasini, Cinisi 42.215 Carini 
  57 Misilmeri, Bolognetta, Marineo, Baucina, Ciminna, Ventimiglia di Sicilia, Villa- 
frati, Cefalà Diana, Godrano, Mezzojuso, Campofelice di Fitalia  41.687 Misilmeri 
  58 Palermo (comprende i quartieri: Tribunali, Castellammare, Palazzo Reale, Monte 
di Pietà, più il comune di Ustica) (11)  54.232 
  59 Palermo (comprende i quartieri: Cuba, Calatafimi, Mezzomonreale, Villa Tasca, Altarello, Boccadifalco più i comuni di Altofonte, Belmonte Mezzagno, Mon- 
reale, Piana degli Albanesi, Santa Cristina Gela) (12)  109.360 
  60 Palermo (comprende i quartieri: Zisa, Noce, Malaspina, Palagonia, Politeama, 
Uditore, Passo di Rigano, Borgo Nuovo, Cruillas-CEP) (13)  213.033 Palermo 
  61 Palermo (comprende i quartieri: Libertà, Resuttana, San Lorenzo, Tommaso Natale-Sferracavallo, Pallavicino, Partanna Mondello, Montepellegrino, Arenella, 
Vergine Maria (14)  173.024 
  62 Palermo (comprende i quartieri: Oreto-Stazione, Santa Rosalia, Montegrappa, Settecannoli, Brancaccio-Ciaculli, Villagrazia-Falsomiele, più i comuni di Vil- 
labate, Lampedusa e Linosa) (15)  153.096 



(1)  Per l'assetto territoriale delle Aziende unità sanitarie locali si veda il titolo secondo (Organizzazione delle unità sanitarie locali e ambiti territoriali) - ed in particolare gli artt. 6 e 8 - della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30.
(2)  Si veda il decreto del Presidente della Regione 22 agosto 1981, n. 141.
(3)  Si veda il decreto del Presidente della Regione 16 maggio 1985: «Inclusione del comune di Ragalna tra i comuni costituenti l'ambito territoriale dell'U.S.L. n. 31, con sede in Paternò».
(4)  Si vedano i decreti del Presidente della Regione 22 luglio 1981, n. 139, e 4 settembre 1981, n. 143.
(5)  Si vedano i decreti del Presidente della Regione 22 agosto 1981, n. 142; 4 settembre 1981, n. 143, e 21 settembre 1984, n. 82.
(6)  Si veda la precedente nota 5.
(7)  Si veda la legge regionale 29 dicembre 1981, n. 180.
(8)  Si veda la precedente nota 7.
(9)  Si vedano i decreti del Presidente della Regione 22 agosto 1981, n. 141 e 4 settembre 1981, n. 143.
(10)  Si veda il decreto del Presidente della Regione 14 maggio 1985. «Inclusione del comune di Torrenova tra i comuni costituenti l'ambito territoriale dell'U.S.L. n. 48, con sede in Sant'Agata Militello».
(11)  Si vedano il D.P.Reg. 22 luglio 1981, n. 140, e il D.P.Reg. 4 settembre 1981, n. 143.
(12)  Si veda la precedente nota 11.
(13)  Si veda la precedente nota 11.
(14)  Si veda la precedente nota 11.
(15)  Si veda la precedente nota 11.



(99.19.881)


Testo aggiornato e coordinato della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30, recante: «Norme in tema di programmazione sanitaria e di riorganizzazione territoriale delle unità sanitarie locali».

AVVERTENZA


Il testo aggiornato (al 1° dicembre 1998) e coordinato della presente legge, predisposto dall'Ufficio legislativo e legale della Presidenza della Regione siciliana, al fine di consentirne - in conformità alla previsione recata dall'art. 80 della legge regionale 7 marzo 1997, n. 6 - la pubblicazione, é stato redatto, ai sensi dell'art. 11, secondo comma, del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull'emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1985, n. 1092, nonché dell'art. 10, comma 3, del medesimo testo unico, al solo fine di facilitare la lettura sia delle disposizioni della legge, integrate con le modifiche apportate da successive norme, sia di quelle richiamate nella legge stessa trascritte nelle note. Restano invariati il valore e l'efficacia degli atti riportati, secondo le relative fonti.
Le modifiche sono evidenziate in grassetto.


TITOLO I
PRINCIPI GENERALI


Art. 1
Recepimento di norme

1. Nel territorio della Regione siciliana si applicano le norme di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (a) con le modificazioni di cui agli articoli seguenti, salvo quanto previsto dalla legge regionale 1 settembre 1993, n. 25 (b) e nel rispetto dei principi ordinatori della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (c).


(a)  Il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, reca: «Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421».
(b)  Si ritiene utile riportare - in questa sede - gli artt. 67 e 68 della legge regionale 1 settembre 1993, n. 25, che reca: «Interventi straordinari per l'occupazione produttiva in Sicilia».
«Art. 67
Procedure per la determinazione delle attrezzature sanitarie

1. Entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge e successivamente con cadenza biennale, l'Assessorato regionale della sanità provvederà attraverso l'Osservatorio epidemiologico regionale alla ricognizione delle attrezzature esistenti nelle strutture del servizio sanitario regionale e del loro stato di manutenzione e di funzionamento.
2. Entro i successivi sei mesi l'Assessorato regionale della sanità individuerà i fabbisogni di minima e di massima delle attrezzature necessarie al funzionamento dei servizi sanitari, in relazione alle tipologie strutturali ed organizzative di questi ultimi, così come individuate dal piano sanitario regionale, nonché i criteri di priorità per l'assegnazione dei fondi per il completamento della dotazione delle attrezzature. Tale proposta è inviata al Consiglio sanitario regionale che entro i sessanta giorni successivi esprime parere e lo trasmette alla Giunta regionale, la quale lo approva, sentito il parere della Commissione legislativa "Servizi sociali e sanitari" dell'Assemblea regionale siciliana.
3. Tali fabbisogni saranno aggiornati biennalmente con identica procedura.
4. L'Assessorato regionale della sanità predispone lo schema di assegnazione delle risorse finanziarie sulla base del confronto tra le dotazioni, i fabbisogni minimi e massimi, gli indizi di funzionalità, i criteri di priorità, le richieste pervenute dalle unità sanitarie locali, dalle aziende ospedaliere e dall'azienda regionale per la prevenzione e le risorse finanziarie disponibili. Tale schema è approvato dalla Giunta regionale, sentita la Commissione legislativa "Servizi sociali e sanitari" dell'Assemblea regionale siciliana.
5. Le attrezzature finanziate devono essere acquisite entro il termine perentorio di tre anni dalla data del finanziamento».
«Art. 68
Norme per il finanziamento delle spese in conto capitale delle unità sanitarie locali e delle altre istituzioni sanitarie operanti nell'ambito regionale

1. Le somme annualmente stanziate per il finanziamento delle spese in conto capitale delle unità sanitarie locali e delle altre istituzioni sanitarie sono destinate al mantenimento dello stato di efficienza e di funzionalità degli edifici, impianti e attrezzature comprese le sostituzioni di apparecchiature logore o obsolete, al potenziamento dei presidi mediante acquisizione di impianti e attrezzature tecnico-scientifiche ad alto contenuto tecnologico, nonché al finanziamento di ampliamenti o costruzioni di presìdi sanitari e ospedalieri.
2. Al riparto delle somme di cui al comma 1, in relazione alle varie finalità, provvede la Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale per la sanità consensualmente all'approvazione del progetto di bilancio di previsione.
3. Le unità sanitarie locali e le altre istituzioni sanitarie segnalano all'Assessorato regionale della sanità, entro il 31 marzo di ciascun anno, le attrezzature che ritengono necessario acquistare.
4. Le richieste vengono valutate da un nucleo di valutazione istituito presso l'Assessorato regionale della sanità nominato ai sensi dell'art. 3 della legge regionale 2 marzo 1962, n. 3, il quale, tenuto conto delle disponibilità finanziarie utilizzabili e sentito il parere dell'Ispettorato regionale sanitario, propone all'Assessore regionale per la sanità gli acquisti ovvero la locazione, la locazione finanziaria o l'acquisto o riscatto con o senza opzioni per l'acquisto delle attrezzature necessarie per garantire lo standard operativo uniforme dei presidi sanitari in relazione alle loro dimensioni ed alla tipologia dei servizi erogati.
5. Le acquisizioni di cui al comma 4 vengono effettuate mediante gare da indirsi con le procedure e le modalità di cui al Capo X della legge regionale 12 gennaio 1993, n. 10.
6. Le opere edilizie compatibili con la programmazione regionale sanitaria sono finanziate mediante trasferimento diretto delle somme occorrenti e realizzate con le modalità previste dalla legge regionale 12 gennaio 1993, n. 10.
7. Al fine di assicurare con immediatezza il mantenimento dello stato di efficienza e funzionalità delle strutture e delle attrezzature delle unità sanitarie locali e delle istituzioni sanitarie, una quota non superiore al 20 per cento delle somme annualmente stanziate viene assegnata mediante trasferimento diretto in relazione al numero e alla dimensione delle strutture sanitarie possedute dai vari enti».
(c) La legge 23 dicembre 1978, n. 833, reca: «Istituzione del servizio sanitario nazionale».

Art. 2
Soggetti

1.  Fermi restando le funzioni ed i poteri di indirizzo, programmazione, verifica e controllo della Regione siciliana, concorrono alla programmazione sanitaria regionale elaborata dalla Regione le unità sanitarie lo-cali, le aziende ospedaliere e, per quanto di competenza, le università nel rispetto dell'art. 6 del decreto legislativo n. 502 del 1992 (a).
2.  Svolgono ruolo consultivo i policlinici universitari, le province regionali, le organizzazioni regionali professionali degli operatori del settore, le organizzazioni sindacali, le associazioni degli utenti dei servizi sanitari, le altre forze sociali organizzate e le associazioni di volontariato.
3.  Le unità sanitarie locali possono assumere la gestione di attività o servizi socio-assistenziali per conto degli enti locali con onere a totale carico degli stessi, ivi compresi quelli relativi al personale, e con contabilità separata. L'unità sanitaria locale procede alla erogazione solo dopo l'effettiva acquisizione delle necessarie disponibilità finanziarie.
4.  La Regione garantisce, nello svolgimento delle attività del servizio sanitario regionale, il coordinamento fra e con tutti gli enti, aziende e servizi che svolgono attività comunque incidenti sullo stato della salute dei cittadini.
5.  Alle unità sanitarie locali, alle aziende ospedaliere e ai policlinici universitari sono attribuiti compiti attuativi degli atti di indirizzo e programmazione adottati dalla Regione siciliana.


(a)  L'art. 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, è il seguente:
«Art. 6
Rapporti tra Servizio sanitario nazionale ed Università

1.  Le regioni, nell'ambito della programmazione regionale, stipulano specifici protocolli d'intesa con le università per regolamentare l'apporto alle attività assistenziali del servizio sanitario delle facoltà di medicina, nel rispetto delle loro finalità istituzionali didattiche e scientifiche. Le università contribuiscono, per quanto di competenza, all'elaborazione dei piani sanitari regionali. La programmazione sanitaria, ai fini dell'individuazione della dislocazione delle strutture sanitarie, deve tener conto della presenza programmata delle strutture universitarie. Le università e le regioni possono, d'intesa, costituire policlinici universitari, mediante scorporo e trasferimento da singoli stabilimenti ospedalieri di strutture universitarie od ospedaliere, accorpandole in stabilimenti omogenei tenendo conto delle esigenze della programmazione regionale. I rapporti in attuazione delle predette intese sono regolati, ove necessario, con appositi accordi tra le università, le aziende ospedaliere e le unità sanitarie locali interessate.
2.  Per soddisfare le specifiche esigenze del Servizio sanitario nazionale, connesse alla formazione degli specializzandi e all'accesso ai ruoli dirigenziali del Servizio sanitario nazionale, le università e le regioni stipulano specifici protocolli di intesa per disciplinare le modalità della reciproca collaborazione. I rapporti in attuazione delle predette intese sono regolati con appositi accordi tra le università, le aziende ospedaliere, le unità sanitarie locali, gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico e gli istituti zooprofilattici sperimentali. Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257, sulla formazione specialistica, nelle scuole di specializzazione attivate presso le predette strutture sanitarie in possesso dei requisiti di idoneità di cui all'art. 7 del citato decreto legislativo n. 257/91, la titolarità dei corsi d'insegnamento previsti dall'ordinamento didattico universitario è affidata ai dirigenti delle strutture presso le quali si svolge la formazione stessa, in conformità ai protocolli d'intesa di cui al comma 1. Ai fini della programmazione del numero degli specialisti da formare, si applicano le disposizioni di cui all'art. 2 del decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257, tenendo anche conto delle esigenze conseguenti alle disposizioni sull'accesso alla dirigenza di cui all'art. 15 del presente decreto. Il diploma di specializzazione conseguito presso le predette scuole è rilasciato a firma del direttore della scuola e del rettore dell'università competente. Sulla base delle esigenze di formazione e di prestazioni rilevate dalla programmazione regionale, analoghe modalità per l'istituzione dei corsi di specializzazione possono essere previste per i presidi ospedalieri delle unità sanitarie locali, le cui strutture siano in possesso dei requisiti di idoneità previsti dall'art. 7 del decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257.
3. A norma dell'art.1, lett. o), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, la formazione del personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione avviene in sede ospedaliera ovvero presso altre strutture del Servizio sanitario nazionale e istituzioni private accreditate. I requisiti di idoneità e l'accreditamento delle strutture sono disciplinati con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica d'intesa con il Ministro della sanità. Il Ministro della sanità individua con proprio decreto le figure professionali da formare ed i relativi profili. Il relativo ordinamento didattico è definito, ai sensi dell'art. 9 della legge 19 novembre 1990, n. 341, con decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica emanato di concerto con il Ministro della sanità. Per tali finalità le regioni e le università attivano appositi protocolli di intesa per l'espletamento dei corsi di cui all'art. 2 della legge 19 novembre 1990, n. 341. La titolarità dei corsi d'insegnamento previsti dall'ordinamento didattico universitario è affidata di norma a personale del ruolo sanitario dipendente dalle strutture presso le quali si svolge la formazione stessa, in possesso dei requisiti previsti. I rapporti in attuazione delle predette intese sono regolati con appositi accordi tra le università, le aziende ospedaliere, le unità sanitarie locali, le istituzioni pubbliche e private accreditate e gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. I diplomi conseguiti sono rilasciati a firma del responsabile del corso e del rettore dell'università competente. L'esame finale, che consiste in una prova scritta ed in una prova pratica, abilita all'esercizio professionale. Nelle commissioni di esame è assicurata la presenza di rappresentanti dei collegi professionali, ove costituiti. I corsi di studio relativi alle figure professionali individuate ai sensi del presente articolo e previsti dal precedente ordinamento che non siano stati riordinati ai sensi del citato art. 9 della legge 19 novembre 1990, n. 341, sono soppressi entro due anni a decorrere dal 1° gennaio 1994, garantendo, comunque, il completamento degli studi agli studenti che si iscrivono entro il predetto termine al primo anno di corso. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, per l'accesso alle scuole ed ai corsi disciplinati dal precedente ordinamento è in ogni caso richiesto il possesso di un diploma di scuola secondaria superiore di secondo grado di durata quinquennale. Alle scuole ed ai corsi disciplinati dal precedente ordinamento e per il predetto periodo temporale possono accedere gli aspiranti che abbiano superato il primo biennio di scuola secondaria superiore per i posti che non dovessero essere ricoperti dai soggetti in possesso del diploma di scuola secondaria superiore di secondo grado.
4. In caso di mancata stipula dei protocolli di intesa di cui al presente articolo, entro centoventi giorni dalla costituzione delle nuove unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, previa diffida, gli accordi sono approvati dal Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta dei Ministri della sanità e dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica.
5. Nelle strutture delle facoltà di medicina e chirurgia il personale laureato medico ed odontoiatra di ruolo, in servizio alla data del 31 ottobre 1992, dell'area tecnico-scientifica e socio-sanitaria, svolge anche le funzioni assistenziali. In tal senso è modificato il contenuto delle attribuzioni dei profili del collaboratore e del funzionario tecnico socio-sanitario in possesso del diploma di laurea in medicina e chirurgia ed in odontoiatria. E' fatto divieto alle università di assumere nei profili indicati i laureati in medicina e chirurgia ed odontoiatria».

Art. 3
Metodologia della programmazione

1.  Sulla base del piano sanitario regionale ciascuna unità sanitaria locale e ciascuna azienda ospedaliera predispone il piano annuale di attuazione distinto per ognuno dei settori sanitari, accompagnato da una relazione nella quale dovranno essere specificati almeno i seguenti indicatori di processo:
a)  volumi di attività svolta;
b)  indicatori di efficienza dei servizi evidenziando le aree di sottoutilizzazione ed indicando i correttivi da adottare e le relative esigenze di personale, attrezzature e strutture;
c)  costi desunti dalla contabilità per centri di costo;
d)  indici di soddisfazione dei livelli minimi assistenziali;
e)  bisogni non soddisfatti individuati, indicando le necessità in termini di personale, attrezzature e strutture e i relativi costi presunti;
f)  percentuali di raggiungimento degli obiettivi assegnati dal piano sanitario regionale vigente e cause di eventuali ritardi.
A tal fine l'Assessore regionale per la sanità predisporrà uno schema di pianificazione tipo.
2.  I piani annuali sono predisposti entro il 30 ottobre di ciascun anno, nei limiti delle risorse previste nel progetto di bilancio preventivo della Regione per l'anno a cui gli stessi piani si riferiscono, e attuano la parte finanziaria dei piani triennali, tenendo conto ed esplicitando le ulteriori fasi rinviate agli anni successivi. Essi sono sottoposti all'approvazione dell'Assessore regionale per la sanità il quale provvede nei trenta giorni successivi.
3.  Il bilancio preventivo economico, che accompagna il piano annuale di cui al comma 2, è approvato dall'Assessore regionale per la sanità, previo parere dell'Assessore regionale per il bilancio, che si intende positivo se non reso entro venti giorni dal ricevimento.

Art. 4
Procedure di verifica sanitaria

1.  Le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere verificano semestralmente i risultati raggiunti, attraverso gli indicatori di processo di cui al comma 1 dell'art. 3.
2.  Le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere elaborano, con cadenza annuale, attraverso indicatori di risultato, una relazione da inviare, entro il 30 gennaio dell'anno successivo, all'Assessorato regionale della sanità, secondo schemi definiti dall'Assessorato medesimo, al fine della verifica complessiva con particolare riferimento alle prestazioni erogate ed alle spese sostenute.

Art. 5
Conto consuntivo e relazione sull'attività

1. Entro il 30 aprile di ogni anno, le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere presentano all'Assessorato regionale della sanità il conto consuntivo dell'esercizio precedente accompagnato da una relazione che evidenzia la situazione della spesa sanitaria di competenza con gli obiettivi raggiunti.
2.  Sulla base delle singole relazioni di cui agli articoli precedenti, l'Assessore regionale per la sanità presenta annualmente alla Giunta regionale una relazione sui livelli assistenziali raggiunti e sulle esigenze che si sono manifestate nel corso dell'esercizio.
3 Il Presidente della Regione presenta annualmente all'Assemblea regionale siciliana la relazione generale sulla gestione ed efficienza dei servizi, unitamente al rendiconto sullo stato di utilizzazione degli stanziamenti in conto capitale a carico del servizio sanitario nazionale e degli altri finanziamenti previsti nel piano triennale.

TITOLO II
ORGANIZZAZIONE DELLE UNITA' SANITARIE LOCALI E AMBITI TERRITORIALI


Art. 6
Ambiti territoriali

1.  Al fine del riequilibrio tra macrofunzioni ospedaliera, extraospedaliera e di prevenzione, il territorio della Regione è suddiviso in quattro bacini infraregionali così ripartiti:
a)  Palermo e Trapani;
b)  Catania, Siracusa, Ragusa;
c)  Caltanissetta, Enna, Agrigento;
d)  Messina.
2.  Le aziende unità sanitarie locali nella Regione siciliana sono nove, corrispondenti all'ambito territoriale di ciascuna provincia, con sede nei comuni capoluogo e sono così denominate:
  a) azienda unità sanitaria locale n. 1 - Agrigento; 
  b) azienda unità sanitaria locale n. 2 - Caltanissetta; 
  c) azienda unità sanitaria locale n. 3 - Catania; 
  d) azienda unità sanitaria locale n. 4 - Enna; 
  e) azienda unità sanitaria locale n. 5 - Messina; 
  f) azienda unità sanitaria locale n. 6 - Palermo; 
  g) azienda unità sanitaria locale n. 7 - Ragusa; 
  h) azienda unità sanitaria locale n. 8 - Siracusa; 
  i) azienda unità sanitaria locale n. 9 - Trapani (a). 

2 bis. In deroga a quanto previsto dal comma 2, il comune di Lampedusa e Linosa rimane ricompreso nell'ambito territoriale della unità sanitaria locale n. 6 di Palermo. Tenuto conto della particolare situazione viaria, il comune di Capizzi viene altresì incluso nell'ambito territoriale della unità sanitaria locale n. 4 di Enna (b).
3. Il piano sanitario regionale, in base ai criteri di distrettualizzazione contenuti nell'art. 22 della legge regionale 12 agosto 1980, n. 87 (c), e nel comma 4 del presente articolo, individua, all'interno dell'ambito territoriale di ciascuna unità sanitaria locale, i distretti sanitari che costituiscono le strutture tecnico-funzionali per l'erogazione delle prestazioni di primo livello e di pronto intervento in forma integrata, nonché la relativa organizzazione e i rapporti con i settori delle unità sanitarie locali.
4.  La lett. a) del secondo comma dell'art. 22 della legge regionale n. 87 del 1980 è così sostituita:
«a)  corrispondenza dell'area distrettuale ad una popolazione compresa, di norma, tra 35.000 e 50.000 abitanti; per le aree metropolitane di Palermo, Messina e Catania tali limiti sono compresi, di norma, tra 100.000 e 200.000 abitanti».
5. Al fine di mantenere la continuità organizzativa nel territorio, fino all'approvazione del piano sanitario e comunque non oltre un anno dall'entrata in vigore della presente legge, i distretti coincidono con gli ambiti delle sessantadue unità sanitarie locali attualmente esistenti nel territorio.
6. L'eventuale articolazione dei distretti in aree sub-distrettuali è proposta dall'unità sanitaria locale all'Assessore regionale per la sanità il quale la approva con apposito decreto, ove ricorrano comprovate esigenze territoriali, previo parere della Commissione legislativa "Servizi sociali e sanitari" dell'Assemblea regionale siciliana. La proposta deve indicare tra le risorse esistenti quelle destinate alla attivazione dell'area sub-distrettuale e nella sua formulazione dovrà tenere conto dei seguenti requisiti:
a)  coincidenza con il territorio di uno o più comuni;
b)  densità demografica e delle popolazioni animali, situazione topografica e viaria con particolare riguardo alle zone montane ed insulari;
c)  presenza di aree ad alto rischio;
d)  flussi gravitazionali per cause occupazionali e sociali e frammentazione di impianti di interesse veterinario.


(a)  Comma sostituito dall'art. 6 della legge regionale 20 agosto 1994, n. 33.
(b)  Comma aggiunto dall'art. 7 della legge regionale 20 agosto 1994, n. 33.
(c)  L'art. 22 della legge regionale 12 agosto 1980, n. 87, come modificato dal comma quarto della disposizione che si annota, è il seguente:
«Art. 22
Criteri di distrettualizzazione

Le unità sanitarie locali si articolano in distretti sanitari di base, quali strutture tecnico-funzionali per le erogazioni delle prestazioni di primo livello e di pronto intervento, di norma facendone coincidere il territorio con quello di uno o più comuni oppure con quello di uno o più quartieri, ai sensi della legge regionale 11 dicembre 1976, n. 84.
A tal fine, sono da tenere presenti, di norma, i seguenti criteri:
a)  corrispondenza dell'area distrettuale ad una popolazione compresa, di norma, tra 35.000 e 50.000 abitanti; per le aree metropolitane di Palermo, Messina e Catania tali limiti sono compresi, di norma, tra 100.000 e 200.000 abitanti;
b)  densità demografica e sua dinamica nel territorio, con particolare riguardo a zone montane e rurali e a quartieri urbani;
c)  presenza di aree ad alto rischio;
d)  flussi gravitazionali per cause occupazionali e sociali;
e)  viabilità e sistema dei trasporti;
f)  localizzazione di strutture funzionali.
L'applicazione dei criteri di cui al comma precedente va effettuata garantendo che ogni distretto comprenda una porzione di territorio tale da consentire, in relazione alla viabilità ed ai collegamenti con trasporti pubblici - avuto riguardo anche a particolari situazioni climatico-metereologiche - alle caratteristiche dei luoghi e degli insediamenti abitativi, ottimali condizioni e tempi di accesso alle strutture esistenti.
Con particolare riferimento al criterio di cui alla lett. a) del secondo comma, possono prevedersi distretti riferiti a fasce di popolazione più elevate, se coincidenti con l'ambito territoriale di un quartiere, o meno elevate, purché non inferiore a 5.000 abitanti, qualora non possano essere altrimenti garantiti ottimali condizioni e tempi di accesso alle strutture esistenti».

Art. 7
Funzioni e organizzazione delle unità sanitarie locali

1. Le unità sanitarie locali erogano l'assistenza sanitaria attraverso i presidi ospedalieri e i servizi sanitari extraospedalieri.
2. L'organizzazione e la gestione competono al direttore generale dell'unità sanitaria locale, coadiuvato dal direttore sanitario, dal direttore amministrativo e dal consiglio dei sanitari, nonché dal coordinatore dei servizi sociali, se previsto, giusta quanto indicato dall'art. 3 del decreto legislativo n. 502 del 1992 (a).
3. Per l'espletamento della propria funzione il direttore generale si avvarrà di settori organizzativi sanitari e amministrativi che sostituiscono i servizi previsti dall'art. 5 della legge regionale 6 gennaio 1981, n. 6.
4. Le unità sanitarie locali si articolano nei settori amministrativi e sanitari di seguito riportati:
a) settori amministrativi:
1) settore affari generali e legali, contenzioso;
2) settore affari del personale;
3) settore affari economico-finanziari;
4) settore tecnico e patrimoniale;
5) settore provveditorato ed economato.
b) settori sanitari:
1) igiene, sanità pubblica, assistenza sanitaria collettiva in ambienti di vita e di lavoro;
2) assistenza sanitaria di base, specialistica e riabilitativa e medicina fiscale e legale;
3) farmaceutica;
4) assistenza ospedaliera pubblica e privata;
5) salute mentale e tossicodipendenze;
6) sanità pubblica veterinaria.
5. Il settore è diretto da un dirigente di II livello dirigenziale in possesso di laurea in materia afferente alla specificità del settore, gerarchicamente subordinato al direttore amministrativo o al direttore sanitario, e che ad esso risponde dell'attività cui è preposto. Il dirigente del settore sarà individuato dal direttore generale tra i responsabili dei servizi appartenenti al settore, tenendo conto dell'anzianità di servizio nel ruolo e delle capacità professionali. La funzione ha durata triennale ed è rinnovabile previa verifica dei risultati ottenuti.
6. Il settore assicura il raccordo, l'integrazione e il razionale svolgimento delle diverse funzioni di sua spettanza su base dipartimentale.
7. Il piano sanitario regionale individua:
a)  le competenze dei settori tenuto conto anche della classificazione contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica 24 dicembre 1992 e le modalità di funzionamento degli stessi anche in relazione alle dotazioni organiche;
b)  la loro articolazione ed organizzazione in servizi ivi compresi i servizi sociale e infermieristico per la promozione e la valutazione dei servizi e delle prestazioni incluso il coordinamento e il monitoraggio delle medesime. Ciascun servizio si articolerà in moduli organizzativi secondo il contratto nazionale di lavoro (b);
c)  le modalità operative della conferenza di servizio dei dirigenti di settore sulla base di un regolamento tipo da emanare da parte dell'Assessore regionale per la sanità entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge.
8.  I settori amministrativi e sanitari dovranno predisporre annualmente un programma di interventi, con i relativi obiettivi da raggiungere, nonché i criteri per l'utilizzo del personale ivi compreso quello appartenente alle équipes itineranti, attivando la conferenza di servizio costituita da tutti i capisettore, che, oltre a stabilire annualmente i programmi e gli obiettivi, dovrà trimestralmente procedere alla verifica dei risultati raggiunti.
9.  Le commissioni mediche di cui alla legge 15 ottobre 1990, n. 295 (c), istituite presso le unità sanitarie locali, svolgono la loro attività con autonomia tecnico-funzionale dai settori e sono coordinate direttamente dal direttore generale.
l0.  Il piano sanitario regionale definirà i rapporti tra aziende ospedaliere e unità sanitarie locali per il funzionamento delle componenti ospedaliera e territoriale dei servizi di tutela della salute mentale, che dovranno mantenere organizzazione e direzione unitarie.


(a)  L'art. 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, è il seguente:
«Art. 3
Organizzazione delle unità sanitarie locali

1. L'unità sanitaria locale è azienda dotata di personalità giuridica pubblica, di autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica, fermo restando il diritto-dovere degli organi rappresentativi di esprimere il bisogno socio-sanitario delle comunità locali.
2. L'unità sanitaria locale provvede ad assicurare i livelli di assistenza di cui all'art. 1 nel proprio ambito territoriale.
3. L'unità sanitaria locale può assumere la gestione di attività o servizi socio-assistenziali su delega dei singoli enti locali con oneri a totale carico degli stessi, ivi compresi quelli relativi al personale, e con specifica contabilizzazione. L'unità sanitaria locale procede alle erogazioni solo dopo l'effettiva acquisizione delle necessarie disponibilità finanziarie.
4. Sono organi dell'unità sanitaria locale il direttore generale ed il collegio dei revisori. Il direttore generale è coadiuvato dal direttore amministrativo, dal direttore sanitario e dal consiglio dei sanitari nonché dal coordinatore dei servizi sociali, nel caso previsto dal comma 3 in conformità alla normativa regionale e con oneri a carico degli enti locali di cui allo stesso comma.
5. Le regioni disciplinano, entro il 31 marzo 1994, nell'ambito della propria competenza le modalità organizzative e di funzionamento delle unità sanitarie locali prevedendo tra l'altro:
a)  la riduzione, sentite le province interessate, delle unità sanitarie locali, prevedendo per ciascuna un ambito territoriale coincidente di norma con quello della provincia. In relazione a condizioni territoriali particolari, in specie delle aree montane ed alla densità e distribuzione della popolazione, la regione prevede ambiti territoriali di estensione diversa;
b)  l'articolazione delle unità sanitarie locali in distretti;
c)  i criteri per la definizione dei rapporti attivi e passivi facenti capo alle preesistenti unità sanitarie locali e unità socio-sanitarie locali;
d)  il finanziamento delle unità sanitarie locali che tenga conto della natura aziendale delle stesse nonché del bacino d'utenza da servire e delle prestazioni da erogare;
e)  le modalità di vigilanza e controllo sulle unità sanitarie locali;
f)  il divieto alle unità sanitarie locali ed alle aziende ospedaliere di cui all'art. 4 di ricorrere a qualsiasi forma di indebitamento, fatte salve:
1)  l'anticipazione, da parte del tesoriere, nella misura massima di un dodicesimo dell'ammontare annuo delle entrate previste nel bilancio di competenza, al netto delle partite di giro;
2)  la contrazione di mutui o l'accensione di altre forme di credito, di durata non superiore a dieci anni, per il finanziamento di spese di investimento e previa autorizzazione regionale, fino ad un ammontare complessivo delle relative rate, per capitale ed interessi, non superiore al 15 per cento delle entrate proprie correnti previste nel bilancio annuale di competenza, ad esclusione della quota di Fondo sanitario nazionale di parte corrente attribuita alla regione;
g)  i criteri per la definizione delle dotazioni organiche e degli uffici dirigenziali delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere nonché i criteri per l'attuazione della mobilità del personale risultato in esubero, ai sensi delle disposizioni di cui al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni.
6. Tutti i poteri di gestione, nonché la rappresentanza dell'unità sanitaria locale, sono riservati al direttore generale. Al direttore generale compete in particolare, anche attraverso l'istituzione dell'apposito servizio di controllo interno di cui all'art. 20, decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, verificare, mediante valutazioni comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati, la corretta ed economica gestione delle risorse attribuite ed introitate nonché l'imparzialità ed il buon andamento dell'azione amministrativa. La nomina del direttore generale deve essere effettuata nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data di vacanza dell'ufficio e, in sede di prima applicazione, dalla data di istituzione dell'unità sanitaria locale e comunque non oltre il 30 aprile 1994. Scaduto tale termine, qualora la regione non vi abbia provveduto, la nomina del direttore generale è effettuata, previa diffida, dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della sanità. L'autonomia di cui al comma 1 diviene effettiva con la prima immissione nelle funzioni del direttore generale. Il rapporto di lavoro del direttore generale, del direttore amministrativo e del direttore sanitario è a tempo pieno, regolato da contratto di diritto privato di durata quinquennale, rinnovabile, e non può comunque protrarsi oltre il settantesimo anno di età. I contenuti di tale contratto, ivi compresi i criteri per la determinazione degli emolumenti, sono fissati entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri della sanità, del tesoro, del lavoro e della previdenza sociale e per gli affari regionali sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Il direttore generale è tenuto a motivare i provvedimenti assunti in difformità dal parere reso dal direttore sanitario, dal direttore amministrativo e dal consiglio dei sanitari. In caso di vacanza dell'ufficio o nei casi di assenza o di impedimento del direttore generale, le relative funzioni sono svolte dal direttore amministrativo o dal direttore sanitario su delega del direttore generale o, in mancanza di delega, dal direttore più anziano per età. Ove l'assenza o l'impedimento si protragga oltre sei mesi si procede alla sostituzione. Nei casi in cui ricorrano gravi motivi o la gestione presenti una situazione di grave disavanzo o in caso di violazione di leggi o di principi di buon andamento e di imparzialità dell'amministrazione la regione risolve il contratto dichiarandone la decadenza e provvede alla sostituzione del direttore generale. In caso di inerzia da parte delle regioni, previo invito ai predetti organi ad adottare le misure adeguate, provvede in via sostitutiva il Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro della sanità.
7. Il direttore amministrativo ed il direttore sanitario sono nominati con provvedimento motivato del direttore generale. Al rapporto di lavoro si applica la disciplina di cui al comma 6. Essi cessano dall'incarico entro tre mesi dalla data di nomina del nuovo direttore generale e possono essere riconfermati. Per gravi motivi, il direttore amministrativo ed il direttore sanitario possono essere sospesi o dichiarati decaduti dal direttore generale con provvedimento motivato. Il direttore sanitario è un medico che non abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età e che abbia svolto per almeno cinque anni qualificata attività di direzione tecnico-sanitaria in enti o strutture sanitarie, pubbliche o private, di media o grande dimensione. Il direttore sanitario dirige i servizi sanitari ai fini organizzativi ed igienico-sanitari e fornisce parere obbligatorio al direttore generale sugli atti relativi alle materie di competenza. Il direttore amministrativo è un laureato in discipline giuridiche o economiche che non abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di età e che abbia svolto per almeno cinque anni una qualificata attività di direzione tecnica o amministrativa in enti o strutture sanitarie pubbliche o private di media o grande dimensione. Il direttore amministrativo dirige i servizi amministrativi dell'unità sanitaria locale e fornisce parere obbligatorio al direttore generale sugli atti relativi alle materie di competenza. Le regioni disciplinano le funzioni del coordinatore dei servizi sociali in analogia alle disposizioni previste per i direttori sanitario e amministrativo. Sono soppresse le figure del coordinatore amministrativo, del coordinatore sanitario e del sovrintendente sanitario, nonché l'ufficio di direzione.
8. Per i pubblici dipendenti la nomina a direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario determina il collocamento in aspettativa senza assegni; il periodo di aspettativa è utile ai fini del trattamento di quiescenza e di previdenza e dell'anzianità di servizio. Le amministrazioni di appartenenza provvedono ad effettuare il versamento dei relativi contributi, comprensivi delle quote a carico del dipendente, nonché dei contributi assistenziali, calcolati sul trattamento stipendiale spettante al medesimo ed a richiedere il rimborso del correlativo onere alle unità sanitarie locali interessate, le quali procedono al recupero delle quote a carico dell'interessato. Qualora il direttore generale, il direttore sanitario ed il direttore amministrativo siano dipendenti privati sono collocati in aspettativa senza assegni con diritto al mantenimento del posto.
9. Il direttore generale non è eleggibile a membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, dei consigli e assemblee delle regioni e del Parlamento, salvo che le funzioni esercitate non siano cessate almeno centottanta giorni prima della data di scadenza dei periodi di durata dei predetti organi. In caso di scioglimento anticipato dei medesimi, le cause di ineleggibilità non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla data del provvedimento di scioglimento. In ogni caso il direttore generale non è eleggibile nei collegi nei quali sia ricompreso, in tutto o in parte, il territorio dell'unità sanitaria locale presso la quale abbia esercitato le sue funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della candidatura. Il direttore generale che sia stato candidato e non sia stato eletto non può esercitare per un periodo di cinque anni le sue funzioni in unità sanitarie locali comprese, in tutto o in parte, nel collegio elettorale nel cui ambito si sono svolte le elezioni. La carica di direttore generale è incompatibile con quella di membro del consiglio e delle assemblee delle regioni e delle province autonome, di consigliere provinciale, di sindaco, di assessore comunale, di presidente o di assessore di comunità montana, di membro del Parlamento, nonché con l'esistenza di rapporti anche in regime convenzionale con l'unità sanitaria locale presso cui sono esercitate le funzioni o di rapporti economici o di consulenza con strutture che svolgono attività concorrenziali con la stessa. La predetta normativa si applica anche ai direttori amministrativi ed ai direttori sanitari. La carica di direttore generale è altresì incompatibile con la sussistenza di un rapporto di lavoro dipendente, ancorché in regime di aspettativa senza assegni, con l'unità sanitaria locale presso cui sono esercitate le funzioni.
10.  (comma abrogato dall'art. 1 del decreto legislativo 27 agosto 1994, n. 512).
11. Non possono essere nominati direttori generali, direttori amministrativi o direttori sanitari delle unità sanitarie locali:
a)  coloro che hanno riportato condanna, anche non definitiva, a pena detentiva non inferiore ad un anno per delitto non colposo, ovvero a pena detentiva non inferiore a sei mesi per delitto non colposo commesso nella qualità di pubblico ufficiale o con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione, salvo quanto disposto dal secondo comma dell'art. 166 del codice penale;
b)  coloro che sono sottoposti a procedimento penale per delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza;
c)  coloro che sono stati sottoposti, anche con provvedimento non definitivo ad una misura di prevenzione, salvi gli effetti della riabilitazione prevista dall'art. 15 della legge 3 agosto 1988, n. 327, e dall'art. 14 della legge 19 marzo 1990, n. 55;
d)  coloro che sono sottoposti a misura di sicurezza detentiva o a libertà vigilata.
12. Il consiglio dei sanitari è organismo elettivo dell'unità sanitaria locale con funzioni di consulenza tecnico-sanitaria ed è presieduto dal direttore sanitario. Fanno parte del consiglio medici in maggioranza ed altri operatori sanitari laureati - con presenza maggioritaria della componente ospedaliera medica se nell'unità sanitaria locale è presente un presidio ospedaliero - nonché una rappresentanza del personale infermieristico e del personale tecnico sanitario. Nella componente medica è assicurata la presenza del medico veterinario. Il consiglio dei sanitari fornisce parere obbligatorio al direttore generale per le attività tecnico-sanitarie, anche sotto il profilo organizzativo, e per gli investimenti ad esse attinenti. Il consiglio dei sanitari si esprime altresì sulle attività di assistenza sanitaria. Tale parere è da intendersi favorevole ove non formulato entro il termine fissato dalla legge regionale. La regione provvede a definire il numero dei componenti nonché a disciplinare le modalità di elezione e la composizione ed il funzionamento del consiglio.
13. Il collegio dei revisori dura in carica cinque anni ed è composto da tre membri, di cui uno designato dalla regione, uno designato dal Ministro del tesoro, scelto tra i funzionari della Ragioneria generale dello Stato, ed uno designato dal sindaco o dalla conferenza dei sindaci o dai presidenti dei consigli circoscrizionali. Il predetto collegio è integrato da altri due membri, dei quali uno designato dalla regione ed uno designato dal Ministro del tesoro, scelto tra i funzionari della Ragioneria generale dello Stato, per le unità sanitarie locali il cui bilancio di previsione comporti un volume di spesa di parte corrente superiore a duecento miliardi. I revisori, ad eccezione della rappresentanza del Ministero del tesoro, sono scelti fra i revisori contabili iscritti nel registro previsto dall'art. 1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88. Il direttore generale dell'unità sanitaria locale nomina i revisori con specifico provvedimento e li convoca per la prima seduta. Il presidente del collegio viene eletto dai revisori all'atto della prima seduta. Ove a seguito di decadenza, dimissioni o decessi il collegio risultasse mancante di uno o più componenti, il direttore generale provvede ad acquisire le nuove designazioni dalle amministrazioni competenti. In caso di mancanza di più di due componenti dovrà procedersi alla ricostituzione dell'intero collegio. Qualora il direttore generale non proceda alla ricostituzione del collegio entro trenta giorni, la regione provvede a costituirlo in via straordinaria con un funzionario della regione e due designati dal Ministro del tesoro. Il collegio straordinario cessa le proprie funzioni all'atto dell'insediamento del collegio ordinario. L'indennità annua lorda spettante ai componenti del collegio dei revisori è fissata in misura pari al 10 per cento degli emolumenti del direttore generale dell'unità sanitaria locale. Al presidente del collegio compete una maggiorazione pari al 20 per cento dell'indennità fissata per gli altri componenti. Il collegio dei revisori vigila sull'osservanza delle leggi, verifica la regolare tenuta della contabilità e la corrispondenza del rendiconto generale alle risultanze delle scritture contabili, esamina il bilancio di previsione e le relative variazioni ed assestamento. Il collegio accerta almeno ogni trimestre la consistenza di cassa e può chiedere notizie al direttore generale sull'andamento dell'unità sanitaria locale. I revisori possono, in qualsiasi momento, procedere, anche individualmente, ad atti di ispezione e di controllo.
14. Nelle unità sanitarie locali il cui ambito territoriale coincide con quello del comune, il sindaco, al fine di corrispondere alle esigenze sanitarie della popolazione, provvede alla definizione, nell'ambito della programmazione regionale, delle linee di indirizzo per l'impostazione programmatica dell'attività, esamina il bilancio pluriennale di previsione ed il bilancio di esercizio e rimette alla regione le relative osservazioni, verifica l'andamento generale dell'attività e contribuisce alla definizione dei piani programmatici trasmettendo le proprie valutazioni e proposte al direttore generale ed alla regione. Nelle unità sanitarie locali il cui ambito territoriale non coincide con il territorio del comune, le funzioni del sindaco sono svolte dalla conferenza dei sindaci o dei presidenti delle circoscrizioni di riferimento territoriale tramite una rappresentanza costituita nel suo seno da non più di cinque componenti nominati dalla stessa conferenza con modalità di esercizio delle funzioni dettate con normativa regionale».
(b) Si riporta l'art. 15 della legge regionale 6 aprile 1996, n.25:
«Art. 15
Modifiche all'art. 7 della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30

1. Il servizio di psicologia di cui all'art. 7, comma 7, lett. b), della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30, è servizio intersettoriale autonomo posto alle dirette dipendenze del direttore generale.
2.  Nella lett. b) del comma 7, dell'art. 7 della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30, le parole "ivi compresi i servizi psicologico, sociale e infermieristico" sono sostituite dalle seguenti "ivi compresi i servizi sociale e infermieristico"».
(c)  La legge 15 ottobre 1990, n. 295, reca: «Modifiche ed integrazioni all'art. 3 del decreto legislativo 30 maggio 1988, n. 173, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 luglio 1988, n. 291 e successive modificazioni, in materia di revisione delle categorie delle minorazioni e malattie invalidanti».

Art. 8
Distretti sanitari

1.  Il distretto deve assicurare almeno le seguenti prestazioni sanitarie:
  a) vigilanza e primi interventi riguardo all'igiene dell'ambiente (acqua, aria, suolo, abitato); 
  b) polizia mortuaria; 
  c) controllo igienico-sanitario, vigilanza e interventi elementari riguardo agli alimenti ed alle bevande; 
  d) rilevazione e denunce di malattie infettive e diffusive; 
  e) raccolta dei dati igienico-ambientali; 
  f) vigilanza e interventi elementari negli ambiti di lavoro; 
  g) visite di assunzione al lavoro; 
  h) visite periodiche per soggetti e gruppi a rischio; 
  i) certificazioni medico-legali correnti quali inabilità al lavoro, stato di gravidanza, assistenza al parto; 
  l) controlli medico-fiscali correnti; 
  m) assistenza medico-generica e pediatrica in forma ambulatoriale e domiciliare sia presso l'abitazione che presso il temporaneo luogo di soggiorno protetto; 
  n) coordinamento organizzativo-sanitario dell'at-tività dei medici generici e pediatri; 
  o) assistenza infermieristica ambulatoriale e do-miciliare; 
  p) assistenza sanitaria nelle scuole; 
  q) assistenza per la tutela dell'attività sportiva non agonistica; 
  r) assistenza specialistica diagnostico-analitica e strumentale a supporto dell'assistenza di base; 
  s) assistenza riabilitativa ambulatoriale e domiciliare 
  t) assistenza ai disturbati psichici; 
  u) assistenza ai tossicodipendenti; 
  v) assistenza ai portatori di handicaps; 
  w) assistenza per la tutela materno-infantile; 
  z) assistenza agli anziani; 
  aa) guardia medica e turistica, pronto intervento e trasporto infermi; 
  bb) distribuzione dei farmaci, ai sensi dell'art. 28 della legge n. 833 del 1978 (a), e distribuzione dei prodotti sanitari; 
  cc) consulenza farmaceutica; 
  dd) sanità veterinaria; 
  ee) controllo igienico-sanitario sulla produzione e commercializzazione degli alimenti di origine animale; 
  ff) igiene dell'allevamento e delle produzioni animali. 

Nel distretto vengono in particolare assicurate la prenotazione e l'accettazione programmata delle prestazioni, nonché lo svolgimento, nell'ambito dei programmi regionali, dell'attività di educazione sanitaria.
2. Per facilitare l'accesso degli utenti alle prestazioni del servizio sanitario regionale, ove esistano presidi ospedalieri di unità sanitarie locali e/o presidi poliambulatoriali, le attività sanitarie vanno concentrate, di norma, nello stesso presidio. A tal fine il piano sanitario regionale prevede la razionale utilizzazione di detti presidi anche mediante opere di riconversione e/o ristrutturazione.
3.  L'area sub-distrettuale è un modulo funzionale flessibile tendente a rendere le prestazioni sanitarie dei vari operatori più vicine alla domanda sanitaria.


(a) L'art. 28 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, è il seguente:
«Art. 28
Assistenza farmaceutica

L'unità sanitaria locale eroga l'assistenza farmaceutica attraverso le farmacie di cui sono titolari enti pubblici e le farmacie di cui sono titolari i privati, tutte convenzionate secondo i criteri e le modalità di cui agli artt. 43 e 48.
Gli assistiti possono ottenere dalle farmacie di cui al precedente comma, su presentazione di ricetta compilata dal medico curante, la fornitura di preparati galenici e di specialità medicinali compresi nel prontuario terapeutico del servizio sanitario nazionale.
L'unità sanitaria locale, i suoi presidi e servizi, compresi quelli di cui all'art. 18, e gli istituti ed enti convenzionati di cui ai successivi artt. 41, 42, 43, possono acquistare direttamente le preparazioni farmaceutiche di cui al secondo comma per la distribuzione agli assistiti nelle farmacie di cui sono titolari enti pubblici e per l'impiego negli ospedali, negli ambulatori e in tutti gli altri presidi sanitari. La legge regionale disciplina l'acquisto di detti medicinali e del restante materiale sanitario da parte delle unità sanitarie locali e dei loro presidi e servizi, nonché il coordinamento dell'attività delle farmacie comunali con i servizi dell'unità sanitaria locale».

Art. 9
Consiglio dei sanitari

1. Presso le aziende unità sanitarie locali, nonché presso le aziende ospedaliere è istituito il consiglio dei sanitari che rende:
a)  parere obbligatorio al direttore generale per le attività tecnico-sanitarie, anche sotto il profilo organizzativo, e per gli investimenti ad esse attinenti;
b)  pareri sulle attività di assistenza sanitaria.
Il parere è da intendersi reso favorevolmente ove non sia stato espresso entro dieci giorni dalla richiesta.
2.  Il consiglio dei sanitari, in considerazione della diversa tipologia assistenziale, è così composto:
a) per le aziende unità sanitarie locali in cui siano presenti uno o più presidi ospedalieri da:
1) il direttore sanitario dell'unità sanitaria locale con funzioni di presidente;
2) i capi dei settori sanitari;
3) i responsabili sanitari dei presidi ospedalieri;
4) un medico ospedaliero di II livello dirigenziale per ciascuna delle tre aree di medicina, chirurgia e dei servizi, eletto tra il personale di ciascuna area;
5) tre medici di I livello dirigenziale dei presidi ospedalieri, eletti fra gli stessi;
5 bis) due medici di II livello dirigenziale e due medici di I livello dirigenziale in servizio presso le strutture territoriali, eletti rispettivamente dai medici di ciascun livello;
5 ter)  due medici specialisti ambulatoriali eletti tra quelli in servizio presso la relativa azienda (a);
6)  tre laureati non medici, di cui due eletti tra il personale in servizio presso i presidi ospedalieri ed uno eletto tra il personale delle strutture territoriali;
7)  un farmacista ospedaliero di II livello dirigenziale;
8)  il responsabile del servizio di assistenza infermieristica;
9) tre unità di personale tecnico sanitario, di cui due eletti tra il personale in servizio presso i presidi ospedalieri ed uno eletto tra il personale delle strutture territoriali:
10) tre operatori professionali, di cui due eletti tra il personale in servizio presso i presidi ospedalieri ed uno eletto tra il personale delle strutture territoriali;
b) per le aziende ospedaliere da:
1) il direttore sanitario dell'azienda con funzioni di presidente;
2) i capi-dipartimento;
2  bis)  Il responsabile sanitario del presidio ospedaliero o i responsabili sanitari dei presidi ospedalieri, qualora nell'ambito dell'azienda ospedaliera siano presenti più presidi (b);
3) un medico di II livello dirigenziale, per ognuna delle aree funzionali omogenee di cui all'art. 28, comma 2 e comma 3, eletto tra gli stessi;
4) un medico del I livello dirigenziale, per ogni area funzionale omogenea, eletto tra gli stessi;
5) tre laureati non medici, di cui un biologo ed un farmacista, eletti tra gli stessi;
6) il responsabile del servizio di assistenza infermieristica;
7) due unità di personale tecnico sanitario, elette tra il personale in servizio,
8) due operatori professionali, eletti tra il personale in servizio.
2  bis.  Nella composizione del Consiglio dei sanitari delle aziende ospedaliere viene comunque assicurata la presenza dei direttori sanitari dei presidi ivi insistenti (c).
3. Entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge l'Assessore regionale per la sanità stabilirà con apposito decreto il regolamento operativo e le modalità di elezione dei componenti (d).


(a)  I numeri 5 bis) e 5 ter) sono stati aggiunti dal primo comma dall'art. 13 della legge regionale 6 aprile 1996, n. 25.
(b)  Il numero 2 bis) è stato aggiunto dal secondo comma dell'art. 13 della legge regionale 6 aprile 1996, n. 25.
(c)  Il comma 2 bis è stato aggiunto dal terzo comma dell'art. 13 della legge regionale 6 aprile 1996, n. 25.
(d)  Si veda il decreto dell'Assessore regionale per la sanità 16 settembre 1994, recante: «Schema tipo di regolamento per l'elezione ed il funzionamento del consiglio dei sanitari dell'azienda unità sanitaria locale e delle aziende ospedaliere».

Art. 10 (a)
Collegio dei revisori

1.  Le disposizioni previste dall'art. 3, comma 13, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (b), si applicano con le modifiche di cui ai commi successivi.
2. Il collegio dei revisori delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere è composto da cinque membri di cui:
a)  uno designato dall'Assessore regionale per il bilancio e le finanze;
b)  uno designato dall'Assessore regionale per la sanità;
c)  due designati dal Ministro del tesoro, scelti tra funzionari della Ragioneria generale dello Stato;
d)  uno designato dal sindaco o dalla conferenza dei sindaci.
3.  I revisori, ad eccezione di quelli designati dal Ministro del tesoro, devono essere iscritti nel registro previsto dall'art. 1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88 (c). Nelle more dell'attivazione del registro gli stessi sono scelti tra i soggetti che abbiano presentato domanda di iscrizione e che siano in possesso dei requisiti richiesti.
4.  Il collegio dei revisori è nominato dal direttore generale entro dieci giorni dall'acquisizione delle prescritte designazioni.


(a)  Articolo sostituito dall'art. 2 della legge regionale 11 aprile 1995, n. 34.
(b)  Per il tredicesimo comma dell'art. 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si veda la nota (a) all'art. 7.
(c)  L'art. 1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88, è il seguente:
«Art. 1
Registro dei revisori contabili

1. E' istituito presso il Ministero di grazia e giustizia il registro dei revisori contabili.
2. L'iscrizione nel registro dà diritto all'uso del titolo di revisore contabile».

Art. 11
Interventi sostitutivi

1.  Qualora gli organi delle aziende unità sanitarie locali o delle aziende ospedaliere omettano di compiere un atto obbligatorio per legge, l'Assessore regionale per la sanità, previa diffida con assegnazione di un termine per provvedere, nomina un commissario ad acta.
2.  In caso di mancanza del legale rappresentante dell'azienda unità sanitaria locale o dell'azienda ospedaliera, nelle more della nomina da parte del Presidente della Regione del nuovo titolare, l'Assessore regionale per la sanità nomina un commissario straordinario con il compito di provvedere agli atti indifferibili ed urgenti per la continuità gestionale dell'azienda unità sanitaria locale o ospedaliera.

Art. 12
Sanzioni a carico del direttore generale

1.  La reiterata omissione delle attività previste dall'art. 11, comma 1, determina la decadenza di diritto del direttore generale.
2.  La proposta di decadenza del direttore generale può essere avanzata all'Assessore regionale per la sanità anche dal sindaco o dall'assemblea dei sindaci dei comuni delle unità sanitarie locali.
3. La decadenza del direttore generale è altresì determinata dal reiterato mancato riscontro da parte dell'ente deliberante della richiesta di chiarimenti sugli atti di cui all'art. 53, capoverso 5, nel termine di trenta giorni dal ricevimento.
4. La decadenza è dichiarata con decreto del Presidente della Regione, su segnalazione dell'Assessore regionale per la sanità.
5. Il Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per la sanità, previa delibera della Giunta regionale, dispone altresì la decadenza del direttore generale in tutti i casi in cui ricorrano gravi motivi o violazioni di legge o dei principi di buon andamento e imparzialità dell'amministrazione, nonché in tutte le ipotesi di gravi disavanzi di gestione.

Art. 13
Assistenza specialistica, di diagnostica strumentale e di laboratorio

1.  L'assistenza specialistica, di diagnostica strumentale e di laboratorio e di terapia fisica e riabilitativa, è erogata dal servizio sanitario regionale secondo quanto previsto dall'art. 8, commi 5, 6 e 7 del decreto legislativo n. 502 del 1992 (a).
2.  (b).
3.  Il piano sanitario regionale stabilisce la tipologia dei poliambulatori e le interazioni funzionali con le attività di base e di ricovero e definisce gli standards strutturali, tecnologici e di personale cui le strutture societarie convenzionate con il servizio sanitario nazionale devono ottemperare nel rispetto delle prestazioni specialistiche erogate.


(a) I commi 5, 6 e 7 dell'art. 8 del decreto legislativo n. 502 del 1992 sono i seguenti:
«Art. 8
Disciplina dei rapporti per l'erogazione delle prestazioni assistenziali

(Omissis)
5. L'unità sanitaria locale assicura ai cittadini la erogazione delle prestazioni specialistiche, ivi comprese quelle riabilitative, di diagnostica strumentale e di laboratorio ed ospedaliere contemplate dai livelli di assistenza secondo gli indirizzi della programmazione e le disposizioni regionali. Allo scopo si avvale dei propri presìdi, nonché delle aziende e degli istituti ed enti di cui all'art. 4, delle istituzioni sanitarie pubbliche, ivi compresi gli ospedali militari, o private, e dei professionisti. Con tali soggetti l'unità sanitaria locale intrattiene appositi rapporti fondati sulla corresponsione di un corrispettivo predeterminato a fronte della prestazione resa, con l'eccezione dei medici di medicina generale e dei pediatri di libera scelta. Ferma restando la facoltà di libera scelta delle suddette strutture o dei professionisti eroganti da parte dell'assistito, l'erogazione delle prestazioni di cui al presente comma è subordinata all'apposita prescrizione, proposta o richiesta compilata sul modulario del servizio sanitario nazionale dal medico di fiducia dell'interessato. Nell'attuazione delle previsioni di cui al presente comma sono tenute presenti le specificità degli organismi di volontariato e di privato sociale non a scopo di lucro.
6. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Ministro della sanità, sentita la Federazione nazionale degli ordini dei medici e degli odontoiatri e degli altri ordini e collegi competenti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome sono stabiliti i criteri generali per la fissazione delle tariffe delle prestazioni di cui al comma 5 erogate in forma diretta nonché di quelle erogate in forma indiretta, ai sensi dell'art. 25, ultimo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833. Ove l'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome non intervenga entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta, il Ministro della sanità provvede direttamente con atto motivato.
7. Fermo restando quanto previsto dell'art. 4, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, da attuare secondo programmi coerenti con i principi di cui al comma 5, entro il 30 giugno 1994 le regioni e le unità sanitarie locali per quanto di propria competenza adottano i provvedimenti necessari per la instaurazione dei nuovi rapporti previsti dal presente decreto fondati sul criterio dell'accreditamento delle istituzioni, sulla modalità di pagamento a prestazione e sull'adozione del sistema di verifica e revisione della qualità delle attività svolte e delle prestazioni erogate. I rapporti vigenti secondo la disciplina di cui agli accordi convenzionali in atto, ivi compresi quelli operanti in regime di proroga, cessano comunque entro un triennio dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
(Omissis)».
(b) Comma non pubblicato perché omesso in sede di promulgazione in quanto impugnato dal Commissario dello Stato ai sensi dell'art. 28 dello Statuto regionale.

Art. 14
Attività riabilitativa

1. Nel piano sanitario regionale sono definiti lo sviluppo, l'organizzazione e la programmazione degli interventi di natura assistenziale sanitaria nel campo della riabilitazione, avendo riferimento alla globalità dell'intervento fisico e psichico ed all'unitarietà degli obiettivi.
2. Gli interventi, per la complessità e gradualità delle problematiche riabilitative, sono articolati e collocati sia a livello ospedaliero che a livello distrettuale nelle strutture pubbliche e private, nei limiti previsti dall'art. 13, comma 1.

Art. 15
Educazione alla salute

1. L'educazione alla salute costituisce una funzione di ogni livello del sistema socio-sanitario regionale ed ha carattere multidisciplinare interessando varie professionalità sia del campo sociale, psicologico e pedagogico che di quello medico e sanitario.
2. Le azioni strategiche individuate sono:
a)  la costituzione nelle unità sanitarie locali di unità operative per l'educazione alla salute (UOES) alle dipendenze del direttore sanitario, con il compito di programmare, gestire e valutare le attività di educazione alla salute, e di un comitato per l'educazione alla salute (COES) con compiti di coordinamento e proposta. In ogni distretto è costituito un COES di distretto in cui le funzioni di referente per l'educazione alla salute saranno svolte da un funzionario non apicale del ruolo sanitario o del ruolo tecnico. Le unità operative per l'educazione sanitaria e le corrispondenti strutture di distretto costituiscono il riferimento per i cittadini e le associazioni per la tutela dei diritti degli utenti dei servizi, fra i quali in primo luogo il diritto all'informazione corretta anche ai sensi della legge regionale 30 gennaio 1991, n. 7 (a). All'interno di tali strutture dovrà essere assicurata la presenza delle diverse professionalità interessate all'educazione alla salute;
b) la creazione di rapporti organici con il mondo della scuola a livello di distretto, di unità sanitaria locale e di Regione che realizzino collaborazioni stabili di tipo simmetrico, anche attraverso la redazione di protocolli d'intesa;
c) il potenziamento delle attività di medicina preventiva e di educazione alla salute della Regione anche attraverso la promozione di campagne di educazione alla salute e medicina preventiva, la produzione di audiovisivi, l'attività di documentazione, la formazione in educazione sanitaria degli operatori delle unità sanitarie locali, della scuola e del volontariato.


(a)  La legge regionale 30 gennaio 1991, n. 7, reca: «Norme per la salvaguardia dei diritti dell'utente del Servizio sanitario nazionale e istituzione dell'Ufficio di pubblica tutela degli utenti dei servizi sanitari».

Art. 16
Comitato bioetico

1.  In ciascuna azienda ospedaliera è istituito un Comitato per la valutazione dei protocolli terapeutici sperimentali.
2. Il Comitato bioetico è composto da:
a)  il direttore sanitario dell'azienda, che lo presiede;
b)  i capi dipartimento;
c)  un magistrato designato dal Presidente del Tribunale territorialmente competente;
d)  un avvocato designato dall'Ordine degli avvocati territorialmente competente;
e)  un operatore del campo psico-sociale, designato dal direttore generale.

Art. 17
Modifiche alla legge regionale 30 gennaio 1991, n. 7, in tema di salvaguardia dei diritti degli utenti

1. Gli artt. 31, 32 e 33 della legge regionale n. 7 del 1991 sono sostituiti dai seguenti:

«Art. 31
Ufficio di pubblica tutela degli utenti dei servizi sanitari

1.  Presso ciascuna unità sanitaria locale azienda ospedaliera è istituito, alle dirette dipendenze del direttore generale, l'Ufficio di pubblica tutela degli utenti dei servizi sanitari con il compito di promuovere, attuare e verificare le misure destinate al miglioramento dei servizi sanitari, della loro accettabilità ed accessibilità, con particolare riguardo all'abbattimento delle barriere architettoniche, agli orari ed alla organizzazione funzionale. L'Ufficio di pubblica tutela degli utenti promuove altresì d'ufficio o su segnalazione dei cittadini o delle associazioni di utenti o di volontariato l'intervento degli enti competenti, anche per l'attuazione e l'osservanza delle disposizioni della presente legge, di altre leggi regionali in materia di sanità, dei piani regionali sanitari, dei regolamenti e degli obblighi scaturenti dalle norme degli accordi collettivi nazionali di lavoro, nonché gli interventi per l'adozione dei provvedimenti di tutela di competenza dell'autorità giudiziaria nell'interesse dei minori e degli incapaci.
2.  L'ufficio ha il compito altresì di promuovere, anche su segnalazione di qualunque cittadino, l'intervento dei servizi di zona, nonché l'adozione dei provvedimenti di tutela di competenza dell'autorità giudiziaria.
3.  Per l'esercizio delle proprie funzioni l'ufficio si avvale di personale dell'unità sanitaria locale.
4.  L'ufficio ha libero accesso agli atti necessari allo svolgimento dei compiti di istituto e per essi non può essere opposto il segreto d'ufficio.
5.  Agli oneri relativi al funzionamento dell'ufficio provvedono le unità sanitarie locali, ferma restando l'osservanza delle norme vigenti in materia di spesa a carico del fondo sanitario.

Art. 32
Responsabilità dell'ufficio di pubblica tutela degli utenti dei servizi sanitari

1.  E' istituito altresì in ogni unità sanitaria locale un comitato di partecipazione e vigilanza con funzione consultiva e di proposta in merito alla organizzazione dei servizi sanitari con particolare riguardo alla accessibilità, agli orari di funzionamento ed all'organizzazione funzionale. A tale comitato partecipano i rappresentanti delle associazioni di volontariato, delle associazioni di utenti, delle associazioni sindacali e sociali, nonché due rappresentanti, uno medico ed uno non medico, degli operatori dell'unità sanitaria locale. Tale comitato è presieduto dal direttore generale dell'unità sanitaria locale o azienda ospedaliera o da un suo delegato.
2.  Il comitato di partecipazione e vigilanza assicura che l'attività dell'ufficio di pubblica tutela degli utenti dei servizi sanitari si realizzi nel senso dell'efficace tutela dei diritti degli utenti in tutti i momenti di erogazione dei servizi dell'unità sanitaria locale e degli enti competenti, fin dal momento della richiesta di accesso al servizio o della richiesta di prestazione sanitaria, indipendentemente dal tipo di prestazione richiesta, sia essa in forma ambulatoriale, di day hospital, di ricovero o altra.
3.  Il comitato di partecipazione e vigilanza dura in carica un triennio. Al presidente ed ai componenti non spetta alcun compenso, salvo il rimborso delle spese.
4.  Il direttore generale dell'unità sanitaria locale provvede a tutte le procedure per il rinnovo del comitato entro i tre mesi anteriori alla sua scadenza; trascorso infruttuosamente tale termine, provvede in via sostitutiva e senza diffida l'Assessore regionale per la sanità entro i successivi trenta giorni.

Art. 33
Regolamento

1.  Entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge l'Assessore regionale per la sanità emanerà con decreto il regolamento attuativo che disciplina l'accesso e le funzioni del comitato di cui all'art. 32, prevedendo le forme ed i tempi di consultazione del comitato stesso nei processi di programmazione e di verifica degli interventi sanitari» (a).


(a)  Si veda il decreto dell'Assessore regionale per la sanità 17 maggio 1996: «Istituzione del comitato di partecipazione e vigilanza e dell'ufficio di pubblica tutela degli utenti dei servizi sanitari».

Art. 18
Sistema informativo sanitario

1.  La Regione siciliana attiva il Sistema informativo sanitario (SIS) che costituisce l'insieme delle strutture e delle procedure aventi per scopo la rilevazione, l'elaborazione e la diffusione dei dati informativi, relativi alla gestione ed al governo delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, nonché l'uniformità di procedure e stampati.
2.  Il sistema informativo sanitario assicura la base delle conoscenze e delle valutazioni necessarie, ai vari livelli di governo, per una corretta impostazione delle decisioni in ordine alla politica sanitaria ed al buon utilizzo delle risorse.
3. Il sistema informativo sanitario, articolato nei due livelli centrale o regionale (SIR) e locale (SIL), deve rispondere sia alle esigenze informative della gestione delle competenze regionali, sia alla funzione di programmazione, verifica e controllo e trasmettere le informazioni elaborate a livello nazionale.
4. Il sistema informativo sanitario trova il necessario supporto in un sistema informatico computerizzato ed attivato nei due livelli del sistema medesimo, secondo criteri e modalità che saranno determinati nel piano sanitario regionale.
5. Il Sistema informativo regionale (SIR):
a)  costituisce il centro di coordinamento organizzativo e operativo delle unità periferiche confluenti nel sistema informativo locale;
b)  raccoglie le informazioni derivanti da tali unità, ne elabora la sintesi in forma omogenea e ne cura la trasmissione alla direzione economico finanziaria dell'Assessorato regionale della sanità e all'Osservatorio epidemiologico regionale;
c)  opera in stretto coordinamento con l'Osservatorio epidemiologico regionale, quale fonte dei dati che l'Osservatorio elabora e utilizza per adempiere alle funzioni di cui all'art. 18 della legge regionale n. 6 del 1981 (a);
d)  diffonde informazioni provenienti da fonti nazionali e comunitarie sul territorio regionale rendendo tempestiva la diffusione di notizie di carattere scientifico e sanitario.
6.  Per l'attuazione del Sistema informativo sanitario locale (SIL) è istituito presso le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere l'Ufficio del sistema informativo e statistico, posto alle dirette dipendenze del direttore generale, con le seguenti funzioni:
a) raccolta elaborazione e valutazione di informazioni economiche e sanitarie che i settori delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere sono tenuti obbligatoriamente a fornire, sia con periodicità da stabilire che a richiesta;
b)  trasmissione al sistema informativo regionale delle informazioni necessarie alla programmazione e al controllo delle attività sanitarie;
c) utilizzazione delle informazioni per la gestione dei servizi dei presidi sanitari;
d)  predisposizione dei piani operativi delle aziende di cui all'art. 3;
e)  valutazione economico-finanziaria di efficienza e valutazione dell'efficacia dei servizi delle aziende;
f)  valutazione epidemiologica dei bisogni sanitari, dello stato di salute e della incidenza/prevalenza della patologia nella popolazione dell'unità sanitaria locale;
g) collaborazione con l'Osservatorio epidemiologico regionale alla esecuzione di indagini epidemiologiche e valutative;
h)  organizzazione e gestione del sistema informativo delle aziende.
7.  Nello svolgimento delle loro funzioni gli uffici del sistema informativo e statistico mantengono uno stretto collegamento con il sistema informativo regionale e con l'Osservatorio epidemiologico regionale che provvede, ai sensi dell'art. 18 della legge regionale n. 6 del 1981, alla definizione delle metodologie di raccolta ed elaborazione delle informazioni (b).
8.  Dopo la lett. d) dell'art. 18 della legge regionale n. 6 del 1981 è aggiunto il seguente periodo (c):
«-  effettuare valutazioni relative alla efficienza economica dei servizi sanitari, anche attraverso la sperimentazione di modelli gestionali dei servizi sanitari stessi».
9.  Alla fine del secondo comma dell'art. 18 della legge regionale n. 6 del 1981 è aggiunto il seguente periodo (d):
«Esprime parere obbligatorio per la valutazione costo-efficacia e costo-beneficio dei programmi intrapresi dalla Regione in campo sanitario, con speciale riferimento alla istituzione di nuovi servizi ospedalieri, alla valutazione della pianta organica, ai progetti-obiettivo e ai piani di investimento nelle strutture tecnologiche complesse di rilievo regionale».


(a)  L'art. 18 della legge regionale 6 gennaio 1981, n. 6, per effetto delle integrazioni apportate dai commi ottavo e nono della disposizione che si annota, è il seguente:
Art. 18
Istituzione e compiti dell'osservatorio epidemiologico regionale

E' istituito presso l'Assessorato regionale della sanità l'osservatorio epidemiologico regionale con il compito di:
-  promuovere l'istituzione, ai vari livelli del sistema sanitario, di opportuni e adeguati strumenti di osservazione epidemiologica periferica, tesi alla conoscenza delle condizioni di salute della popolazione e dei fattori che determinano stati di malattia e di rischio;
-  recepire, dai vari livelli del sistema sanitario, qualsiasi messaggio che riguardi:
a) l'andamento della salute e delle malattie nella popolazione;
b) la consistenza delle strutture sanitarie;
c) gli aspetti riguardanti la funzionalità delle strutture con particolare riguardo ai carichi di lavoro ed alla domanda soddisfatta;
d) gli aspetti di tipo relazionale tra i soggetti e il sistema sanitario;
-  effettuare valutazioni relative all'efficienza economica dei servizi sanitari, anche attraverso la sperimentazione di modelli gestionali dei servizi sanitari stessi;
-  elaborare i dati provenienti dalle unità sanitarie locali, le statistiche sanitarie correnti ed i controlli ordinari e programmati;
-  fornire tutte le informazioni di supporto necessarie alla Regione per l'attuazione delle attività di programmazione sanitaria, di valutazione dell'efficacia e dell'efficienza in materia sanitaria, di controllo di qualità del prodotto sanitario;
-  acquisire informazioni di interesse epidemiologico da fonti internazionali, nazionali e regionali;
-  collaborare direttamente e promuovere la definizione di metodologie di piani di intervento informativi capaci di rispondere direttamente ai bisogni informativi locali;
-  assicurare il flusso informativo verso il Ministero della sanità, necessario per la programmazione sanitaria nazionale. L'osservazione e la ricerca epidemiologica, secondo programmi che saranno definiti dal comitato tecnico-scientifico, di cui all'art. 19, saranno attuate secondo i seguenti indirizzi fondamentali:
-  identificare i fattori eziologici responsabili della patogenesi delle malattie e di quelle condizioni individuali e ambientali che predispongono alla insorgenza di malattie;
-  descrivere la distribuzione e la consistenza di malattie e di stati di invalidità e di altri problemi sanitari in una comunità;
-  programmare ed attuare indagini rivolte ad approfondire la conoscenza dei fenomeni di interesse sanitario e al miglioramento degli interventi, anche attraverso la sperimentazione campionaria di modelli di organizzazione sanitaria;
-  esplicare attività di consulenza in ordine alla materia di attribuzione nei confronti delle unità sanitarie locali, comprese quelle sedi di strutture multizonali;
-  assicurare il ritorno delle informazioni raccolte ed elaborate agli operatori delle unità sanitarie locali;
-  collaborare all'aggiornamento del personale delle unità sanitarie locali nell'ambito delle discipline epidemiologiche ai sensi del successivo art. 20.
L'osservatorio epidemiologico regionale raccoglie ed elabora le informazioni rilevate e trasmesse dai diversi livelli del sistema informativo, anche in collaborazione con enti ed istituzioni di ricerca nel rispetto delle norme previste dall'art. 24. Esprime parere obbligatorio per la valutazione costo-efficacia e costo-beneficio dei programmi intrapresi dalla Regione in campo sanitario, con speciale riferimento alla istituzione di nuovi servizi ospedalieri, alla valutazione della pianta organica, ai progetti-obiettivo e ai piani di investimento nelle strutture tecnologiche complesse di rilievo regionale. Esprime parere obbligatorio per la valutazione costo-efficacia e costo-beneficio dei programmi intrapresi dalla Regione in campo sanitario, con speciale riferimento alla istituzione di nuovi servizi ospedalieri, alla valutazione della pianta organica, ai progetti-obiettivo e ai piani di investimento nelle strutture tecnologiche complesse di rilievo regionale.
L'Assessore regionale per la sanità può disporre indagini epidemiologiche direttamente o incaricare, per l'effettuazione delle predette indagini, altri enti pubblici a mezzo di convenzione."
(b)  Si veda la nota (a) al presente articolo.
(c)  Si veda la nota (a) al presente articolo.
(d)  Si veda la nota (a) al presente articolo.

TITOLO III
FORMAZIONE DEL PERSONALE E ISTITUZIONE DEL CENTRO PER LA FORMAZIONE PERMANENTE E L'AGGIORNAMENTO DEL PERSONALE DEL SERVIZIO SANITARIO


Art. 19
Formazione ed aggiornamento del personale

1.  La formazione e l'aggiornamento del personale rappresentano attività di importanza centrale per lo sviluppo del servizio sanitario.
2.  Il piano sanitario regionale stabilisce le modalità di realizzazione delle azioni strategiche relative:
a) all'individuazione del fabbisogno del personale infermieristico, tecnico e di riabilitazione per il triennio di riferimento e delle sedi delle relative scuole, del numero di posti a disposizione per ciascuna di esse, nonché all'adozione di standards regionali relativi ai requisiti minimi strutturali e di organico che le scuole devono possedere, in linea con quanto stabilito dall'art. 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502 del 1992 (a);
b) all'applicazione dell'accordo regionale per il personale del servizio sanitario nazionale in merito all'aggiornamento inteso come diritto-dovere degli operatori;
c) alla quota di specializzandi presso le strutture regionali, distinti per disciplina, sulla base delle esigenze del servizio sanitario regionale, determinata ai sensi dell'art. 6, comma 2, del decreto legislativo n. 502 del 1992 (a).
3.  Il piano sanitario regionale prevede una quota di risorse a destinazione vincolata per l'attuazione del presente articolo.


(a)  Per il secondo ed il terzo comma dell'art. 6 del decreto legislativo n. 30 dicembre 1992, n. 502, si veda la nota (a) all'art. 2.

Art. 20
Centro per la formazione permanente e l'aggiornamento del personale del servizio sanitario (CEFPAS) (a)

1.  E' istituito, con sede in Caltanissetta, il Centro per la formazione permanente e l'aggiornamento del personale del Servizio sanitario (CEFPAS). Il Centro ha personalità giuridica di diritto pubblico e provvede:
a)  alla formazione permanente e all'aggiornamento professionale degli operatori socio-sanitari e della scuola, limitatamente all'ambito socio-sanitario, in accordo alla programmazione regionale sulla materia elaborata dall'Assessorato regionale della sanità;
b)  alla realizzazione, in collaborazione con l'istituto superiore di sanità, di una scuola superiore di sanità per i dirigenti del servizio sanitario;
c)  alla ricerca nel campo delle scienze sanitarie nelle materie della formazione, della educazione alla salute e della prevenzione;
d) alle attività di promozione ed educazione alla salute e di medicina preventiva;
e)  alla collaborazione con le università siciliane per le rispettive esigenze didattiche e scientifiche:
f)  allo svolgimento di convegni scientifici, seminari ed incontri di studio;
g)  alla realizzazione di studi e pubblicazioni, nonché di qualsiasi altra attività ed iniziativa utile al conseguimento dei propri scopi.
2.  Le attività di cui al comma 1 possono essere svolte anche in favore del personale delle altre regioni e di paesi in via di sviluppo, a titolo oneroso.
3.  Il Centro cura la realizzazione nelle unità sanitarie locali della Regione di una rete di documentazione e multimediale per l'aggiornamento professionale che comprende la messa a disposizione di accessi alle banche dati, la fornitura di materiale bibliografico e di sussidi audiovisivi e ogni altro servizio correlato.
4.  Il Centro concorre con le sue strutture al conseguimento dei fini di cui all'art. 6 del decreto legislativo n. 502 del 1992 (b). A tale scopo e per il perseguimento dei suoi compiti, il Centro può stipulare convenzioni con le università, con le unità sanitarie locali, con le aziende ospedaliere e con gli altri enti operanti nel campo sanitario.
5.  All'atto della sua istituzione, il patrimonio del Centro è costituito dal complesso di immobili, impianti, arredi e attrezzature ubicato a Caltanissetta, in contrada S. Elia, realizzato dall'unità sanitaria locale n. 16 di Caltanissetta con il finanziamento del Fondo investimenti ed occupazione.


(a)  Si veda il decreto del Presidente della Regione 3 maggio 1994: «Istituzione del Centro per la formazione del personale del servizio sanitario, con sede in Caltanissetta».
(b)  Per l'art. 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si veda la nota (a) all'art. 2.

Art. 21
Organi del Centro

1. Sono organi del Centro:
a)  il direttore generale;
b)  il consiglio di amministrazione;
c)  il comitato scientifico;
d)  il collegio dei revisori.
2. Il direttore generale è nominato con decreto del Presidente della Regione, su conforme delibera della Giunta regionale, tra personalità in possesso di documentata esperienza organizzativa nel settore della formazione socio-sanitaria.
3.  Il direttore generale adotta tutti gli atti necessari al conseguimento degli scopi del Centro, ad eccezione di quelli di competenza del consiglio di amministrazione, e nomina, entro trenta giorni dalla immissione nelle funzioni, il direttore della formazione ed il direttore amministrativo che devono avere comprovata esperienza nei rispettivi ambiti di competenza ed essere in possesso di diploma di laurea.
4.  Il direttore della formazione ha la responsabilità organizzativa delle attività del Centro; propone il piano delle attività e la nomina dei docenti.
5.  Al direttore generale, al direttore della formazione e al direttore amministrativo si applicano, in quanto compatibili, le norme previste dal decreto legislativo n. 502 del 1992 in merito ai direttori generali, ai direttori sanitari e ai direttori amministrativi delle unità sanitarie locali.
6. Il consiglio di amministrazione è nominato con decreto del Presidente della Regione ed è formato, oltre che dal direttore generale, che lo convoca e lo presiede, da quattro componenti di elevata capacità professionale e in possesso di documentata esperienza in campo giuridico o economico o organizzativo o di gestione del personale, designati rispettivamente:
a)  dal Presidente della Regione;
b)  dal Ministro della sanità;
c)  dal Ministro per l'università e la ricerca scientifica e tecnologica;
d)  dall'Assessore regionale per la sanità (a).
7.  Il consiglio dura in carica cinque anni. I suoi componenti possono essere riconfermati.
8.  Alle sedute partecipano il direttore della formazione e il direttore amministrativo, con voto consultivo.
9.  Il consiglio di amministrazione delibera:
a)  lo statuto;
b)  il regolamento organico e il trattamento economico e giuridico del personale;
c) i bilanci preventivi e consuntivi;
d) gli acquisti e le vendite di immobili, la costituzione di diritti reali.
10.  Le deliberazioni del consiglio di amministrazione sono inviate all'Assessore regionale per la sanità che, entro dieci giorni dalla loro ricezione, può sospenderne l'esecuzione.
11. Il comitato scientifico è nominato con decreto del Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per la sanità, ed è composto da otto membri scelti fra studiosi di riconosciuta competenza, nell'ambito delle discipline e delle attività di interesse per i compiti istituzionali del Centro, in possesso di specifica e documentata esperienza di livello nazionale o internazionale. E' altresì componente di diritto del comitato scientifico il vicepresidente in carica del comitato tecnico-scientifico dell'Osservatorio epidemiologico regionale di cui all'art. 20 della legge regionale n. 6 del 1981 (b).
12.  Con il decreto costitutivo il Presidente della Regione nomina il presidente del Comitato scientifico tra i suoi componenti.
13.  Il comitato dura in carica cinque anni ed elegge al suo interno il vicepresidente.
14.  I componenti possono essere riconfermati.
15.  Alle riunioni del comitato partecipano il direttore generale e il direttore della formazione del Centro. Possono essere chiamati a partecipare altri esperti scelti dal comitato.
16.  Funzioni del comitato scientifico sono:
a)  esprimere parere sul programma di attività proposto annualmente dal direttore di formazione;
b)  esprimere parere sulla nomina dei docenti;
c)  formulare al direttore di formazione proposte di attività.
17.  Il collegio dei revisori è nominato con decreto del Presidente della Regione e ha la stessa composizione del corrispondente organo delle unità sanitarie locali della Regione.


(a)  Comma sostituito dall'art. 3 della legge regionale 11 aprile 1995, n. 34.
(b)  L'art 20 della legge regionale 6 gennaio 1981, n. 6 è il seguente:
«Art. 20
Comitato tecnico-scientifico dell'osservatorio epidemiologico

E' istituito il comitato tecnico-scientifico dell'osservatorio epidemiologico quale organo consultivo dell'Assessorato regionale della sanità.
Il comitato, nominato con decreto del Presidente della Regione su proposta dell'Assessore regionale per la sanità, sentita la Commissione legislativa per la sanità, è composto da un massimo di quindici esperti nelle seguenti materie:
-  epidemiologia;
-  patologia medica e chirurgica;
-  igiene e malattie infettive;
-  biometria e statistica sanitaria;
-  profilassi e patologia veterinaria;
-  medicina del lavoro;
-  farmacologia;
-  economia sanitaria;
-  pianificazione sanitaria;
-  ingegneria sanitaria.
Il comitato è presieduto dall'Assessore regionale per la sanità, dura in carica tre anni, ed i suoi componenti possono essere riconfermati.
Il comitato:
-  elegge al suo interno un vice presidente;
-  propone annualmente un piano di aggiornamento del personale dell'osservatorio;
-  definisce i programmi di osservazione e ricerca epidemiologica secondo gli indirizzi di cui al secondo comma del precedente art. 16, verificandone l'attuazione;
-  predispone, entro il 31 marzo di ogni anno, la relazione consuntiva sull'attività svolta.
Di norma, si riunisce con periodicità quindicinale per seguire l'attività di ricerca e verificarne l'esecuzione. Alle riunioni possono essere chiamati, di volta in volta, a partecipare altri esperti scelti dal comitato.
Nell'esercizio delle sue funzioni il comitato si avvale dei funzionari dell'Assessorato regionale della sanità.
Con decreto dell'Assessore regionale per la sanità, saranno determinati i compensi da corrispondere ai componenti dell'osservatorio epidemiologico regionale.
Ai predetti componenti spetta altresì l'indennità di missione in quanto dovuta nella misura corrispondente a quella prevista per il direttore regionale».

Art. 22
Funzionamento del Centro

1.  Il rapporto di lavoro del personale del Centro è di diritto privato. Per il perseguimento dei suoi particolari fini, il Centro può fare ricorso ad assunzioni di personale con contratto a termine di diritto privato anche a tempo parziale.
2.  Ai fini di assicurare l'immediata funzionalità del Centro il Presidente della Regione può disporre, su richiesta del direttore generale, il comando di un massimo di dieci unità di personale scelte tra i dipendenti della Regione.
3. Il contingente del personale comandato non può eccedere, per fascia di qualifica, le quantità seguenti:
a) dirigenti: tre;
b) assistenti: tre;
c) dattilografi: quattro.
4.  Le spese di esercizio sono finanziate annualmente con una quota del fondo sanitario regionale determinata triennalmente nell'ambito della legge di bilancio regionale.
5. Le spese per l'adeguamento tecnologico ed edilizio sono finanziate con apposito capitolo del bilancio regionale.
6. Si applicano al Centro le disposizioni vigenti per i bilanci della unità sanitarie locali.

Art. 23
Accreditamento delle istituzioni private

1.  L'Assessore regionale per la sanità, entro novanta giorni dall'approvazione della presente legge, adotterà i criteri per l'accreditamento ai fini della individuazione delle istituzioni private di cui all'art. 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502 del 1992 (a).


(a)  Per il terzo comma dell'art. 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si veda la nota (a) all'art. 2.

Titolo IV
RETE DELL'ASSISTENZA OSPEDALIERA E DELL'EMERGENZA SANITARIA


Art. 24
Strutture ospedaliere

1. La rete della assistenza ospedaliera è costituita da:
a) strutture ospedaliere a gestione diretta del servizio sanitario regionale;
b) strutture sanitarie convenzionate obbligatoriamente ai sensi degli artt. 39, 40, 41, 42 e 43 della legge n. 833 del 1978 (a);
c) strutture private, convenzionate, ai sensi degli artt. 43, primo comma, e 44, secondo comma, della legge n. 833 del 1978 (b) (c).
2.  Le strutture ospedaliere a gestione diretta del servizio sanitario regionale di cui alla lett. a) del comma 1, entro la scadenza del piano sanitario regionale, devono essere riorganizzate secondo quanto previsto dagli articoli successivi.
3.  Le strutture sanitarie convenzionate, di cui alla lett. b) del comma 1, concorrono alla rete ospedaliera, secondo quanto già stabilito dalle convenzioni stipulate al momento dell'entrata in vigore della presente legge.
4.  Le strutture private convenzionate di cui alla lett. c) del comma 1 concorrono alla rete per l'assistenza ospedaliera fino ad un massimo del 7 per cento della dotazione di posti letto dell'intera rete ospedaliera regionale (d). Entro il completamento del primo piano sanitario regionale l'attuale dotazione di posti letto delle strutture private verrà coordinata con gli obiettivi e gli standards della rete ospedaliera regionale di cui ai successivi articoli e con il disposto dell'art. 6 della legge regionale 8 novembre 1988, n. 39 (e). L'ubicazione di nuovi posti letto verrà privilegiata in quei territori in cui la dotazione di posti letto delle strutture di cui alle lett. a) e b) non raggiunge i parametri fissati nei successivi articoli e limitando le branche autorizzabili e convenzionabili a quelle non adeguatamente erogate dalle strutture medesime.


(a)  Gli artt. 39, 40, 41, 42 e 43 della legge n. 833 del 1978 riguardano rispettivamente: 39. Cliniche universitarie e relative convenzioni; 40. Enti di ricerca e relative convenzioni; 41. Convenzioni con istituzioni sanitarie riconosciute che erogano assistenza pubblica; 42. Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico; 43. Autorizzazione e vigilanza su istituzioni sanitarie.
(b)  Si riportano il primo comma dell'art. 43 ed il secondo comma dell'art 44, della legge 23 dicembre 1978, n. 833:
-  art. 43 (Autorizzazione e vigilanza su istituzioni sanitarie) - «La legge regionale disciplina l'autorizzazione e la vigilanza sulle istituzioni sanitarie di carattere privato, ivi comprese quelle di cui all'art. 41, primo comma, che non hanno richiesto di essere classificate ai sensi della legge 12 febbraio 1968, n. 132, su quelle convenzionate di cui all'art. 26, e sulle aziende termali e definisce le caratteristiche funzionali cui tali istituzioni e aziende devono corrispondere onde assicurare livelli di prestazioni sanitarie non inferiori a quelle erogate dai corrispondenti presidi e servizi delle unità sanitarie locali. Restano ferme le funzioni di indirizzo e coordinamento di cui all'art. 5».
-  art. 44 (Convenzioni con istituzioni sanitarie) - (omissis)
«La legge regionale stabilisce norme per:
a)  le convenzioni fra le unità sanitarie locali e le istituzioni private di cui all'articolo precedente, da stipularsi in armonia col piano sanitario regionale e garantendo l'erogazione di prestazioni sanitarie non inferiori a quelle erogate dai corrispondenti presidi e servizi delle unità sanitarie locali;
b) le convenzioni fra le unità sanitarie locali e le aziende termali di cui all'art. 36».
(c)  Modificato dal primo comma dell'art. 3 della legge regionale 21 aprile 1995, n. 39.
(d)  Periodo sostituito dal secondo comma dell'art. 3 della legge regionale 21 aprile 1995, n. 39.
(e)  L'art. 6 della legge regionale 8 novembre 1988, n. 39, a seguito dell'errata-corrige pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana 5 agosto 1989, n. 38, è il seguente:
«Art. 6
Tipologia e requisiti delle case di cura private

1.  Le case di cura private sono così distinte:
a)  case di cura medico-chirurgiche generali, destinate ad ammalati di forme morbose pertinenti alla medicina generale, alla chirurgia generale ed eventualmente a specialità mediche e chirurgiche;
b) case di cura mediche, destinate prevalentemente ad ammalati di forme morbose pertinenti alla medicina generale ed a specialità mediche;
c) case di cura chirurgiche, destinate prevalentemente ad ammalati di forme morbose pertinenti alla chirurgia generale ed a specialità chirurgiche;
d)  case di cura ad indirizzo polispecialistico, destinate ad ammalati di forme morbose pertinenti a due o più specialità, tutte rientranti nell'ambito della medicina generale oppure della chirurgia generale;
e)  case di cura ad indirizzo monospecialistico destinate ad ammalati di forme morbose pertinenti ad una sola specialità medica o chirurgica;
f)  case di cura ad indirizzo specifico (neuropsichiatriche, sanatoriali, ortopedico-riabilitative, riabilitative e di day-hospital, ecc.).
2.  Le case di cura possono essere qualificate di "alta specialità" ove esercitino una o più delle specialità sotto riportate:
a) cardiochirurgia e chirurgia vascolare;
b) chirurgia plastica e ricostruttiva;
c) neurochirurgia;
d) urologia con litotripsia;
e) trapianti d'organo e di tessuto;
f) microchirurgia con trapianti d'organi o tessuti;
g) endocrinochirurgia;
h) microchirurgia oculare;
i) microchirurgia dell'orecchio;
l) cardiologia con UTIC ed emodinamica;
m) terapia intensiva e rianimazione con monitoraggio;
n) dipartimento oncologico medico, chirurgico e antalgico;
o) struttura per terapia iperbarica;
p) patologia neonatale ad alto rischio con reparto immaturi;
q) terapia dei grandi ustionati.
Con decreto dell'Assessore regionale per la sanità, previo parere della competente Commissione legislativa, potranno essere inserite nell'elenco delle alte specialità eventuali altre discipline emergenti in rapporto anche all'evoluzione tecnologica.
3.  Le case di cura che dispongono delle sopra riportate branche specialistiche sono classificabili di altissima specializzazione se dispongono di tutti o parte dei seguenti servizi in relazione alla specialità esercitata: TAC; PET; RMN; angiografia digitalizzata; densitometria ossea; medicina nucleare in vivo; terapia radiante (cobalto, acceleratore lineare, curiterapia, ecc.). I suddetti servizi tecnologicamente avanzati, se istituiti e gestiti in forma associata o consortile, in relazione alla tipologia ed alla dimensione delle case di cura, possono, con decreto dell'Assessore regionale per la sanità, essere riconosciuti quali servizi di ciascuna casa di cura, purché, in relazione alla loro localizzazione spaziale nel contesto urbano e della viabilità di collegamento, la loro utilizzabilità sia tale da non compromettere la loro specifica funzione e finalità. Con decreto assessoriale sarà previsto un apposito compenso aggiuntivo onnicomprensivo per le prestazioni di alta e altissima specializzazione. Le unità sanitarie locali competenti per territorio, per motivate esigenze riconosciute dall'Assessorato regionale della sanità, possono richiedere alle case di cura l'istituzione di servizi di pronto soccorso generale e specialistico il cui compenso sarà determinato con decreto dell'Assessore per la sanità.
4. L'apertura e l'esercizio di case di cura private sul territorio della Regione siciliana sono subordinati al possesso dei requisiti stabiliti dallo schema allegato alla presente legge».

Art. 25
Aziende e presidi (a)

1.  L'assistenza ospedaliera è organizzata secondo i principi di cui alla legge n. 412 del 1991 e al decreto legislativo n. 502 del 1992 (b). Sono costituiti in azienda ospedaliera con personalità giuridica e con autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica:
a)  gli ospedali di rilievo nazionale;
b)  gli ospedali destinati a centro di riferimento della rete dei servizi di emergenza di cui all'art. 4, comma 1, del decreto legislativo n. 502 del 1992 (c).
2.  L'individuazione e l'articolazione delle aziende ospedaliere di cui alla lett. b) è stabilita dal piano sanitario regionale. Il riconoscimento della loro personalità giuridica è effettuato con decreto del Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per la sanità, sentita la commissione legislativa "Servizi sociali e sanitari" dell'Assemblea regionale siciliana.
3.  Il piano sanitario regionale individua altresì le strutture ospedaliere che, ai sensi della legge n. 412 del 1991, entro la scadenza del triennio devono essere riconvertite o dismesse.
4.  Nell'ambito dei bilanci delle unità sanitarie locali i presidi ospedalieri di unità sanitaria locale dovranno essere finanziati su base budgetaria.
5.  La gestione, l'amministrazione ed il finanziamento delle aziende ospedaliere e dei policlinici universitari sono disciplinati ai sensi del citato art. 4 del decreto legislativo n. 502 del 1992 (c).


(a)  Si riporta il testo dell'art. 1, commi 1 e 3, della legge regionale 11 aprile 1995, n. 34:
«Art. 1
Individuazione delle aziende ospedaliere

1.  Nelle more dell'approvazione del piano sanitario regionale, in deroga alle disposizioni contenute nell'art. 25, comma 2, e nell'art. 32, comma 1, lett. a) e b), della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30, in applicazione delle modifiche introdotte nel decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, nonché dall'art. 1, comma 4, del decreto legge 27 agosto 1994, n. 512, convertito senza modificazioni dalla legge 17 ottobre 1994, n. 590, al fine di consentire il primo avvio delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, la rete ospedaliera a gestione diretta del servizio sanitario nazionale nella Regione è individuata come segue:
a)  aziende di rilievo nazionale e di alta specializzazione:
1)  già individuate dal consiglio dei ministri con decreto del presidente del consiglio dei ministri del 31 agosto 1993:
a) ospedali Civico e Benfratelli, G. Di Cristina e M. Ascoli di Palermo;
b)  ospedali Garibaldi, S. Luigi e S. Currò e Ascoli Tomaselli di Catania;
2)  che saranno individuate ai sensi dell'art. 4 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517;
b)  aziende regionali in cui insiste la prevalenza del percorso formativo del triennio clinico della facoltà di medicina e chirurgia:
1)  ospedali Vittorio Emanuele, Ferrarotto e S. Bambino di Catania;
c)  aziende regionali di riferimento per l'emergenza di terzo livello:
1)  ospedale S. Elia di Caltanissetta;
2)  ospedale Cannizzaro di Catania;
3)  ospedale Papardo di Messina;
4)  ospedali Villa Sofia e Centro traumatologico ortopedico di Palermo;
d)  aziende ospedaliere di riferimento per l'emergenza di secondo livello:
1)  ospedale S. Giovanni di Dio di Agrigento;
2)  ospedale Gravina di Caltagirone;
3)  ospedale Umberto I di Enna;
4)  ospedale Vittorio Emanuele di Gela;
5)  ospedale Piemonte di Messina;
6)  pspedale V. Cervello di Palermo;
7)  ospedale Civile - OMPA di Ragusa;
8)  ospedale Umberto I di Siracusa;
9)  ospedale S. Antonio Abate di Trapani».
«3.  L'individuazione delle aziende di cui al comma 1 costituisce specificazione della norma di cui all'art. 32, comma 1, lett. b), della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30, e determina i presidi ospedalieri costituiti in azienda che fanno parte del piano sanitario regionale».
(b)  La legge 30 dicembre 1991, n. 412, e il decreto legislativo n. 502 del 1992, recano rispettivamente: "Disposizioni in materia di finanza pubblica" e "Riordino della disciplina in materia sanitaria", a norma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421».
(c)  L'art. 4 del decreto legislativo n. 502 del 1992, così dispone:
«Art. 4
Aziende ospedaliere e presìdi ospedalieri

1.  Le regioni, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, trasmettono al ministro della sanità le proprie indicazioni ai fini della conseguente individuazione degli ospedali di rilievo nazionale e di alta specializzazione da costituire in azienda ospedaliera avuto riguardo a quanto previsto al comma 2. Entro novanta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto il ministro della sanità, attenendosi alle indicazioni pervenute dalle regioni previa verifica dei requisiti e, in mancanza, sulla base di proprie valutazioni, formula le proprie proposte al consiglio dei ministri, il quale individua gli ospedali da costituire in azienda ospedaliera. Entro sessanta giorni dalla data della deliberazione del consiglio dei ministri, le regioni costituiscono in azienda con personalità giuridica pubblica e con autonomia organizzativa, amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica i predetti ospedali. Con le stesse procedure si provvede alla costituzione in aziende di ulteriori ospedali in possesso dei requisiti richiesti, dopo la prima attuazione del presente decreto. Gli ospedali costituiti in azienda ospedaliera hanno gli stessi organi previsti per l'unità sanitaria locale, nonché il direttore amministrativo, il direttore sanitario e il consiglio dei sanitari con le stesse attribuzioni indicate nell'art. 3. Nel consiglio dei sanitari è garantita la presenza dei responsabili di dipartimento. La gestione delle aziende ospedaliere è informata al principio dell'autonomia economico-finanziaria e dei preventivi e consuntivi per centri di costo, basati sulle prestazioni effettuate.
2.  Possono essere individuati come ospedali di rilievo nazionale e di alta specializzazione quelli che dispongono di tutte le seguenti caratteristiche:
a)  presenza di almeno tre strutture di alta specialità secondo le specificazioni fornite nel decreto del ministro della sanità del 29 gennaio 1992, emanato ai sensi dell'art. 5 della legge 23 ottobre 1985, n. 595. Il consiglio dei ministri, su proposta del ministro della sanità, sentito il consiglio superiore di sanità e la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, provvede, sulla base dell'evoluzione scientifica e tecnologica, ad aggiornare periodicamente l'elenco delle attività di alta specialità e dei requisiti necessari per l'esercizio delle attività medesime;
b)  organizzazione funzionalmente accorpata ed unitaria di tipo dipartimentale di tutti i servizi che compongono una struttura di alta specialità.
3.  Sono ospedali a rilievo nazionale e di alta specializzazione i policlinici universitari, che devono essere inseriti nel sistema di emergenza sanitaria di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992.
4.  Le regioni possono altresì costituire in azienda i presidi ospedalieri in cui insiste la prevalenza del percorso formativo del triennio clinico delle facoltà di medicina e chirurgia, i presidi ospedalieri che operano in strutture di pertinenza dell'università nonché gli ospedali destinati a centro di riferimento della rete dei servizi di emergenza, dotati del dipartimento di emergenza come individuato ai sensi dell'art. 9 del decreto del Presidente della Repubblica del 27 marzo 1992, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 76 del 31 marzo 1992 e successive modificazioni ed integrazioni, e che siano, di norma, dotati anche di elisoccorso.
5.  I policlinici universitari sono aziende dell'università dotate di autonomia organizzativa, gestionale, patrimoniale e contabile. Lo statuto dell'università determina, su proposta della facoltà di medicina, le modalità organizzative e quelle gestionali, nel rispetto dei fini istituzionali, in analogia ai principi del presente decreto fissati per l'azienda ospedaliera. La gestione dei policlinici universitari è informata al principio dell'autonomia economico-finanziaria e dei preventivi e consuntivi per centri di costo, basati sulle prestazioni effettuate.
6.  I presidi ospedalieri in cui insiste la prevalenza del corso formativo del triennio clinico della facoltà di medicina, costituiti in aziende ospedaliere, si dotano del modello gestionale secondo quanto previsto dal presente decreto per le aziende ospedaliere; il direttore generale è nominato d'intesa con il rettore dell'università. La gestione dell'azienda deve essere informata anche all'esigenza di garantire le funzioni istituzionali delle strutture universitarie che vi operano. L'università e l'azienda stabiliscono i casi per i quali è necessaria l'acquisizione del parere della facoltà di medicina per le decisioni che si riflettono sulle strutture universitarie. Nella composizione del consiglio deve essere assicurata la presenza delle componenti universitarie in rapporto alla consistenza numerica delle stesse.
7.  Le regioni disciplinano entro il 31 gennaio 1995 le modalità di finanziamento delle aziende ospedaliere sulla base dei seguenti principi:
a)  prevedere l'attribuzione da parte delle regioni per l'anno 1995 di una quota del fondo sanitario destinata alla copertura parziale delle spese necessarie per la gestione determinata nella misura dell'80 per cento dei costi complessivi del-l'anno precedente, decurtati dell'eventuale disavanzo di gestione, compresi gli oneri passivi in ragione di quest'ultimo sostenuti;
b)  le prestazioni, sia di degenza che ambulatoriali, da rendere a fronte del finanziamento erogato secondo le modalità di cui alla lett. a) devono formare oggetto di apposito piano annuale preventivo che, tenuto conto della tariffazione, ne stabilisca quantità presunte e tipologia in relazione alle necessità che più convenientemente possono essere soddisfatte nella sede pubblica. Tale preventivo forma oggetto di contrattazione fra regione e unità sanitarie locali, da una parte, e azienda ospedaliera e presidi ospedalieri con autonomia economico-finanziaria, dall'altra. La verifica a consuntivo da parte, rispettivamente, delle regioni e delle unità sanitarie locali dell'osservanza dello stesso preventivo, tenuto conto di eventuali motivati scostamenti, forma criterio di valutazione per la misura del finanziamento delle singole aziende ospedaliere o dei presidi stessi da erogare nell'anno successivo;
c)  prevedere le quote di partecipazione alla spesa eventualmente dovute da parte dei cittadini, gli introiti connessi all'esercizio dell'attività libero professionale dei diversi operatori ed i corrispettivi relativi a servizi integrativi a pagamento;
d)  prevedere i lasciti, le donazioni e le rendite derivanti dall'utilizzo del patrimonio dell'azienda, ed eventuali altre risorse acquisite per contratti e convenzioni.
7-bis  La remunerazione a tariffa delle prestazioni effettuate rappresenta la base di calcolo ai fini del conguaglio in positivo o in negativo dell'acconto nella misura dell'80 per cento di cui al comma 7. Sulla base delle suddette tariffe sono altresì effettuate le compensazioni della mobilità sanitaria interregionale.
7-ter  Il sistema di finanziamento di cui al comma 7, valido per l'anno 1995, dovrà essere progressivamente superato nell'arco di un triennio, al termine del quale si dovrà accedere esclusivamente al sistema della remunerazione a prestazione degli erogatori pubblici e privati.
8.  Le aziende ospedaliere, incluse quelle di cui al comma 5, devono chiudere il proprio bilancio in pareggio. L'eventuale avanzo di amministrazione è utilizzato per gli investimenti in conto capitale, per oneri di parte corrente e per eventuali forme di incentivazione al personale da definire in sede di contrattazione. Il verificarsi di ingiustificati disavanzi di gestione o la perdita delle caratteristiche strutturali e di attività prescritte, fatta salva l'autonomia dell'università, comportano rispettivamente il commissariamento da parte della regione e la revoca dell'autonomia aziendale.
9.  Gli ospedali che non siano costituiti in azienda ospedaliera conservano la natura di presidi dell'unità sanitaria locale. Nelle unità sanitarie locali nelle quali sono presenti più ospedali, questi possono essere accorpati ai fini funzionali. Nei presidi ospedalieri dell'unità sanitaria locale è previsto un dirigente medico in possesso dell'idoneità di cui all'art. 17, come responsabile delle funzioni igienico-organizzative, ed un dirigente amministrativo per l'esercizio delle funzioni di coordinamento amministrativo. Il dirigente medico ed il dirigente amministrativo concorrono, secondo le rispettive competenze, al conseguimento degli obiettivi fissati dal direttore generale. A tutti i presidi di cui al presente comma è attribuita autonomia economico-finanziaria con contabilità separata all'interno del bilancio dell'unità sanitaria locale, con l'introduzione delle disposizioni previste per le aziende ospedaliere, in quanto applicabili.
10.  Fermo restando quanto previsto dall'art. 3, comma 5, lett. g) in materia di personale in esubero, le regioni provvedono alla riorganizzazione di tutti i presìdi ospedalieri sulla base delle disposizioni di cui all'art. 4, comma 3, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, correlando gli standard ivi previsti con gli indici di degenza media, l'intervallo di turn-over e la rotazione degli assistiti, ed organizzando gli stessi presidi in dipartimenti. All'interno dei presidi ospedalieri e delle aziende di cui al presente articolo sono riservati spazi adeguati, da reperire entro centoventi giorni dalla entrata in vigore del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, per l'esercizio della libera professione intramuraria ed una quota non inferiore al 5% e non superiore al 10% dei posti-letto per la istituzione di camere a pagamento. I direttori generali delle nuove unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere e, fino al loro insediamento, gli amministratori straordinari pro-tempore, nonché le autorità responsabili delle aziende di cui al comma 5, sono direttamente responsabili dell'attuazione di dette disposizioni. In caso di inosservanza la regione adotta i conseguenti provvedimenti sostitutivi. In caso di documentata impossibilità di assicurare gli spazi necessari alla libera professione all'interno delle proprie strutture, gli spazi stessi sono reperiti, previa autorizzazione della regione, anche mediante appositi contratti tra le unità sanitarie locali e case di cura o altre strutture sanitarie, pubbliche o private. Per l'attività libero professionale presso le suddette strutture sanitarie i medici sono tenuti ad utilizzare i modulari delle strutture sanitarie pubbliche da cui dipendono. I contratti sono limitati al tempo strettamente necessario per l'approntamento degli spazi per la libera professione all'interno delle strutture pubbliche e comunque non possono avere durata superiore ad un anno e non possono essere rinnovati. Il ricovero in camere a pagamento comporta l'esborso da parte del ricoverato di una retta giornaliera stabilita in relazione al livello di qualità alberghiera delle stesse, nonché, se trattasi di ricovero richiesto in regime libero-professionale, di una somma forfettaria comprensiva di tutti gli interventi medici e chirurgici, delle prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio strettamente connesse ai singoli interventi, differenziata in relazione al tipo di interventi stessi. In ciascuna regione, a decorrere dalla data di entrata in vigore della disciplina di riorganizzazione ospedaliera di cui al presente articolo, e comunque entro un triennio dall'entrata in vigore del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, cessano di avere efficacia le disposizioni di cui alla legge 12 febbraio 1968, n. 132, e al D.P.R. 27 marzo 1969, n. 128, nonché le disposizioni del D.P.R. 27 marzo 1969, n. 129.
11.  I posti letto da riservare, ai sensi del comma 10 per la istituzione di camere a pagamento nonché quelli ascritti agli spazi riservati all'esercizio della libera professione intramuraria, non concorrono ai fini dello standard dei posti letto per mille abitanti previsto dall'art. 4, comma 3, della legge 30 dicembre 1991, n. 412.
11-bis  Al fine di consentire in condizione di compatibilità e di coerenza con le esigenze e le finalità assistenziali delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, l'esercizio delle attività libero professionali in regime ambulatoriale all'interno delle strutture e dei servizi, le disposizioni di cui all'art. 35, comma 2, lett. d), del D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, si applicano anche al restante personale della dirigenza del ruolo sanitario di cui all'art. 15 del presente decreto. Per le prestazioni di consulenza e per la ripartizione dei proventi derivanti dalle predette attività si applicano le vigenti disposizioni contrattuali.
12.  Nulla è innovato alla vigente disciplina per quanto concerne l'ospedale Galliera di Genova, l'Ordine Mauriziano e gli istituti ed enti che esercitano l'assistenza ospedaliera di cui agli artt. 40, 41 e 43, secondo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, fermo restando che l'apporto dell'attività dei suddetti presidi ospedalieri al servizio sanitario nazionale è regolamentato con le modalità previste dal presente articolo. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, i requisiti tecnico-organizzativi ed i regolamenti sulla dotazione organica e sull'organizzazione dei predetti presidi sono adeguati, per la parte compatibile, ai principi del presente decreto e a quelli di cui all'art. 4, comma 7, della L. 30 dicembre 1991, n. 412, e sono approvati con decreto del Ministro della sanità.
13.  I rapporti tra l'ospedale Bambino Gesù, appartenente alla Santa Sede, le strutture del Sovrano militare ordine di Malta ed il servizio sanitario nazionale, relativamente all'attività assistenziale, sono disciplinati da appositi accordi da stipularsi rispettivamente tra la Santa Sede, il Sovrano militare ordine di Malta ed il Governo italiano».

Art. 26
Criteri generali di programmazione della rete ospedaliera

1.  Fermo restando quanto previsto dall'art. 4 del decreto legislativo n. 502 del 1992 (a), per la classificazione dei presidi ospedalieri di rilievo nazionale e degli ospedali di riferimento regionale della rete di emergenza, finalizzata al riconoscimento della personalità giuridica e dell'autonomia organizzativa, la rete ospedaliera del servizio sanitario regionale è organizzata secondo il seguente sistema unitario:
a)  bacini infraregionali tendenzialmente esaustivi;
b)  classificazione delle funzioni in fasce;
c)  classificazione dei presidi in rapporto alla compatibilità con le funzioni espletabili;
d)  livelli scalari di prestazioni per bacini di utenza crescenti, anche al fine della loro integrazione all'interno della rete;
e)  massima integrazione con la rete extraospedaliera anche al fine di ricondurre gli ospedali alla funzione di trattamento delle patologie acute nel triplice aspetto di ricovero, di spedalità diurna e di poliambulatorio;
f)  miglioramento dell'efficienza e dell'efficacia della gestione degli ospedali.

(a)  Per l'art. 4 del decreto legislativo n. 502 del 1992, si veda la nota (c) all'art. 25.

Art. 27
Obiettivi e standards per la rete ospedaliera

1.  Sulla base dei criteri di cui agli articoli precedenti, gli obiettivi e gli standards della rete ospedaliera sono i seguenti:
a)  adeguamento quantitativo ai fini del riequilibrio della dotazione dei posti letto per acuti su base provinciale, infraregionale dei bacini sub-regionali con i seguenti indici di riferimento:
1)  4,5 per mille almeno su base provinciale;
2)  5-5,5 per mille su base infraregionale;
3)  6 per mille come limite massimo nei quattro bacini sub-regionali ivi compreso lo 0,5 per mille per la riabilitazione e la degenza post-acuzie.
Tali indici devono trovare applicazione entro il triennio successivo all'entrata in vigore della presente legge e sono riferiti ai posti letto degli ospedali rispondenti alla classificazione di cui al successivo art. 28 dei policlinici convenzionati, degli ospedali privati classificati e di quelli della spedalità privata. Restano esclusi dal computo i posti letto relativi al residuo manicomiale e quelli residenziali extraospedalieri delle residenze sanitarie assistenziali;
b)  adeguamento dei livelli di funzionalità e decoro dei presidi in rete attraverso:
1)  estesi interventi sostitutivi di presidi obsoleti e rifunzionalizzazione degli ospedali inferiori a 120 posti letto, ad eccezione dei presidi ospedalieri che il piano sanitario regionale giudicherà da non rifunzionalizzare in rapporto a comprovate esigenze sanitarie e socio-assistenziali del territorio, valutate secondo criteri oggettivi indicati nello stesso piano;
2)  interventi di ampliamento, completamento, trasformazione-ristrutturazione e accorpamento di presidi funzionalizzabili e loro messa a norma;
c)  integrazione della rete per le emergenze sanitarie organizzata in forma dipartimentale, con punte di qualificazione massimali a proiezione mediterranea;
d)  fruibilità delle prestazioni dei presidi anche nella forma ambulatoriale e di day hospital cui va assegnato, a regime, il 10 per cento della dotazione ordinaria dei posti, in media regionale, con esclusione di quelli delle terapie intensive;
e)  accentramento a regime delle funzioni ospedaliere in presidi a dotazione di posti letto fra 300 e 800, assicurando una messa in efficienza, almeno di minima, degli ospedali compresi tra 120 e 300 posti letto esistenti e da non rifunzionalizzare, nonché di quelli indicati al punto 1 della lett. b);
f)  razionalizzazione delle reti ospedaliere delle aree metropolitane di Palermo e Catania, con accentramento in un numero contenuto di presidi di appropriato livello, e perfezionamento della rete ospedaliera di Messina;
g)  parametri tendenziali di funzionalità per unità operative pari al 75 per cento minimo per il tasso di utilizzazione e alla durata media di degenza pari a giorni 9;
h)  riorganizzazione degli ospedali in dipartimenti funzionali interni previa individuazione di aree funzionali omogenee, secondo quanto previsto dal piano sanitario regionale, assicurando la presenza obbligatoria di day hospital e la istituzione di camere a pagamento ai sensi dell'art. 4, comma 10, del decreto legislativo n. 502 del 1992 (a) e garantendo l'attività libero-professionale intra-muraria anche in regime ambulatoriale.


(a)  Per il decimo comma dell'art. 4 del decreto legislativo n. 502/1992, si veda la nota (c) all'art. 25.

Art. 28
Organizzazione ospedaliera

1.  Le funzioni ospedaliere sono organizzate, se ed in quanto presenti nello stesso presidio, per aree funzionali omogenee.
2.  Le aree funzionali omogenee di ricovero e cura sono:
a)  area di terapia intensiva;
b)  area chirurgica;
c)  area medica;
d)  area materno-infantile;
e)  area riabilitativa.
3.  Le aree funzionali omogenee dei servizi sono:
a)  area igienico-organizzativa;
b)  area di diagnostica strumentale e di laboratorio;
c)  area terapeutica senza posti letto compreso il poliambulatorio.
4.  Il piano sanitario regionale determina i bacini di utenza per fasce di complessità crescente nelle quali si articolano le funzioni ospedaliere e l'articolazione per disciplina delle singole aree funzionali omogenee.

Art. 29
Aree funzionali e dipartimenti ospedalieri (a)

1.  Per aree funzionali omogenee devono intendersi insiemi di spazi di degenza e di servizio in cui i posti letto complessivi, pur derivanti dai moduli di cui al decreto del ministro della sanità 13 settembre 1988 come attribuzione delle diverse unità operative dell'area, vengono utilizzati come posti letto indistinti d'area funzionale, rimanendo alle unità operative l'autonomia in ordine alle patologie di competenza nel quadro di una efficace integrazione e collaborazione con altre strutture affini o complementari, ma con l'uso comune di risorse umane e strumentali e secondo direttive del dipartimento corrispondente all'area.
2.  I servizi diagnostico-terapeutici degli ospedali pubblici della rete regionale sono organizzati su base dipartimentale ai sensi dell'art. 17 della legge n. 833 del 1978 (b).
3.  I dipartimenti rappresentano un insieme finalizzato di risorse concorrenti allo scopo di favorire la globalità dell'intervento rispetto al bisogno assistenziale e all'economicità della gestione. Sono compiti del dipartimento:
a)  l'organizzazione dei flussi assistenziali all'interno dell'area;
b)  la razionale ed economica gestione delle risorse in termini di personale, spazi, attrezzature e presidi assegnati all'area e alla programmazione dei fabbisogni;
c)  la definizione delle modalità di lavoro attraverso l'individuazione di opportuni protocolli;
d)  la verifica periodica della attuazione dei programmi di intervento.
4.  Entro dodici mesi dall'entrata in vigore della presente legge le aziende ospedaliere e le unità sanitarie locali provvedono a deliberare la riorganizzazione dipartimentale dei presidi ospedalieri e a disciplinarne le attività mediante l'adozione di un regolamento.

(a)  Si riportano gli artt. 3 e 4 della legge regionale 6 aprile 1996, n. 25:
«Art. 3
Dipartimenti interaziendali

1.  A parziale modifica di quanto previsto nella legge regionale 3 novembre 1993, n. 30 le aziende ospedaliere possono istituire:
a)  dipartimenti funzionali anche fra unità operative afferenti ad aree funzionali non omogenee;
b)  dipartimenti interaziendali ai fini delle attività previste dal-l'art. 2, previa autorizzazione dell'Assessore regionale per la sanità, sentita la commissione legislativa "Servizi sociali e sanitari" dell'Assemblea regionale siciliana;
c)  dipartimenti interaziendali nell'ambito dello stesso territorio comunale per le attività inerenti alle alte specialità di cui al decreto ministeriale 29 gennaio 1992, con le medesime procedure di cui alla lett. b)».
«Art. 4
Organizzazione dei dipartimenti interaziendali

1.  E' organo del dipartimento interaziendale il consiglio di dipartimento, costituito con le procedure e i compiti previsti dagli artt. 29, 30 e 31 della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30.
2.  Del consiglio fanno inoltre parte i direttori generali, i direttori sanitari e i direttori amministrativi delle aziende interessate.
3.  Il consiglio è presieduto con rotazione annuale da uno dei direttori generali delle aziende».
Si veda inoltre il decreto dell'Assessore regionale per la sanità 16 gennaio 1998: «Direttive per l'organizzazione delle Aziende unità sanitarie locali, delle Aziende ospedaliere e delle Aziende policlinici universitari ai sensi degli artt. 29 e seguenti della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30».
(b)  L'art. 17 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, è il seguente:
«Art. 17
Requisiti e struttura interna degli ospedali

Gli stabilimenti ospedalieri sono strutture delle unità sanitarie locali, dotate dei requisiti minimi di cui all'art. 19, primo comma, della legge 12 febbraio 1968, n. 132.
Le regioni nell'ambito della programmazione sanitaria disciplinano con legge l'articolazione dell'ordinamento degli ospedali in dipartimenti, in base al principio dell'in-tegrazione tra le divisioni, sezioni e servizi affini e complementari, a quello del collegamento tra servizi ospedalieri ed extra ospedalieri in rapporto alle esigenze di definiti ambiti territoriali, nonché a quello della gestione dei dipartimenti stessi sulla base della integrazione delle competenze in modo da valorizzare anche il lavoro di gruppo. Tale disciplina tiene conto di quanto previsto all'art. 34 della presente legge».

Art. 30
Organizzazione del dipartimento ospedaliero (a)

1.  Al funzionamento del dipartimento ospedaliero è preposto un comitato composto da:
a)  i responsabili delle unità operative facenti parte del dipartimento;
b)  gli aiuto-corresponsabili delle unità operative, eletti dagli operatori di tale qualifica in servizio nelle stesse unità operative, in numero pari alla metà dei membri di cui alla lett. a);
c)  i rappresentanti elettivi del personale non medico in servizio nelle stesse unità operative, in misura corrispondente alla metà dei membri di cui alla lett. a).
2.  Il comitato dura in carica due anni ed ha il compito di:
a)  garantire l'attuazione dei compiti del dipartimento;
b)  convocare l'assemblea degli operatori del dipartimento qualora se ne ravvisi l'opportunità;
c)  eleggere un coordinatore fra i responsabili apicali.
3.  Il coordinatore rimane in carica per un periodo uguale a quello del comitato e può essere riconfermato. Presso il suo ufficio sarà costituito un supporto amministrativo affidato alla responsabilità di un funzionario delegato alla gestione dei centri di spesa corrispondenti al dipartimento.


(a)  Si veda la nota (a) all'art. 29.

Art. 31
Finalità del dipartimento ospedaliero (a)

1.  Le finalità del dipartimento sono:
a)  sperimentazione ed adozione di tutte le modalità organizzative che, a parità di qualità nei risultati ottenuti rispetto alla salute dell'utente, permettono un soggiorno più breve all'utente stesso in ospedale, con particolare riferimento al day hospital;
b)  miglioramento del livello di umanizzazione delle strutture del dipartimento con particolare riferimento al rispetto dei diritti del malato, alla diffusione delle informazioni agli utenti sull'uso delle strutture, agli orari di accesso ed al comfort dei ricoverati in applicazione della legge regionale n. 7 del 1991 (b);
c)  sviluppo delle attività cliniche, di ricerca e di studio;
d)  miglior efficienza ed integrazione delle attività delle unità operative del dipartimento per il raggiungimento del miglior servizio al costo più contenuto.
2.  A tale scopo concorrono:
a)  una organizzazione coordinata degli ambulatori del dipartimento ed una collocazione fisica di tutti gli ambulatori dell'ospedale in unica sede;
b)  un impiego più esteso delle sale operatorie, allocate in un gruppo operatorio unico, per non meno di cinque giorni settimanali;
c)  un tasso operatorio dei ricoverati presso le unità operative chirurgiche pari almeno al 75 per cento;
d)  l'utilizzo delle grandi apparecchiature diagnostiche e terapeutiche per un minimo di 12 ore giornaliere per 6 giorni settimanali;
e)  l'utilizzo comune di personale di supporto amministrativo, di spazi per le riunioni, di apparecchiature e presidi;
f)  la determinazione previsionale per l'approvvigionamento dei beni di consumo commisurati ai reali bisogni di tutte le unità operative del dipartimento.


(a)  Si veda la nota (a) all'art. 29.
(b)  La legge regionale 30 gennaio 1991, n. 7, reca: «Norme per la salvaguardia dei diritti dell'utente del servizio sanitario nazionale e istituzione dell'ufficio di pubblica tutela degli utenti dei servizi sanitari».

Art. 32
Rete ospedaliera regionale (a)

1.  La rete ospedaliera a gestione diretta del servizio sanitario nazionale nella Regione siciliana è articolata in:
a)  aziende di rilievo nazionale costituite da:
1)  uno o più presidi ospedalieri che abbiano complessivamente i requisiti previsti dall'art. 4, comma 2, del decreto legislativo n. 502 del 1992, se individuati dal piano sanitario regionale (b);
2)  uno o più presidi ospedalieri che abbiano complessivamente i requisiti previsti dall'art. 4, comma 3, del decreto legislativo n. 502 del 1992, se individuati dal piano sanitario regionale (b);
b)  aziende di riferimento regionale per l'emergenza costituite dagli ospedali che hanno - o per i quali il piano regionale preveda - tutti i requisiti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992 (c) e successive modificazioni o integrazioni. Le aziende di riferimento regionale per l'emergenza hanno bacino di utenza provinciale e sono classificabili in ospedali di riferimento regionale di 3° e di 2° livello della rete regionale per i servizi di emergenza a seconda dei servizi esistenti nel loro contesto o previsti dal piano sanitario regionale. Può essere classificato ospedale di riferimento regionale per l'emergenza di 3° livello un solo presidio ospedaliero per ciascun bacino di utenza infraregionale che abbia nel suo contesto l'alta specialità per l'emergenza (d);
c)  presidi ospedalieri di area e ospedali specializzati:
d)  ospedali di comunità. Il bacino d'utenza di riferimento dell'ospedale di comunità è compreso entro 120.000 abitanti. Negli ospedali di comunità è istituito il servizio di urgenza, inserito nella rete di emergenza e accettazione, dotato di posti letto di osservazione per le attività di pronto soccorso.
2.  La aliquota di utilizzazione di posti letto negli ospedali di ogni classificazione deve essere verificata per ogni singolo presidio e per ciascuna delle specialità previste.
3.  In ogni azienda di riferimento regionale per l'emergenza di 3° e di 2° livello e nei presidi ospedalieri di area è istituito un dipartimento di emergenza e accettazione.
4.  Il piano sanitario regionale prevede in maniera differenziata a seconda dei livelli le unità operative di degenza e quelle diagnostiche che costituiscono il modello organizzativo del presidio stesso, nel rispetto di quanto previsto dai precedenti articoli.
5.  Il piano sanitario regionale prevede prioritariamente le risorse necessarie per l'adeguamento a regime delle aziende di rilievo nazionale e delle aziende di riferimento regionale per l'emergenza di 3° e di 2° livello, secondo i requisiti previsti dal decreto legislativo n. 502 del 1992 e dalla presente legge.
6.  Nell'arco temporale del primo piano sanitario regionale e comunque non oltre quello del secondo piano, è previsto, per le aziende di rilievo nazionale costituite da più presidi ospedalieri, il loro accorpamento in un unico stabilimento ospedaliero.
7.  I requisiti di ospedale di comunità o di presidi ospedalieri di area o specializzati sono stabiliti dal piano sanitario regionale.


(a)  Si veda la nota (a) all'art. 25.
(b)  Per l'art. 4, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 502/1992, si veda la nota (c) all'art. 25.
(c)  Il decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, reca: «Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza».
(d)  Si riporta l'art. 1 della legge regionale 21 aprile 1995, n. 39:
«Art. 1

1.  In deroga alle previsioni dell'art. 32, comma 1, lett. b), della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30, in considerazione delle specifiche caratteristiche del territorio, è altresì individuato, quale azienda di riferimento per l'emergenza di secondo livello, l'ospedale "Ospedali civili riuniti" di Sciacca.
2.  L'attivazione dell'azienda di cui al comma 1 è subordinata alla verifica del possesso dei requisiti di cui all'art. 4, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517».

Art. 33
Regime assistenziale ospedaliero

1.  L'assistenza ospedaliera è resa nella forma del ricovero ordinario, d'urgenza o di elezione programmata, a ciclo diurno in day hospital e nella forma di chirurgia a ciclo breve e di spedalizzazione domiciliare.
2.  L'assistenza ospedaliera può essere, altresì, resa in forma indiretta, previa autorizzazione dell'unità sanitaria locale, anche in Italia o all'estero, secondo le norme nazionali e regionali vigenti, quando il servizio sanitario regionale non è in grado di assicurare la prestazione entro tempi compatibili con la patologia da trattare.

Art. 34
Spedalizzazione diurna

1.  Nel regime di spedalizzazione diurna vengono effettuati i ricoveri presso le unità operative ospedaliere per fini diagnostici, curativi e riabilitativi e possono essere fornite le seguenti prestazioni:
a)  piccoli interventi chirurgici, indagini diagnostiche a maggior complessità e a moderata invasività;
b)  prestazioni molteplici pluridisciplinari da aggregare nell'arco di diverse ore della giornata;
c)  recupero e riabilitazione funzionale intensivi e con prestazioni applicative varie;
d)  terapia iniettiva e trattamenti farmacologici particolari;
e)  prestazioni molteplici di tipo integrato per particolari aree di intervento: medicina dello sport, valutazioni funzionali interdisciplinari, visite periodiche dei lavoratori, diabete.
2.  Il regime di spedalizzazione diurna deve essere:
a)  programmato;
b)  di durata inferiore alle dodici ore;
c)  idoneo per prestazioni multiprofessionali ed interdisciplinari;
d)  di durata nettamente superiore a quella di una ordinaria prestazione ambulatoriale;
e)  ripetitivo.
3.  La disponibilità di posti letto per la spedalizzazione diurna è computata in "posti letto equivalenti" che corrispondono ai fini organizzativi a posti letto ordinari.
4.  Gli indicatori di performance dell'attività di spedalizzazione diurna sono i seguenti:
a)  giorni attività/settimana: 5; giorni anno: 270;
b)  indice di rotazione: 1,5-2 per posto letto;
c)  tasso di utilizzazione dei posti letto: 90-l00 per cento.
5.  Entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere provvedono a deliberare il numero dei posti letto di day hospital attribuiti a ciascuna divisione. E' fatto divieto di utilizzare i posti letto di day hospital per i ricoveri ordinari e viceversa, tranne che per comprovati motivi di urgenza.

Art. 35
Strutture poliambulatoriali e di day hospital

1.  All'art. 5 della legge regionale 8 novembre 1988, n. 39, è aggiunto il seguente comma:
«2. Possono concorrere all'erogazione dell'assistenza specialistica, con i limiti previsti dall'art. 4 della legge n. 412 del 1991, strutture poliambulatoriali e di day hospital, finalizzati alle attività strumentali, di visita, di dialisi, di prestazioni chirurgiche eseguibili senza regime di ricovero completo» (a).


(a)  L'art. 5 della legge regionale 8 novembre 1988, n. 39, per effetto della modifica introdotta dalla disposizione che si annota, è il seguente:
«Art. 5
Attività di riabilitazione e di day hospital

1.  La Regione siciliana privilegia l'istituzione e la trasformazione delle case di cura private finalizzate all'esercizio di attività riabilitative e di day hospital in conformità alle disposizioni sui requisiti strutturali e sulla organizzazione dei servizi che saranno emanate con apposito decreto dell'Assessore regionale per la sanità.
2.  Possono concorrere all'erogazione dell'assistenza specialistica, con i limiti previsti dall'art. 4 della legge n. 412 del 1991, strutture poliambulatoriali e di day hospital, finalizzati alle attività strumentali, di visita, di dialisi, di prestazioni chirurgiche eseguibili senza regime di ricovero completo».

Art. 36
Rete per l'emergenza (a)

1.  Gli obiettivi degli interventi nell'area dell'emergenza sono:
a)  la realizzazione di una rete regionale organica, articolata su poli standardizzati quanto a livello di esaustività, ciascuno corrispondente ad un definito e tendenzialmente ottimale bacino territoriale, modulare e scalare;
b) la realizzazione di una rete integrata ospedale-territorio, con dislocazione dei presidi periferici tale da ottimizzare il tempo necessario per l'accesso;
c) la dotazione di supporti informatici e telematici per il soccorso nelle isole minori e nelle aree interne.
La Regione razionalizza e potenzia il sistema di emergenza sanitaria del quale è titolare anche attraverso l'istituzione del numero unico per l'emergenza 118 e attraverso la riorganizzazione del sistema delle guardie mediche che saranno inserite nella rete di emergenza.
2. Sono ricomprese in un'unica ed unitaria rete regionale per l'emergenza le entità operative del servizio sanitario regionale con i seguenti obiettivi:
a) la realizzazione di una rete regionale organica in ognuno dei quattro poli, in strutture ospedaliere con servizi di urgenza e dipartimenti di accettazione, emergenza ed urgenza di 3°, 2° e 1° livello e in strutture territoriali integrate con le prime;
b) la realizzazione di quattro centrali operative, una per ognuno dei bacini infraregionali, per la gestione del sistema di emergenza e del numero unico per l'emergenza 118, secondo le modalità indicate dalla Conferenza Stato-Regioni. La gestione delle centrali operative per i quattro bacini di utenza è effettuata anche mediante la Croce Rossa Italiana: (b)
c) l'inserimento organico del servizio di elisoccorso nel sistema regionale del numero unico per l'emergenza 118.
3. Secondo quanto previsto dall'art. 32, comma 1, lett. b), fanno parte obbligatoriamente dei dipartimenti di emergenza di 3° e 2° livello e del servizio di urgenza di I livello le unità operative di seguito indicate per ciascuno di essi:
a) dipartimenti di emergenza di 3° livello, aventi sede negli ospedali di riferimento regionale per l'emergenza:
1) servizio di pronto soccorso;
2) servizio di radiologia;
3) servizio di patologia clinica;
4) servizio di anestesia e rianimazione;
5) divisione di neurochirurgia;
6) divisione di cardiologia;
7) servizio di unità coronarica;
8) divisione di chirurgia d'urgenza e, in caso di non istituzionalizzazione della stessa, una delle divisioni di chirurgia generale, anche secondo turni stabiliti dalla direzione sanitaria;
9) divisione di ortopedia e traumatologia;
10) servizio di immunoematologia e trasfusionale;
11) divisione di ostetricia e ginecologia;
b) dipartimenti di emergenza di 2° livello:
1) servizio di pronto soccorso;
2) servizio di radiologia;
3) servizio di patologia clinica o servizio di immunoematologia e trasfusionale;
4) servizio di anestesia e rianimazione;
5) servizio di unità coronarica;
6) divisione di chirurgia d'urgenza e, in caso di non istituzionalizzazione della stessa, una delle divisioni di chirurgia generale, anche secondo turni stabiliti dalla direzione sanitaria;
7) divisione di ostetricia e ginecologia;
c) servizi di urgenza di 1° livello:
1) servizio di pronto soccorso;
2) servizio di anestesia e rianimazione;
3) divisione di medicina generale;
4) divisione di chirurgia generale;
5) divisione di ostetricia e ginecologia.
4. Le unità sanitarie locali potranno individuare altre divisioni e servizi, tra quelli già istituiti e funzionanti, che possono concorrere a costituire il dipartimento stesso, previa autorizzazione dell'Assessore regionale per la sanità.
5. Ogni unità operativa che concorre al dipartimento di emergenza, pur mantenendo la propria autonomia funzionale, per quanto concerne l'attività di emergenza attivata dalla centrale operativa farà capo ad un coordinatore individuato con le modalità di cui all'art. 30, comma 2, lett. c).
6. La individuazione e la classificazione degli ospedali di riferimento regionale di 3° e 2° livello della rete di emergenza sono effettuate nel piano sanitario regionale, che individua altresì i presidi ospedalieri facenti parte della rete di emergenza sede di servizio di urgenza di 1° livello, nonché gli ospedali di comunità con servizio di urgenza.


(a)  Si riporta l'art. 10 della legge regionale 6 aprile 1996, n. 25:
«Art. 10
Modifica all'art. 36 della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30

1.  Con l'entrata in vigore della presente legge, a parziale modifica dell'art. 36, comma 3, della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30 e considerati ad esaurimento eventuali assetti diversi, a garanzia della unitarietà dell'intervento cardiologico le unità di terapia intensiva non possono essere operativamente separate dalle corrispondenti divisioni di cardiologia».
(b)  Si riportano i primi due commi dell'art. 39 della legge regionale 7 agosto 1997, n. 30:
«Art. 39
Rete per l'emergenza

1. Fino al 31 dicembre 2000 la gestione dei servizi previsti dall'art. 36, comma 2, lett. b) della legge regionale 30 novembre 1993, n. 30 è attivata prioritariamente mediante la stipula di apposita convenzione con enti pubblici e, in particolare fra questi, con quelli di cui all'art. 1 del D.P.R. 31 luglio 1980, n. 613, così come modificato dall'art. 7 della legge 20 novembre 1995, n. 490.
2.  La convenzione di cui al comma 1, da sottoporre al parere della competente commissione legislativa dell'Assemblea regionale siciliana, potrà prevedere la piena utilizzazione delle risorse indicate al comma 1 dell'art. 54 della legge regionale 18 maggio 1996, n. 33, per le finalità ivi previste».

TITOLO V
ISTITUTO ZOOPROFILATTICO SPERIMENTALE DELLA SICILIA. FUNZIONI IN MATERIA DI IGIENE VETERINARIA E MEDICINA DEL LAVORO


Art. 37
Istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia

1.  Nel territorio della Regione siciliana si applicano nei confronti dell'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia, con sede in Palermo, le disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 270 (a) con le modifiche ed integrazioni di cui ai seguenti commi.
2.  Giusta le disposizioni di cui all'art. 3 del decreto legislativo n. 270 del 1993 (b) sono organi dell'istituto:
a)  il consiglio di amministrazione;
b)  il direttore generale;
c)  il collegio dei revisori.
3.  Il consiglio di amministrazione dell'Istituto sperimentale zooprofilattico della Sicilia è costituito da cinque membri di cui uno nominato dal ministro della sanità e quattro dalla Regione, con decreto del Presidente della Regione, su proposta dell'Assessore regionale per la sanità, previa delibera della Giunta regionale e sentito il parere della commissione legislativa "Servizi sociali e sanitari" dell'Assemblea regionale siciliana. Il consiglio di amministrazione dura in carica cinque anni.
4.  I componenti del consiglio di amministrazione sono scelti tra esperti del settore, anche in materia di organizzazione e programmazione sanitaria. Per le incompatibilità valgono quelle fissate dall'art. 3, comma 9, del decreto legislativo n. 502 del 1992 (c) per la figura del direttore generale.
5.  Il consiglio di amministrazione delibera:
a)  lo statuto;
b)  il programma annuale;
c)  i bilanci preventivi e consuntivi e le relative variazioni;
d)  il regolamento organico, lo stato giuridico ed il trattamento economico del personale;
e)  gli indirizzi e le direttive per il funzionamento dell'Istituto;
f)  gli acquisti e le vendite di immobili, la costituzione di diritti reali.
6.  A maggioranza assoluta dei componenti il consiglio di amministrazione sceglie tra i propri membri un componente che svolgerà le funzioni di presidente. Le funzioni di segretario saranno svolte dal direttore amministrativo dell'ente o da altro funzionario designato dal direttore generale.
7.  In caso di dimissioni, morte o impedimento permanente di un componente si provvede alla sostituzione entro trenta giorni con le modalità fissate nel comma 3.
8.  Il consiglio di amministrazione si riunisce su convocazione del presidente, anche su richiesta di almeno un terzo dei componenti o del direttore generale e deve essere convocato almeno cinque volte l'anno.
9.  Le riunioni del consiglio di amministrazione sono valide con la presenza della metà più uno dei componenti. Per i provvedimenti relativi alla revisione dello statuto ed all'approvazione del regolamento per l'ordinamento interno dei servizi dell'istituto e delle relative dotazioni organiche, è necessario il voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti del consiglio di amministrazione. Negli altri casi è necessario il voto favorevole della maggioranza dei componenti presenti alla seduta.
10.  Il direttore generale dell'Istituto zooprofilattico sperimentale è nominato con decreto del Presidente della Regione, con l'osservanza delle procedure fissate dall'art. 3, comma 3, del decreto legislativo n. 270 del 1993, tra gli iscritti nell'elenco di cui all'art. 3, comma 10, del decreto legislativo n. 502 del 1992 (c), preferibilmente in possesso di laurea in medicina veterinaria.
11.  Il direttore generale nomina un direttore amministrativo e un direttore sanitario veterinario.
12.  Si applicano al direttore generale, al direttore amministrativo e al direttore sanitario veterinario, in quanto compatibili, le norme previste dal decreto legislativo n. 502 del 1992 in merito ai direttori generali, ai direttori amministrativi e ai direttori sanitari delle unità sanitarie locali. Il direttore generale partecipa alle sedute del consiglio di amministrazione.
13.  Il collegio dei revisori dell'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia è costituito da tre membri: uno designato dall'Assessore regionale per la sanità e scelto tra i revisori contabili iscritti nel registro previsto dall'art. 1 del decreto legislativo n. 88 del 1992 (d), uno designato dal ministro della sanità e uno designato dal ministro del tesoro.
14.  Il collegio dei revisori è nominato dal direttore generale entro dieci giorni dalla acquisizione delle designazioni e convocato dallo stesso in prima seduta. Il collegio dei revisori elegge nel suo seno il presidente.
15.  Sui risultati e l'attività di vigilanza il collegio dei revisori riferisce, oltre che al consiglio di amministrazione e al direttore generale, all'Assessorato regionale della sanità, redigendo a tale scopo a cadenza semestrale apposita relazione.
16.  Presso l'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia è istituito il consiglio dei sanitari che rende:
a)  parere obbligatorio al direttore generale per le attività tecnico-sanitarie, anche sotto il profilo organizzativo, e per gli investimenti ad esse attinenti;
b)  pareri sulla programmazione degli interventi tecnici.
Il parere è da ritenersi reso favorevolmente ove non sia stato espresso entro dieci giorni dalla richiesta.
17.  Il consiglio dei sanitari è così composto:
a)  il direttore sanitario con funzioni di presidente;
b)  due dirigenti delle sezioni zooprofilattiche provinciali;
c)  due medici veterinari e due laureati non veterinari, eletti tra il personale laureato in servizio presso l'istituto;
d)  tre unità di personale tecnico non laureato, elette tra il personale di pari qualifica in servizio.
18.  Si applicano all'Istituto sperimentale zooprofilattico della Sicilia in quanto compatibili le norme di cui agli artt. 3, 4, 5, 11, 12 e 53.


(a)  Il decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 270, reca: «Riordinamento degli istituti zooprofilattici sperimentali, a norma dell'art. 1, comma 1, lett. h), della legge 23 ottobre 1992, n. 421.»
(b)  L'art. 3 del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 270, è il seguente:
«Art. 3
Organizzazione

1.  Sono organi degli istituti:
a)  il consiglio di amministrazione;
b)  il direttore generale;
c)  il collegio dei revisori.
2.  Il consiglio di amministrazione è composto da cinque membri, di cui uno nominato dal ministro della sanità e quattro dalle regioni e dalle province autonome territorialmente competenti. Per gli istituti interregionali, il consiglio di amministrazione è designato dalla regione dove l'istituto ha sede legale, di concerto con le altre regioni o province autonome interessate. I membri del consiglio sono scelti tra esperti, anche di organizzazione e programmazione, in materia di sanità. Il consiglio di amministrazione ha compiti di indirizzo, coordinamento e verifica delle attività dell'istituto.
3.  Il direttore generale ha la rappresentanza legale dell'istituto, lo gestisce e ne dirige l'attività scientifica. Il direttore generale è nominato dalla regione dove l'istituto ha sede legale, d'intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni, le province autonome, previo avviso da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, tra gli iscritti nell'elenco nazionale istituito presso il Ministero della sanità di cui all'art. 3, comma 10, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, appositamente integrato. Nel caso di istituti interregionali, il direttore è nominato di concerto tra le regioni interessate; in mancanza, su richiesta delle regioni ove l'istituto ha sede legale, provvede il Ministro della sanità. Il direttore generale è coadiuvato da un direttore amministrativo e da un direttore sanitario veterinario.
4.  Il collegio dei revisori dura in carica cinque anni ed è composto da tre membri, di cui uno designato dalla regione dove l'istituto ha sede legale e scelto tra i revisori contabili iscritti nel registro previsto dall'art. 1 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 88, uno designato dal ministro della sanità e uno designato dal ministro del tesoro.
5. Agli organi di cui al comma 1, lett. b) e c), si applicano le norme di cui all'art. 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, salvo quanto previsto dal comma 4.
6.  Le regioni adottano le restanti norme organizzative».
(c)  Per il nono e decimo comma dell'art. 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si veda la nota (a) all'art. 7.
(d)  Per l'art. 1 del decreto legislativo n. 88 del 1992, si veda la nota (c) all'art. 10.

Art. 38
Funzioni in materia di igiene e sanità pubblica veterinaria (a)

1.  Le funzioni in materia di igiene e sanità pubblica veterinaria, non riservate allo Stato e alla Regione dalla vigente legislazione, ivi comprese le funzioni già demandate agli uffici del veterinario provinciale, del veterinario comunale e del veterinario consortile, sono trasferite alle unità sanitarie locali a norma della presente legge, ferme restando le attribuzioni del sindaco quale autorità sanitaria locale. Con decreto dell'Assessore regionale per la sanità saranno emanate le direttive per l'applicazione del presente articolo (b).
2.  L'organo di gestione di ciascuna unità sanitaria locale approva, sulla base di uno schema predisposto dall'Assessorato regionale della sanità, il regolamento di veterinaria ai sensi dell'art. 31 del decreto del Presidente della Repubblica 10 giugno 1955, n. 854 e successive modificazioni e integrazioni (c).
3.  Il veterinario provinciale, il veterinario comunale o il veterinario consortile, nella qualità di presidente o componente di commissioni operanti nell'ambito della pubblica amministrazione, per materie non attribuite al servizio veterinario regionale, sono sostituiti dal responsabile del settore veterinario dell'unità sanitaria locale competente per territorio o da altro funzionario veterinario dallo stesso delegato.
4.  Fino al riordinamento degli uffici periferici dell'Assessorato regionale della sanità e al riassetto delle relative funzioni dirigenziali, i provvedimenti di competenza regionale in campo sanitario di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689, ed in particolare quelli di cui all'art. 18 della stessa legge (d), sono adottati dal sindaco competente per territorio che provvederà a versare le relative somme alla Regione.


(a)  Si riporta il testo dell'art. 18 della legge regionale 20 agosto 1994, n. 33:
«Art. 18
Competenza dell'Assessore regionale per la sanità e delle unità sanitarie locali in materia di igiene e sanità pubblica e igiene e sanità pubblica veterinaria

1.  Fermo restando quant'altro previsto dagli artt. 38 e 40 della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30, in materia di igiene e sanità pubblica e igiene e sanità pubblica veterinaria, è riservato alla competenza dell'Assessore regionale per la sanità il rilascio delle autorizzazioni all'apertura e all'esercizio di:
a)  case di cura private;
b)  istituti medici, reparti ed ambulatori di cui all'art. 96 del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 1964, n. 185;
c)  centri di raccolta sangue e centri trasfusionali;
d)  impianti di macellazione pubblici e privati non riservati alla competenza del Ministero della sanità.
2.  Sono delegate alle unità sanitarie locali:
a)  le funzioni delegate dallo Stato alle regioni ai sensi dell'art. 7 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, incluse quelle relative all'approvvigionamento dei prodotti biologici e medicamentosi, di sieri e vaccini allergeni destinati alla profilassi delle malattie infettive e diffusive sia dell'uomo che degli animali;
b)  le funzioni in materia di laboratori di analisi cliniche per uso diagnostico e centri prelievi nonché quelle di cui agli artt. 194, 195, 196, 197 e 198 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modifiche;
c)  le funzioni in materia di igiene degli alimenti e delle bevande, compresi i poteri autorizzativi, demandati alla competenza regionale dal decreto del Presidente della Repubblica 26 marzo 1980, n. 327;
d)  autorizzazione ai privati dei servizi di trasporto infermi ed infortunati a mezzo di autoambulanze.
Le unità sanitarie locali trasmettono all'Assessorato regionale della sanità: una relazione annuale sull'andamento delle funzioni delegate; copia degli atti definitivi emanati nell'esercizio delle funzioni delegate; ogni informazione richiesta per l'esercizio delle funzioni di indirizzo, coordinamento e controllo.
3.  Le aziende unità sanitarie locali provvedono altresì:
a)  all'erogazione delle provvidenze in favore degli hanseniani e loro familiari ai sensi della legge regionale 12 agosto 1980, n. 89, e successive modifiche ed integrazioni;
b)  all'erogazione delle indennità in favore dei cittadini affetti da forme gravi di talassemia di cui alla legge regionale 1 agosto 1990, n. 20, e successive modifiche ed integrazioni;
c)  alle funzioni in materia di farmacie e servizio farmaceutico di cui al testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modifiche ed integrazioni, alla legge 2 aprile 1968, n 475, e successive modifiche ed integrazioni, alla legge 8 marzo 1968, n. 221, e successive modifiche ed integrazioni, nonché quelle di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 362, ferme restando le funzioni espressamente attribuite nella materia alla Regione, in particolare dalla medesima legge n. 362 del 1991 per quanto concerne le piante organiche delle farmacie e relative procedure concorsuali, nonché i dispensari farmaceutici.
4.  Le funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, farmaceutica e igiene e sanità pubblica veterinaria trasferite dagli uffici dei medici e veterinari provinciali alle unità sanitarie locali sono svolte, fino alla entrata in funzione delle aziende unità sanitarie locali, dalle attuali unità sanitarie locali aventi sede nei comuni capoluogo con competenza estesa all'intero territorio provinciale. Per le province di Palermo, Catania e Messina, tali funzioni sono attribuite rispettivamente: alle unità sanitarie locali n. 61, n. 36 e n. 41, per l'igiene e sanità pubblica; alle unità sanitarie locali n. 58, n. 35 e n. 41 per la farmaceutica; alle unità sanitarie locali n. 62, n. 35 e n. 41 per l'igiene e la sanità pubblica veterinaria.
5.  Con decreto dell'Assessore regionale per la sanità, da adottare entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, saranno emanate le direttive per l'attuazione del presente articolo. Con lo stesso provvedimento l'Assessore regionale per la sanità stabilisce le modalità per il trasferimento presso le unità sanitarie locali di tutti gli atti di competenza dei soppressi uffici dei medici e dei veterinari provinciali, nonché dei relativi archivi storici.
6.  Le ispezioni ordinarie e straordinarie di cui all'art. 127 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modifiche, sono svolte da una commissione nominata dal direttore generale della unità sanitaria locale così composta:
a)  il responsabile del settore farmaceutico o un dirigente farmacista suo delegato;
b)  un dirigente farmacista di primo livello in servizio presso la unità sanitaria locale;
c)  un funzionario amministrativo appartenente alla carriera direttiva con funzioni di segretario;
d)  il presidente dell'ordine dei farmacisti o suo delegato scelto tra i titolari o direttori di farmacia.
7.  La commissione di cui al comma 6 è integrata dal responsabile del settore di igiene e sanità pubblica o da un dirigente medico suo delegato quando l'accesso ispettivo coinvolge interventi di vigilanza per fini igienico-sanitari. La commissione opererà con criteri e modalità organizzativi fissati dal piano sanitario regionale.
8.  Al comma 2 ed al comma 4 dell'art. 40 della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30, dopo le parole «sanità pubblica» sono aggiunte le parole "igiene e sanità pubblica veterinaria e polizia veterinaria".
9.  Al comma 8 dell'art. 40 della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30, dopo le parole "ufficiali sanitari" sono aggiunte le parole "dei veterinari provinciali e dei veterinari comunali"».
(b)  Si veda il decreto dell'Assessore regionale per la sanità 18 novembre 1994: «Disciplina delle competenze e delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, di farmacie, ivi comprese quelle già esercitate dai medici provinciali e dagli ufficiali sanitari, nonché quelle in materia di igiene e sanità pubblica veterinaria, ivi comprese quelle già esercitate dai veterinari provinciali e dai veterinari comunali.», come modificato ed integrato dal decreto dello stesso Assessore regionale 5 settembre 1997.
(c)  L'art. 31 del decreto del Presidente della Repubblica 10 giugno 1955, n. 854 (decentramento dei servizi dell'alto commissariato per l'igiene e la sanità pubblica) ha sostituito l'art. 346 del T.U delle leggi sanitarie, approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265.
(d)  L'art. 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), è il seguente:
«Art. 18
Ordinanza-ingiunzione

Entro il termine di trenta giorni dalla data della contestazione o notificazione della violazione gli interessati possono far pervenite all'autorità competente a ricevere il rapporto a norma dell'art. 17 scritti difensivi e documenti e possono chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità.
L'autorità competente, sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, se ritiene fondato l'accertamento, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all'autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente; altrimenti emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti comunicandola integralmente all'organo che ha redatto il rapporto.
Con l'ordinanza-ingiunzione deve essere disposta la restituzione, previo pagamento delle spese di custodia, delle cose sequestrate, che non siano confiscate con lo stesso provvedimento. La restituzione delle cose sequestrate è altresì disposta con l'ordinanza di archiviazione, quando non ne sia obbligatoria la confisca.
Il pagamento è effettuato all'ufficio del registro o al diverso ufficio indicato nella ordinanza-ingiunzione, entro il termine di trenta giorni dalla notificazione di detto provvedimento eseguita nelle forme previste dall'art. 14; del pagamento è data comunicazione, entro il trentesimo giorno, a cura dell'ufficio che lo ha ricevuto, all'autorità che ha emesso l'ordinanza.
Il termine per il pagamento è di sessanta giorni se l'interessato risiede all'estero.
L'ordinanza-ingiunzione costituisce titolo esecutivo. Tuttavia l'ordinanza che dispone la confisca diventa esecutiva dopo il decorso del termine per proporre opposizione, o, nel caso in cui l'opposizione è proposta, con il passaggio in giudicato della sentenza con la quale si rigetta l'opposizione, o quando l'ordinanza con la quale viene dichiarata inammissibile l'opposizione o convalidato il provvedimento opposto diviene inoppugnabile o è dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la stessa».

Art. 39
Controllo della produzione del latte

1.  Il controllo della produzione di latte bovino ed ovi-caprino, destinato all'alimentazione umana ed alla trasformazione, secondo la vigente normativa in materia, ed il controllo di detta produzione, previsto dagli accordi interprofessionali per il pagamento del latte a qualità, sono affidati all'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia, fatte salve le competenze in materia di servizi veterinari delle unità sanitarie locali.
2.  Per il raggiungimento delle finalità di cui al comma 1, anche ai fini dello sviluppo delle conoscenze nello specifico campo, l'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia potrà stipulare convenzioni con istituti universitari o enti pubblici purché non determinino aggravio di spesa a carico del bilancio regionale. Per la fornitura delle prestazioni concernenti i controlli del latte a qualità l'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia potrà stipulare apposite convenzioni con enti, associazioni e cooperative di produttori.
3.  L'Istituto zooprofilattico sperimentale della Sicilia attiverà in forma decentrata, nelle sue sedi periferiche dove maggiore è l'incidenza del patrimonio zootecnico, appositi servizi finalizzati alla esecuzione degli accertamenti di cui al comma 1.

Art. 40
Funzioni in materia di igiene e sanità pubblica

1.  Le funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, non espressamente riservate allo Stato ed alla Regione, ivi comprese quelle demandate agli uffici del medico provinciale o dell'ufficiale sanitario, nonché quelle di cui all'art. 7 della legge n. 833 del 1978 (a), sono attribuite alle unità sanitarie locali, ferme restando le attribuzioni di ciascun sindaco quale autorità sanitaria locale.
2.  L'Assessore regionale per la sanità emana ordinanze di carattere contingibile ed urgente, dandone immediata comunicazione al Presidente della Regione, in materia di igiene e sanità pubblica, igiene e sanità pubblica veterinaria e polizia veterinaria (b), con efficacia estesa al territorio dell'intera regione o al territorio di più comuni. L'esecuzione delle predette ordinanze è demandata ai sindaci dei comuni interessati. Qualora non venga data esecuzione a detti provvedimenti nei termini previsti, l'Assessore regionale per la sanità provvede direttamente attraverso la nomina di un commissario ad acta.
3.  Sono attribuite nel settore dell'igiene e sanità pubblica all'Assessorato regionale della sanità le funzioni di coordinamento, indirizzo e programmazione, nonché ogni competenza attribuita alla Regione in materia dalle leggi vigenti.
4.  In materia di igiene e sanità pubblica, igiene e sanità pubblica veterinaria e polizia veterinaria (b) spetta al sindaco l'emanazione delle ordinanze di carattere contingibile e urgente con efficacia estesa al territorio comunale, a norma dell'art. 32 della legge n. 833 del 1978 (c) nonché l'emanazione di provvedimenti, ivi compresi quelli già demandati ai medici provinciali e agli ufficiali sanitari, che comportano l'uso dei poteri autorizzativi, prescrittivi e di concessione, che non siano conseguenti a mera ricognizione di presupposti fissati da legge o da regolamento. Per lo svolgimento delle attività istruttorie inerenti all'esercizio delle funzioni di cui al presente articolo, i sindaci si avvalgono dei presidi e settori della competente unità sanitaria locale e, prioritariamente, del personale di cui all'art. 5 del decreto legge 29 dicembre 1990, n. 415 (d), convertito dalla legge 26 febbraio 1991, n. 58. Tutti i provvedimenti per i quali non sia prevista per legge la specifica competenza del sindaco, sono adottati dall'unità sanitaria locale.
5.  L'organo di gestione di ciascuna unità sanitaria locale, in base ad uno schema predisposto, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, dall'Assessorato regionale della sanità, di concerto con l'Assessorato regionale del territorio, approva il regolamento di igiene secondo le esigenze locali, previo parere dei comuni interessati che si intende espresso favorevolmente se non reso entro sessanta giorni dalla richiesta.
6.  Spettano alle aziende unità sanitarie locali tutte le attività in materia di igiene e sanità di cui al comma 1 e di vigilanza sulle farmacie, ivi comprese quelle già di competenza dei medici provinciali e degli ufficiali sanitari, nonché le attività istruttorie, di vigilanza e controllo in relazione alle attribuzioni del sindaco previste dal comma 4.
7. L'organo di gestione dell'unita sanitaria locale, nel rispetto delle norme del decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761 (e), fatto salvo quanto previsto dall'art. 21 della legge n. 833 del 1978 (f), individua il personale dell'unità sanitaria locale in servizio presso il settore igiene, sanità pubblica, assistenza sanitaria collettiva in ambienti di vita e di lavoro e presso il settore sanità pubblica veterinaria, per lo svolgimento delle attività ispettive di vigilanza e di controllo in materia di igiene e sanità.
8.  Il personale di cui al comma 7 nell'esercizio delle funzioni già di competenza dei medici provinciali, degli ufficiali sanitari, dei veterinari provinciali e dei veterinari comunali (g) e dei vigili sanitari, provinciali e comunali, nei limiti del servizio cui è destinato e secondo le attribuzioni ad esso conferite, svolge le funzioni di ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ai sensi dell'art. 57 del codice di procedura penale (h).
9.  Con decreto dell'Assessore regionale per la sanità, che sarà adottato entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, saranno emanate le direttive per l'applicazione del presente articolo (i).
10.  Nelle commissioni, nei collegi e nei comitati previsti dalla vigente legislazione, i medici provinciali e gli ufficiali sanitari sono sostituiti dal responsabile del settore sanitario competente per materia dell'unità sanitaria locale territorialmente competente o per sua delega da altro medico del settore.


(a)  L'art. 7 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, è il seguente:
«Art. 7
Funzioni delegate alle regioni

E' delegato alle regioni l'esercizio delle funzioni amministrative concernenti:
a)  la profilassi delle malattie infettive e diffusive di cui al precedente art. 6, lett. b);
b)  l'attuazione degli adempimenti disposti dall'autorità sanitaria statale ai sensi della lett. u) del precedente art. 6;
c)  i controlli della produzione, detenzione, commercio e impiego dei gas tossici e delle altre sostanze pericolose;
d)  il controllo dell'idoneità dei locali ed attrezzature per il commercio e il deposito delle sostanze radioattive naturali ed artificiali e di apparecchi generatori di radiazioni ionizzanti; il controllo sulla radioattività ambientale;
e)  i controlli sulla produzione e sul commercio dei prodotti dietetici, degli alimenti per la prima infanzia e la cosmesi.
Le regioni provvedono all'approvvigionamento di sieri e vaccini necessari per le vaccinazioni obbligatorie in base ad un programma concordato con il Ministero della sanità.
Il Ministero della sanità provvede, se necessario, alla costituzione ed alla conservazione di scorte di sieri, di vaccini, di presidi profilattici e di medicinali di uso non ricorrente, da destinare alle regioni per esigenze particolari di profilassi e cura delle malattie infettive, diffusive e parassitarie.
Le regioni esercitano le funzioni delegate di cui al presente articolo mediante sub-delega ai comuni.
In relazione alle funzioni esercitate dagli uffici di sanità marittima, aerea e di frontiera e dagli uffici veterinari di confine, di porto e di aeroporto, il Governo è delegato ad emanare, entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti per ristrutturare e potenziare i relativi uffici nel rispetto dei seguenti criteri:
a)  si procederà ad una nuova distribuzione degli uffici nel territorio, anche attraverso la costituzione di nuovi uffici, in modo da attuare il più efficiente ed ampio decentramento delle funzioni;
b)  in conseguenza, saranno rideterminate le dotazioni organiche dei posti previsti dalla tabella XIX, quadri B, C e D, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, nonché le dotazioni organiche dei ruoli delle carriere direttive, di concetto, esecutive, ausiliarie e degli operatori, prevedendo, per la copertura dei posti vacanti, concorsi a base regionale.
L'esercizio della delega alle regioni, per le funzioni indicate nel quarto comma, in deroga all'art. 34 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, si attua a partire dal 1° gennaio 1981».
(b)  Parole aggiunte dall'art. 18, ottavo comma, della legge regionale 20 agosto 1994, n. 33.
(c)  L'art. 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, è il seguente:
«Art. 32
Funzioni di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria

Il Ministro della sanità può emettere ordinanze di carattere contingibile e urgente, in materia di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria, con efficacia estesa all'intero territorio nazionale o a parte di esso comprendente più regioni.
La legge regionale stabilisce norme per l'esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, di vigilanza sulle farmacie e di polizia veterinaria, ivi comprese quelle già esercitate dagli uffici del medico provinciale e del veterinario provinciale e dagli ufficiali sanitari e veterinari comunali o consortili, e disciplina il trasferimento dei beni e del personale relativi.
Nelle medesime materie sono emesse dal presidente della giunta regionale e dal sindaco ordinanze di carattere contingibile ed urgente, con efficacia estesa rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente più comuni e al territorio comunale.
Sono fatte salve in materia di ordinanze, di accertamenti preventivi, di istruttoria o di esecuzione dei relativi provvedimenti le attività di istituto delle forze armate che, nel quadro delle suddette misure sanitarie, ricadono sotto la responsabilità delle competenti autorità.
Sono altresì fatti salvi i poteri degli organi dello Stato preposti in base alle leggi vigenti alla tutela dell'ordine pubblico».
(d)  L'art. 5 del decreto legge 29 dicembre 1990, n. 415, come convertito dalla legge 26 febbraio 1991, n. 58, è il seguente:
«Art. 5

I rapporti di lavoro dei medici inquadrati ai sensi dell'art. 110 del decreto del Presidente della Repubblica 20 maggio 1987, n. 270, e del decreto del ministro della sanità 18 novembre 1987, n. 503, in essere alla data del 30 dicembre 1990, sono confermati ad esaurimento».
(e)  Il decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, reca: «Stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali».
(f)  L'art. 21 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, è il seguente:
«Art. 21
Organizzazione dei servizi di prevenzione

In relazione agli standards fissati in sede nazionale, all'unità sanitaria locale sono attribuiti, con decorrenza 1° gennaio 1980, i compiti attualmente svolti dall'Ispettorato del lavoro in materia di prevenzione, di igiene e di controllo sullo stato di salute dei lavoratori, in applicazione di quanto disposto dall'art. 27, D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
Per la tutela della salute dei lavoratori le unità sanitarie locali organizzano propri servizi di medicina del lavoro anche prevedendo, ove essi non esistano, presidi all'interno delle unità produttive.
In applicazione di quanto disposto nell'ultimo comma dell'art. 27, D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, spetta al prefetto stabilire su proposta del Presidente della Regione, quali addetti ai servizi di ciascuna unità sanitaria locale, nonché ai presidi e servizi di cui al successivo art. 22 assumano ai sensi delle leggi vigenti la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, in relazione alle funzioni ispettive e di controllo da essi esercitate relativamente all'applicazione della legislazione sulla sicurezza del lavoro.
Al personale di cui al comma precedente è esteso il potere di accesso attribuito agli ispettori del lavoro dall'art. 8, secondo comma, nonché la facoltà di diffida prevista dall'art. 9, D.P.R. 19 marzo 1955, n. 520.
Contro i provvedimenti adottati dal personale ispettivo, nell'esercizio delle funzioni di cui al terzo comma, è ammesso ricorso al presidente della giunta regionale, che decide, sentite le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro.
Il presidente della giunta può sospendere l'esecuzione dell'atto impugnato».
(g)  Parole aggiunte dall'art. 18, nono comma, della legge regionale 20 agosto 1994, n. 33.
(h)  L'art. 57 del Codice di procedura penale è il seguente:
«Art. 57
Ufficiali e agenti di polizia giudiziaria

1.  Salve le disposizioni delle leggi speciali, sono ufficiali di polizia giudiziaria:
a)  i dirigenti, i commissari, gli ispettori, i sovrintendenti e gli altri appartenenti alla Polizia di Stato ai quali l'ordinamento dell'amministrazione della pubblica sicurezza riconosce tale qualità;
b)  gli ufficiali superiori e inferiori e i sottufficiali dei carabinieri, della guardia di finanza, degli agenti di custodia e del corpo forestale dello Stato nonché gli altri appartenenti alle predette forze di polizia ai quali l'ordinamento delle rispettive amministrazioni riconosce tale qualità;
c)  il sindaco dei comuni ove non abbia sede un ufficio della polizia di Stato ovvero un comando dell'arma dei carabinieri o della guardia di finanza.
2.  Sono agenti di polizia giudiziaria:
a)  il personale della polizia di Stato al quale l'ordinamento dell'amministrazione della pubblica sicurezza riconosce tale qualità;
b)  i carabinieri, le guardie di finanza, gli agenti di custodia, le guardie forestali e, nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza, le guardie delle province e dei comuni quando sono in servizio.
3.  Sono altresì ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, nei limiti del servizio cui sono destinate e secondo le rispettive attribuzioni, le persone alle quali le leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni previste dall'art. 55».
(i)  Si veda la nota (a) all'art. 38.

Art. 41
Riordino dei servizi di prevenzione

1.  Con successiva legge si provvederà al riordino dei servizi di prevenzione e alla istituzione dell'azienda regionale di prevenzione.
2.  Fino all'approvazione della legge di cui al comma 1, i laboratori provinciali di igiene e profilassi continuano a fare parte delle unità sanitarie locali territorialmente competenti e mantengono le funzioni attualmente esercitate e il relativo personale, compreso quello di vigilanza.

Art. 42
Tutela della salute nei luoghi di lavoro

1.  Sono attribuite all'Assessorato regionale della sanità le funzioni di indirizzo e coordinamento delle attività di prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro svolte dai servizi territoriali delle unità sanitarie locali.
2.  L'unità sanitaria locale svolge le attività di prevenzione e tutela della salute nei luoghi di lavoro previste dagli artt. 20 e 21 della legge n. 833 del 1978 (a). In particolare competono alla unità sanitaria locale:
a)  l'individuazione dei fattori di nocività, di pericolosità e di deterioramento degli ambienti di lavoro;
b)  la comunicazione dei dati accertati e la loro diffusione nei luoghi di lavoro e di residenza dei lavoratori;
c)  la prescrizione delle misure conseguenti alle attività ispettive di competenza dell'unità sanitaria locale ai sensi dell'art. 21 della legge n. 833 del 1978;
d)  le indicazioni delle misure idonee all'eliminazione dei fattori di rischio ed al risanamento dell'ambiente di lavoro;
e)  la formazione di mappe di rischio con l'obbligo delle aziende di comunicare le sostanze presenti nel ciclo produttivo e le loro caratteristiche tossicologiche;
f)  gli accertamenti sanitari sui lavoratori, dipendenti e autonomi, esposti ai fattori di rischio;
g)  i pareri sui nuovi insediamenti produttivi e le altre attività autorizzative previste dalle norme vigenti;
h)  la formazione, informazione ed educazione alla salute ed alla sicurezza sul lavoro.
3.  L'unità sanitaria locale esercita le attività di cui al comma 2 attraverso apposito servizio di medicina del lavoro facente parte del settore igiene, sanità pubblica, assistenza sanitaria collettiva in ambienti di vita e di lavoro. Il servizio di medicina del lavoro è articolato a livello distrettuale solo funzionalmente. Il piano sanitario regionale individua le modalità organizzative e l'utilizzo del personale ai vari livelli territoriali di cui all'art. 6.


(a)  Per l'art. 21 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, si veda la nota (f) all'art. 40.
L'art. 20 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, è il seguente:
«Art. 20
Attività di prevenzione

Le attività di prevenzione comprendono:
a)  la individuazione, l'accertamento ed il controllo dei fattori di nocività, di pericolosità e di deterioramento negli ambienti di lavoro, in applicazione delle norme di legge vigenti in materia e al fine di garantire il rispetto dei limiti massimi inderogabili di cui all'ultimo comma dell'art. 4, nonché al fine della tenuta dei registri di cui al penultimo comma dell'art. 27; i predetti compiti sono realizzati anche mediante collaudi e verifiche di macchine, impianti e mezzi di protezione prodotti, installati o utilizzati nel territorio dell'unità sanitaria locale in attuazione delle funzioni definite dall'art. 14;
b)  la comunicazione dei dati accertati e la diffusione della loro conoscenza, anche a livello di luogo di lavoro e di ambiente di residenza, sia direttamente che tramite gli organi del decentramento comunale, ai fini anche di una corretta gestione degli strumenti informativi di cui al successivo art. 27, e le rappresentanze sindacali;
c)  l'indicazione delle misure idonee all'eliminazione dei fattori di rischio ed al risanamento di ambienti di lavoro, in applicazione delle norme di legge vigenti in materia, e l'esercizio delle attività delegate ai sensi del primo comma, lett. a), b), c), d) ed e) dell'art. 7;
d)  la formulazione di mappe di rischio con l'obbligo per le aziende di comunicare le sostanze presenti nel ciclo produttivo e le loro caratteristiche tossicologiche ed i possibili effetti sull'uomo e sull'ambiente;
e)  la profilassi degli eventi morbosi, attraverso l'adozione delle misure idonee a prevenirne l'insorgenza;
f)  la verifica, secondo le modalità previste dalle leggi e dai regolamenti, della compatibilità dei piani urbanistici e dei progetti di insediamenti industriali e di attività produttive in genere con le esigenze di tutela dell'ambiente sotto il profilo igienico-sanitario e di difesa della salute della popolazione e dei lavoratori interessati.
Nell'esercizio delle funzioni ad esse attribuite per l'attività di prevenzione le unità sanitarie locali, garantendo per quanto alla lett. d) del precedente comma la tutela del segreto industriale, si avvalgono degli operatori sia dei propri servizi di igiene sia dei presidi specialistici multizonali di cui al successivo art. 22, sia degli operatori che, nell'ambito delle loro competenze tecniche e funzionali, erogano le prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione.
Gli interventi di prevenzione all'interno degli ambienti di lavoro, concernenti la ricerca, l'elaborazione e l'attuazione di misure necessarie ed idonee a tutelare la salute e l'integrità fisica dei lavoratori, connesse alla particolarità del lavoro e non previste da specifiche norme di legge, sono effettuati sulla base di esigenze verificate congiuntamente con le rappresentanze sindacali ed il datore di lavoro, secondo le modalità previste dai contratti o accordi collettivi applicati nell'unità produttiva».

TITOLO VI
FUNZIONI DELL'ASSESSORATO REGIONALE DELLA SANITA'


Art. 43
Asili nido

1.  A decorrere dal 1° gennaio 1994 le attribuzioni regionali in materia di asili nido sono esercitate, ai sensi della legge regionale 9 maggio 1986, n 22 (a), dall'Assessorato regionale degli enti locali.


(a)  La legge regionale 9 maggio 1986, n. 22, reca: «Riordino dei servizi e delle attività socio-assistenziali in Sicilia».

Art. 44
Medicina fiscale

1.  Le funzioni di medicina fiscale e legale effettuate dall'Ispettorato regionale sanitario nei confronti del personale dipendente della Regione sono trasferite alle unità sanitarie locali competenti per territorio.

Art. 45
Commissione medica regionale

1.  Nella commissione di cui all'art. 14 ter della legge regionale 3 giugno 1975, n. 27 (a), inserito dall'art. 2 della legge regionale 23 luglio 1977, n. 66, l'ispettore regionale sanitario può essere sostituito da un ispettore sanitario superiore del ruolo tecnico della sanità a tal fine designato dall'Assessore regionale per la sanità.


(a)  Si riportano i commi da 2 a 4 dell'art. 14 ter della legge regionale 3 giugno 1975, n. 27:
Art. 14 ter
(omissis)

«Le richieste di ricovero, appena pervenute, vengono sottoposte immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dalla data di presentazione all'esame di una commissione costituita con decreto dell'Assessore regionale per la sanità, da emanarsi sentito il parere della competente commissione legislativa dell'Assemblea regionale siciliana.
La commissione di cui al comma precedente, costituita annualmente, è composta dall'ispettore regionale sanitario, che la presiede, da un primario ospedaliero e da un docente universitario di disciplina medica e chirurgica, residenti nel capoluogo della Regione.
Detta commissione, ove lo ritenga necessario, si avvale di specialisti e può fare eseguire gli accertamenti diagnostici ricorrendo in via principale agli enti ospedalieri della Regione.
(omissis)»


Art. 46
Direzione dell'osservatorio epidemiologico

1.  E' istituita la direzione regionale dell'osservatorio epidemiologico, della prevenzione e della formazione permanente. Il direttore è equiparato a direttore regionale del ruolo amministrativo ed è nominato con decreto del Presidente della Regione, previa delibera della Giunta regionale, tra gli ispettori sanitari superiori con almeno cinque anni di servizio nella qualifica.

Art. 47
Borse di studio (a)

1.  In attesa del riordino dei ruoli tecnici dell'Assessorato regionale della sanità, allo scopo di assicurarne la funzionalità sotto il profilo tecnico, le borse e gli assegni di studio usufruiti alla data del 31 agosto 1993 presso l'osservatorio epidemiologico regionale e il centro di documentazione per l'educazione sanitaria dell'Assessorato regionale della sanità sono prorogati per due anni.


(a)  Si riporta l'art. 7 della legge regionale 21 aprile 1995, n. 38:
«Art. 7
Proroga borse di studio Osservatorio epidemiologico

1.  In attesa del riordino della direzione regionale dell'osservatorio epidemiologico, della prevenzione e della formazione permanente, le borse di studio di cui all'art. 47 della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30, sono ulteriormente prorogate di un anno».

TITOLO VII
NORME SUL PERSONALE


Art. 48
Personale comandato

1.  Il personale comandato presso l'Assessorato regionale della sanità ai sensi dell'art. 1, capoverso 5, della legge regionale 5 dicembre 1991, n. 46 (a), nonché quello comandato ai sensi dell'art. 17 della legge regionale 23 dicembre 1985, n. 52 (b), modificato dall'art. 15 della legge regionale 22 aprile 1986, n. 20 (c), nonché ai sensi dell'art. 4 della legge regionale 5 gennaio 1991, n. 3 (d), in servizio presso l'Assessorato regionale della sanità alla data del 30 settembre 1993, è inquadrato, con decorrenza giuridica ed economica dalla data di entrata in vigore della presente legge, nel ruolo speciale transitorio istituito con l'art. 8 della legge regionale 27 dicembre 1985, n. 53 (e), con i criteri e le modalità nello stesso art. 8 stabiliti.
2.  L'inquadramento avverrà a domanda da presentarsi da parte degli interessati entro trenta giorni dalla data dell'entrata in vigore della presente legge.
3.  (f).


(a)  L'art. 1 della legge regionale 5 dicembre 1991, n. 46 - del quale il quinto capoverso qui richiamato fa parte - ha reintrodotto l'art. 30 della legge regionale 3 dicembre 1991, n. 44, che era stato dichiarato illegittimo con sentenza della Corte costituzionale 17 ottobre 1991, n. 385. I primi quattro commi del nuovo testo del predetto art. 30 sono stati però esplicitamente abrogati dall'art. 65 della legge regionale 1 settembre 1993, n. 25, sostituito in ultimo dall'art. 53 della stessa legge regionale che si annota.
Il testo del quinto capoverso di cui è questione, risulta del seguente tenore: «5. Per l'esercizio dei compiti istruttori in ordine agli atti da sottoporre al controllo della Giunta regionale, il Presidente della Regione assegna all'Assessorato regionale della sanità dieci funzionari della carriera dirigenziale, muniti di laurea in giurisprudenza, scienze politiche o economia e commercio, e dieci funzionari della carriera di concetto, tratti dai ruoli dell'Amministrazione regionale e/o in posizione di comando, dai ruoli delle unità sanitarie locali».
(b)  Il testo attuale dell'art. 17 della legge regionale 23 dicembre 1985, n. 52, e successive integrazioni e modifiche, è il seguente:
«Art. 17

Per l'attuazione delle disposizioni della presente legge concernenti l'espletamento dei concorsi organizzati dall'Assessorato regionale della sanità, è istituito presso lo stesso assessorato, nell'ambito della direzione regionale "Assistenza sanitaria ed ospedaliera - Igiene pubblica", un apposito ufficio con la seguente dotazione organica:
-  tre dirigenti amministrativi in possesso di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o in scienze politiche;
-  tre assistenti amministrativi, in possesso di diploma di scuola media di secondo grado;
-  due operatori archivisti;
-  due dattilografi.
Il Presidente della Regione, entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, provvede all'assegnazione del personale, dei mezzi e di quant'altro necessario per il funzionamento del predetto ufficio».
(c)  L'art. 15 della legge regionale 22 aprile 1986, n. 20, è il seguente:
«Art. 15

Ai fini dell'applicazione dell'ultimo comma dell'art. 17 della legge regionale 23 dicembre 1985, n. 52, il Presidente della Regione è autorizzato ad avvalersi, anche in posizione di comando, di personale delle unità sanitarie locali purché abbiano i requisiti di cui allo stesso art. 17, primo comma, prima alinea».
(d)  L'art. 4 della legge regionale 5 gennaio 1991, n. 3, è il seguente:
«Art. 4

1.  Per far fronte al maggior carico amministrativo derivante dall'applicazione della presente legge, l'Assessore regionale per la sanità è autorizzato ad avvalersi in posizione di comando di 2 assistenti medici, 3 capi sala, 4 assistenti amministrativi e 4 operatori meccanografici appartenenti al servizio sanitario nazionale».
(e)  L'art. 8 della legge regionale 27 dicembre 1985, n. 53, è il seguente:
«Art. 8

Il personale trasferito alla Regione per effetto dei decreti del Presidente della Repubblica 13 maggio 1985, n. 245 e 14 maggio 1985, n. 246, comunque in servizio alla data di entrata in vigore dei precitati decreti, è inquadrato, a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, in un ruolo speciale transitorio istituito presso la presidenza della Regione.
Il personale di cui al comma precedente è collocato nelle fasce funzionali e nei livelli secondo le modalità stabilite dall'art. 5.
Il personale di cui ai precedenti commi, salva la destinazione alle funzioni ed ai compiti di cui ai decreti del Presidente della Repubblica 13 maggio 1985, n. 245 e 14 maggio 1985, n. 246, è assegnato ai rami dell'amministrazione regionale ai sensi dell'art. 11 della legge regionale 23 marzo 1971, n. 7 e successive modifiche. Il medesimo personale può essere assegnato a prestare servizio mediante comando presso gli enti locali e gli enti strumentali controllati dalla Regione».
(f)  Comma non pubblicato perché omesso in sede di promulgazione in quanto impugnato dal Commissario dello Stato ai sensi dell'art. 28 dello Statuto regionale.

Art. 49

(a).


(a)  Articolo non pubblicato perché omesso in sede di promulgazione in quanto impugnato dal Commissario dello Stato ai sensi dell'art. 28 dello Statuto regionale.

Art. 50

(a).


(a)  Articolo non pubblicato perché omesso in sede di promulgazione in quanto impugnato dal Commissario dello Stato ai sensi dell'art. 28 dello Statuto regionale.

Art. 51

(a).


(a)  Articolo non pubblicato perché omesso in sede di promulgazione in quanto impugnato dal Commissario dello Stato ai sensi dell'art. 28 dello Statuto regionale.

Art. 52
Medicina dei servizi e guardia medica (a)

1.  Il piano sanitario regionale prevederà la piena e prioritaria utilizzazione nelle piante organiche delle unità sanitarie locali dei medici di medicina dei servizi in atto titolari d'incarico a tempo indeterminato. A tal fine detti medici saranno utilizzati con massimale orario di 38 ore settimanali.
2.  Il piano sanitario regionale dovrà prevedere prioritariamente il pieno utilizzo a tempo pieno nelle aree di emergenza e nelle aziende ospedaliere dei medici della guardia medica titolari di incarico a tempo indeterminato attualmente in servizio.


(a)  Si riportano gli artt. 2 e 3 della legge regionale 21 aprile 1995, n. 38:
«Art. 2
Inquadramento di personale titolare di guardia medica e medicina dei servizi

1.  Ai fini del miglioramento del servizio, il personale addetto ai servizi di guardia medica e medicina dei servizi che al 31 dicembre 1992 risultava titolare di incarico a tempo indeterminato da almeno cinque anni di anzianità, anche complessiva, maturata nei due comparti, è inquadrato, a richiesta, previo giudizio di idoneità, nei ruoli delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, nel primo livello dirigenziale del ruolo medico, anche in sovrannumero.
2.  Il personale di cui al comma 1 addetto al servizio di guardia medica è assegnato alle aree di emergenza e urgenza, ed il personale addetto alla medicina dei servizi alle aree individuate con il decreto assessoriale 5 dicembre 1988».
«Art. 3
Utilizzo di personale titolare di guardia medica e medicina dei servizi

1.  Fatta salva l'applicazione rispettivamente dell'art. 22 del decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 1991, n. 41, e dell'art. 11 del decreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio 1992, n. 218, da realizzare in relazione alle esigenze di programmazione regionale e/o locale, il personale titolare al 30 dicembre 1993 nei servizi di guardia medica notturna e festiva e medicina dei servizi è utilizzato ad esaurimento per le ore di incarico svolte alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517».

TITOLO VIII
MODIFICHE ALLA LEGGE REGIONALE 1 SETTEMBRE 1993, N. 25


Art. 53
Gestione e pubblicità degli atti

1.  L'art. 65 della legge regionale 1 settembre 1993, n. 25, è così sostituito:

«Art. 65
Norme di gestione e pubblicità degli atti nel settore sanitario

1.  La Regione, in applicazione dell'art. 5, comma 4 del decreto legislativo n. 502 del 1992 (a), detta norme con apposita legge per la gestione, la contabilità e l'amministrazione del patrimonio delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, miranti ad attivare una contabilità analitica finalizzata per attività e servizi in maniera da stabilire, anche attraverso indicatori, circostanziate valutazioni sulla economicità, efficienza ed efficacia di gestione e sul raggiungimento degli obiettivi fissati dalla programmazione.
2.  Tutti gli atti delle aziende ospedaliere e delle aziende unità sanitarie locali sono pubblicati, mediante affissione di copia integrale, nell'albo dell'ente per quindici giorni consecutivi, decorrenti dal primo giorno festivo successivo a quello di loro adozione. Il direttore amministrativo è responsabile della pubblicazione.
3.  Gli atti di cui all'art. 4, comma 8, della legge n. 412 del 1991 (b), adottati dalle aziende ospedaliere e dalle aziende unità sanitarie locali sono trasmessi entro quindici giorni dall'adozione all'Assessore regionale per la sanità che li esamina e decide entro quaranta giorni dal ricevimento.
4.  Il termine per l'esercizio del controllo può essere interrotto per una sola volta se, entro venti giorni dal ricevimento dell'atto, l'Assessorato regionale della sanità richiede all'ente deliberante chiarimenti o elementi integrativi di giudizio.
5.  La richiesta di chiarimenti o di elementi integrativi di giudizio sospende l'efficacia degli atti.
6.  Gli atti adottati dagli organi di gestione, non soggetti a controllo preventivo, diventano esecutivi dopo il decimo giorno della relativa pubblicazione. Mensilmente viene trasmesso all'Assessorato regionale della sanità l'elenco degli stessi atti, pubblicati nel mese precedente. L'Assessore regionale per la sanità può chiedere in qualsiasi momento la trasmissione di copia autentica degli atti indicati negli elenchi.
7.  In caso di evidente pericolo o danno nel ritardo, gli atti possono essere dichiarati immediatamente esecutivi fornendone la motivazione.
8.  Tutti gli atti, contestualmente all'affissione all'albo, sono inviati in copia al collegio dei revisori.
9.  Sono abrogati i capoversi 1, 2, 3 e 4 dell'art. 1 della legge regionale 5 dicembre 1991, n. 46».


(a)  Il comma quarto dell'art. 5 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, è il seguente: «4. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, le regioni provvedono ad emanare norme per la gestione economico finanziaria e patrimoniale delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, informate ai principi di cui al codice civile, così come integrato e modificato con decreto legislativo 9 aprile 1991, n. 127, e prevedendo:
a)  la tenuta del libro delle deliberazioni del direttore generale;
b)  l'adozione del bilancio pluriennale di previsione nonché del bilancio preventivo economico annuale relativo all'esercizio successivo;
c)  la destinazione dell'eventuale avanzo e le modalità di copertura degli eventuali disavanzi di esercizio;
d)  la tenuta di una contabilità analitica per centri di costo, che consenta analisi comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati;
e)  l'obbligo delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere di rendere pubblici, annualmente, i risultati delle proprie analisi dei costi, dei rendimenti e dei risultati per centri di costo».
(b)  Il comma ottavo dell'art. 4 della legge 30 dicembre 1991, n. 412, è il seguente: «8. E' abolito il controllo dei comitati regionali di controllo sugli atti delle unità sanitarie locali e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, nonché degli enti di cui all'art. 41, secondo comma, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 e degli enti ospedalieri di cui all'art. 1, comma 13, del D.L. 6 febbraio 1991, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 1991, n. 111. Limitatamente agli atti delle unità sanitarie locali e dei sopracitati enti ospedalieri riguardanti il bilancio di previsione, le variazioni di bilancio e il conto consuntivo, la determinazione della consistenza qualitativa e quantitativa complessiva del personale, la deliberazione di programmi di spese pluriennali e i provvedimenti che disciplinano l'attuazione dei contratti e delle convenzioni, il controllo preventivo è assicurato direttamente dalla regione, che è tenuta a pronunciarsi, anche in forma di silenzio-assenso, entro quaranta giorni dal ricevimento dell'atto. I provvedimenti come sopra approvati diventano definitivi. Per gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, il controllo di cui agli artt. 16, 17 e 18 del D.P.R. 31 luglio 1980, n. 617, è esteso anche ai provvedimenti riguardanti i programmi di spesa pluriennali e quelli per la disciplina e l'attribuzione dei contratti e delle convenzioni. Il termine di trenta giorni previsto dall'art. 18, D.P.R. 31 luglio 1980, n. 617, è modificato in quaranta giorni».

Art. 54
Piano sanitario regionale

1.  L'art. 66 della legge regionale 1 settembre 1993, n. 25, è così sostituito:

«Art. 66
Oggetto, finalità e obiettivi generali del piano sanitario regionale

1.  Il piano sanitario regionale, che ha validità triennale, è approvato con decreto del Presidente della Regione, previa delibera della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale per la sanità, sentito il consiglio sanitario regionale, acquisito il parere della commissione legislativa "servizi sociali e sanitari" dell'Assemblea regionale siciliana. Qualora la giunta si discosti dal parere è tenuta a motivare la delibera.
2.  Con le stesse modalità si procede alle modifiche che, nell'arco del periodo di vigenza del piano sanitario regionale, dovessero rendersi necessarie.
3.  Il piano sanitario regionale è finalizzato alla tutela della salute fisica e psichica dei cittadini alla luce delle necessità emerse dalla valutazione epidemiologica dello stato di salute della popolazione siciliana, mediante la razionalizzazione delle risorse disponibili, la qualificazione e il contenimento della spesa sanitaria e la corrispondenza fra costo dei servizi e relativi benefici. Il piano sanitario regionale dovrà specificare analiticamente per ciascuna delle proposte contenute l'analisi costo/beneficio e quella costo/efficacia nonché gli effetti di spesa indiretti indotti.
4.  Il piano sanitario regionale indica:
a)  gli indirizzi programmatici per il perseguimento degli obiettivi di cui al comma 3;
b)  le scelte di piano necessarie al fine di realizzare gli indirizzi e le modalità per il conseguimento dei risultati previsti dal presente articolo;
c)  i progetti di iniziativa regionale in termini di progetti-obiettivo e di azioni programmate, anche nel rispetto degli artt. 2 e 8 della legge 23 ottobre 1985, n. 595 (a);
d)  le attività ed i servizi di supporto alle azioni di piano;
e)  i criteri per la informatizzazione generale e graduale del servizio sanitario regionale secondo priorità identificate;
f)  la quantificazione delle risorse finanziarie disponibili e la quantificazione dei costi inerenti ad interventi previsti.
5.  A tal fine il piano definisce e specifica anche mediante gli aggiornamenti:
a)  le strategie e gli obiettivi di base;
b)  la rete assistenziale per le funzioni extraospedaliera e ospedaliera, le modalità di gestione e l'articolazione in dipartimenti dei servizi di prevenzione;
c)  gli strumenti necessari per garantire l'attuazione e la verifica delle strategie, degli obiettivi e delle azioni con particolare riferimento a protocolli ed indicatori di risultato;
d)  i risultati da raggiungere in relazione ai livelli obbligatori di assistenza definiti dalle norme nazionali, dai progetti-obiettivo e dalle azioni di piano di iniziativa regionale;
e)  la rete per l'emergenza sanitaria nei suoi vari aspetti;
f)  i tempi di attuazione;
g)  le relazioni fra la funzionalità dei servizi, gli obiettivi da raggiungere e le risorse necessarie agli interventi previsti.
6.  Entro tre mesi dalla scadenza di ciascun piano sanitario regionale, sulla base delle relazioni annuali delle singole unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, nonché delle relazioni annuali presentate dal Presidente della Regione all'Assemblea regionale siciliana, l'Assessore regionale per la sanità, con le procedure previste dal comma 1, elabora e presenta il successivo piano sanitario, indicando gli obiettivi ed i risultati non conseguiti nel triennio precedente, verificando il permanere della validità degli stessi ed i nuovi obiettivi e le finalità da perseguire. Le proposte inviate dalle unità sanitarie locali, dalle aziende ospedaliere dovranno essere sottoposte alla valutazione del sindaco, ovvero alla conferenza dei sindaci ai sensi dell'art. 3 del decreto legislativo n. 502 del 1992 (b).
7.  Al finanziamento del piano sanitario regionale si provvederà:
a)  con la quota del fondo sanitario nazionale assegnata alla Regione;
b)  con capitoli ricavati dall'alienazione e trasformazione dei beni di cui agli artt. 65 e 66 della legge n. 833 del 1978 (c), avendo proceduto al completo censimento ed alla determinazione della consistenza degli stessi;
c)  con gli apporti aggiuntivi stabiliti annualmente con legge regionale di bilancio e con altri eventuali apporti aggiuntivi stabiliti con legge dello Stato;
d)  con le disponibilità che saranno acquisite dalle unità sanitarie locali a qualsiasi altro titolo.
8.  I finanziamenti di cui alle lett. b) e d) devono essere autorizzati dall'Assessore regionale per la sanità, sentita la commissione legislativa "servizi sociali e sanitari" dell'Assemblea regionale siciliana.
9.  L'assegnazione del fondo sanitario regionale alle unità sanitarie locali ed alle aziende ospedaliere è effettuata con i criteri seguenti: una quota pari al due per cento del fondo sanitario regionale è destinata a fondo di riserva per spese impreviste e per la compensazione in caso di sotto finanziamenti delle aziende; una ulteriore quota pari all'uno per cento del fondo sanitario regionale è riservata alle attività a destinazione vincolata individuate nel piano sanitario regionale; la restante quota del fondo sanitario regionale, nel primo anno di vigenza della presente legge, sarà assegnata sulla base della spesa consolidata. A partire dal secondo anno una quota-parte di tale assegnazione avverrà in base a criteri correlati alla popolazione residente, alla mobilità tra unità sanitarie locali, alla produttività delle aziende, ai costi di produzione e sarà distinta per ciascuna delle aree di articolazione dei livelli minimi assistenziali. La detta quota-parte del fondo sanitario sarà del cinque per cento nel secondo anno, del dieci per cento nel terzo anno, del venti per cento nel quarto anno e sarà progressivamente incrementata sino al raggiungimento del cento per cento. Fino al raggiungimento di tale limite, la restante quota sarà assegnata sulla base della spesa storica. In particolare per la ripartizione del finanziamento destinato all'area ospedaliera dovranno essere utilizzati criteri che facciano espressamente uso dei sistemi di classificazione omogenea dei pazienti e che valutino anche le attività di day hospital ed ambulatoriale.
10.  Entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge l'Assessorato regionale della sanità predisporrà i criteri di cui al comma 9 che saranno approvati con delibera della Giunta regionale, sentito il parere del Consiglio sanitario regionale e della commissione legislativa "servizi sociali e sanitari" dell'Assemblea regionale siciliana. Successivamente tali criteri potranno essere variati con analoga procedura.
11.  Entro i primi tre mesi di ciascun esercizio finanziario, l'Assessorato regionale della sanità sottopone alla Giunta regionale una relazione analitica degli effetti dei criteri di ripartizione adottati nell'anno precedente sulla spesa e sull'efficienza e produttività delle aziende.
12.  Entro il termine di tre anni dall'entrata in vigore della presente legge le unità sanitarie locali si doteranno di un sistema di bilancio per centri di costo sulla base delle indicazioni tecniche emanate entro dodici mesi dall'entrata in vigore della presente legge dall'Assessore regionale per la sanità.
13.  Contestualmente al funzionamento del bilancio per centri di costo le unità sanitarie locali provvederanno al finanziamento di ciascun centro di costo con sistema budgettario, secondo le indicazioni tecniche emanate entro dodici mesi dall'Assessorato regionale della sanità.
14.  Al fine di assicurare il raggiungimento degli obiettivi di cui ai precedenti commi, l'Assessore regionale per la sanità è autorizzato a stipulare convenzioni di consulenza con altre regioni in cui siano stati sperimentati tali sistemi.
15.  Per le finalità di cui ai precedenti commi l'Assessorato regionale della sanità provvederà all'organizzazione di un programma di formazione rivolto ai dirigenti amministrativi e sanitari delle unità sanitarie locali destinato all'acquisizione di conoscenze sulla contabilità direzionale e sulla gestione budgettaria, anche attraverso convenzioni con istituti universitari».


(a)  Gli artt. 2 e 8 della legge 23 ottobre 1985, n. 595, sono i seguenti:
«Art. 2
Obiettivi generali del piano sanitario nazionale

1.  Sono obiettivi generali del piano sanitario nazionale la razionalizzazione, l'equilibrata distribuzione e l'incremento dell'efficienza dei servizi sanitari sul territorio nazionale.
2.  Sulla base delle risorse finanziarie all'uopo destinate in sede di ripartizione del fondo sanitario nazionale, gli obiettivi di cui al comma 1 sono perseguiti attraverso interventi diretti in via prioritaria:
a)  all'attivazione o al potenziamento dei servizi di prevenzione di utilità collettiva riguardanti il controllo sanitario dell'ambiente di vita e di lavoro, la vigilanza igienica sugli alimenti, la lotta alle sofisticazioni alimentari;
b)  al potenziamento dei servizi territoriali di medicina di base, di igiene e sanità pubblica nonché dei servizi specialistici ambulatoriali ed extraospedalieri, anche per contenere i ricoveri nei limiti propri delle esigenze diagnostiche e curative;
c)  al potenziamento ed al coordinamento dei servizi di emergenza, con riguardo anche alle esigenze del servizio nazionale di protezione civile;
d)  alla tutela delle attività sportive, relativamente agli aspetti preventivi e terapeutici per la salvaguardia della salute dei giovani nell'età formativa;
e)  all'attivazione e al potenziamento dei servizi sanitari finalizzati alla realizzazione di azioni programmate e di progetti-obiettivo di cui ai commi successivi.
3.  Si definisce azione programmata un impegno operativo in uno specifico settore sanitario in cui debba confluire l'attività di più servizi sanitari le cui competenze sono da considerarsi interdipendenti rispetto al fine proposto.
4.  Alle azioni programmate sono riservate risorse a destinazione vincolata nell'ambito del fondo sanitario nazionale.
5.  Si definisce progetto-obiettivo un impegno operativo idoneo a fungere da polo di aggregazione di attività molteplici delle strutture sanitarie, integrate da servizi socio-assistenziali, al fine di perseguire la tutela socio-sanitaria dei soggetti destinatari del progetto.
6.  I progetti-obiettivo sono finanziati in parte con risorse vincolate del fondo sanitario nazionale, in parte con risorse aggiuntive di provenienza diversa da quelle del fondo anzidetto, incluse quelle di competenza delle regioni e degli enti locali».
«Art. 8
Azioni programmate e progetti-obiettivo

1.  Per il triennio 1986-88 sono indicate le seguenti azioni programmate:
a)  la sicurezza e la tutela della salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro ai sensi degli artt. 20, 21 e 22 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, con particolare riferimento all'individuazione, all'accertamento e al controllo dei fattori di rischio, fissando i relativi limiti di tolleranza alla esposizione agli agenti inquinanti e nocivi e riducendone progressivamente la presenza al di sotto dei limiti anzidetti;
b)  la lotta alle malattie neoplastiche;
c)  la lotta alle malattie cardiovascolari;
d)  La tutela dei nefropatici cronici, attraverso l'elaborazione di una strategia complessiva della pratica terapeutica dialitica e dei trapianti di organo diretta alla attivazione o al potenziamento della organizzazione dei servizi e allo sviluppo della educazione sanitaria;
e)  la sanità pubblica veterinaria.
2.  Per lo stesso triennio sono indicati i seguenti progetti obiettivo, da realizzare mediante la integrazione funzionale operativa dei servizi sanitari e dei servizi socio-assistenziali degli enti locali, fermo il disposto dell'art. 30 della legge 27 dicembre 1983, n. 730, in materia di attribuzione degli oneri relativi:
a)  la tutela della salute della donna, delle scelte consapevoli e responsabili di procreazione, della maternità; la lotta alla mortalità infantile e la tutela della salute nell'età evolutiva; la prevenzione e la cura delle malattie congenite ed ereditarie;
b)  la tutela della salute degli anziani;
c)  la tutela della salute mentale e la risocializzazione dei disabili psichici;
d)  la prevenzione degli handicap, la riabilitazione e la socializzazione dei disabili fisici, psichici e sensoriali;
e)  la prevenzione delle tossicomanie e la riabilitazione e il reinserimento dei tossicodipendenti.
3.  Ai fini del coordinamento delle attività di cui ai commi 1 e 2, per garantirne un efficace svolgimento, il Governo può emanare specifici atti di indirizzo e coordinamento, ai sensi dell'art. 5 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, previo parere del consiglio superiore di sanità.
4.  Le attività di formazione e di aggiornamento professionale e le iniziative di ricerca finalizzate del triennio devono privilegiare le esigenze connesse con gli interventi di cui ai commi precedenti.
5.  Per i fini indicati nei precedenti commi, le unità sanitarie locali, nel quadro dell'azione di coordinamento svolta dalla regione, conformemente agli indirizzi espressi nel piano sanitario regionale, possono avvalersi delle competenze istituzionali dell'Istituto superiore di sanità, dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro, degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, degli istituti zooprofilattici sperimentali, nonché degli istituti e dipartimenti universitari mediante rapporti convenzionali in base alla normativa vigente in materia».
(b)  Per l'art. 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si veda la nota (a) all'art. 7.
(c)  Gli artt. 65 e 66 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, sono i seguenti:
«Art. 65
Attribuzione, per i servizi delle unità sanitarie locali, di beni già di pertinenza degli enti mutualistici e delle gestioni sanitarie soppressi

In applicazione del progetto di riparto previsto dall'ultimo comma dell'art. 4 della legge 29 giugno 1977, n. 349, e d'intesa con le regioni interessate, con decreto del ministro del tesoro, di concerto con i ministri del lavoro e della previdenza sociale e delle finanze, sia i beni mobili ed immobili che le attrezzature destinati prevalentemente ai servizi sanitari appartenenti agli enti, casse mutue e gestioni soppressi sono trasferiti al patrimonio dei comuni competenti per territorio, con vincolo di destinazione alle unità sanitarie locali.
Con legge regionale sono disciplinati lo svincolo di destinazione dei beni di cui al precedente comma, il reimpiego ed il reinvestimento dei capitali ricavati dalla loro alienazione o trasformazione in opere di realizzazione e di ammodernamento dei presidi sanitari, nonché la tutela dei beni culturali eventualmente ad essi connessi.
Alle operazioni di trasferimento di cui al primo comma provvedono i commissari liquidatori di cui alla citata legge 29 giugno 1977, n. 349, che provvedono altresì al trasferimento di tutti i rapporti giuridici relativi alle attività di assistenza sanitaria attribuite alle unità sanitarie locali.
I rimanenti beni, ivi comprese le sedi in Roma delle direzioni generali degli enti soppressi, sono realizzati dalla gestione di liquidazione ai sensi dell'art. 77 ad eccezione dell'immobile sede della direzione generale dell'INAM che è attribuito al patrimonio dello Stato.
(Si omette un comma aggiunto dall'art. 20 del decreto legislativo 30 dicembre 1979, n. 663, che è stato poi abrogato dall'art. 5 della legge 23 aprile 1981, n. 155).
Le regioni assegnano parte dei beni di cui al precedente comma in uso all'Istituto nazionale della previdenza sociale, per la durata del primo piano sanitario nazionale, per le esigenze connesse allo svolgimento di compiti di cui agli artt. 74 e 76 della presente legge, nonché al Ministero del lavoro e della previdenza sociale per le esigenze delle sezioni circoscrizionali dell'impiego, secondo i piani concordati con le amministrazioni predette tenendo conto delle loro esigenze di efficienza e funzionalità».
«Art. 66
Attribuzione, per i servizi delle unità sanitarie locali, di beni già di pertinenza di enti locali

Sono trasferiti al patrimonio del comune in cui sono collocati, con vincolo di destinazione alle unità sanitarie locali:
a)  i beni mobili ed immobili e le attrezzature appartenenti alle province o a consorzi di enti locali e destinati ai servizi igienico-sanitari [Si omette l'ultima parte della lett. a), abrogata dal D.P.R. 5 giugno 1993, n. 177, in esito al referendum indetto con D.P.R. 25 febbraio 1993];
b)  i beni mobili ed immobili e le attrezzature degli enti ospedalieri, degli ospedali psichiatrici e neuro-psichiatrici e dei centri di igiene mentale dipendenti dalle province o da consorzi delle stesse o dalle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB) di cui al settimo comma dell'art. 64, nonché degli altri istituti di prevenzione e cura e dei presidi sanitari extraospedialieri dipendenti dalle province o da consorzi di enti locali.
I rapporti giuridici relativi alle attività di assistenza sanitaria attribuite alle unità sanitarie locali sono trasferiti ai comuni competenti per territorio.
E' affidata alle unità sanitarie locali la gestione dei beni mobili ed immobili e delle attrezzature destinati ai servizi igienico-sanitari dei comuni e all'esercizio di tutte le funzioni dei comuni e loro consorzi in materia igienico-sanitaria.
Le regioni adottano gli atti legislativi ed amministrativi necessari per realizzare i trasferimenti di cui ai precedenti commi per regolare i rapporti patrimoniali attivi e passivi degli enti e degli istituti di cui alle lett. a) e b) del primo comma.
Ai trasferimenti di cui al presente articolo si provvede con le modalità e nei termini previsti dall'art. 61.
Con le stesse modalità ed entro gli stessi termini gli enti ed istituti di cui alle lett. a) e b), del primo comma, perdono, ove l'abbiano, la personalità giuridica.
Con legge regionale sono disciplinati lo svincolo di destinazione dei beni di cui al primo comma, il reimpiego ed il reinvestimento in opere di realizzazione e di ammodernamento dei presidi sanitari dei capitali ricavati dalla loro alienazione o trasformazione, nonché la tutela dei beni culturali eventualmente ad essi connessi».

TITOLO IX
NORME FINALI E TRANSITORIE


Art. 55
Norme transitorie

1.  Entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge il Presidente della Regione, previa delibera della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale per la sanità, nomina un commissario straordinario per l'attivazione di ciascuna delle aziende unità sanitarie locali di cui all'art. 6, che assume altresì le funzioni di amministratore straordinario delle preesistenti unità sanitarie locali il cui territorio confluirà nell'azienda unità sanitaria locale per la cui attivazione viene nominato. I commissari verranno scelti tra funzionari regionali con qualifica non inferiore a dirigente o equiparato e dirigenti apicali di unità sanitarie locali e resteranno in carica sino alla nomina dei direttori generali di cui al comma 5. Ai commissari straordinari delle unità sanitarie locali si applica il trattamento economico previsto per gli amministratori straordinari. Per gli spostamenti dal luogo di residenza a quello di svolgimento delle proprie funzioni e per gli spostamenti connessi allo svolgimento delle stesse spetta il rimborso di viaggio nelle misure previste per i dipendenti dello Stato. Gli stessi vengono collocati in aspettativa senza assegni. Per la durata della loro nomina, resta a carico dell'Amministrazione regionale l'obbligo del versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali con diritto al rimborso a carico del bilancio delle unità sanitarie locali (a).
1 bis.  Al fine di consentire una migliore funzionalità della fase di avvio delle nuove aziende unità sanitarie locali, l'Assessore regionale per la sanità nomina due vicecommissari per le aziende di Palermo, Catania e Messina, ed un vicecommissario per ciascuna delle altre sei unità sanitarie locali, scelti con gli stessi criteri di selezione (b).
1 ter.  I vicecommissari svolgono le funzioni dei commissari straordinari in caso di assenza o impedimento degli stessi o per delega anche parziale su singole materie (b).
1 quater. Ai vicecommissari si applicano lo stato giuridico e il trattamento economico dei commissari straordinari, ridotto del 10 per cento (c).
1 quinquies. Ferma restando la sede legale delle singole unità sanitarie locali, la sede legale del commissario straordinario è ubicata presso la sede capoluogo di provincia e per le provincie di Palermo, Messina e Catania, rispettivamente, presso le unità sanitarie locali n. 58, n. 41 e n. 35. Il commissario straordinario può deliberare validamente presso la sede di ciascuna unità sanitaria locale anche per atti di competenza delle altre unità sanitarie locali della provincia, delegando, ove occorra, per ciascuna di esse al vicecommissario (d).
1 sexies. Il commissario straordinario, oltre alla delega prevista per i vicecommissari di cui all'art. 4 della legge regionale 31 gennaio 1994, n. 3 (e), può attivare le procedure per la firma da parte dei coordinatori amministrativi e sanitari e dei funzionari apicali degli atti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748 (f), e successive modifiche ed integrazioni e dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (g), e successive modifiche e integrazioni, ivi compresi: i modelli di prescrizioni specialistiche di presidi ed ausili sanitari, le impegnative per esami specialistici e di alta specialità per pazienti ricoverati nei presidi ospedalieri, le denunce per gli infortuni sul lavoro, gli atti vincolati che non comportano esercizio di discrezionalità nonché quelli che costituiscono esecuzione di deliberazioni e disposizioni comprensive di precisi impegni di spesa, fatta eccezione per i provvedimenti di nomina all'impiego, anche a carattere provvisorio, per i contratti, per le convenzioni e per ogni altro atto di natura giudiziale. Il coordinatore amministrativo può essere delegato a firmare le reversali di introito ed i mandati di pagamento in esecuzione di deliberazioni esecutive (d).
2.  Il Presidente della Regione, previa delibera della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale per la sanità, determina la data di inizio del funzionamento delle unità sanitarie locali istituite ai sensi della presente legge, che dovrà avvenire entro centoventi giorni dalla relativa entrata in vigore, e costituisce, entro lo stesso periodo, le aziende ospedaliere di rilievo nazionale e di alta specializzazione che risultino già individuate dal Consiglio dei Ministri ai sensi dell'art. 4, comma 1, del decreto legislativo n. 502 del 1992 (h).
3.  Entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge l'Assessore regionale per la sanità, sentita la commissione legislativa "servizi sociali e sanitari" dell'Assemblea regionale siciliana, formula i criteri per l'individuazione dei beni mobili ed immobili, delle attrezzature e del personale delle unità sanitarie locali da trasferire agli ospedali di rilievo nazionale e di alta specializzazione da costituire in azienda ospedaliera.
4.  Con lo stesso provvedimento di cui al comma 2 il Presidente del-la Regione adotta le disposizioni relative al trasferimento dei beni mobili ed immobili e delle attrezzature delle unità sanitarie locali esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge alle aziende ospedaliere e unità sanitarie locali di cui allo stesso comma (i).
5.  Entro i termini di cui al comma 2 il Presidente della Regione nomina, con le modalità previste dall'art. 3 del decreto legislativo n. 502 del 1992 (l), previa delibera della Giunta regionale, su proposta dell'Assesso-re regionale per la sanità, il direttore generale per ciascuna delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere di rilievo nazionale e di alta specializzazione che risultino già individuate dal consiglio dei ministri.
6.  Qualora l'elenco di cui all'art. 3, comma 10, del decreto legislativo n. 502 del 1992 (m) non fosse ancora stato predisposto, assumono i poteri previsti per i direttori generali, i commissari di cui al comma 1 del presente articolo. La nomina dei direttori generali dovrà comunque avvenire entro trenta giorni dalla pubblicazione nell'elenco.
7.  Dopo che il piano sanitario regionale avrà provveduto alla individuazione degli ospedali destinati a centri di riferimento della rete dei servizi di emergenza di cui all'art. 25, comma 1, lett. b) si procederà alla costituzione delle relative aziende con le stesse modalità previste dal presente articolo per le aziende ospedaliere di rilievo nazionale e di alta specializzazione.
8.  Nella prima applicazione della presente legge, le piante organiche delle unità sanitarie locali di cui al comma 2 sono costituite dalle diverse piante organiche delle preesistenti unità sanitarie locali che territorialmente vi confluiscono.
9.  Entro centoventi giorni dalla data di costituzione delle aziende ospedaliere e unità sanitarie locali i direttori generali adotteranno la pianta organica integrata. Fino all'esecutività del relativo atto continueranno ad avere vigore le piante organiche delle precedenti unità sanitarie locali, purché rideterminate in applicazione della legge 23 ottobre 1985, n. 595 (n), del decreto-legge 8 febbraio 1988, n. 27, convertito con modificazioni dalla legge 8 aprile 1988, n. 109 (o), e della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (p) e definitivamente approvate dalla giunta regionale.
10.  Alle aziende unità sanitarie locali e alle aziende ospedaliere è trasferita la titolarità dei rapporti giuridici, relativi a contratti e convenzioni stipulati dalle soppresse unità sanitarie locali, che risultino in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, salve le eventuali modifiche.
11.  Le aziende di cui al comma 10 subentrano, altresì, nelle procedure concorsuali delle graduatorie già approvate, nel rispetto degli ambiti territoriali delle soppresse unità sanitarie locali.
12.  E' estesa alle aziende ospedaliere la normativa relativa alle unità sanitarie locali, non in contrasto con la presente legge.
13.  (q).
14.  Le équipes pluridisciplinari previste dall'allegato all'art. 1 della legge regionale 28 marzo 1986, n. 16 (r), sono soppresse. Le stesse continueranno a funzionare nelle more dell'adozione del piano sanitario regionale con il quale si provvederà ad una riorganizzazione funzionale delle attività svolte ed alla formulazione dei criteri per l'individuazione e l'assegnazione delle relative figure professionali per le quali sarà previsto l'inquadramento nei servizi territoriali o, limitatamente al personale medico, anche nelle aziende ospedaliere o nei presìdi ospedalieri.
15.  Il personale dei pregressi consorzi provinciali e dispensari antitubercolari, dei dispensari dermoceltici e dei dispensari antitracomatosici, già inserito nelle piante organiche delle unità sanitarie locali, è inquadrato nei settori e nei servizi sanitari territoriali competenti (s), e, limitatamente al personale medico, anche nelle aziende ospedaliere o nei presidi ospedalieri delle unità sanitarie locali nel rispetto della posizione funzionale di appartenenza (t).
16.  Nella Regione siciliana cessano di avere applicazioni le disposizioni di cui alla legge 12 febbraio 1968, n. 132 (u), al decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1969, n. 128 (v) e al decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1969, n. 129 (z), in contrasto con le norme della presente legge.
17.  (aa).
18.  Fino alla definizione e per il periodo di vigenza del primo piano sanitario regionale è assicurata la permanenza dei posti letto della spedalità privata convenzionata e di quelli della spedalità privata autorizzata, alla data di entrata in vigore della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30, alla costruzione, o all'apertura, o all'amplia-men-to, o alla gestione, compresi quelli realizzati con progetto approvato dalla Commissione di cui ai commi 2 e 3 dell'art. 2 della legge regionale 8 novembre 1988, n. 39 (bb). In detto periodo è consentito, inoltre, il rilascio di autorizzazioni limitatamente alle strutture definite di alta e/o altissima specialità, ai sensi dell'art. 6, commi 2 e 3, della legge regionale n. 39 del 1988, e di quelle riabilitative ai sensi dell'art. 6, comma 1, della medesima legge (cc) (dd).
18 bis.  Per le finalità di cui al comma 18 è richiesto il possesso dei requisiti tecnici previsti dalla legislazione vigente (ee).
18 ter.  I soggetti eroganti prestazioni di alta e/o altissima specialità indicate nel comma 18 del presente articolo, che accettino il sistema della remunerazione a prestazione sulla base di tariffe predeterminate dalla Regione, vanno ricompresi tra gli aventi diritto all'accreditamento di cui all'art. 6, comma 6, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (ff) (gg).
19.  Fino all'approvazione del primo piano sanitario regionale che determinerà per ogni unità sanitaria locale il numero delle commissioni mediche per l'accertamento dell'invalidità civile ai sensi della legge 15 ottobre 1990, n. 295 (hh), è fatto divieto alle unità sanitarie locali di istituire nuove commissioni.
20.  Per il periodo di vigenza del primo piano sanitario regionale, per le figure componenti delle commissioni mediche per le quali la legge n. 295 del 1990 prevede il requisito della specializzazione in medicina legale o in medicina del lavoro, le unità sanitarie locali, qualora non fosse possibile reperire tali figure tra i dipendenti in servizio, sono autorizzate ad avvalersi di personale in quiescenza ovvero di dipendenti di altri enti.


(a)  Comma modificato dall'art. 8, primo comma, della legge regionale 20 agosto 1994, n. 33.
(b)  I commi 1 bis, 1 ter e 1 quater sono stati aggiunti dall'art. 4 della legge regionale 31 gennaio 1994, n. 3.
(c)  Il comma 1 quater, aggiunto dall'art. 4 della legge regionale 31 gennaio 1994, n. 3, è stato sostituito dall'art. 9 della legge regionale 20 agosto 1994, n. 33.
(d)  I commi 1 quinquies e 1 sexies sono stati aggiunti dall'art. 10 della legge regionale 20 agosto 1994, n. 33.
(e)  Per la delega menzionata nella disposizione che si annota si veda il comma 1 ter, introdotto appunto dall'art. 4 della legge regionale 31 gennaio 1994, n. 3.
(f)  Il decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, reca: «Disciplina delle funzioni dirigenziali nelle amministrazioni dello Stato, anche se ad ordinamento autonomo».
(g)  Il decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, reca: «Razionalizzazione della organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego a norma dell'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421».
(h)  Per l'art. 4 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si veda la nota (c) all'art. 25.
(i)  Decreto Assessore regionale per la sanità 28 aprile 1995: «Criteri per l'individua-zione dei beni mobili ed immobili, delle attrezzature e del personale delle unità sanitarie locali da trasferire alle aziende ospedaliere», modificato con decreto dello stesso Assessore regionale 27 marzo 1996.
(l)  Per l'art. 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si veda la nota (a) all'art. 7.
(m)  Per il decimo comma dell'art. 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si veda la nota (a) all'art. 7.
(n)  La legge 23 ottobre 1985, n. 595, reca: «Norme per la programmazione sanitaria e per il piano sanitario triennale 1986-88».
(o)  Il decreto-legge 8 febbraio 1988, n. 27 (convertito con modificazioni dalla legge 8 aprile 1988, n. 109), reca: «Misure urgenti per le dotazioni organiche del personale degli ospedali e per la razionalizzazione della spesa sanitaria».
(p)  La legge 30 dicembre 1991, n. 412, reca: «Disposizioni in materia di finanza pubblica».
(q)  Comma non pubblicato perché omesso in sede di promulgazione in quanto impugnato dal Commissario dello Stato ai sensi dell'art. 28 dello Statuto regionale.
(r)  L'art. 1 della legge regionale 28 marzo 1986, n. 16, è il seguente:
«Art. 1

Nel quadro degli interventi in favore dei soggetti portatori di handicap è approvato, ai sensi della legge regionale 18 aprile 1981, n. 68, l'allegato piano triennale per il periodo 1986-1988, che costituisce parte integrante della presente legge».
(s)  Parole sostituite dall'art. 11 della legge regionale 20 agosto 1994, n. 33.
(t)  Si veda anche l'art. 14 della legge regionale 6 aprile 1996, n. 25:
«Art. 14
Interpretazione autentica dell'art. 55, comma 15, della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30

1.  La previsione del comma 15 dell'art. 55 della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30, come modificato dall'art. 11 della legge regionale 20 agosto 1994, n. 33, va autenticamente interpretato nel senso che si applica a tutto il personale non medico comunque inquadrato nelle piante organiche delle unità sanitarie locali che, alla data di entrata in vigore della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30, era addetto in via continuativa ad attività di prevenzione e/o riabilitazione».
(u)  La legge 12 febbraio 1968, n. 132, reca: «Enti ospedalieri e assistenza ospedaliera».
(v)  Il decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1969, n. 128, reca: «Ordinamento interno dei servizi ospedalieri».
(z)  Il decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1969, n. 129, reca: «Ordinamento interno dei servizi di assistenza delle cliniche e degli istituti universitari di ricovero e cura».
(aa)  Comma non pubblicato perché omesso in sede di promulgazione in quanto impugnato dal Commissario dello Stato ai sensi dell'art. 28 dello Statuto regionale.
(bb)  I commi 2 e 3 dell'art. 2 della legge regionale 8 novembre 1988, n. 39, sono i seguenti:
«2.  I progetti per la costruzione, l'ampliamento o la trasformazione di immobili destinati all'attività di casa di cura privata devono essere approvati dall'Assessorato regionale della sanità sotto il profilo igienico-sanitario ai fini dell'autorizzazione. Non possono essere aperte case di cura private senza l'autorizzazione dell'Assessorato regionale della sanità. Le case di cura autorizzate alla data di entrata in vigore della presente legge mantengono l'autorizzazione di cui sono in possesso purché in regola con le disposizioni nella stessa legge contenute».
«3.  L'autorizzazione all'apertura e alla gestione delle case di cura private viene rilasciata dall'Assessore regionale per la sanità nel rispetto della normativa vigente e delle norme contenute nella presente legge, sentita un'apposita commissione in cui sia garantita la presenza dei rappresentanti delle associazioni delle case di cura».
(cc)  Per i commi 1, 2 e 3, dell'art. 6 della legge regionale 8 novembre 1988, n. 39, si veda la nota (e) all'art. 24.
(dd)  Comma sostituito dall'art. 4 della legge regionale 21 aprile 1995, n. 39.
(ee)  Comma aggiunto dall'art. 4 della legge regionale 21 aprile 1995, n. 39.
(ff)  Il comma sesto dell'art. 6 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, è il seguente: «6. A decorrere dalla data di entrata in funzione del sistema di pagamento delle prestazioni sulla base di tariffe predeterminate dalla regione cessano i rapporti convenzionali in atto ed entrano in vigore i nuovi rapporti fondati sull'accreditamento, sulla remunerazione delle prestazioni e sull'adozione del sistema di verifica della qualità previsti all'art. 8, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e successive modificazioni ed integrazioni. La facoltà di libera scelta da parte dell'assistito si esercita nei confronti di tutte le strutture ed i professionisti accreditati dal Servizio sanitario nazionale in quanto risultino effettivamente in possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente e accettino il sistema della remunerazione a prestazione. Fermo restando il diritto all'accreditamento delle strutture in possesso dei requisiti di cui all'art. 8, comma 4, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, per il biennio 1995-1996 l'accreditamento opera comunque nei confronti dei soggetti convenzionati e dei soggetti eroganti prestazioni di alta specialità in regime di assistenza indiretta regolata da leggi regionali alla data di entrata in vigore del citato decreto legislativo n. 502 del 1992, che accettino il sistema della remunerazione a prestazione sulla base delle citate tariffe».
(gg)  Comma aggiunto dall'art. 22 della legge regionale 6 aprile 1996, n. 26.
(hh)  La legge 15 ottobre 1990, n. 295, reca: «Modifiche ed integrazioni all'art. 3 del D.L. 30 maggio 1988, n. 173, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 luglio 1988, n. 291 e successive modificazioni, in materia di revisione delle categorie delle minorazioni e malattie invalidanti».

Art. 56

(a).


(a)  Articolo non pubblicato perché omesso in sede di promulgazione in quanto impugnato dal Commissario dello Stato ai sensi dell'art. 28 dello Statuto regionale.

Art. 57
Trattamenti riabilitativi (a)

1.  Al fine di garantire i trattamenti riabilitativi ai soggetti di cui all'art. 2 della legge regionale 18 aprile 1981, n. 68 (b), qualora le unità sanitarie locali non vi possano provvedere con la propria struttura, le stesse unità sanitarie locali sono autorizzate ad avviare i disabili nei centri privati convenzionati anche oltre i limiti della convenzione esistente, e comunque per un numero non superiore a quello trattato al 30 aprile 1993, fino alla stipula delle nuove convenzioni.


(a)  Si riporta l'art. 1 della legge regionale 3 ottobre 1995, n. 70:
"Art. 1

1.  Nelle more di una organica revisione legislativa degli interventi in favore dei soggetti di cui all'art. 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, fermo restando l'obbligo dell'iscrizione all'albo regionale di cui all'art. 14 della legge regionale 18 aprile 1981, n. 68, e successive modifiche ed integrazioni, e della stipula della convenzione conforme allo schema pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 29 dell'11 giugno 1994, il cui procedimento dovrà concludersi entro il termine perentorio di un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'art. 57 della legge regionale 3 novembre 1993, n. 30, va interpretato nel senso che sono fatte salve le prestazioni dei centri privati convenzionati, allorché le stesse risultino autorizzate dal servizio sanitario della unità sanitaria locale od Azienda unità sanitaria locale e le relative documentate liquidazioni, comunque entro i limiti del numero di prestazioni trattate alla data del 30 aprile 1993, abbiano ottenuto il riscontro tutorio».
(b)  L'art. 2 della legge regionale 18 aprile 1981, n. 68, è il seguente:
«Art. 2
Soggetti

Ai fini della presente legge, si considera «soggetto portatore di handicap» la persona di qualsiasi età che, in seguito ad evento morboso o traumatico, intervenuto in epoca pre, peri o post-natale, presenti menomazioni delle proprie condizioni fisiche, psichiche e/o sensoriali con conseguenti difficoltà di apprendimento e di relazione e sia soggetta o candidata a processi di emarginazione sociale.
Per soggetto portatore di handicap «adulto» si intende il soggetto che abbia compiuto il 18° anno di età; per «grave» il soggetto di tutte le età che presenti una totale assenza di autonomia e di autosufficienza, bisognoso, quindi, di protezione, di guida e di assistenza per tutto l'arco della sua esistenza».

Art. 58
Commissione consultiva per gli anziani e assistenza domiciliare

1.  Il primo capoverso del comma 1 dell'art. 3 della legge regionale 7 agosto 1990, n. 27 (a), è sostituito dal seguente:
«In tutti i comuni della Regione siciliana è costituita una commissione consultiva per gli anziani»
2.  (b).
3.  Il termine del 31 marzo, previsto dall'art. 11 della legge regionale 6 maggio 1981, n. 87 (c) e dagli artt. 4 e 9 della legge regionale 25 marzo 1986, n. 14 (d), è anticipato al 30 novembre dell'anno precedente a quello per il quale vengono richiesti i relativi contributi.


(a)  L'art. 3 della legge regionale 7 agosto 1990, n. 27, per effetto della sostituzione effettuata dalla disposizione che si annota, è il seguente:
«Art. 3
Commissione consultiva per gli anziani

1.  L'art. 15 della legge regionale 6 maggio 1981, n. 87, è sostituito dal seguente:
«In tutti i comuni della Regione Siciliana è costituita una commissione consultiva per gli anziani.
Essa è composta dal sindaco o da un assessore delegato che la presiede, da tre consiglieri comunali di cui uno in rappresentanza della minoranza e da quattro rappresentanti dei sindacati dei pensionati maggiormente rappresentativi.
La commissione ha il compito di:
a)  esprimere parere obbligatorio ma non vincolante sui programmi riguardanti i servizi socio-assistenziali per gli anziani;
b)  vigilare sul rispetto degli standards previsti dalla legge, e richiedere ove necessario indagini ispettive, informando delle eventuali inadempienze la giunta comunale e l'Assessore regionale per gli enti locali;
c)  esprimere proprie proposte sull'organizzazione dei servizi».
(b)  Comma abrogato dal comma 1 dell'art. 15 della legge regionale 8 gennaio 1996, n. 4.
(c)  L'art. 11 della legge regionale 6 maggio 1981, n. 87, è il seguente:
«Art. 11
Contributi per l'assistenza domiciliare

L'Assessore regionale per gli enti locali eroga ai comuni singoli o associati che ne facciano richiesta entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, per l'anno 1981, ed entro il 31 marzo per gli anni successivi, contributi per l'organizzazione e la gestione di servizi di assistenza domiciliare agli anziani, con le modalità di cui al quinto comma del precedente art. 10».
(d)  Gli artt. 4 e 9 della legge regionale 25 marzo 1986, n. 14, sono i seguenti:
«Art. 4
Contributi per i soggiorni climatici e per attività ricreative, culturali e del tempo libero

L'Assessore regionale per gli enti locali eroga ai comuni, singoli o associati, che ne facciano richiesta entro il 31 marzo di ogni anno, i contributi per l'organizzazione e l'attuazione di soggiorni climatici marini, montani o termali, nonché per attività ricreative, culturali e del tempo libero, sulla base di programmi all'uopo predisposti avendo riguardo al numero di anziani da assistere.
I comuni predispongono i programmi sulla base di proposte formulate dalla commissione consiliare competente o, in mancanza, dalla commissione comunale di consulenza prevista dall'art. 15 della legge regionale 6 maggio 1981, n. 87».
«Art. 9
Integrazione lavorativa degli anziani

L'Assessore regionale per gli enti locali è autorizzato a concedere contributi in favore dei comuni singoli od associati, che ne facciano richiesta entro il 31 marzo di ogni anno, per l'attuazione di iniziative miranti all'integrazione lavorativa degli anziani nei servizi aperti, residenziali e del tempo libero previsti dalla legge regionale 6 maggio 1981, n. 87 e dalla presente legge, nonché nei restanti servizi d'interesse comunale.
L'integrazione lavorativa degli anziani ha natura di intervento assistenziale a carattere socializzante».

Art. 59

1.  La presente legge sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana ed entrerà in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
2.  E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione.
(99.19.881)


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FRANCESCO CASTALDI: Direttore responsabile                               MARIA LA MARTINA: Redattore

Ufficio legislativo e legale della Regione Siciliana
Gazzetta Ufficiale della Regione
Stampa della Tipografia Pezzino & F.-Palermo
Ideazione grafica e programmi di
Michele Arcadipane

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