REPUBBLICA ITALIANA
GAZZETTA UFFICIALE
DELLA REGIONE SICILIANA

PARTE PRIMA
PALERMO - VENERDÌ 11 SETTEMBRE 2009 - N. 42
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CIRCOLARI

ASSESSORATO DEL BILANCIO E DELLE FINANZE


CIRCOLARE 18 agosto 2009, n. 13.
Articolo 7 della legge regionale 14 maggio 2009, n. 6, recante "Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2009".

AI DIPARTIMENTI REGIONALI
ALLE SOCIETA' PARTECIPATE DALLA REGIONE SICILIANA
AGLI ENTI REGIONALI, AZIENDE REGIONALI, ISTITUTI, AGENZIE, CONSORZI ED ORGANISMI VIGILATI E FINANZIATI DALLA REGIONE
e, p.c.  AL PRESIDENTE DELLA REGIONE UFFICIO DI GABINETTO 

AGLI ASSESSORI REGIONALI UFFICI DI GABINETTO
ALLA CORTE DEI CONTI SEZIONE DI CONTROLLO
La presente circolare contiene indicazioni esplicative sulle disposizioni relative all'art. 7, riguardante "Norme per la riduzione dei costi degli apparati pubblici regionali", della legge regionale 14 maggio 2009, n. 6, che reca "Disposizioni programmatiche e correttive per l'anno 2009", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 22 del 20 maggio 2009.
L'articolo in questione impone il divieto alle società costituite o partecipate dall'Amministrazione regionale a capitale interamente o in maggioranza pubblico non quotate in borsa, ed alle aziende regionali, istituti, agenzie, consorzi, organismi ed enti regionali comunque denominati di procedere alla costituzione o partecipazione ad altre società od organismi vari e dispone altresì l'obbligo di procedere entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge alla liquidazione delle società od organismi esterni partecipati, come identificati dalla stessa norma, dando comunicazione agli organi tutori ed a questa ragioneria generale dell'avvio delle procedure e dei tempi di liquidazione previsti.
Il mancato avvio delle procedure è sanzionato mediante l'immediata decadenza degli organi d'amministrazione degli enti o la revoca dei rappresentanti regionali nelle società partecipate.
La disposizione de qua è introdotta dal legislatore regionale sia per salvaguardare e cautelare la libera competizione sul mercato, garantendo un'oggettiva parità tra tutti gli operatori economici e quindi al fine di preservare il mercato da alterazioni e fenomeni distorsivi delle regole della concorrenza, che per ridurre i costi degli apparati pubblici regionali.
Ai soggetti destinatari della normativa regionale, società a capitale interamente o a maggioranza pubblico ed enti o organismi regionali è di fatto impedito che tramite la partecipazione a società o enti possano eludere l'obbligo di operare esclusivamente per l'ente costituente o partecipante, acquisendo contratti per servizi o attività per il tramite di tali organismi, sfruttando il vantaggio competitivo che deriva loro dall'essere affidatari diretti e privilegiati di alcuni servizi.
Quindi per evitare alterazioni della concorrenza e del mercato, cioè condizioni di disparità degli operatori economici, il legislatore ha inteso disciplinare le attività espletate dagli enti e società miste/pubbliche che svolgono attività strumentali a supporto dell'Amministrazione regionale per il perseguimento dei suoi fini istituzionali.
La norma in argomento richiama le disposizioni nazionali in materia, che hanno per l'appunto introdotto taluni limiti alle società a capitale interamente pubblico o misto, ad enti ed altri organismi.
Dal momento che il suo contenuto riguarda direttamente la tutela della concorrenza e mira ad eliminare distorsioni della concorrenza si colloca nell'ambito dell'ordinamento civile, attribuito alla potestà legislativa statale, di cui all'art. 117 della Costituzione e pertanto, stante il suo carattere generale e la sua ratio, si applica a tutti gli enti o organismi regionali e società a capitale interamente o a maggioranza partecipate dall'Amministrazione regionale.
Già l'art. 13 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito con legge 4 agosto 2006, n. 248, e sue modifiche ed integrazioni, ha stabilito che le società a capitale interamente pubblico o misto, costituite per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività degli enti costituenti, devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o affidanti e non possono svolgere prestazioni per altri enti pubblici o privati (né in affidamento diretto né con gara), con esclusione dei servizi pubblici locali, né partecipare ad altre società o enti e devono essere dotate di un oggetto sociale esclusivo.
La sentenza n. 326/2008 della Corte costituzionale nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13 del decreto-legge n. 223/2006 promosso con vari ricorsi da parte di diverse regioni, tra l'altro, sostiene che:
"Le disposizioni impugnate definiscono il proprio ambito di applicazione non secondo il titolo giuridico in base al quale le società operano, ma in relazione all'oggetto sociale di queste ultime. Tali disposizioni sono fondate sulla distinzione tra attività amministrativa in forma privatistica e attività d'impresa di enti pubblici. L'una e l'altra possono essere svolte attraverso società di capitali, ma le condizioni di svolgimento sono diverse. Nel primo caso vi è attività amministrativa, di natura finale o strumentale, posta in essere da società di capitali che operano per conto di una pubblica amministrazione. Nel secondo caso, vi è erogazione di servizi rivolta al pubblico (consumatori o utenti), in regime di concorrenza.
Le disposizioni impugnate mirano a separare le due sfere di attività per evitare che un soggetto, che svolge attività amministrativa, eserciti allo stesso tempo attività d'impresa, beneficiando dei privilegi dei quali esso può godere in quanto pubblica amministrazione. Non è negata né limitata la libertà di iniziativa economica degli enti territoriali, ma è imposto loro di esercitarla distintamente dalle proprie funzioni amministrative, rimediando a una frequente commistione, che il legislatore statale ha reputato distorsiva della concorrenza.".
In aggiunta l'art. 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008) dispone:
-  al comma 27 - "Al fine di tutelare la concorrenza e il mercato, le amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali né assumere o mantenere direttamente o indirettamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. E' sempre ammessa la costituzione di società che producono servizi di interesse generale... e l'assunzione di partecipazioni in tali società da parte delle amministrazioni..., nell'ambito dei rispettivi livelli di competenza.";
-  al comma 28 - "L'assunzione di nuove partecipazioni ed il mantenimento delle attuali devono essere autorizzati dall'organo competente con delibera motivata...", nel caso di sussistenza dei presupposti del comma 27;
-  al comma 29 - "Entro il 30 settembre 2009 le amministrazioni di cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, cedono a terzi le società e le partecipazioni vietate ai sensi del comma 27... Il mancato avvio delle procedure finalizzate alla cessione determina responsabilità erariale.".
I successivi commi da 30 a 32 del citato art. 3 recano le direttive in tema di trasferimento delle risorse umane e finanziarie e di determinazione delle dotazioni organiche, nel caso di costituzione di società o enti, ovvero di assunzione di partecipazioni in società, consorzi o altri organismi, effettuate nel rispetto del comma 27 (commi 30 e 31) e dispongono che i collegi dei revisori e gli organi di controllo interno delle amministrazioni e dei soggetti interessati dai processi di cui ai commi 30 e 31 devono asseverare il trasferimento delle risorse umane e finanziarie, e segnalare eventuali inadempimenti anche alle sezioni competenti della Corte dei conti (comma 32).
Anche tali norme, ricondotte nell'ambito della tutela della concorrenza, si collocano nell'ambito dell'ordinamento civile attribuito alla potestà legislativa statale di cui all'art. 117 della Costituzione.
La sentenza n. 148/2009 della Corte costituzionale, nel giudizio di legittimità costituzionale sollevato dalla regione Veneto, asserisce che:
"Ed è questo lo scopo delle norme censurate, le quali, in considerazione del loro contenuto, sono appunto dirette ad evitare che soggetti dotati di privilegi svolgano attività economica al di fuori dei casi nei quali ciò è imprescindibile per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, ovvero per la produzione di servizi di interesse generale (casi compiutamente identificati dal citato art. 3, comma 27), al fine di eliminare eventuali distorsioni della concorrenza, quindi sono preordinate a scongiurare una commistione che il legislatore statale ha reputato pregiudizievole della concorrenza (sentenza n. 326 del 2008)".
Pertanto ai soggetti specificati nella normativa regionale in argomento (art. 7 della legge regionale 14 maggio 2009, n. 6) si applicano, altresì, le prescrizioni della richiamata normativa nazionale.
I predetti soggetti, a prescindere dall'esistenza di affidamenti diretti nei confronti dell'ente costituente, sono obbligati in ogni caso a dismettere le partecipazioni detenute in altre società od organismi vari o a costituirne e/o partecipare in altri.
E' opportuno evidenziare che dalla lettura del combinato disposto del comma 27 dell'art. 3 della legge n. 244/2007 e dell'art. 13 del D.L. n. 223/2006 si evince che i soggetti finora individuati possono costituire società di produzione di beni o prestazioni di servizi strettamente necessari per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali o anche assumere o mantenere direttamente partecipazioni nelle suddette fattispecie aziendali; in tal caso è necessario apposito provvedimento autorizzativo del Presidente della Regione in aderenza al disposto normativo previsto dal comma 6 dell'art. 2 della legge regionale 16 dicembre 2008, n. 19.
Come già anticipato, il legislatore regionale ha previsto un regime transitorio di 90 giorni dalla data di pubblicazione della legge durante il quale dovranno essere avviate le procedure per la dismissione delle partecipazioni in altri organismi e società e ha posto l'obbligo di dare comunicazione al proprio organo tutorio e alla ragioneria generale dell'avvio della procedure e dei relativi tempi di liquidazione previsti.
Per la determinazione del valore delle partecipazioni da dismettere, nonché per la stessa dismissione dovrà provvedersi sulla base dei criteri comunemente in uso, secondo la normativa vigente.
Per le società interamente controllate, o con esigua partecipazione di altri soggetti, il problema potrebbe essere agevolmente risolto mediante una fusione per incorporazione. Nel caso di partecipazione rilevante ma non maggioritaria l'alternativa può essere rappresentata solo dalla cessione delle relative partecipazioni.
Le amministrazioni in indirizzo sono invitate a dare la massima diffusione alla presente circolare presso i soggetti specificati nella normativa regionale in argomento sui quali i dipartimenti regionali esercitano funzioni di controllo e/o vigilanza.
Le società partecipate e gli enti regionali vigilati specificati nella normativa in argomento, ove già non provveduto, dovranno attivarsi con immediatezza per l'esecuzione delle attività previste.
La presente circolare sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana e inserita nel sito internet consultabile all'indirizzo htpp://www.regione.sicilia.it/bilancio.
  L'Assessore: DI MAURO 

(2009.34.2260)083
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MICHELE ARCADIPANE, direttore responsabile
FRANCESCO CATALANO, condirettoreMELANIA LA COGNATA, redattore

Ufficio legislativo e legale della Regione Siciliana
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