REPUBBLICA ITALIANA
GAZZETTA UFFICIALE
DELLA REGIONE SICILIANA

PARTE PRIMA
PALERMO - VENERDÌ 30 GENNAIO 2009 - N. 5
SI PUBBLICA DI REGOLA IL VENERDI'

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DISPOSIZIONI E COMUNICATI

CORTE COSTITUZIONALE



Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana avverso la delibera legislativa approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 10 dicembre 2008, recante: "Norme in materia di gestione del Servizio idrico integrato e di personale".

(Pubblicazione disposta dal Presidente della Corte costituzionale a norma dell'art. 24 delle norme integrative del 16 marzo 1956).
Ricorso n. 100 depositato il 22 dicembre 2008
L'Assemblea regionale siciliana, nella seduta del 10 dicembre 2008, ha approvato il disegno di legge n. 192 dal titolo "Norme in materia di gestione del Servizio idrico integrato e di personale", pervenuto a questo Commissario dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello Statuto speciale, il 13 dicembre 2008.
Il provvedimento, oltre a contenere norme in materia di commissariamento delle autorità d'ambito che non hanno individuato il soggetto gestore del Servizio idrico integrato, detta disposizioni sulle procedure di liquidazione dell'Ente acquedotti siciliani e, segnatamente, sul personale che vi presta servizio.
L'art. 2, che così recita:
"Disposizioni in materia di personale dell'E.A.S.
1.  Il personale dell'Ente acquedotti siciliani, di ruolo o in servizio a tempo indeterminato alla data di messa in liquidazione dell'Ente, confluisce, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, in un ruolo speciale ad esaurimento presso la Presidenza della Regione, conservando la posizione giuridica, economica e previdenziale posseduta. In ogni caso, il trattamento economico accessorio del predetto personale è assicurato nella stessa misura di quello applicato al personale di ruolo regionale. Il personale confluito è utilizzato dall'Ente acquedotti siciliani in liquidazione, per quanto strettamente necessario all'attività di liquidazione stessa ed in ragione delle esigenze organizzative e gestionali dell'Ente medesimo. Il restante personale è utilizzato, sentite le amministrazioni interessate e le competenti organizzazioni sindacali, nelle amministrazioni comunali, provinciali, negli enti di cui all'art. 1 della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10 e successive modifiche ed integrazioni, nelle agenzie e negli uffici dell'Amministrazione regionale.
2.  Il personale in quiescenza dell'Ente acquedotti siciliani continua a mantenere il trattamento in atto goduto. Il trattamento previdenziale integrativo attualmente corrisposto dall'Ente sarà erogato dalla Regione.
3.  Agli oneri derivanti dai commi 1 e 2, quantificati in 8.000 migliaia di euro per l'esercizio finanziario 2008, si provvede con le disponibilità U.P.B. 4.2.1.5.3 - cap. 212032 del bilancio della Regione per l'esercizio finanziario medesimo. Gli oneri per il 2009 e 2010, valutati in 30.000 migliaia di euro per ciascun anno, trovano riscontro nel bilancio pluriennale della Regione per gli anni 2008/2010, U.P.B. 4.2.5.3.", dà adito a censura di costituzionalità per le motivazioni che di seguito si espongono.
L'Ente acquedotti siciliani venne istituito con legge n. 24 del 19 gennaio 1942 come ente unico per la costruzione di nuovi acquedotti in Sicilia, il completamento di quelli in corso di costruzione da parte dello Stato e per la manutenzione di quelli già esistenti, al fine di rendere più efficiente il servizio idrico nei centri abitati. Dipendeva dal Ministero dei lavori pubblici, che ne esercitava le funzioni di tutela e vigilanza.
Con l'art. 5 del D.P.R. 1 luglio 1977, n. 683 l'Ente fu inserito nell'organizzazione indiretta della Regione siciliana che ne assunse il controllo con la nomina degli organi e con una una produzione normativa (ex plurimis legge regionale 9 agosto 1980, n. 81 e legge regionale 21 agosto 1984, n. 59) volta nel tempo a ripianarne la situazione finanziaria.
Nel successivo contesto del riordino del settore idrico, con legge regionale 27 aprile 1999, n. 10, ne fu prevista la trasformazione in società per azioni, anche mediante la creazione di società per la gestione di tutta o parte dell'attività. Il decreto del Presidente della Regione 2 aprile 2002, n. 10156, recante: "Disposizioni per la trasformazione dell'E.A.S. in società per azioni" stabilì che l'Ente bandisse una gara per la costituzione di una società mista cui affidare la gestione dell'attività relativa ai servizi e/o alle opere idriche di captazione e/o accumulo e/o potabilizzazione e/o adduzione di interesse regionale e, in particolare, delle infrastrutture facenti parte del suo patrimonio indisponibile, e che l'E.A.S. continuasse nelle more a farsi carico delle stesse attività.
La procedura di gara condusse alla costituzione della società per azioni "Siciliacque" con capitale al 75% di privati, al 20% della Regione ed al 5% dell'E.A.S., alla quale, con convenzione del 20 aprile 2004, fu affidata la gestione degli schemi acquedottistici e del servizio erogazione di acqua per uso idropotabile.
L'art. 1 della legge regionale 31 maggio 2004, n. 9, con decorrenza 1 settembre 2004, ha quindi posto l'E.A.S. in liquidazione, trasferito alla Regione le sue partecipazioni azionarie e consentito il comando di suo personale presso l'Amministrazione regionale senza oneri a carico di quest'ultima.
Per quanto attiene al personale dell'Ente, i commi 2quater e quinquies dell'art. 23 della legge regionale n. 10/99, inseriti dagli artt. 37 della legge regionale n. 2/2002 e 76 della legge regionale n. 20/2003, hanno peraltro disposto rispettivamente il prioritario utilizzo dei dipendenti dell'E.A.S. da parte delle società di gestione del servizio idrico anche integrato ed, all'eventuale liquidazione e cessazione dell'attività dell'E.A.S., il trasferimento del personale stesso agli enti pubblici regionali di cui all'art. 1 della legge regionale n. 10/2000.
Nel contesto della vicenda della liquidazione e cessazione delle attività dell'Ente sopra delineata, si inserisce la previsione normativa dell'art. 2 del disegno di legge n. 192 testé approvato, che dispone l'inserimento in un ruolo speciale ad esaurimento presso la Presidenza della Regione di personale pari, secondo gli elementi informativi acquisiti ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. n. 488/69 (all.to 1), a 479 unità, di cui 14 dirigenti, 72 di cat. D, 390 di cat. C e 3 di cat. B, prevedendone l'utilizzo da parte dell'E.A.S. in liquidazione, di amministrazioni comunali e provinciali, degli enti di cui all'art. 1 della legge regionale n. 10/2000 e delle agenzie e degli uffici dell'Amministrazione regionale.
L'iniziativa legislativa appare connotarsi unicamente quale strumento per garantire stabilità occupazionale a una determinata categoria di dipendenti. L'inserimento nei ruoli regionali non è infatti connesso a comprovate e specifiche esigenze di pubblico interesse, mancando una preventiva ponderata verifica delle eventuali vacanze negli organici e della necessità di avvalersi del personale in questione in assenza del trasferimento di nuove funzioni e compiti agli uffici regionali.
Che l'immissione nell'Amministrazione regionale di detto personale non sia supportata da obiettive esigenze funzionali emerge anche dal rilievo che i dipendenti in questione, secondo il dettato dell'art. 2, saranno utilizzati dall'E.A.S. in liquidazione e da amministrazioni comunali e provinciali, nonché dagli enti di cui all'art. 1 della legge regionale n. 10/2000, dalle agenzie e - in ultimo - negli uffici della Regione.
E' dunque evidente che il legislatore ha inteso privilegiare le pur plausibili aspettative di stabilità occupazionale dei soggetti destinatari della norma, piuttosto che le effettive esigenze della pubblica amministrazione regionale consistenti nel raggiungimento del fine istituzionale con il minore sacrificio economico possibile. L'intervento legislativo in questione si risolve così in un provvedimento di carattere assistenziale, di sostegno all'occupazione, adottato al di fuori dei vincoli che, secondo Costituzione, incontrano i rapporti di pubblico impiego.
Codesta Ecc.ma Corte con consolidata giurisprudenza (ex plurimis sentenze n. 205 del 1996, nn. 59 e 153 del 1997) ha precisato il significato del principio di buon andamento della pubblica amministrazione posto dall'art. 97 della Costituzione affermando, innanzitutto, che, in relazione a tale principio, nessun rilievo può assumere sia la natura, di diritto pubblico o privato, sia la stabilità e la durata del rapporto di impiego con la pubblica amministrazione.
L'applicabilità dell'art. 97 della Costituzione, pena la sua elusione, dipende infatti dalla natura pubblica del soggetto cui fa capo il rapporto di impiego e non dalle caratteristiche dello strumento giuridico utilizzato per costituirlo.
Inoltre secondo i principi di buon andamento e imparzialità della P.A. spetta in generale al legislatore sia statale che regionale un vasto ambito di discrezionalità, ma il relativo potere di apprezzamento non si sottrae al sindacato di costituzionalità, sotto il profilo della non arbitrarietà e della ragionevolezza delle scelte, sindacato tanto più rigoroso quanto più marcata è, come nella fattispecie oggetto di censura, la natura provvedimentale dell'art. 2 della delibera legislativa che si intende impugnare, secondo cui entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge i 479 dipendenti dell'E.A.S. confluiranno senz'altro in un ruolo speciale transitorio e saranno immessi nell'organizzazione amministrativa regionale.
Dai principi posti dall'art. 97 della Costituzione, e specialmente da quello di buon andamento, discende, come acclarato da codesta ecc.ma Corte nella citata sentenza n. 153 del 1997 "quale elemento di giudizio di ragionevolezza, che l'espansione dell'impiego presso le amministrazioni pubbliche deve dipendere dalla preventiva e condizionata valutazione delle oggettive esigenze di personale per l'esercizio di pubbliche funzioni".
Affinché l'interesse dell'amministrazione pubblica non sia subordinato a quello del personale e non si determini "quell'inversione di priorità tra pubblico e privato", che codesta Corte ha ritenuto in contrasto con le esigenze di buon andamento proclamate dall'art. 97 della Costituzione, occorre quindi che "il tipo di rapporto di impiego previsto dalla legge sia controllabile in sede di giudizio sulla ragionevolezza della scelta legislativa, con riferimento a tale presupposta valutazione in ordine alle necessità funzionali della P.A".
Rispetto alle esigenze funzionali dell'Amministrazione, eventuali ulteriori motivazioni legislative, quale quella della salvaguardia della stabilità occupazionale dei dipendenti dell'E.A.S., possono ritenersi soltanto aggiuntive ma non certo sostitutive.
Al riguardo, in merito alla consistenza della dotazione di personale dell'Amministrazione regionale, non può sottacersi che la Corte dei conti, in occasione del giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione siciliana per l'esercizio finanziario 2007, ha posto la sua attenzione sull'incremento notevole nel triennio 2005/2007, riscontrato negli impegni di spesa relativi agli oneri per il personale a tempo indeterminato e determinato (+18,10%) e sull'elevato numero degli stessi (21.104 al 31 dicembre 2007, di cui 2.245 dirigenti e 3.496 unità con contratti di lavoro a tempo determinato). La Corte dei conti nella cennata decisione ha altresì evidenziato come "le misure volte al contenimento dei costi previsti dal legislatore regionale con la legge n. 1 del 30 gennaio 2006 non apparissero idonee al conseguimento dei risparmi di spesa previsti, relativamente a tale aggregato di costo, dall'art. 1, comma 198, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006), né a garantire il rispetto dei vincoli in materia di assunzioni fissati dall'art. 1, comma 98, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria per il 2005)" ed ha richiamato, conseguentemente, "l'attenzione del Governo regionale sulla esigenza di intraprendere le opportune iniziative utili a fronteggiare il rischio di possibili futuri notevoli incrementi dei costi, tenuto conto anche dell'incidenza che gli stessi hanno sul totale delle spese correnti".
La Corte dei conti ha anche riscontrato la mancata adozione del piano di riorganizzazione dell'Amministrazione regionale con cui avrebbero dovuto essere eliminate le duplicazioni organizzative e funzionali e razionalizzate le competenze delle strutture omogenee con conseguente miglioramento della funzionalità e dell'efficienza. Il piano era stato previsto dall'art. 11 della legge regionale n. 2 del 2007 (successivamente abrogato), che il legislatore siciliano aveva adottato nel quadro di interventi finalizzati al ridimensionamento della spesa pubblica e al rispetto del patto di stabilità interno per il 2007.
Il presidente delle sezioni riunite della Corte dei conti, nel corso dell'audizione tenutasi il 27 novembre 2008 in commissione legislativa "Bilancio" sui contenuti dei disegni di legge relativi alla legge finanziaria e del bilancio di previsione per il prossimo esercizio (all. 3) ha inoltre affermato che per risolvere le attuali "criticità del bilancio regionale è indispensabile attuare severi interventi strutturali che incidano con effetti di contenimento sulla spesa corrente nelle sue componenti macro relative alla struttura organizzativa e del personale della Regione, degli enti, agenzie e società che gravitano nell'ambito della finanza pubblica regionale". L'alto magistrato ha anche rilevato che "in sede di predisposizione dei documenti contabili le previsioni di spesa non sono state costruite in modo tale da assicurare a consuntivo il rispetto delle regole del patto di stabilità interno".
In tale contesto economico-finanziario non può quindi non ritenersi che l'art. 2 del disegno di legge testé approvato, nel disporre l'inserimento nei ruoli della Regione di un consistente numero di dipendenti, in assenza di una plausibile ratio legata ad obiettive esigenze organizzative dell'Amministrazione, rende palese quel rovesciamento di priorità tra interesse dell'istituzione alla funzione ed interesse delle persone all'impiego, che la Costituzione all'art. 97 ha inteso evitare.
Parametro costituzionale quest'ultimo invocabile anche in presenza di competenza esclusiva del legislatore siciliano in materia di ordinamento degli uffici e degli enti regionali e di stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della Regione ex art. 14, lett. p) e q) dello Statuto speciale.
Codesta ecc.ma Corte al riguardo ha chiarito nelle sentenze n. 94, n. 274 e n. 312 del 2004 che, nel nuovo assetto costituzionale scaturito dalla riforma del Titolo V, lo Stato può impugnare in via principale una legge regionale deducendo la violazione di qualsiasi parametro costituzionale, poiché allo stesso è "riservata nell'ordinamento generale della Repubblica, una posizione peculiare desumibile non solo dalla proclamazione di principio di cui all'art. 5 della Costituzione, ma anche dalla ripetuta evocazione di un'istanza unitaria manifestata dal richiamo del rispetto della Costituzione nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, come limiti di tutte le potestà legislative".

Per i motivi suesposti

e con riserva di presentazione di memorie illustrative nei termini di legge, il sottoscritto prefetto dott. Alberto Di Pace, Commissario dello Stato per la Regione siciliana, ai sensi dell'art. 28 dello Statuto speciale, con il presente atto

Impugna

L'art. 2 del disegno di legge n. 192 dal titolo "Norme in materia di gestione del Servizio idrico integrato e di personale", pervenuto a questo Commissario dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello Statuto speciale, il 13 dicembre 2008 per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione.
Palermo, 17 dicembre 2008.
Il Commissario dello Stato per la Regione siciliana: DI PACE
(2009.2.125)046
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MICHELE ARCADIPANE, direttore responsabile
FRANCESCO CATALANO, condirettoreMELANIA LA COGNATA, redattore

Ufficio legislativo e legale della Regione Siciliana
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