REPUBBLICA ITALIANA
GAZZETTA UFFICIALE
DELLA REGIONE SICILIANA

PARTE PRIMA
PALERMO - VENERDÌ 7 DICEMBRE 2007 - N. 57
SI PUBBLICA DI REGOLA IL VENERDI'

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DISPOSIZIONI E COMUNICATI

CORTE COSTITUZIONALE


Ordinanza del 20 giugno 2007, emessa dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia sul ricorso proposto da Zingale Pino c/Consiglio di Presidenza della Corte dei conti ed altri.

(Pubblicazione disposta dal Presidente della Corte costituzionale a norma dell'art. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87).
N. 759 reg. ordinanze 2007
Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione prima, ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso n. 173/2007, sezione prima, proposto da Zingale Pino, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Pitruzzella e Fabio Raneri, come da procure a margine, rispettivamente, del ricorso principale e del ricorso per motivi aggiunti, elettivamente domiciliato nello studio del secondo in Palermo, via Di Marco n. 29;

Contro

il Consiglio di Presidenza della Corte dei conti, la Corte dei conti, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Ufficio studi e rapporti istituzionali, servizio per il personale delle magistrature, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo presso cui domiciliano per legge in via Alcide De Gasperi n. 81;

e nei confronti

della Riscossione Sicilia S.p.A. e della Presidenza della Regione siciliana, non costituitesi in giudizio;

per l'annullamento previa sospensione

Quanto al ricorso principale:
-  del diniego di autorizzazione ad assumere l'incarico di revisore contabile presso la Riscossione Sicilia S.p.A. deliberato dal Consiglio di Presidenza della Corte dei conti nella seduta del 18 gennaio 2007;
-  della deliberazione dello stesso Consiglio di Presidenza n. 30 del 19 gennaio 2007;

e per la declaratoria

del diritto all'autorizzazione ad accettare l'incarico di revisore contabile presso la Riscossione Sicilia S.p.A.
Quanto ai motivi aggiunti:
-  del diniego di autorizzazione ad assumere l'incarico di revisore contabile presso la Riscossione Sicilia S.p.A. deliberato dal Consiglio di Presidenza della Corte dei conti nella seduta del 18 gennaio 2007;
-  della deliberazione dello stesso Consiglio di Presidenza n. 30 del 19 gennaio 2007;
-  dell'ulteriore deliberazione di diniego n. 164 del 20 aprile 2007;

e per la declaratoria

del diritto all'autorizzazione ad accettare l'incarico di revisore contabile presso la Riscossione Sicilia S.p.A.
Visti il ricorso introduttivo del giudizio ed i motivi aggiunti;
Visti l'atto di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate e la memoria prodotta dal Consiglio di Presidenza della Corte dei conti;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore il referendario Achille Sinatra;
Uditi, in occasione dell'adunanza camerale del primo giugno 2007, i procuratori delle parti come da verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto:

Fatto

1.  -  Con il ricorso principale del giudizio n. 173/2007 r.g., notificato il 24 gennaio 2007 e depositato il successivo giorno 26, il consigliere della Corte dei conti dott. Pino Zingale, in servizio presso la sezione giurisdizionale della Corte per la Regione siciliana, ha impugnato la deliberazione del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti, assunta nell'adunanza del 17-18 gennaio 2007, che ha respinto l'istanza del magistrato di autorizzazione ad assumere l'incarico di revisore contabile presso la "Riscossione Sicilia" S.p.A. per la durata di tre anni, ed ha indetto una procedura concorsuale riservata ai magistrati della Corte in servizio presso gli uffici aventi sede in Sicilia.
Il diniego è stato pronunciato sulla scorta della seguente motivazione: "Considerato che il Consiglio di Presidenza, nell'adunanza del 20 dicembre 2006, ha ritenuto -  anche alla luce dei principi esplicitati nella sentenza della Corte costituzionale n. 224/99, in particolare al punto 9 della parte normativa (recte: motiva) - che detto incarico non sia autorizzabile ai sensi dell'art. 2, comma 3, del D.P.R. n. 388/95, e dei relativi criteri applicativi, approvati con deliberazione n. 227 in data 28 giugno 2002 e successive modificazioni (art. 6, comma 1, lett. c)".
La nomina del consigliere Zingale a revisore dei conti della "Riscossione Sicilia" S.p.A. è stata richiesta sulla scorta dell'art. 3 della legge regionale siciliana 5 dicembre 2006, n. 21 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 56 del 7 dicembre 2006, ed entrata in vigore, per disposizione dell'art. 8 della medesima legge, il giorno successivo a quello della sua pubblicazione), che prevede che l'incarico di revisore contabile della "Riscossione Sicilia" S.p.A. debba essere ricoperto da un magistrato della Corte dei conti in servizio presso gli uffici della stessa Corte dislocati nella Regione siciliana.
La "Riscossione Sicilia" S.p.A., a norma dell'art. 2 della legge regionale 22 dicembre 2005, n. 19 (recante "Misure finanziarie urgenti e variazioni al bilancio della Regione per l'esercizio finanziario 2005. Disposizioni varie") è la società a capitale pubblico maggioritario regionale cui sono riferiti, in Sicilia, gli obblighi, i diritti e i rapporti che in ambito nazionale fanno capo alla Riscossione S.p.A. ai sensi del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito nella legge 2 dicembre 2005, n. 248.
In particolare, per l'art. 2, comma 2, della suddetta legge regionale n. 19/2005, a decorrere dall'1 ottobre 2006 è soppresso il sistema di affidamento in concessione del servizio regionale della riscossione e le funzioni relative alla riscossione in Sicilia sono esercitate dalla Regione mediante la "Riscossione Sicilia" S.p.A.
2.  -  Il ricorso principale in questione censura il provvedimento richiamato per i seguenti motivi (si seguirà la numerazione contenuta in ricorso):
2) Difetto di motivazione - disparità di trattamento.
Il diniego d'autorizzazione impugnato si esprime nel senso che l'incarico in questione non sarebbe autorizzabile ai sensi dell'art. 2, comma 3, D.P.R. n. 355/95 e dell'art. 6, comma 1, lett. C della deliberazione del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti n. 227/2002; ma la prima delle due norme richiamate dispone che il Consiglio medesimo deve valutare l'istanza dell'interessato alla luce di numerosi parametri, quali natura e tipo dell'incarico, il suo fondamento normativo, la compatibilità dell'attività d'istituto, e così via; mentre la seconda fa riferimento all'assenza di condizioni che, tenuto conto delle circostanze ambientali (e, in particolare, dell'ambito territoriale dell'ufficio di appartenenza) siano tali da determinare una situazione pregiudizievole per l'indipendenza e l'imparzialità del magistrato.
Il provvedimento difetterebbe di idonea motivazione in quanto non avrebbe sufficientemente specificato quali sarebbero, nel caso in esame, le circostanze ambientali atte a determinare, in concreto, la situazione pregiudizievole contemplata dall'art. 6, comma 1, lett. C della citata deliberazione; nè, a questo fine, gioverebbe il richiamo a Corte Cost. n. 224/99, giacchè tale pronunzia, da un canto, riguarderebbe unicamente gli incarichi conferiti dalla Corte (mediante procedura concorsuale), e non quelli solo autorizzati dalla medesima; e, d'altro canto, la medesima sentenza ha affermato che anche per gli incarichi previsti dalle leggi regionali il Consiglio di Presidenza della Corte dei conti conserva intatti i suoi poteri-doveri di deliberazione sulla sola base della normativa statale che disciplina in generale la materia.
Non potrebbe neppure ipotizzarsi che la motivazione dell'atto impugnato abbia inteso fare riferimento al fatto che il consigliere Zingale presti servizio in Sicilia, poiché in tal caso, per ravvisare l'incompatibilità, sarebbe stato utilizzato dal Consiglio, inammissibilmente, un criterio meramente presuntivo.
3) Violazione e falsa applicazione dell'art. 2, comma 3, del D.P.R. n. 388/95 dell'art. 6, comma 1, lett. C della deliberazione n. 227 del 22 giugno 2002.
L'art. 3 della legge regionale n. 21/2006 prevede che l'incarico di revisore contabile della "Riscossione Sicilia" S.p.A. debba essere ricoperto da un magistrato in servizio presso gli uffici siciliani della Corte dei conti, così escludendo che possa ravvisarsi, in astratto, una causa di incompatibilità nel solo fatto che il magistrato prescelto operi nell'isola, e consentendo, residualmente, che il Consiglio di Presidenza della Corte dei conti possa valutare unicamente cause di incompatibilità in concreto, ossia - eventualmente - relative al singolo magistrato.
La sentenza della Corte costituzionale n. 224 del 1999, inoltre, non avrebbe escluso che, nel sistema di cui all'art. 3, comma 4, D.P.R. n. 388/95, possano essere autorizzati anche incarichi di tipo nominativo ed ispirati all'intuitu personae, e che il criterio dell'esercizio di funzioni in un dato ambito regionale possa valere unicamente quale semplice delimitazione territoriale della scelta; criterio, quest'ultimo, che nel caso in esame sarebbe coerente con l'esigenza che il prescelto sia in possesso di una specifica competenza in tema di riscossione nella Regione siciliana (competenza che certamente è riscontrabile in capo al consigliere Zingale). Ed il meccanismo delineato dalla norma regionale in parola sarebbe proprio quello della scelta da parte dell'Amministrazione regionale, e non quello della procedura concorsuale.
Ancora, la citata pronunzia della Corte non avrebbe interdetto che l'incarico venga conferito anche ad un magistrato in servizio in Sicilia, bensì che la designazione sia effettuata tra i soli magistrati operanti nella regione.
Sulla scorta di tali motivi, il consigliere Zingale ha chiesto l'annullamento del diniego impugnato, previa la sua sospensione in sede cautelare.
3. - Con l'ordinanza n. 191/2007, adottata nella camera di consiglio del 6 febbraio 2007, depositata in segreteria in pari data, questo T.A.R. ha ritenuto che il ricorso principale presentasse profili di fondatezza, e che al danno prospettato dal ricorrente si potesse ovviare mediante un riesame del provvedimento impugnato alla stregua di una complessiva valutazione della normativa statale e regionale di riferimento e dei criteri di cui alla deliberazione n. 227/2002 del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti.
Quest'ultimo, nell'adunanza del 28-29 marzo 2007, in ottemperanza al disposto dell'ordinanza cautelare, ha emesso, in sede di riesame dell'istanza del ricorrente, un nuovo provvedimento di diniego, motivato sulla scorta delle seguenti considerazioni:
-  come precisato da Corte cost. n. 224/99, rientra nella discrezionale potestà del legislatore prevedere l'attribuzione di determinati incarichi a magistrati operanti sul territorio, purché la delimitazione territoriale, per il contesto normativo e le caratteristiche degli incarichi, non comporti la lesione dell'indipendenza e dell'imparzialità dei magistrati, di cui agli artt. 100 e 108 Cost., e purché la normativa stessa non confligga con le regole che governano la materia di competenza (per la loro incidenza sullo status magistratuale) del legislatore statale;
-  la citata pronunzia della Corte ha sottolineato che alcuna norma regionale può generare un obbligo di autorizzazione in capo all'organo di autogoverno della magistratura contabile;
-  nel caso di specie la scelta diretta effettuata dall'Amministrazione regionale comporterebbe l'accentuarsi di rischi di intreccio fra le funzioni istituzionali assegnate al consigliere Zingale e l'incarico da svolgere, evidenziando profili di incompatibilità in concreto, in violazione dell'art. 2, commi 2 e 3, D.P.R. n. 388/95, trasfusi nella deliberazione del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti n. 227/2002;
-  anche le concrete modalità con cui si è evoluta la vicenda (il probabile riferimento è ad un precedente diniego del 5 maggio 2006, cui hanno fatto seguito una nuova istanza del consigliere Zingale - quella oggetto dei provvedimenti impugnati in questo giudizio -, l'intervenuta approvazione della legge regionale n. 21/2006, ed una nota di sollecito inviata al Consiglio di Presidenza dal Presidente della Regione siciliana il 21 marzo 2007) evidenzierebbero un rischio di concreta incompatibilità;
-  un'interpretazione costituzionalmente orientata della legge regionale n. 21/2006 consentirebbe di ritenere ammissibile l'indizione di una procedura selettiva di tipo concorsuale fra tutti i magistrati della Corte dei conti adibiti agli uffici siciliani, in alternativa alla diretta investitura da parte dell'Amministrazione regionale, la quale comporterebbe la violazione di elementari principi di indipendenza ed imparzialità, anche in considerazione delle dimensioni e della complessità operativa dell'incarico.
4.  -  La determinazione assunta dal Consiglio di Presidenza della Corte dei conti è stata gravata dinanzi a questo T.A.R. dal consigliere Zingale mediante la proposizione di motivi aggiunti al ricorso n. 173/2007, notificati il 26 aprile 2007 e depositati in data 11 maggio 2007.
Tale atto - non formalmente suddiviso in separati motivi di doglianza, e, quindi, valutato da questo decidente nel suo complesso in modo da intendere l'oggetto dell'impugnazione secondo il senso in cui può essere normalmente inteso dal destinatario per il suo tenore (Cons. Stato, sez. VI, 27 febbraio 2006, n. 838) censura nuovamente il provvedimento citato per difetto di motivazione o motivazione apparente; nega, inoltre, che l'applicazione della citata norma regionale possa comportare rischi di intreccio fra le funzioni istituzionali assegnate al magistrato e l'attività extraistituzionale da svolgere ed evidenzia l'unanimità di consensi che tale norma avrebbe incontrato in sede di sua approvazione; nega, ancora, che le concrete modalità di svolgimento della vicenda possano comportare profili d'incompatibilità; conferma, in definitiva, i motivi d'impugnazione già espressi nel ricorso principale.
Anche nell'ambito dei motivi aggiunti, in uno alla richiesta d'annullamento del provvedimento adottato dall'Amministrazione in sede di riesame, è stata proposta dal consigliere Zingale una domanda cautelare di sospensione del provvedimento con essi gravato, nella quale il ricorrente ha messo in luce i profili di danno grave ed irreparabile - alle sue prerogative di arricchimento professionale e alla sua immagine professionale - che egli verrebbe a subire per effetto del provvedimento impugnato.
Nella camera di consiglio del primo giugno 2007 l'istanza cautelare formulata nell'ambito dei motivi aggiunti è stata posta in decisione.
5.  -  Frattanto, con successivo ricorso iscritto al n. 256/2007 r.g. di questo T.A.R., il consigliere Zingale ha impugnato anche il bando per il conferimento dell'incarico di revisore contabile della "Riscossione Sicilia" S.p.A. indetto dal Consiglio di Presidenza della Corte dei conti con il medesimo provvedimento del 18 gennaio 2007 (già impugnato con il ricorso n.r.g. n. 173/2007, qui in esame) e diramato con la circolare n. 764 del 30 gennaio 2007, riservato ai magistrati della Corte che prestano servizio in Sicilia.
Tale atto è stato censurato mediante due motivi.
Il primo di essi è rubricato "Violazione di legge - incompetenza", ed espone che l'art. 3 della legge regionale n.21/2006, formulato nel senso che il revisore contabile "è scelto dall'Amministrazione regionale" tra i magistrati della Corte dei conti in servizio preso gli uffici siciliani, avrebbe riservato all'Amministrazione regionale il potere-dovere di scelta del revisore, con l'assunzione delle relative responsabilità politiche, sicchè, da un lato, l'Amministrazione regionale non potrebbe rinunciare ad esercitare il potere di scelta demandatole dalla legge regionale, e, d'altro lato, al Consiglio di Presidenza della Corte dei conti non residuerebbero margini di scelta del revisore, neppure mediante una procedura di tipo concorsuale (il c.d. interpello), nel quale il voto c.d. discrezionale dei componenti assumerebbe valore determinante.
Il secondo motivo è intitolato "Illogicità - contraddittorietà manifesta - disparità di trattamento", e deduce che l'essere incardinato in un ufficio siciliano non comporterebbe incompatibilità con l'incarico per il quale era stato prescelto il consigliere Zingale.
L'efficacia del bando in questione era stata, successivamente, sospesa dal Consiglio di Presidenza della Corte dei conti, che, tuttavia, aveva poi provveduto a riattivarla mediante il provvedimento assunto nell'adunanza del 27-28 marzo 2007.
Avverso tale determinazione relativa all'interpello il consigliere Zingale è insorto attraverso la proposizione di un primo ricorso per motivi aggiunti al già menzionato ricorso n. 256/97, ritualmente proposto, nel quale sono stati riprodotti i due motivi d'impugnazione già svolti nel ricorso principale.
All'esito della selezione di cui al citato bando il Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti ha designato per la nomina a revisore dei conti della "Riscossione Sicilia" S.p.A. il consigliere dott. Maurizio Graffeo, in servizio presso la sezione di controllo della Corte per la Regione siciliana.
I relativi provvedimenti (graduatoria finale dell'interpello ed atto di designazione) sono stati censurati mediante un secondo ricorso per motivi aggiunti - anch'esso ritualmente proposto - nel medesimo giudizio n.r.g. n. 256/2007, nel quale sono stati riprodotti i due motivi di doglianza contenuti nei precedenti atti, e sono stati, inoltre, proposti una censura d'illegittimità derivata ed una relativa alla asserita incompatibilità del vincitore e di un altro magistrato il cui nominativo figura nella graduatoria finale.
Anche mediante tale ultimo atto di ricorso per motivi aggiunti il consigliere Zingale ha proposto domanda di sospensione degli atti gravati, che è stata assunta in decisione nella camera di consiglio del primo giugno 2007, nella quale il Collegio ha adottato un provvedimento di sospensione del giudizio in relazione alla pendenza della questione di legittimità costituzionale sollevata con la presente ordinanza.

Diritto

1. - Con i motivi aggiunti al ricorso n. 173/2007 r.g. il consigliere Zingale censura il provvedimento di diniego assunto in sede di riesame (conseguente all'ordinanza cautelare n. 191/2007 di questo T.A.R.) della sua istanza di autorizzazione ad assumere l'incarico della "Riscossione Sicilia" S.p.A., e, nell'ambito di tale impugnazione, propone la domanda cautelare di sospensione dell'atto gravato.
La materia del contendere ruota intorno all'art. 3 della legge regionale n. 21/2006, il quale dispone:
"Al fine di garantire le finalità di cui al disposto dell'art. 3, comma 3, del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, recepito dall'art. 2 della legge regionale 22 dicembre 2005, n. 19, il revisore contabile è scelto dall'Amministrazione regionale tra i magistrati della Corte dei conti, in servizio presso gli uffici della Corte dei conti aventi sede in Sicilia, in possesso, per tutta la durata del mandato, dei requisiti di cui all'art. 2409-quinquies del codice civile.".
Il collegio, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata, solleva questione di legittimità costituzionale della su riportata norma regionale, nei termini che di seguito si enunciano.
2.  -  A proposito della rilevanza della questione nel presente giudizio, compresa la fase cautelare, il collegio osserva quanto appresso.
2.1 -  In via preliminare è opportuno premettere che - come ha avuto modo di affermare la Corte costituzionale, ad esempio, con ordinanza 27 gennaio 2006, n. 25 -, il giudice amministrativo ben può sollevare questione di legittimità costituzionale in sede cautelare, sia quando non provveda sulla domanda cautelare, sia quando conceda la relativa misura, purché tale concessione non si risolva, per le ragioni addotte a suo fondamento, nel definitivo esaurimento del potere cautelare del quale in quella sede il giudice amministrativo fruisce.
Nel caso in esame, la rilevanza della questione già in sede cautelare è attestata, innanzitutto, dalla effettiva sussistenza dei profili di danno prospettati dal ricorrente, che il Collegio aveva riscontrato già in occasione dell'ordinanza propulsiva n. 191/2007, in esecuzione della quale il Consiglio di Presidenza della Corte dei conti ha provveduto in sede di riesame dell'istanza del magistrato interessato, opponendo al consigliere Zingale un nuovo diniego.
Il pregiudizio in parola, non ristorabile per equivalente, è certamente ravvisabile nella perdita dell'occasione, per il magistrato interessato, di arricchire la propria esperienza professionale mediante l'effettivo svolgimento di un incarico la cui assunzione riveste profili di alta responsabilità e di indiscutibile, primario, rilievo per la finanza regionale - specie ove si consideri che la "Riscossione Sicilia" S.p.A. è ente di nuova costituzione -; e che, di conseguenza, garantirebbe al consigliere Zingale l'accrescimento ulteriore della sua già ben nota qualità di esperto della materia della riscossione.
2.2 - Con riguardo al fumus boni juris, che pure deve essere valutato in sede cautelare, il collegio rileva quanto segue.
Le motivazioni del provvedimento del 28-29 marzo 2007, esposte in narrativa, fanno perno - in sintesi - su di un'interpretazione dell'art. 3 della legge regionale n. 21/2006 che il Consiglio di Presidenza della Corte dei conti definisce "costituzionalmente orientata" (in quanto essa sarebbe ispirata ai principi di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 224/99), e che, alla - asserita - possibilità che l'indipendenza e l'imparzialità del magistrato siano vulnerate dalla designazione nominativa operata dall'Amministrazione regionale, tende a contrapporre una lettura della norma tesa a privilegiare la sussistenza del potere del Consiglio di Presidenza di indire una procedura selettiva di tipo concorsuale riservata ai magistrati operanti in Sicilia.
Con i motivi aggiunti al ricorso n. 173/2007 il consigliere Zingale contesta espressamente la legittimità di tale impostazione, e, di converso, sostiene che spetti, esclusivamente, alla stregua del compendio normativo di riferimento, all'Amministrazione regionale il potere di scelta del magistrato cui affidare l'incarico di revisore dei conti della "Riscossione Sicilia" S.p.A.
La doglianza appare fondata.
Milita in favore dell'accoglimento del motivo in esame la lettera della norma sospettata d'incostituzionalità, la quale testualmente, dispone che "il revisore contabile è scelto dall'Amministrazione regionale tra i magistrati della Corte dei conti, in servizio presso gli uffici della Corte dei conti aventi sede in Sicilia".
Siffatta espressione non sembra far residuare spazi di sorta per l'esercizio di poteri da parte di soggetti diversi dall'Amministrazione regionale siciliana, alla quale, inoltre, pare demandare esclusivamente una scelta intuitu personae, svincolata da altri parametri che non quello - previsto dalla stessa norma  -  del possesso dei requisiti di cui all'art. 2409/quinques del codice civile.
In effetti, nei casi in cui il legislatore regionale ha voluto affidare il compito di scegliere i revisori dei conti di un ente regionale alla magistratura del quale il soggetto designato avrebbe dovuto essere espressione, lo ha fatto expressis verbis: è il caso, ad esempio, dell'art. 5 della legge regionale 6 marzo 1976, n. 25 (Disposizioni per i centri interaziendali per l'addestramento professionale nell'industria), peraltro oggetto di dichiarazione di illegittimità costituzionale nella parte in cui prevedeva che i magistrati della Corte nominati revisori dovessero essere scelti fra quelli in servizio in Sicilia ad opera della più volte citata sentenza n. 224/99.
La rilevanza della questione sollevata dal collegio appare evidente: la ravvisata fondatezza del motivo ricordato alla luce della norma sospettata di incostituzionalità comporterebbe la sussistenza del fumus boni juris, necessario ai fini della concessione della cautela, nonché, in sede di esame di ricorso nel merito, il suo accoglimento, con il conseguente annullamento del provvedimento del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti impugnato.
Laddove, per contro, con il riferimento al profilo della non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità qui sollevata, il collegio ritiene che l'art. 3 della legge regionale n. 21/2006 contrasti con l'art. 100, terzo comma, Cost., per il quale la legge assicura l'indipendenza della Corte e dei suoi componenti di fronte al Governo (e, ovviamente, anche di fronte all'esecutivo regionale), nonché dell'art. 108, secondo comma, Cost., secondo cui la legge assicura l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali.
3.  -  Delle nomine dei revisori dei conti in vari enti dipendenti dalla Regione siciliana si è occupata la sentenza della Corte costituzionale 3 giugno 1999, n. 224, che entrambe le parti del presente giudizio richiamano ripetutamente - sebbene, ovviamente, prospettandone letture tendenti a fini opposti tra di loro -.
In quella circostanza, in cui si trattava di vagliare la legittimità costituzionale dell'art. 15 della legge regionale 14 settembre 1979, n. 212 e dell'art. 5 della legge regionale 6 marzo 1976, n. 25, il giudice delle leggi ha stabilito i seguenti principi:
-  occorre distinguere fra la disciplina legislativa che determina la possibilità, i limiti, le condizioni e le modalità per l'attribuzione a magistrati (dell'ordine giudiziario o delle magistrature speciali) di incarichi estranei ai loro compiti di istituto, e una disciplina legislativa che, sul presupposto di quella, preveda l'attribuzione a magistrati di determinati incarichi;
-  la prima attiene allo status del magistrato, e rientra dunque nell'ambito della riserva di legge statale sancita dall'art. 108, primo comma, della Costituzione;
-  la seconda, invece, presuppone l'esistenza della prima, e non incide sulla materia regolata da essa, in quanto dispone in merito all'organizzazione di apparati e di attività della Regione stessa, o da essa dipendenti, prevedendo l'utilizzo di singoli magistrati, per compiti che comportino l'attribuzione di incarichi, estranei a quelli di istituto, conferiti o autorizzati nei limiti, sulla base dei presupposti e con le modalità previste dalla normativa di status applicabile;
-  la delimitazione territoriale, di per sé considerata, non esprime altro che un criterio di scelta delle persone da incaricare in base alle esigenze proprie del soggetto che provvede in tal modo;
-  tuttavia, la delimitazione territoriale contrasta con le esigenze di salvaguardia e di indipendenza dei magistrati, e, dunque, risulta lesiva dell'art. 100, terzo comma, e dell'art. 108, secondo comma, Cost., nel caso in cui - per il contesto normativo in cui si colloca e per le caratteristiche concrete degli incarichi - renda palese la contaminazione fra controlli interni agli enti (operati proprio dai revisori dei conti) e controlli esterni operati dalle sezioni siciliane della Corte dei conti.
4. -  Ritiene il collegio che l'art. 3 della legge regionale n. 21/2006, formulato nel senso che il revisore contabile "è scelto dall'Amministrazione regionale" tra i magistrati della Corte dei conti in servizio preso gli uffici siciliani, contrasti con le norme costituzionali indicate in precedenza, proprio in quanto rende operante detta contaminazione.
Come è noto, alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti operanti in Sicilia è attribuito, a norma dell'art. 3, commi 5 e 6, legge n. 20/94, il controllo della gestione concernente il perseguimento degli obbiettivi stabiliti per l'Amministrazione regionale dalle leggi di principio e di programma, in ordine al quale la Corte dei conti riferisce, periodicamente, all'Assemblea regionale.
Più in generale, alla Corte spetta il controllo successivo sulla gestione delineato dal comma quarto dell'art. 3, legge n. 20/94, che riguarda la gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, le gestioni fuori bilancio e sui fondi di provenienza comunitaria; essa verifica la legittimità e la regolarità delle gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione; accerta, anche in base all'esito di altri controlli, la rispondenza dei risultati dell'attività amministrativa agli obbiettivi stabiliti dalla legge, valutando comparativamente costi, modi e tempi dello svolgimento dell'azione amministrativa; definisce annualmente i programmi e i criteri di riferimento del controllo sulla base delle priorità previamente deliberate dalle competenti Commissioni parlamentari a norma dei rispettivi regolamenti.
A norma dell'art. 2, comma quinto, della legge regionale 22 dicembre 2005, n. 19, la Riscossione Sicilia S.p.A. svolge le attività previste dall'art. 3, comma quarto, del decreto legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248 (misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria). Essa, in particolare:
a)  effettua l'attività di riscossione mediante ruolo, con i poteri e secondo le disposizioni di cui al titolo I, capo II, e al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, nonché l'attività di cui all'art. 4 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 237;
b)  può effettuare:
1) le attività di riscossione spontanea, liquidazione ed accertamento delle entrate, tributarie o patrimoniali, degli enti pubblici, anche territoriali, e delle loro società partecipate, nel rispetto di procedure di gara ad evidenza pubblica; qualora dette attività riguardino entrate delle regioni o di società da queste partecipate, possono essere compiute su richiesta della regione interessata ovvero previa acquisizione del suo assenso;
2) altre attività, strumentali a quelle dell'Agenzia delle entrate, anche attraverso la stipula di appositi contratti di servizio e, a tale fine, può assumere finanziamenti e svolgere operazioni finanziarie a questi connesse.
D'altra parte, non v'è dubbio che, nell'ambito dell'organizzazione societaria, il revisore contabile rivesta un ruolo fondamentale, essendo istituzionalmente preposto al controllo interno sulla gestione; egli, infatti, ai sensi dell'art. 2409-ter del codice civile, esercita le funzioni di controllo contabile, individuate nella verifica, nel corso dell'esercizio e con periodicità almeno trimestrale, della regolare tenuta della contabilità sociale e la corretta rilevazione nelle scritture contabili dei fatti di gestione; nella verifica se il bilancio di esercizio e, ove redatto, il bilancio consolidato corrispondono alle risultanze delle scritture contabili e degli accertamenti eseguiti e se siano conformi alle norme che li disciplinano; nel giudizio sul bilancio, che comprende una valutazione sulla coerenza della relazione sulla gestione con il bilancio.
Orbene, non v'è chi non veda come le due funzioni sopra - sommariamente - ricordate siano strettamente legate da un vincolo di necessaria complementarietà; e come, in particolare, la funzione del revisore contabile - che si esplica principalmente sui bilanci di una società dal valore strategico centrale per le finanze regionali e sui documenti ad esso correlati - si ponga a monte del controllo successivo sulla gestione demandato alla Corte.
Il vincolo in questione, poi, risalta maggiormente ove si pensi che l'analisi condotta dalla Corte dovrebbe individuare ed evidenziare gli obiettivi perseguiti dai soggetti controllati quali evidenziati nei documenti di bilancio, al fine di valutare in concreto la coerenza delle scelte adottate dall'ente controllato sulla base delle sue effettive disponibilità.
A riprova di ciò basti considerare, a titolo di esempio, quanto riporta la pronuncia adottata dalle sezioni riunite della Corte dei conti in sede di controllo nell'adunanza del 27 ottobre 2006, avente ad oggetto gli indirizzi e criteri di riferimento programmatico del controllo sulla gestione per l'anno 2007:
"In sede regionale le sezioni ivi istituite sono chiamate a verificare il perseguimento degli obiettivi posti dalle leggi statali o regionali di principio e di programma, nonché la sana gestione finanziaria degli enti locali ed il funzionamento dei controlli interni.
(...)
I controlli che hanno attinenza con il programma da definire sono:
1)  il controllo di regolarità amministrativa e contabile;
2)  il controllo sulla gestione "stricto jure";
3)  la valutazione dei risultati della gestione per settori;
4)  la valutazione strategica degli andamenti e dei risultati complessivi della finanza pubblica.
(...)
Le sezioni regionali di controllo sono chiamate a verificare il perseguimento degli obiettivi previsti dalle leggi statali o regionali di principio e di programma, nonché la sana gestione finanziaria degli enti locali ed il funzionamento dei controlli interni ai fini dei referti da rendere ai consigli degli enti controllati. Ciò possono fare sia attraverso l'esame dei rendiconti generali degli enti stessi, che danno ragione dei risultati conseguiti nella gestione del bilancio annuale e pluriennale, quali atti di programmazione a breve e medio termine, sia valutando selettivamente singoli settori di attività oggetto di specifiche leggi di principio e/o di programma, nonché l'attuazione e le ricadute dei controlli interni.".
5.  -  In questo substrato normativo e programmatico si inserisce l'art. 3 della legge regionale n. 21/2006, il quale - come evidenziato - attribuisce all'Amministrazione regionale controllata il potere di scegliere il revisore dei conti della società di riscossione delle entrate regionali proprio fra i soggetti istituzionalmente preposti ad effettuare il controllo sulla gestione della società medesima e, in generale, di tutto l'apparato amministrativo regionale, ossia fra i magistrati preposti agli uffici siciliani della Corte.
Tale disposizione, in disarmonia con i principi di cui agli artt. 100, terzo comma, e 108, secondo comma, Cost., si rivela, quindi, idonea a vulnerare l'imparzialità e l'indipendenza del magistrato contabile sul quale cada la scelta ampiamente discrezionale dell'Amministrazione regionale, proprio perché appare atta a realizzare quella "linea di coinvolgimento istituzionale" di tali magistrati nell'attività di controllo interno nell'ambito dell'organizzazione delle Amministrazioni, poi soggette ai poteri di controllo esterno delle sezioni siciliane della magistratura contabile, che la sentenza della Corte costituzionale n. 224 del 1999 ha ritenuto in conflitto con le norme costituzionali citate.
L'intreccio in questione, nel caso in esame, si palesa - se possibile - ancora più disarmonico, rispetto agli indicati parametri costituzionali, che non quello vagliato dal giudice delle leggi nel 1999, in quanto, alla delimitazione territoriale inderogabile (che rende imprescindibile la nomina di un magistrato operante in Sicilia) si affianca la scelta intuitu personae - e, quindi, non mediata neppure dalla selezione concorsuale operata dal Consiglio di Presidenza - dell'Amministrazione regionale della persona del revisore: il che, in linea teorica - e ferma l'incontestabile elevata statura morale e professionale del ricorrente nel giudizio a quo, e, in generale, dei magistrati della Corte dei conti attualmente in servizio in Sicilia, la quale, tuttavia, non può refluire sulla valutazione di una norma generale ed astratta - per ragioni intuitive, ben potrebbe condurre ad un'accentuazione del condizionamento insito nella citata istituzionalizzazione dell'intreccio di competenze.
6. - In conclusione, la norma regionale indicata contrasta, per le ragioni di cui in motivazione, con gli artt. 100, comma terzo, e 108, comma secondo, della Costituzione.
Posta la sua rilevanza nel presente giudizio, quest'ultimo deve essere sospeso, e deve essere ordinata la trasmissione dei relativi atti alla Corte costituzionale.
La sospensione del giudizio riguarda anche la sua fase cautelare, che il collegio reputa opportuno definire -  per le ricadute istituzionali di un eventuale accoglimento dell'istanza che agevolmente si desumono dal precedente excursus - soltanto dopo la pronuncia della Corte costituzionale sulla norma da applicare nel caso di specie.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione prima, riservata ogni ulteriore statuizione in rito, sul merito e sulle spese, visti gli artt. 34 della Costituzione, 1 della legge Cost. n. 1/1948 e 23 della legge n. 87/1953:
1)  dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 100, terzo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 della legge regionale siciliana 5 dicembre 2006, n. 21, con riguardo ai profili specificati in motivazione;
2)  dispone la sospensione del presente giudizio;
3)  ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
4)  ordina che, a cura della segreteria della sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente della Regione siciliana, nonché comunicata alla Presidenza dell'Assemblea regionale siciliana.
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del primo giugno 2007, con l'intervento dei signori magistrati:
-  Giorgio Giallombardo - presidente;
-  Agnese Anna Barone - referendario;
-  Achille Sinatra - referendario-estensore.
  Il presidente: Giallombardo L'estensore: (firma illeggibile) Il segretario: (firma illeggibile) 

Depositata in segreteria il 20 giugno 2007.
(2007.47.3433)044
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