REPUBBLICA ITALIANA
GAZZETTA UFFICIALE
DELLA REGIONE SICILIANA

PARTE PRIMA
PALERMO - VENERDÌ 13 LUGLIO 2007 - N. 31
SI PUBBLICA DI REGOLA IL VENERDI'

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DISPOSIZIONI E COMUNICATI

CORTE COSTITUZIONALE


ORDINANZA 18 giugno 2007, n. 229.

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
-  Franco Bile, presidente;
-  Giovanni Maria Flick, Francesco Amirante, Ugo De Siervo, Alfio Finocchiaro, Alfonso Quaranta, Franco Gallo, Luigi Mazzella, Gaetano Silvestri, Sabino Cassese, Maria Rita Saulle, Giuseppe Tesauro, Paolo Maria Napolitano, giudici,
ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 22, 23, comma 2, 24, comma 26, secondo periodo, 28 e 47 della delibera legislativa della Regione siciliana, approvata dall'Assemblea regionale nella seduta del 28 gennaio 2007 (disegno di legge n. 389), recante "Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2007", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana notificato il 5 febbraio 2007, depositato in cancelleria il 12 febbraio 2007 ed iscritto al n. 6 del registro ricorsi 2007.
Udito nella Camera di consiglio del 23 maggio 2007 il giudice relatore Paolo Maria Napolitano.
Ritenuto che, con ricorso notificato il 5 febbraio 2007 e depositato il successivo 12 febbraio, il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha promosso questione di legittimità costituzionale degli artt. 22, 23, comma 2, 24, comma 26, 2° periodo, 28 e 47, della delibera legislativa della Regione siciliana, approvata dall'Assemblea regionale nella seduta del 28 gennaio 2007 (disegno di legge n. 389), recante "Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2007", in riferimento agli artt. 3, 9, 51, 81, quarto comma, 97, 114 e 117, secondo e terzo comma, della Costituzione;
che, ad avviso del ricorrente, l'art. 22 della citata delibera, concernente il riconoscimento agli ex amministratori delle fondazioni e degli enti morali costituiti su iniziativa della Regione o a carico della stessa della facoltà di permanere nella carica, a semplice richiesta e senza percepire alcun compenso, con pieno diritto di voto e di partecipazione alle adunanze, viola gli artt. 3 e 97 Cost., nonché risulta invasiva delle competenze in materia di diritto civile spettanti esclusivamente allo Stato, in quanto la Regione siciliana non può ritenersi legittimata ad incidere sull'autonomia organizzativa e funzionale degli organi dei predetti enti, in deroga ai rispettivi statuti e regolamenti;
che, in particolare, non sussiste alcun motivo plausibile atto a giustificare la possibilità di restare in carica in base ad una semplice "richiesta" da parte degli amministratori (sia pur senza corresponsione di alcun compenso) "nei cui confronti sia venuta meno la qualifica di membro di diritto", poiché tale facoltà, nella previsione della su citata norma, "non è correlata né al possesso di specifici requisiti culturali e professionali strettamente attinenti all'ambito di attività della fondazione o dell, né tanto meno limitata nel tempo e nel numero rispetto alla composizione ordinaria degli organi di amministrazione";
che, sempre a parere del ricorrente, la mancanza di tali limiti, rischia, altresì, di compromettere non soltanto la funzionalità ordinaria dell'organismo collegiale, che potrebbe essere reso ipertrofico da un numero indefinito di richiedenti, ma anche il processo di determinazione della volontà dell'ente mediante l'alterazione del quorum strutturale e funzionale dei consigli di amministrazione;
che inoltre, per il Commissario dello Stato, l'art. 23, secondo comma, della stessa delibera legislativa - apportando sostanziali modifiche alla composizione e alla procedura di nomina del comitato regionale per le comunicazioni istituito dall'art. 101 della legge regionale 26 marzo 2002, n. 2, - viola gli artt. 3, 97 e 117, terzo comma, della Costituzione, in quanto prevede la possibilità di conferma per un secondo mandato dei componenti del comitato in carica e la permanenza di questi sine die nell'esercizio delle proprie funzioni (essendo gli stessi già in regime di prorogatio, in quanto il termine originario del 31 dicembre 2004 di cui all'art. 4, comma 4, della legge regionale 5 novembre 2004, n. 15, è stato prorogato al 31 dicembre 2005 dall'art. 10 della legge regionale 14 aprile 2006, n. 15), fino al rinnovo dell'organismo collegiale, ledendo in tal modo i principi di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione, come chiarito già dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 208 del 1992, in tema di prorogatio di organi amministrativi;
che, pertanto, sempre secondo il ricorrente, sembra evidente la necessità che il citato comitato sia libero di operare qualsivoglia forma di condizionamento, al fine di garantire l'autonomia e l'imparzialità dell'esercizio della funzione, esigenze queste che non sembrerebbero potersi conciliare con un eccessivo ed indeterminato protrarsi della permanenza nella carica dei suoi componenti;
che, al riguardo, il Commissario dello Stato fa presente che, proprio per garantire l'assoluta indipendenza dei suddetti comitati regionali, "l'autorità nazionale garante delle comunicazioni, vista l'intesa raggiunta in sede di conferenza permanente Stato-Regione, con la delibera n. 52/1999, ha enunciato gli indirizzi generali sui requisiti dei componenti [di tali organi prevedendo] specificatamente all'articolo 1, punto 5, unitamente alla normale durata del mandato, il divieto di rieleggibilità"; e, che: questi precetti la Regione siciliana è tenuta ad attenersi in quanto ascrivibili alla categoria dei principi generali della materia dell'ordinamento della comunicazione che l'art. 117, 3° comma, della costituzione attribuisce alla potestà legislativa concorrente delle regioni";
che, infine, l'art. 23, secondo comma, violerebbe anche il principio di eguaglianza rispetto ai componenti degli altri comitati regionali, ai quali sarebbe, invece, preclusa la possibilità di riconferma;
che, sempre secondo il Commissario dello Stato, l'art. 24, comma 26, secondo periodo della suddetta delibera legislativa, viola gli artt. 3, 51 e 97 cost., in quanto consentirebbe ai dipendenti del CEFPAS (ente regionale preposto alla formazione del personale sanitario) di essere inquadrati in particolari profili o figure professionali mediante concorsi esclusivamente riservati al personale interno, mentre "il concorso pubblico è la forma generale ed ordinaria di reclutamento per il pubblico impiego in quanto meccanismo strumentale al canone di efficienza dell'Amministrazione, poiché offre le migliori garanzie di selezione dei soggetti più capaci", che, come ripetutamente affermato dalla Corte, continua ad imporsi ai legislatori regionali anche dopo la riforma del titolo V della Costituzione (sentenze n. 274 del 2003 e n. 373 del 2002: nonché sentenze n. 194 del 2004 e n. 218 del 2002);
che viene ulteriormente ritenuto illegittimo dal ricorrente, per violazione degli artt. 3 e 97 cost., l'art. 28 del citato disegno di legge, il quale dispone che tra gli enti di cui all'art. 1, comma 1, della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10, rientrino anche le aziende delle unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere;
che, in particolare, a detta del ricorrente, l'inserimento, operato dalla norma censurata, delle citate aziende "nell'ambito di applicazione della legge che ha introdotto nell'ordinamento regionale i principi di imparzialità, trasparenza ed accesso agli atti amministrativi contenuti nella legge n. 241/1990, appare non solo inutiliter datum ma anche fuorviante. Infatti, sin dalla data di entrata in vigore della normativa statale gli uffici del servizio sanitario sono stati immediatamente destinatari ed attuatori delle disposizioni in argomento dotandosi di appositi strumenti applicativi, quali ad esempio i regolamenti aziendali, a garanzia del diritto di accesso ai documenti amministrativi";
che, lo stesso Commissario ricorda come l'Assessorato regionale della sanità (interpellato ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. 4 giugno 1969, n. 488) ha dichiarato di non essere a conoscenza di "problematiche interpretative o di contenziosi pendenti tali da motivare l'intervento del legislatore operato con l'art. 26 del disegno di legge indicato in oggetto", e che "condivisibili dunque sono le perplessità manifestate dai contenuti di detta norma di interpretazione autentica, in quanto è pacifico che le aziende sanitarie siano soggette alle previsioni della legge n. 241/90";
che, quindi, la norma censurata appare irragionevole, illogica e possibile "fonte di incertezza interpretativa sulla compatibilità della normativa statale sinora applicata con quella regionale", nonché motivo di possibili conseguenze negative sotto il profilo finanziario, potendo "il previsto ampliamento dei destinatari della legge regionale n. 10 del 1991 [...] comportare anche maggiori oneri per le aziende sanitarie, non quantificati né immediatamente quantificabili, in assenza dell'indicazione e delle assegnazioni di risorse con cui farvi fronte, [venendo, così, a violare anche] l'articolo 81, quarto comma, della Costituzione";
che, infine, l'art. 47 della stessa delibera legislativa - laddove prevede che "Nelle zone B degli strumenti urbanistici vigenti, per gli edifici da destinare ad albergo o ad altre attività di interesse pubblico, le ristrutturazioni edilizie mediante demolizione e ricostruzione sono consentite per volumi pari alla cubatura esistente dell'edificio, ancorché in atto parzialmente demolito" e che nelle aree di cui alla lettera a) dell'art. 15 della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, (provvedimenti per lo sviluppo del turismo in Sicilia) "per gli edifici preesistenti all'entrata in vigore della medesima legge, è consentito il cambio di destinazione d'uso finalizzato a realizzare strutture turistico-ricettive" - è in contrasto sia con l'art. 9 cost., in quanto esclude l'applicazione delle ordinarie procedure per l'acquisizione dei nullaosta da parte degli organi preposti alla tutela del patrimonio ambientale, sia con gli artt. 97 e 114 cost, poiché consente parametri e modalità di ristrutturazione di edifici senza alcuna considerazione delle specifiche prescrizioni tecniche attuative degli strumenti urbanistici, né, in generale, del rispetto della pianificazione urbanistica comunale.
Considerato che il Commissario dello Stato per la Regione siciliana ha promosso questione di legittimità costituzionale degli artt. 22, 23, comma 2, 24, comma 26, secondo periodo, 28 e 47, della delibera legislativa della Regione siciliana, approvata dall'Assemblea regionale nella seduta del 28 gennaio 2007 (disegno di legge n. 389), recante "Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2007", in riferimento agli artt. 3, 9, 51, 81, quarto comma, 97, 114 e 117, secondo e terzo comma, della Costituzione;
che, successivamente all'impugnazione, la predetta delibera legislativa è stata pubblicata come legge della Regione siciliana 8 febbraio 2007, n. 2 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2007), con omissione di tutte le disposizioni oggetto di censura;
che l'intervenuto esaurimento del potere promulgativo, che si esercita necessariamente in modo unitario e contestuale rispetto al testo deliberato dall'Assemblea regionale, preclude definitivamente la possibilità che le parti della legge impugnate ed omesse in sede di promulgazione acquistino o esplichino una qualche efficacia, privando così di oggetto il giudizio di legittimità costituzionale (sentenza n. 351 del 2003; ordinanze n. 410, n. 358 e n. 349 del 2006);
che, pertanto, in conformità alla giurisprudenza di questa Corte, deve dichiararsi cessata la materia del contendere.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

Dichiara cessata la materia del contendere in ordine al ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 giugno 2007.
  Il presidente: BILE Il redattore: (illeggibile) Il cancelliere: FRUSCELLA 

Depositata in cancelleria il 21 giugno 2007.
  Il cancelliere: FRUSCELLA 

(2007.27.1966)
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045
   


MICHELE ARCADIPANE, direttore responsabile
FRANCESCO CATALANO, condirettoreMELANIA LA COGNATA, redattore

Ufficio legislativo e legale della Regione Siciliana
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