REPUBBLICA ITALIANA
GAZZETTA UFFICIALE
DELLA REGIONE SICILIANA

PARTE PRIMA
PALERMO - VENERDÌ 9 MARZO 2007 - N. 11
SI PUBBLICA DI REGOLA IL VENERDI'

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DISPOSIZIONI E COMUNICATI

CORTE COSTITUZIONALE


   

Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana avverso la delibera legislativa approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 28 gennaio 2007, recante: "Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2007".

(Pubblicazione disposta dal Presidente della Corte costituzionale a norma dell'art. 24 delle norme integrative del 16 marzo 1956).
(Ricorso n. 6 depositato il 12 febbraio 2007)
ALLA ECC.MA CORTE COSTITUZIONALE ROMA

L'Assemblea regionale siciliana, nella seduta del 28 gennaio 2007, ha approvato il disegno di legge n. 389, dal titolo "Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2007", pervenuto a questo Commissariato dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello Statuto speciale, il successivo 31 gennaio.
Il provvedimento legislativo contiene un organico sistema di norme volte a contenere e razionalizzare la spesa pubblica nei diversi settori di attività regionale, facendo ricorso anche a interventi strutturali che incidono nell'organizzazione amministrativa con specifico riguardo al contenimento degli oneri per il servizio sanitario regionale.
L'approvazione della legge è stata preceduta da un intenso e laborioso dibattito parlamentare, nel corso del quale è stato ulteriormente ampliato l'ambito di operatività delle misure individuate in sede di commissioni legislative, secondo un disegno complessivamente coerente con gli indirizzi contenuti nei documenti economico-finanziari dello Stato.
Nel testo approvato, tuttavia, gli artt. 22, 23, 24, 28 e 47 appaiono, alcuni parzialmente altri integralmente, suscettibili di rilievi di incostituzionalità.
In particolare, l'art. 22 testualmente recita: "Nelle fondazioni ed enti morali costituiti ad iniziativa della Regione siciliana o con apporto iniziale ad esclusivo carico della stessa, anche in deroga a quanto previsto nei rispettivi statuti e regolamenti, gli amministratori nei cui confronti sia venuta meno la qualifica di membro di diritto ed in cui favore non sia prevista la corresponsione di alcun compenso, possono, a semplice richiesta ed in occasione del rinnovo delle cariche sociali, essere confermati nella carica già ricoperta, mantenendo pieni diritti di voto e di partecipazione alle adunanze.".
La suddetta norma appare in contrasto con gli articoli 3 e 97 della Costituzione nonché invasiva delle competenze in materia di diritto civile di esclusiva spettanza statale.
Infatti, se è pur vero che la norma riguarda fondazioni ed enti morali costituiti su iniziativa, anche economica, della Regione, questa non può ritenersi legittimata ad incidere sull'autonomia organizzativa e funzionale degli organi dei predetti enti, in deroga ai rispettivi statuti e regolamenti.
Né è dato rinvenire alcuna plausibile motivazione atta a sorreggere il riconoscimento ad un ex amministratore della facoltà di permanere a semplice "richiesta" nella carica, pur senza percepire un compenso, con pieno diritto di voto e di partecipazione alle adunanze; facoltà, che, nella previsione della norma in argomento, non è correlata né al possesso di specifici requisiti culturali e professionali strettamente attinenti all'ambito di attività della fondazione o dell'ente, né tanto meno limitata nel tempo e nel numero rispetto alla composizione ordinaria degli organi di amministrazione.
L'assenza di tali limiti, nei fatti, rischia di compromettere non soltanto la funzionalità ordinaria dell'organismo collegiale, che potrebbe essere reso ipertrofico da un numero indefinito di richiedenti, ma anche il processo di determinazione della volontà dell'ente mediante l'alterazione del quorum strutturale e funzionale dei consigli di amministrazione.
A puro titolo di esempio, basti ricordare le fondazioni "Fulvio Frisone" e "Ignazio Buttitta", promosse e istituite con recenti leggi regionali (n. 3/2004 e n. 2/2005), i cui consigli di amministrazione sono di per sé già costituiti rispettivamente da sei e dodici membri di diritto, nonché la "Fondazione Federico II", istituita con legge regionale n. 44/96, i cui organi amministrativi prevedono la partecipazione di numerosi membri di diritto prevalentemente titolari di cariche in seno all'Assemblea regionale siciliana.
L'art. 23, che di seguito si trascrive, apporta sostanziali modifiche alla composizione e alle procedure di nomina del Comitato regionale per le comunicazioni istituito dall'art. 101 della legge regionale n. 2/2002:
"Art. 23 - Comitato regionale per le comunicazioni
1.  All'art. 101 della legge regionale 26 marzo 2002, n. 2 sono apportate le seguenti modifiche:
-  al comma 1 le parole "composto da cinque membri di cui due designati dal Presidente della Regione, due dal Presidente dell'Assemblea regionale ed uno dall'Assessore regionale per il bilancio e le finanze" sono sostituite dalle parole "composto da sette membri nominati dal Presidente dell'Assemblea regionale siciliana, sentiti i presidenti dei gruppi parlamentari, in modo da rispecchiare la consistenza di ogni singolo gruppo parlamentare";
-  al comma 2 le parole "il Comitato elegge nel suo seno il presidente" sono sostituite con "il Presidente dell'Assemblea regionale siciliana designa il presidente del Comitato tra i componenti nominati";
-  al comma 3 bis le parole "Presidente della Regione" sono sostituite dalle seguenti "Presidente dell'Assemblea regionale siciliana";
-  il comma 5 è abrogato.
2.  In deroga al comma 2 dell'art. 101 della legge regionale n. 2 del 2002, i componenti del Comitato regionale per le comunicazioni, in carica alla data di pubblicazione della presente legge, possono essere confermati per un secondo mandato e permangono comunque nell'esercizio delle proprie funzioni fino al rinnovo del Comitato.".
Il  secondo comma dà adito a censure di incostituzionalità per violazione degli artt. 3, 97 e 117, 3° comma, della Costituzione, perché prevede la possibilità di conferma per un secondo mandato dei componenti dell'attuale Comitato e la permanenza degli stessi "sine die" nell'esercizio delle proprie funzioni fino al rinnovo dell'organismo collegiale.
Al riguardo, va preliminarmente rilevato che i componenti del consesso in questione sono già in regime di prorogatio, poiché l'originario termine del 31 dicembre 2004, fissato dall'art. 4 della legge regionale n. 15/2004, è stato prorogato al 31 dicembre 2005 dall'art. 124 della legge regionale n. 17/2004 e successivamente al 31 dicembre 2006 dall'art. 10 della legge regionale n. 15/2006.
L'odierno ulteriore differimento del termine di permanenza in carica degli attuali componenti del Comitato non si configura rispettoso dei principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione.
Codesta eccellentissima Corte, con sentenza n. 208 del 1992, ha invero chiarito che una prorogatio di fatto incerta nella sua durata non può costituire regola valevole per gli organi amministrativi.
Un'organizzazione caratterizzata dall'abituale ricorso alla prorogatio si discosta dal modello costituzionale, tanto più se è previsto per legge che gli organi amministrativi abbiano una determinata durata e che quindi la loro competenza sia circoscritta nel tempo, ponendosi altrimenti in essere un potenziale potere di arbitrio in capo all'organo che deve provvedere al rinnovo.
Avendo inoltre specifico riguardo all'ambito di attività svolta dal Comitato regionale per le comunicazioni, è evidente l'esigenza che lo stesso sia ed operi libero da qualsiasi forma anche indiretta di condizionamento, a garanzia dell'imparzialità dell'esercizio della funzione. Tale esigenza di autonomia e di imparzialità non può conciliarsi con l'eccessivo, e nella fattispecie anche indeterminato, protrarsi della permanenza in carica.
Va al riguardo considerato che, per garantire l'assoluta indipendenza sia dal sistema politico ed istituzionale che dal sistema degli interessi di settore, l'Autorità nazionale garante delle comunicazioni, vista l'intesa raggiunta in sede di Conferenza permanente Stato-Regione, con la delibera n. 52/99, ha enunciato gli indirizzi generali sui requisiti dei componenti i comitati regionali prevedendone specificatamente all'art. 1, punto 5, unitamente alla normale durata del mandato, il divieto di rieleggibilità.
A questi precetti la Regione siciliana è tenuta ad attenersi in quanto ascrivibili alla categoria dei principi generali della materia dell'ordinamento della comunicazione che l'art. 117, 3° comma, della Costituzione attribuisce alla potestà legislativa concorrente delle regioni.
Ancora, in assenza di qualsiasi motivazione a sostegno dell'opportunità di un eventuale rinnovo dell'incarico, correlata a specifiche esigenze e situazioni della Regione siciliana, deve porsi in rilievo la violazione del principio di eguaglianza rispetto ai componenti degli altri comitati regionali cui è preclusa la possibilità di riconferma.
L'art. 24, comma 26, dà adito a rilievi di carattere costituzionale per violazione degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione. Esso prevede che: "Al comma 17 dell'art. 25 della legge regionale 22 dicembre 2005, n. 19, le parole "in misura non inferiore al tre per mille" sono sostituite dalle seguenti "in misura non inferiore al 2,3 per mille". Dalla data di entrata in vigore della presente legge per le finalità di cui all'art. 25, comma 17, della legge regionale 22 dicembre 2005, n. 19, si applicano le disposizioni di cui all'art. 6, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127 e successive modifiche ed integrazioni".
Il secondo periodo del suddetto comma, con i suoi richiami normativi, consente in sostanza ai dipendenti del CEFPAS, ente regionale preposto alla formazione del personale sanitario, di essere inquadrati in particolari profili o figure professionali mediante concorsi esclusivamente riservati al personale interno.
Il concorso pubblico è la forma generale ed ordinaria di reclutamento per il pubblico impiego in quanto meccanismo strumentale al canone di efficienza dell'Amministrazione, poiché offre le migliori garanzie di selezione dei soggetti più capaci.
Anche dopo la riforma del titolo V della Costituzione, la regola del concorso pubblico continua ad imporsi ai legislatori regionali, così come ripetutamente affermato da codesta Eccellentissima Corte (ex plurimis sentenze n. 373/2002 e n. 274/2003).
Codesta Eccellentissima Corte ha, altresì, sottolineato con le sentenze n. 7/1999, n. 194/2004 e n. 218/2002, che la riserva per i dipendenti di un'amministrazione di una percentuale di posti disponibili particolarmente elevata appare irragionevole, ponendosi altresì in contrasto con gli artt. 3 e 51 della Costituzione.
L'art. 28 si ritiene illegittimo per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Esso infatti dispone che tra gli enti di cui all'art. 1, comma 1, della legge regionale n. 10/91 rientrino anche le aziende unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere.
L'attuale inserimento delle citate aziende nell'ambito di applicazione della legge che ha introdotto nell'ordinamento regionale i principi di imparzialità, trasparenza ed accesso agli atti amministrativi contenuti nella legge n. 241/90, appare non solo "inutiliter datum" ma anche fuorviante. Infatti, sin dalla data di entrata in vigore della normativa statale gli uffici del servizio sanitario sono stati immediatamente destinatari ed attuatori delle disposizioni in argomento dotandosi di appositi strumenti applicativi, quali ad esempio i regolamenti aziendali, a garanzia del diritto di accesso ai documenti amministrativi.
Del resto, lo stesso Assessorato regionale della sanità, interpellato ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. n. 488/69, ha rappresentato di non essere a conoscenza di "problematiche interpretative o di contenziosi pendenti tali da motivare l'intervento del legislatore operato con l'art. 26 del disegno di legge indicato in oggetto. Condivisibili dunque sono le perplessità manifestate dai contenuti di detta norma di interpretazione autentica, in quanto è pacifico che le aziende sanitarie siano soggette alle previsioni della legge n. 241/90".
L'affermazione dello specifico inserimento delle aziende sanitarie dopo oltre quindici anni dall'entrata in vigore della legge regionale n. 10/91 appare, pertanto, irragionevole e manifestamente illogica, oltre che fonte di incertezza interpretativa sulla compatibilità della normativa statale sinora applicata con quella regionale.
Inoltre, dall'inserimento esplicito delle aziende nel novero degli enti previsti dall'art. 1 della legge regionale n. 10/91 potrebbero derivare conseguenze non a priori preventivabili anche sotto il profilo finanziario, atteso che il legislatore regionale più volte, nell'introdurre particolari discipline per identificare l'ambito di applicazione delle nuove norme, ha fatto ricorso all'indicazione dell'art. 1 della legge regionale n. 10/91.
Basti citare, ad esempio, l'art. 127, comma 2, della legge regionale n. 2/2002, secondo cui ai componenti degli uffici stampa esistenti presso gli enti di cui all'art. 1 della legge regionale n. 10/91 sono attribuiti la qualifica ed il trattamento contrattuale di redattore capo.
Il previsto ampliamento dei destinatari della legge regionale n. 10/91, pertanto, potrebbe comportare anche maggiori oneri per le aziende sanitarie, non quantificati nè immediatamente quantificabili, in assenza dell'indicazione e delle assegnazioni di risorse con cui farvi fronte, violando così l'art. 81, comma 4, della Costituzione.
L'art. 47 dà adito a censura per violazione degli artt. 9, 97 e 114 della Costituzione.
Esso infatti prevede che "nelle zone B degli strumenti urbanistici vigenti, per gli edifici da destinare ad albergo o ad altre attività di interesse pubblico, le ristrutturazioni edilizie mediante demolizione e ricostruzione sono consentite per volumi pari alla cubatura esistente dell'edificio, ancorché in atto parzialmente demolito. Nelle aree di cui alla lett. a) dell'art. 15 della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, per gli edifici preesistenti all'entrata in vigore della medesima legge, è consentito il cambio di destinazione d'uso finalizzato a realizzare strutture turistico-ricettive.".
Tale previsione si configura come palese vulnus all'autonomia dell'ente locale nella potestà di programmare e gestire l'assetto del proprio territorio, laddove consente "tout court" parametri e modalità di ristrutturazione di edifici senza alcuna considerazione delle specifiche prescrizioni tecniche attuative degli strumenti urbanistici, per determinata tipologia di immobili, ed in generale della pianificazione urbanistica comunale.
Siffatta lesione delle prerogative dell'ente locale è ancor più manifesta nel secondo periodo del soprariportato articolo, che consente nelle aree di cui all'art. 15, lett. a), della legge regionale n. 78/76, vale a dire nelle zone costiere entro 150 metri dalla battigia, il cambio di destinazione d'uso degli edifici preesistenti indipendentemente dalla destinazione urbanistica della zona come individuata nel piano regolatore generale e dagli eventuali vincoli posti a tutela dell'ambiente e del paesaggio.
La disposizione, sebbene motivata dal meritevole intento di promuovere e sostenere l'economia della regione mediante lo sviluppo e il potenziamento delle strutture turistico-ricettive, è tuttavia sostanzialmente idonea ad arrecare un grave nocumento a un bene ascritto dall'art. 9 della Costituzione tra i principi fondamentali, poiché esclude l'applicazione delle ordinarie procedure per l'acquisizione dei nulla osta da parte degli organi preposti alla tutela del patrimonio ambientale.
Come codesta Eccellentissima Corte ha peraltro avuto modo di chiarire, con la sentenza n. 359 del 1985, l'art. 9 erige il valore estetico-culturale, riferito anche "alla forma del territorio," a valore primario dell'ordinamento e correlativamente impegna tutte le pubbliche amministrazioni e particolarmente lo Stato e la Regione a concorrere alla sua tutela e promozione.

PER I MOTIVI SUESPOSTI

e con riserva di presentazione di memorie illustrative nei termini di legge, il sottoscritto prefetto dott. Alberto Di Pace, Commissario dello Stato per la Regione siciliana, visto l'art. 28 dello Statuto speciale, con il presente atto

IMPUGNA

le sottoelencate disposizioni del disegno di legge n. 389 dal titolo "Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2007" approvato dall'ARS il 28 gennaio 2007:
-  art. 22 per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione;
-  art. 23, comma 2, per violazione degli artt. 3, 97 e 117, comma 3, della Costituzione;
-  art. 24, comma 26, limitatamente al periodo "Dalla data di entrata in vigore della presente legge per le finalità di cui all'art. 25, comma 17, della legge regionale 22 dicembre 2005, n. 19, si applicano le disposizioni di cui all'art. 6, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127 e successive modifiche ed integrazioni", per violazione degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione;
-  art. 28 per violazione degli artt. 3, 81, comma 4, e 97 della Costituzione;
-  art. 47 per violazione degli artt. 9, 97 e 114 della Costituzione.
Palermo, 5 febbraio 2007.
Il Commissario dello Stato per la Regione siciliana: DI PACE
(2007.8.525)
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MICHELE ARCADIPANE, direttore responsabile
FRANCESCO CATALANO, condirettoreMELANIA LA COGNATA, redattore

Ufficio legislativo e legale della Regione Siciliana
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