REPUBBLICA ITALIANA
GAZZETTA UFFICIALE
DELLA REGIONE SICILIANA

PARTE PRIMA
PALERMO - VENERDÌ 3 FEBBRAIO 2006 - N. 6
SI PUBBLICA DI REGOLA IL VENERDI'

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DECRETI ASSESSORIALI

ASSESSORATO DEI BENI CULTURALI ED AMBIENTALI E DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE


DECRETO 16 gennaio 2006.
Vincolo di immodificabilità temporanea sulla zona comprendente l'area contermine alla Torre Casalotto e l'area archeologica di Santa Venera al Pozzo, ricadente nel territorio comunale di Acicatena.

L'ASSESSORE PER I BENI CULTURALI ED AMBIENTALI E PER LA PUBBLICA ISTRUZIONE

Visto lo Statuto della Regione;
Visto il D.P.R. 30 agosto 1975, n. 637, recante norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia di tutela del paesaggio, di antichità e belle arti;
Visto il testo unico delle leggi sull'ordinamento del governo e dell'amministrazione della Regione siciliana, approvato con D.P.R. 28 febbraio 1979, n. 70;
Vista la legge regionale 1 agosto 1977, n. 80;
Vista la legge regionale 7 novembre 1980, n. 116;
Visto il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante il "Codice dei beni culturali e del paesaggio", che ha sostituito e abrogato il testo unico approvato con decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490;
Visto il regolamento di esecuzione della legge 29 giugno 1939, n. 1497, approvato con R.D. 3 giugno 1940, n. 1357;
Visto l'art. 5 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15;
Visto l'art. 2 della legge regionale 15 maggio 2000, n. 15;
Visto il parere reso dalla Presidenza della Regione siciliana - Ufficio legislativo e legale, con nota prot. n. 6826/87.11.05 dell'11 maggio 2005, sulla competenza all'imposizione dei vincoli di immodificabilità temporanea e loro presupposti;
Vista la circolare prot. n. 4348 del 31 maggio 2005 dell'Assessore regionale per i beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione, sulla competenza all'imposizione dei vincoli di immodificabilità temporanea e loro presupposti;
Considerato che, con decreto n. 8073 del 29 ottobre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 55 del 19 dicembre 2003, l'area comprendente "Porzioni di territorio contermini all'area archeologica di Santa Venera al Pozzo, alla Torre Casalotto, al Piano della Reitana e alla via dei Mulini", ricadente nel territorio comunale di Acicatena, è stata sottoposta a vincolo paesaggistico, ai sensi e per gli effetti dell'art. 139 del testo unico n. 490/99;
Vista la proposta della Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Catania, trasmessa con nota prot. n. 8245 del 7 novembre 2005, con la quale detto ufficio, rinnovando e riproponendo quanto già rappresentato con note prot. nn. 8131 del 30 settembre 2002, 4008 del 18 novembre 2002, 1950 del 9 maggio 2003, 4580 del 5 novembre 2003, 3211 del 2 agosto 2004 e 11901 del 15 dicembre 2004 e aderendo a specifica richiesta del dipartimento regionale beni culturali e ambientali, giuste note prot. nn. 3480 del 30 ottobre 2002, 3968 del 3 dicembre 2002, 4182 dell'11 novembre 2003, 92 del 16 gennaio 2004, 2836 del 12 agosto 2004, 3937 del 6 dicembre 2004 e 2659 del 25 luglio 2005, ha proposto che vengano adottate le misure di salvaguardia, di cui al già citato art. 5 della legge regionale n. 15/91, per la zona comprendente l'area contermine alla "Torre Casalotto" e l'area archeologica di Santa Venera al Pozzo, ricadente nel territorio comunale di Acicatena, meglio evidenziata nella planimetria allegata al presente decreto e così delimitata:
-  partendo dal punto di intersezione tra la strada comunale Scalazza Finocchio e il vertice nord-orientale della part. 175, il perimetro segue la strada comunale Scalazza Finocchio lungo i limiti delle partt. 175 e 82, comprese nel foglio 8 e da qui prosegue fino ad incontrare l'incrocio tra la suddetta strada, la strada comunale Porta e la strada comunale Santa Venera al Pozzo.
La perimetrazione continua seguendo la strada comunale Santa Venera al Pozzo costeggiando i limiti delle partt. 496, 15+, 15, 473, A, 229, 194, 180, 36 nel foglio 9, fino all'incrocio tra la strada comunale Santa Venera al Pozzo e la strada comunale Mulini-Pescheria, quindi prosegue lungo quest'ultima strada costeggiando i limiti delle partt. 183, 82, 83; qui incrocia la part. 230 della quale segue il limite orientale fino alla intersezione con la strada vicinale Mulini Sauri. Prosegue lungo la strada vicinale Mulini Sauri, costeggiando i limiti delle partt. 230, 109, 157, comprendendo anche il tratto di strada condiviso dalle particelle 109 e 157, quindi prosegue lungo le particelle 175, 53, 286, 105, 142, 108, 141, 107, 169 e 232, fino all'incrocio con la strada vicinale Monte Vambolieri. Lasciando il foglio 9 il limite dell'area da vincolare continua nel foglio 12 e lungo la strada vicinale Monte Vambolieri, costeggiando i limiti delle partt. 1 e 456; con direzione est-ovest prosegue lungo il limite settentrionale delle partt. 455 e 806, poi con direzione sud corre lungo il limite occidentale della stessa part. 806 e continua lungo i limiti delle partt. 805 e 804, 801, 800, 799, 802, 654, 655, 110, 652, 673, 620, 721, 372, 373, 370, 368, 42, 44. Da qui riprende la strada vicinale Monte Vambolieri che percorre con direzione sud-sud est, fiancheggiando i limiti delle partt. 44, 45, 776, 772, 773 e 765, quindi, con direzione est-ovest segue il limite inferiore delle stesse partt. 765, 766, 767.
In direzione sud, la perimetrazione continua lungo i confini delle partt. 275 e 713, 53 e 713, 183 e 713, 54 e 713; quindi, in direzione est continua lungo i confini delle partt. 54 e 713, 54 e 712, 178 e 712, 182 e 712, 182 e 714. Qui riprende la strada vicinale Monte Vambolieri che percorre lungo il limite orientale della part. 714, fino ad incontrare e seguire il limite della part. 712, dove nel punto di incontro tra le partt. 712 e 72 prosegue in direzione nord nord-ovest lungo i limiti delle partt. 712 e 72, 716 e 72, 726 e 897. In direzione nord nord-est, il limite continua tra le partt. 726 e 752, 725 e 814, 63 e 814, 725 e 933, 724 e 933, 724 e 826, 724 e 825, 195 e 59, 195 e 59+, 195 e 61 , 195 e 59, 195 e 360, 195 e 358, 901 e 358, 901 e 307, 901 e 675, 901 e 365; e verso sud, tra le partt. 365 e 175, 345 e 119, e ancora, 119 e 193, 188 e 193, 193 e 916, 492 e 916, 492 e 918, 492 e 918+, di nuovo 492 e 918, 492 e 916, 19 e 916, 917 e 19, percorrendo il limite superiore della part. 19 fino ad incontrare la regia trazzera Catania-Acicatena-Aci S. Lucia. Da qui il perimetro continua percorrendo in direzione sud-nord la trazzera, costeggiando i limiti occidentali delle partt. 917, 916, 915, 20, 19, 16, 862, 16, 107, 15, 111, 111+, 8+, 8, 7 e 9. Qui il limite interseca la strada vicinale Torre Casalotto e continua percorrendola toccando i limiti delle partt. 9, 225, 12, 130, 21, 110 e 112. In questo punto la delimitazione continua nel foglio 9: in direzione nord segue la strada comunale Reitana Nuova Torre Casalotto, affiancando i limiti delle partt. 645, 646, 648, 219, 94. Qui la perimetrazione continua seguendo la regia trazzera Catania-Acicatena-Aci S. Lucia, seguendo i limiti delle partt. 358, 357, 344, 369, 370, 371, 368, 302, 302+, 332, 333, 361, 363, 304 e 360. Da qui attraversa con direzione ovest la regia trazzera Catania-Acicatena-Aci S. Lucia e continua lungo i limiti tra le partt. 547 e 117, 547 e 603, 547 e 604, 547 e 606, 548 e 606, 548 e 607, 548 e 125, 284 e 125, 284 e 283, 281 e 283, 594 e 283, 593 e 283, 593 e 125, 593 e 428, 593 e 384, 556 e 384, 385 e 384, 383 e 384, 383 e 163, 382 e 163, 386 e 163, 387 e 163, 610 e 163, attraversa un tratto della part. 162 e continua lungo il limite tra le partt. 611 e 192, 611 e 224, 657 e 224, 655 e 224, 658 e 650, 655 e 651, 654 e 650, 653 e 649, 653 e 216, 467 e 216, 409 e 216. Qui percorre nuovamente il tracciato della regia trazzera Catania-Acicatena-Aci S. Lucia che segue lungo il limite della part. 90 in direzione nord nord-est, procedendo lungo i limiti delle partt. 92, 91, 83, 84 e 94. Da qui percorre un tratto della part. 19 e continua in direzione est lungo i limiti tra le partt. 104 e 94, comprendendo la parte di trazzera condivisa dalle particelle 104 e 94. Il perimetro continua tra le particelle 104 e 54, 179 e 54, 173 e 54, 93 e 95, 93 e 16, 107 e 16, 13 e 16, 80 e 16, 80 e 63, 80 e 73, 29 e 73 e per finire, tra le partt. 64 e 175. Qui la delimitazione si chiude incontrando la strada comunale Scalazza Finocchio da cui era partita;
Considerato che la proposta di vincolo di immodificabilità si riferisce a una porzione di territorio del comune di Acicatena compresa in un'area che si estende per circa 3 kmq., al margine sud-orientale del territorio comunale, confinante a nord con il comune di Acireale e a sud con il comune di Acicastello, e comprende il sito archeologico Santa Venera al Pozzo e il complesso architettonico denominato "Torre Casalotto" che domina la spianata sottostante, dove insistono altre emergenze e dal quale è possibile estendere lo sguardo sulle pendici orientali dell'Etna sino ad un esteso tratto della linea di costa;
Considerato che la proposta di apposizione del vincolo di immodificabilità, ai sensi dell'art. 5 della legge regionale n. 15/91, è stata formulata e ribadita con l'intento di:
1)  conservare intatto, nelle more della redazione del piano paesistico dell'ambito 13, il cui completamento è previsto entro il 31 dicembre 2005, il livello di eccellenza dei valori panoramico-paesaggistici e culturali dei beni presenti nell'archeologica di Santa Venera al Pozzo e nell'area contermine al complesso architettonico della "Torre Casalotto", compresi in una zona del territorio del comune di Acicatena dichiarata di notevole interesse pubblico con decreto del 29 ottobre 2003, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 55 del 19 dicembre 2003, testimoniato tra l'altro dalle analisi di piano già condotte e definite, che hanno consentito di individuare un comparto territoriale che costituisce unità di paesaggio della quale va garantita. L'elevato livello della qualità paesaggistica dell'area estesa circa 16 kmq. che dal centro abitato di Acicastello percorre il tratto di costa fino a Capo Mulini estendendosi verso l'entroterra e comprende parte dei territori dei comuni di Acicastello, Acireale, Acicatena, Aci Sant'Antonio, Valverde e S. Gregorio, è stata individuata dal p.t.p. in itinere come caratterizzata da caratteristiche naturali di tipo geo-vulcanologico, da caratteri storici, e valori paesaggistici rilevanti e integri.
Inquadramento geografico
L'area in questione si colloca sulle pendici meridionali etnee, ed è rappresentata nelle tavolette edite dall'I.G.M., foglio 270 IV NE "Acireale" e foglio 270 IV SE "Catania".
Descrizione delle principali emergenze: Torre di Casalotto
Il complesso della "Torre di Casalotto" costituisce, per le stratificazioni storiche che lo caratterizzano, uno dei siti più interessanti del territorio delle "Aci". Infatti, nei vasti territori di "Aci antica", esistono testimonianze sulla presenza di arroccamenti e di piccoli borghi fortificati risalenti al periodo bizantino. Probabilmente, in età medievale le caratteristiche sopraelevate del sito, in posizione dominante rispetto alla valle della Reitana e agli altri luoghi eminenti del territorio, la vicinanza a numerose sorgenti d'acqua, favorirono, tra le contrade Nizzeti e Olivo S. Mauro, l'edificazione di un luogo fortificato su un preesistente abitato rupestre, di cui, oggi, deve ancora essere indagata la permanenza.
Il sito, infatti, faceva parte delle pertinenze dell'antica "Jachium", assegnate nell'XI secolo dai normanni all'abate Ansgerio, vescovo della Diocesi di Catania. Dal 1640, dopo alterne vicende storiche che videro il formarsi di diversi casali, questo territorio appartenne ai principi Riggio di Campofiorito; nel corso dell'Ottocento, infine, dopo la separazione di diversi comuni, gran parte delle proprietà Riggio furono acquisite dal marchese di Casalotto.
L'attuale sito denominato "Torre di Casalotto", si presenta come area ricca di testimonianze archeologiche ed importante emergenza architettonica.
Tale struttura risulta costituita da una cinta muraria di forma allungata che segue l'orografia del luogo, all'interno si dispongono diversi corpi di fabbrica che si attestano attorno alla piccola torre a pianta triangolare, che ne costituisce il fulcro. Le strutture dei vari corpi di fabbrica sono ascrivibili all'impianto di una masseria ottocentesca destinata ad attività produttiva vinicola data la presenza di un palmento e di altri spazi di tipo produttivo. Si può ipotizzare, quindi, che nel corso del XIX secolo sono avvenute, in questo complesso, delle trasformazioni legate all'uso agricolo dei territori circostanti. Tuttavia, la presenza di strutture preesistenti, differenziate sia nell'orientamento planimetrico sia nella tessitura muraria, contribuiscono all'individuazione di un sito altamente stratificato dal punto di vista antropico.
Area archeologica di S. Venera al Pozzo
E' ubicata a pochi chilometri dal mare, nella parte più settentrionale dell'area oggetto della presente proposta.
Comprende:
-  un'area demaniale nella quale si trovano la piccola e antica chiesa dedicata a Santa Venera;
-  i resti di un complesso termale di età romana;
-  la sorgente delle acque che alimenta il centro termale di Acireale.
La chiesa madre, che dà il nome alla contrada, è molto antica. L'esistenza di un culto bizantino attende conferme da ulteriori indagini archeologiche, mentre è certa la notizia circa il suo periodo di fondazione che risale al secolo XIV ad opera della regina Eleonora.
Del complesso termale antico, conosciuto grazie alle numerose fonti documentarie a partire dal XVII secolo, il nucleo più significativo continua ad essere costituito da due ambienti con copertura a botte.
Sin dal Medioevo la sorgente delle acque termali fu legata al culto di Santa Venera.
Il luogo, importante meta di pellegrini, accolse nel XV secolo una fiera franca che contribuì al risorgere economico di una terra impoverita anche da gravi calamità naturali.
Nel 1781 il principe di Biscari descrisse i rispettabili avanzi di un magnifico bagno, che assai celebre e salutare dovette essere ai suoi tempi.
Nelle due sale voltate, comunicanti tra loro, si osservano i resti delle camere poste al di sotto dei pavimenti (ipocausto) ove circolava l'aria calda che risaliva lungo i muri in condotti di terracotta.
Il calore giungeva dal condotto collegato ad un forno alimentato dall'esterno.
Si rivelano preziose le notizie delle scoperte da lui effettuate nel 1819 e nel 1872 di un portico munito di scale, di sculture in marmo e di un grande mosaico raffigurante Pegaso.
Agli inizi del XX secolo Salvatore Raccuglia, condividendo l'ipotesi dello studioso tedesco Adolf Holm della ubicazione di Xiphonia sul promontorio di Augusta, piuttosto che a Capomulini precisò che Akis - Acium, è riferito nelle fonti antiche soltanto come il nome di un fiume della Sicilia, fluente alle falde dell'Etna, legato al mito del pastorello Aci e della ninfa Galatea.
A seguito di ulteriori scavi, nelle aree circostanti le antiche terme, è stato individuato un primo nucleo abitativo relativo alla mansio di Acium, citata nell'Itinerarium Antonini lungo la strada che da Messina conduceva a Catania.
E' stato parzialmente messo in luce un edificio costruito nel III secolo a.C. sulle rovine di un più antico abitato. All'inizio del IV secolo d.C. si impiantò nell'area un'officina per la produzione di vasellame d'uso comune e di laterizi, della quale rimangono, ben conservate, due fornaci del tipo verticale.
Lo stabilimento industriale rimase attivo sino alla prima metà del V secolo d.C.
Nel settore nord-ovest dell'area archeologica si conserva parte di un edificio di età greca costruito nel IV secolo a.C. a ridosso di un corso d'acqua, oggi asciutto, il cui letto di scorrimento è definito da grandi massi lavici.
All'interno, addossato alla parete orientale della casa, è stato rinvenuto in posto un pithos a corpo ovoidale.
L'acqua del torrente veniva convogliata all'interno dell'edificio, nel pithos, attraverso una tubazione di terracotta in parte incassata nel muro della casa.
Dai materiali recuperati si ricava che l'edificio fu usato fino ai primi decenni del III secolo a.C. Recentemente è stato allestito un piccolo antiquarium all'interno di una casa, degli inizi del XX secolo, un tempo a servizio del fondo agricolo circostante.
Per le sue caratteristiche essa costituisce un tipico esempio dell'architettura rurale di queste zone.
I reperti archeologici sono esposti in successione cronologica, dalla preistoria al medioevo e per contesto di provenienza: "la casa del pathos", "l'abitato romano", "lo stabilimento industriale".
Provvisoriamente è stata qui allestita anche una sezione botanica ("Il giardino delle mele d'oro") che sarà ampliata e dotata anche di un laboratorio didattico.
La via dei Mulini
In prossimità dell'area archeologica di S. Venera al Pozzo si snoda, circondata da limoneti, la "via dei Mulini", che dalla piazza della Reitana giunge fino a Capo Mulini.
Lungo questo percorso insistono diciassette mulini, in parte abbandonati, alcuni distrutti dall'incuria altri trasformati da interventi recenti.
Questi costituiscono una importante testimonianza storica delle attività dell'uomo, svolta a partire dal XIV secolo fino alla metà circa del XX secolo.
Questi mulini sono collegati tra loro da una via d'acqua, la "Saia Mastra" che dal primo mulino, denominato "Spezzacoddu", in località Reitana, giunge all'ultimo situato a Capo Mulini.
Queste strutture vennero utilizzate per la lavorazione della canapa, del lino, dei lupini oltre che per la concia delle pelli.
La forza motrice necessaria all'azione dei mulini veniva loro conferita dalle copiose acque sorgive che sgorgano in questa area e che furono opportunamente canalizzate. L'antico percorso della saia, lungo il quale erano collocati anche alcuni abbeveratoi e lavatoi, si è conservato integro fino alla fine del XIX secolo, come risulta dalla cartografia catastale ottocentesca.
Lungo lo stesso itinerario si incontra il "Fondaco", cioè un fabbricato che veniva usato come deposito e costituiva anche luogo di sosta notturna e ristoro per viandanti e animali; l'edificio mantiene intatta la sua struttura anche se sono visibili i segni del tempo. Nella stessa area, in piazza della Pescheria, a partire dal 1422 si svolgeva la Fiera Franca in onore di Santa Venera. La Fiera Franca era un mercato a cui partecipavano una moltitudine di forestieri per vendere le loro merci, dalla seta al lino, dalla canapa alle derrate alimentari e al bestiame. Tale fiera fu istituita per privilegio concesso da Alfonso il Magnanimo e confermato nel 1531 da Carlo V.
Aspetti vegetazionali e uso del suolo
La porzione di territorio in questione è caratterizzata, prevalentemente, da aree antropizzate e/o modificate dall'uomo e per una minor parte da vegetazione spontanea appartenente al Piano Mediterraneo Basale.
Nella porzione territoriale in cui sono diffuse le colture agrarie si è insediata una vegetazione infestante, a carattere nitrofilo (Chenopodietea), di due diversi tipi: estivo-autunnale e invernale-primaverile.
La vegetazione estivo-autunnale, caratterizzata dalla presenza del Cyperus rotundus e di altre specie fra cui quelle appartenenti ai generi Amaranthus e Setaria, è da riferire all'Amarantho-Cyperetum rotondi degli Eragrostietalia.
Nella vegetazione invernale-primaverile, meno termofila, si distingue il Fumario-Stellarietum neglectae.
Nelle aree abbandonate, dove le pratiche colturali sono carenti, è presente una vegetazione sinantropica a carattere nitrofilo-ruderale. Gli aggruppamenti che la costituiscono hanno un corteggio floristico molto variabile in relazione al variare dell'influsso antropico. Gli aspetti meglio strutturati, presenti nel periodo invernale - primaverile, sono da riferire in gran parte all'ordine Brometalia rubenti-tectori, in cui si possono differenziare comunità caratterizzate da specie come Hordeum leporinum, Lavatera cretica Sisymbrium officinale, Chrysanthemum coronarium o comunità in cui sono ben rappresentate: Galactites tormentosa, Bellardia trixago, Echium plantagineum. Tali aspetti di vegetazione sono molto diffusi nel territorio, ai margini delle colture. La vegetazione del periodo estivo - autunnale, in cui sono rappresentate specie come Chenopodium album, Conyza bonariensis, Ecballium elaterium, difficilmente riesce ad organizzarsi in modo gregario.
In questo territorio la vegetazione naturale è costituita da arbusteti, tra i quali la macchia ad Euphorbia arborea (Euphorbia dendroides) rappresenta lo stadio più avanzato. Si tratta di un aggruppamento riferito all'Oleo-Ceratonion presente ai margini delle colture e delle aree urbanizzate, è localizzato sui substrati rocciosi e nelle zone più assolate, che è tipico dell'area della Timpa di Acireale. Insieme a tale vegetazione si trova il Ficodindia (Opunzia ficus - indica).
Tra gli altri frammenti di macchia dell'Oleo-Cetatonion, presenti in modo sparso, sono stati rilevati quelli caratterizzati dall'Alaterno (Rhamnus alaternus) dalla Ginestra spinosa (Calicotome infesta) o dall'Anagiride (Anagyris fetida). Si tratta di aspetti di degradazione di quella foresta o macchia-foresta, probabilmente dominata dal Lentisco (Pistacia lentiscus), un tempo ampiamente diffusa nelle basse pendici etnee.
La vegetazione boschiva è presente in aree limitate, localizzate ai margini delle colture, delle aree urbanizzate e sui vecchi substrati lavici ed è dominata dalla Roverella (Quercus pubescens) ed altre querce caducifoglie termofile. Tali macchie boschive rappresentano una importante emergenza naturalistica e un pregevole esempio della originaria vegetazione delle bassi pendici etnee degradanti verso il mare.
Aspetti geologici
La porzione di territorio del basso versante sud-orientale etneo, della quale le aree in questione occupano la parte centro-orientale, è caratterizzata, dal punto di vista geo-vulcanologico, da una grande varietà di aspetti direttamente collegati alla copertura lavica più o meno recente, all'esistenza di scarpate (timpe) più o meno pronunciate, dovute alla tettonica regionale e locale (sollevamento bradisismico) ed infine ai particolari motivi morfologici assunti dalla fascia costiera.
Nell'area sono rappresentati, unico caso dell'intero comprensorio etneo, gli elementi attraverso i quali è possibile, in modo evidente, ricostruire le prime fasi dell'evoluzione geo-vulcanologica dell'Etna. Infatti sono individuabili: il basamento sedimentario pre-etneo, le unità vulcano-stratigrafiche più antiche e quelle più recenti. Partendo dai terreni più antichi troviamo:
-  colate laviche e piroclastiti recenti (Olocene da circa 1.800 a 15.000 anni);
-  tufiti del basso versante sud-orientale (Pleistocene da circa 50.000 a 100.000 anni);
-  lave, piroclastiti e tufiti dei centri eruttivi antichi (Calanna e Trifoglietto), (Pleistocene circa 100.000 a 300.000 anni);
-  argille marnose azzurre (Pleistocene inf. medio da circa 300.000 a 1.500.000 anni).
Il basamento, di natura sedimentaria, è costituito dalle argille marnose azzurre riferibili al Pleistocene inferiore-medio.
L'affioramento argilloso più esteso ed interessante, rispetto a tutto il comprensorio etneo, è proprio quello che si rinviene nell'area in esame. In alcuni punti si notano dei livelli centimetrici di materiale vulcanico in seno alle argille. Di fatto, durante la deposizione delle argille, esistevano nell'entroterra dei modesti centri eruttivi subaerei dalla cui attività hanno avuto origine tali prodotti piroclastici.
La natura eterogenea di questi livelli di materiale vulcanico, la loro limitata estensione e la loro giacitura in lembi non continui, sono un chiaro indizio che si è in presenza di un'area più o meno intensamente rimaneggiata. E' da tenere in conto che l'area è stata ed è ancora sede di un rilevante sollevamento ed è interessata da numerosi disturbi tettonici. La presenza di piccole pomici a basso peso specifico fa dedurre che la loro deposizione sia avvenuta in un ambiente che doveva essere o un mare estremamente sottile (una spiaggia) o un ambiente subacqueo continentale (palude o laguna).
Le prime manifestazioni vulcaniche hanno avuto in prevalenza carattere submarino e gli affioramenti più interessanti si rinvengono nell'area in esame. Si tratta di intrusioni a debole profondità e/o effusioni avvenute in mare poco profondo, quando era ancora in atto la deposizione delle argille. Le varie facies, dovute sia alla genesi che ad ambienti di efflusso diversi, sono rappresentate da lave colonnari, pillow-lave e brecce ialoclastitiche.
Queste facies sono tipiche di effusioni sub marine in un mare da relativamente profondo a poco profondo.
La facies caratterizzata da brecce esplosive, blocchi ossidati e micropillows è tipica di ambienti intermedi subacquei e subaerei, quindi di ambiente costiero o di mare molto sottile e il punto di emissione doveva trovarsi nei pressi dell'abitato di Ficarazzi e ad est dello stesso.
L'unità vulcano-stratigrafica immediatamente sovrastante le argille è rappresentata da vulcaniti (lave, tufiti, piroclastiti) che sembra abbiano avuto origine dai primi modesti centri eruttivi a carattere prevalentemente centrale. Si ritiene che questi centri dovevano essere ubicati in posizione alquanto periferica rispetto all'attuale centro eruttivo. Nell'area in studio tali affioramenti si rinvengono in banchi più o meno fortemente dislocati e degradati, poggianti sopra le argille pleistoceniche.
Gli affioramenti di cui sopra sono stati ricoperti dalle correnti laviche attribuibili al Mongibello recente.
Intercalati alle lave si riscontrano dei banchi più o meno compatti di tufìti di colore grigio-scuro. In alcuni casi queste tufiti poggiano direttamente sopra le argille pleistoceniche.
Le tufiti presentano una granulometria molto variabile, talora si notano inglobati anche blocchi lavici di grandi dimensioni; localmente sono state riscontrate impronte di fossili vegetali e più raramente macrofaune marine. Con molta probabilità si tratta di depositi alluvionali in zone lagunari o paludose in vicinanza del mare.
Alla fine dell'attività dei suddetti centri eruttivi, si è avuto uno spostamento verso NW dell'attività eruttiva a carattere centrale, con la formazione di un altro edifìcio vulcanico denominato "Mongibello" nel quale è stato possibile riconoscere due distinti periodi di attività, Mongibello antico e recente.
Nell'area in questione affiorano i prodotti effusivi riferibili al Mongibello recente.
Secondo datazioni eseguite su reperti carboniosi, l'attività del Mongibello recente sarebbe iniziata circa 3.000 anni fa con manifestazioni a carattere prevalentemente effusive come dimostrano gli affioramenti essenzialmente lavici presenti.
Le lave recenti storiche affioranti nell'area sono il prodotto di sistemi eruttivi ancora ben conservati.
Esse sono rappresentate dalle cosiddette lave della Gazzena che sembra abbiano avuto origine da due conetti ubicati dentro l'abitato di Trecastagni e siano giunte in mare formando il promontorio di Capo Mulini e da quelle scaturite dal cono di Monte Serra vicino al centro abitato di Viagrande.
Dal punto di vista tettonico questo versante dell'Etna è interessato da alcune fra le più importanti direttrici a carattere regionale.
La direttrice nord-sud è quella che assume particolare interesse lungo la fascia costiera rappresentata da un vistoso sistema di faglie a gradinata con rigetto verso est che digrada più o meno dolcemente verso il mare per culminare con l'alta falesia della "Timpa" di Acireale.
Questo sistema sembra continuare anche in mare.
Un sistema di faglie con orientazione prevalentemente nord-sud interessa le zone di Torre Casalotto e di Santa Venera al Pozzo;
Ritenuto, pertanto, che la zona in oggetto è caratterizzata dalla presenza di emergenze di natura geologica e morfologica, archeologica e architettonica, nonché da rilevanti connotazioni di carattere ambientale e paesistico;
Ritenuto che, per quanto sopra espresso, occorre, così come richiesto dalla Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Catania, con nota prot. n. 8245 del 7 novembre 2005 e con le altre da essa richiamate, porre rimedio al rischio di interventi indiscriminati idonei ad alterare i connotati salienti della zona comprendente l'area contermine alla Torre Casalotto e l'area archeologica di Santa Venera al Pozzo, che va salvaguardata, inibendo eventuali attività che possano modificare l'aspetto dei luoghi di singolare pubblico interesse paesaggistico, mediante la dichiarazione di immodificabilità temporanea, in applicazione dell'art. 5 della legge regionale n. 15/91;
Considerato che l'apposizione di un termine finale al provvedimento di vincolo come sopra descritto è imposta, ferma restando la condizione risolutiva dell'approvazione del piano territoriale paesistico dell'area suddetta, dal disposto dell'art. 2 della legge 19 novembre 1968, n. 1187 e dell'art. 1 della legge regionale 5 novembre 1973, n. 38, applicabili analogicamente nel caso di specie;
Ritenuto che, alla dichiarazione di immodificabilità temporanea interessante il territorio suddetto, debba far seguito l'emanazione di una adeguata e definitiva disciplina di uso del territorio, da dettarsi ai sensi dell'art. 143 del decreto legislativo n. 42/2004, mediante la redazione del Piano territoriale paesistico - Ambito 13 - Area del cono vulcanico etneo, e comunque non oltre il termine di due anni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficialedella Regione siciliana;

Decreta:


Art. 1

Al fine di garantire le migliori condizioni di tutela, ai sensi e per gli effetti dell'art. 5 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15, fino all'approvazione del Piano territoriale paesistico - Ambito 13 - Area del cono vulcanico etneo e comunque non oltre il termine di due anni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana, è vietata ogni modificazione dell'assetto del territorio, nonché qualsiasi opera edilizia, con esclusione degli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico, di restauro conservativo, che non alterino lo stato dei luoghi e l'aspetto esteriore della zona comprendente "l'area contermine alla Torre Casalotto e l'area archeologica di Santa Venera al Pozzo", ricadente nel territorio comunale di Acicatena, come descritta e delimitata in premessa e nella planimetria allegata al presente decreto di cui forma parte integrante e sostanziale.

Art. 2

Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana, unitamente alle planimetrie, di cui sopra è cenno, ai sensi degli artt. 140, comma 3, del decreto legislativo n. 42/2004 e art. 12 del R.D. n. 1357/40.
Una copia della Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana contenente il presente decreto sarà trasmessa, entro il termine di mesi uno dalla sua pubblicazione, per il tramite della competente Soprintendenza, al comune di Acicatena, perché venga affissa per tre mesi naturali e consecutivi all'albo pretorio del comune stesso.
Altra copia della Gazzetta, assieme alle planimetrie della zona vincolata, sarà contemporaneamente depositata presso gli uffici del comune di Acicatena, ove gli interessati potranno prenderne visione.
La Soprintendenza competente comunicherà a questo dipartimento la data dell'effettiva affissione del numero della Gazzetta sopra citata all'albo del comune di Acicatena.

Art. 3

Avverso il presente decreto è ammesso ricorso giurisdizionale innanzi al T.A.R. entro 60 giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana, nonché ricorso straordinario al Presidente della Regione entro 120 giorni dalla data di pubblicazione del presente decreto nella Gazzetta Ufficialedella Regione siciliana.
Palermo, 16 gennaio 2006.
  PAGANO 


ALLEGATO



(2006.4.305)
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MICHELE ARCADIPANE, direttore responsabile
FRANCESCO CATALANO, condirettoreMELANIA LA COGNATA, redattore

Ufficio legislativo e legale della Regione Siciliana
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