REPUBBLICA ITALIANA
GAZZETTA UFFICIALE
DELLA REGIONE SICILIANA

PARTE PRIMA
SUPPLEMENTO ORDINARIO
PALERMO - VENERDÌ 1 LUGLIO 2005 - N. 28
SI PUBBLICA DI REGOLA IL VENERDI'

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DECRETO 6 giugno 2005.
Piano della mobilità non motorizzata in Sicilia.

L'ASSESSORE PER IL TURISMO, LE COMUNICAZIONI ED I TRASPORTI

Visto lo Statuto della Regione;
Vista la legge 19 ottobre 1998, n. 366: "Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica" del Ministero dei trasporti;
Considerato, in particolare, che l'art. 8 della suddetta legge prevede che l'area di sedime delle ferrovie dismesse o in disuso sia utilizzata prioritariamente per la realizzazione di piste ciclabili, demandando alle regioni il compito di individuare i tracciati ferroviari utilizzabili a tal fine e di programmare la realizzazione di itinerari ciclabili;
Visto il Piano regionale dei trasporti e della mobilità - Piano direttore, adottato con decreto n. 237/Gab del 16 dicembre 2002, che evidenzia la totale assenza di sistemi di trasporto alternativi a basso o nullo impatto ambientale, quale la mobilità ciclistica;
Visto il decreto n. 52 del 10 aprile 2002, relativo alla istituzione di un tavolo tecnico costituito da soggetti pubblici e associazioni di categoria al fine di acquisire elementi di informazione utili alla migliore predisposizione di una programmazione regionale di itinerari di piste ciclabili integrate;
Considerato che il dipartimento trasporti e comunicazioni, conseguentemente, ha predisposto uno studio di itinerari per la realizzazione di una rete regionale di mobilità alternativa di trasporto a basso o nullo impatto ambientale (mobilità "dolce") con lprioritaria dei sedimi delle linee ferroviarie dismesse e di altra viabilità minore o secondaria, denominato: "Piano regionale della mobilità non motorizzata in Sicilia";
Vista la deliberazione n. 185 del 5 maggio 2005, con la quale la Giunta regionale ha approvato il "Piano regionale della mobilità non motorizzata in Sicilia";
Considerato che gli obiettivi del "Piano della mobilità non motorizzata" risultano altresì coerenti con le forme di mobilità più rispettose dei valori ambientali promosse dal Piano generale dei trasporti e della logistica, concorrendo anche al perseguimento degli obiettivi indiretti di riduzione dei livelli di inquinamento atmosferico; di riassetto dei piani urbanistici e territoriali; dei piani di sviluppo economico e sociale; di protezione del paesaggio e del patrimonio archeologico storico e architettonico, nella fattispecie adottando strategie infrastrutturali di recupero delle linee ferroviarie dismesse;
Ritenuto, per i motivi suesposti, di potere procedere all'adozione del suddetto studio così come sopra denominato;

Decreta:


Art. 1

E' adottato il presente "Piano della mobilità non motorizzata in Sicilia" per la realizzazione di una rete regionale di mobilità alternativa di trasporto a basso o nullo impatto ambientale (mobilità "dolce") con l'utilizzazione prioritaria dei sedimi delle linee ferroviarie dismesse e di altra viabilità minore o secondaria, che costituisce parte integrante del presente decreto.

Art. 2

Il presente decreto sarà trasmesso per la pubblicazione alla Gazzetta Uffi ciale della Regione siciliana.
Palermo, 6 giugno 2005.
  GRANATA 

Allegato
PIANO DELLA MOBILITA' NON MOTORIZZATA IN SICILIA

PREMESSA
Cosa sono le greenways?
"Cosa sono le greenways?". Sembra la più semplice e, forse, la più scontata delle domande. Eppure, anche se la domanda è semplice e scontata, non così è la risposta.
Non esiste una definizione "ufficiale" (accettata nella generalità dei casi dal punto di vista scientifico o avente una certa base normativa) di greenway e non esiste nessuno, al momento, che possa vantare una "paternità culturale" sul concetto che possa dare una risposta "autorevole" a tale semplice domanda.
Le prime greenways si possono ritrovare già nell'antichità e ogni epoca storica ha fornito la sua attualizzazione di tale idea. Ciò continua ad essere valido anche ai giorni nostri, nei diversi paesi e nelle diverse culture del nostro pianeta, dove l'idea di greenway ha preso diverse "sfaccettature".
Ciononostante, in accordo con J. Fabos, è possibile affermare che si è di fronte ad un più generale "movimento internazionale" delle greenways e, per questo, è anche possibile individuare i "concetti di base" da tutti condivisi.
A tale scopo è utile ripartire dall'analisi del termine "greenway" che, anche se tradotto in diversi modi nei diversi paesi, mantiene un carattere di internazionalità.
Il termine "greenway", tradotto letteralmente in italiano come "via verde", deriva dall'unione di due concetti.
Da un parte il concetto di "way" (via, percorso), che oltre ad indicare fisicamente le vie di comunicazione (strade, ferrovie, fiumi, ecc.) rimanda ad un'idea di movimento, di comunicazione, di attività.
Dall'altra parte troviamo quello di "green" (letteralmente "verde"), che va oltre al concetto di natura, per indicare tutto ciò che è legato, in una visione antropocentrica, alla possibilità di fruire a scopo ricreativo delle risorse ambientali.
Una delle definizioni più generali di greenway è quella adottata dall'Associazione italiana Greenways riprendendo e sintetizzando i lavori di C. Little (1990) e di J. Fabos et al. (1995): "Un sistema di territori lineari tra loro connessi che sono protetti, gestiti e sviluppati in modo da ottenere benefici di tipo ricreativo, ecologico e storico-culturale".
Tale definizione risulta alquanto generale, ma non potrebbe essere altrimenti, vista la "giovane età" dell'idea moderna di greenway e poiché ci si trova di fronte ad approcci differenti (dovuti alla diversa enfasi che può essere data alle diverse problematiche connesse) da parte di diversi ricercatori, pianificatori e operatori.
Ciononostante, da tale definizione è possibile trarre almeno due caratteristiche fondamentali delle greenways, sulle quali tutti concordano:
1)  le greenways si caratterizzano innanzitutto per il loro tipo di configurazione spaziale (fondamentalmente di tipo lineare) e per il concetto di movimento a loro intrinseco. Inoltre le greenways svolgono la funzione di connessione (tra le aree verdi, tra la città e la campagna, tra la residenza e i centri di vita, ecc.), realizzando una sinergia tra le risorse territoriali esistenti;
2)  le greenways nascono con l'obiettivo di svolgere più funzioni (in particolare ecologica, ricreativa, storico-culturale, educativa), anche se all'interno di una greenway può esistere una funzione prevalente e caratterizzante, in ragione sia della disponibilità di risorse sia di eventuali obiettivi che pianificatori e progettisti si sono posti (in relazione a specifiche esigenze dell'utenza).
In linea generale, sembra di poter individuare due approcci fondamentali, indicabili come "approccio americano" ed "approccio europeo".
L'approccio americano, con una visione molto ampia, considera le greenways nell'accezione più allargata del termine. Ciò fa sì che, negli USA, vengano chiamate greenways sia ampi corridoi ("territori lineari" lungo, ad esempio, corsi d'acqua, comprensivi al loro interno di una più o meno complessa rete di percorsi) sia il singolo "percorso" ("trail") a valenza, ad esempio, storico-culturale.




L'approccio europeo identifica il termine "greenway" con il singolo percorso, dedicato ad una circolazione non motorizzata, in grado di connettere le popolazioni con le risorse del territorio (naturali, agricole, paesaggistiche, storico-culturali) e con i centri di vita degli insediamenti urbanistici, sia nelle città sia nelle aree rurali (Associazione italiana greenways, 1999).
Tali percorsi, per poter essere definiti greenways, devono, da una parte, essere fisicamente separati dalla rete stradale ordinaria, dall'altra, consentire una circolazione "dolce" (legata ad esempio alle pendenze limitate) e un'ampia accessibilità per gli utenti (con diverse caratteristiche e abilità).
La recente "esplosione" del movimento delle greenways in Europa (si pensi che la nascita dell'European Greenways Association e dell'Associazione italiana Greenways risale al 1998) è indubbiamente figlia di tre fenomeni che solo negli ultimi anni divenuti di grande portata:
-  la "questione ambientale", relativa alla crescente pressione dell'uomo (inquinamento di aria, acque e suolo) sia nelle città che nelle campagne;
-  la crescente attenzione verso la qualità della vita, sempre più giudicata anche in funzione della reale accessibilità e fruibilità del verde nonché dell'offerta di opportunità ricreative;
-  il crescente interesse verso forme di turismo che ricercano qualità ambientale, contatto con la natura, riscoperta delle tradizioni, attività fisica.
Ecco che allora espressioni quali "vias verdes", "voies vertes", "voies lentes", "voies douces", "green axes", "green corridors", "percorsi verdi" ..... "greenways" insomma, vengono sempre più usate in Europa per descrivere "vie di comunicazione dedicate al traffico on motorizzato" (European Greenways Association, 2000).
A differenza di quanto succede negli USA, in Europa l'accento è posto sulla singola infrastruttura, la quale, per essere definita "greenway", deve:
-  presentare pendenze modeste;
-  essere fisicamente separata dalla viabilità ordinaria;
-  essere accessibile al maggior numero possibile di categorie di utenti.
Le esperienze di questi ultimi anni hanno dimostrato come molte infrastrutture create nel passato e oggi non più utilizzate (si pensi ad esempio alle ferrovie dismesse e alle alzaie dei canali) possono essere "recuperate" ad una funzione di mobilità con la trasformazione in greenways. In tal senso, un'altra chiave di successo delle greenways è che, in linea generale, si propongono di recuperare qualcosa di già esistente piuttosto che costruire qualcosa di completamente nuovo.
La creazione di una rete di greenways costituisce un'occasione per il recupero, la difesa e la valorizzazione dei territori attraversati. Questi percorsi, infatti, sono dedicati a diversi tipi di utilizzatori, e possono svolgere molteplici funzioni; assumendo diverse valenze:
-  valenza ecologica: quando contengono elementi naturali come boschi, macchie di arbusti, prati, rive, litorali e zone d'acqua, le greenways possono rappresentare uno "strumento" di tutela ambientale, conservando gli habitat naturali, garantendone la connessione, tutelando le aree ripariali, ecc.;
-  valenza turistico-ricreativa: quando "la rete dei percorsi collega aree dove si svolgono attività ricreative, o allorquando i percorsi stessi hanno valenza ricreativa perché attraversano luoghi contraddistinti da paesaggi di alto pregio estetico, ed il percorrerle diventa un'attività piacevole da svolgere nel tempo libero" (Fabos, 1995), le greenways possono offrire grandi opportunità di tipo ricreativo;
-  valenza di trasporto per una "mobilità lenta": le greenways che attraversano o lambiscono le aree urbane collegano fra loro le abitazioni, i luoghi di lavoro, le scuole, i parchi, le aree commerciali, i servizi sociali; ciò costituisce una grande opportunità per incentivare un tipo di mobilità non inquinante, caratterizzata da spostamenti fatti a piedi o con mezzi non a motore;
-  valenza educativa: proponendo degli itinerari che attraversano il territorio e ne collegano le risorse naturali, storiche e culturali, le greenways possono svolgere una importante funzione educativa.
Il recupero delle linee ferroviarie dismesse per la creazione di greenways ("rail-trail")
Il recupero delle linee ferroviarie "non più utilizzate" può fornire un contributo notevole alla realizzazione di una vera rete di greenways.
Esistono, infatti, migliaia di chilometri di linee ferroviarie dismesse e di tratti di linee attive abbandonati in seguito alla realizzazione di varianti del tracciato, sparsi un po' in tutti i paesi industrializzati. Il recupero di tali tracciati può contribuire a connettere le città tra loro e con la campagna attraverso "percorsi verdi" dedicati ad un traffico lento o, come dicono i francesi ad una "circulation douce" (circolazione dolce) sul territorio.
Dopo le prime realizzazioni sporadiche (iniziate negli anni '60), a partire dalla metà degli anni '80 la conversione delle vecchie linee ferroviarie in percorsi verdi destinati ad un traffico non motorizzato è diventata una realtà in forte espansione, come dimostra il continuo aumento del numero di questi percorsi che vengono aperti ogni anno in diversi paesi industrializzati.
Il termine con cui vengono designate questo tipo particolare di greenways è spesso differente nei vari paesi ("railway paths" in Gran Bretagna, "rails-trails" negli Stati Uniti, "vías verdes" in Spagna, "chemin du rail" in Belgio e in Francia), ma per tutti si tratta di percorsi verdi pubblici multi-funzionali realizzati lungo il tracciato delle linee ferroviarie dismesse. Tali percorsi attraversano le aree urbane, suburbane e rurali, possono essere utilizzati da diversi tipi di utenti (a piedi, in bicicletta, a cavallo, con i pattini, ecc.), e servono sia per gli spostamenti quotidiani (andare a scuola, al lavoro e a fare shopping) sia per la ricreazione.
Vantaggi e svantaggi della conversione di una linea non utilizzata in greenway
Lo stato in cui versano le ferrovie in disuso può essere il più svariato, dal punto di vista sia della proprietà del sedime, sia dell'uso del suolo. Ad un estremo ci sono i casi in cui si è avuto il frazionamento delle sedi ferroviarie in piccolissime porzioni e la loro attribuzione a diversi proprietari (con la trasformazione in strade, giardini privati, cortili di fabbriche, ecc., o con il loro inglobamento nei campi coltivati circostanti).
All'altro estremo ci sono i casi in cui i tracciati sono ancora perfettamente visibili e una semplice sistemazione può consentire, spesso, di riconvertirli a quella che era la loro funzione primaria: la circolazione delle persone.
L'idea di convertire le ferrovie non più utilizzate in percorsi verdi riservati al "traffico lento" nasce dalla constatazione dei numerosi vantaggi che tali corridoi offrono.
-  La separazione del sedime dalla rete stradale ordinaria. Le ferrovie corrono, praticamente sempre, su sede propria (gli anglosassoni parlano di "off-road routes"), e i punti di intersezione con la rete stradale sono ridotti al minimo. I percorsi verdi realizzati lungo una linea ferroviaria dismessa hanno quindi il grande pregio di essere completamente o quasi separati dalla circolazione stradale, offrendo agli utenti itinerari sicuri e spesso lontani dall'inquinamento atmosferico e acustico dovuto al traffico automobilistico.
-  La proprietà o il controllo pubblico sul destino della ferrovia dopo la dismissione. Le ferrovie adibite al trasporto pubblico sono, in funzione del paese e dell'importanza della linea, di proprietà pubblica o quantomeno soggette ad un controllo pubblico, proprio in forza della loro caratteristica di "pubblica utilità". Ciò consente, in presenza di una generale accettazione da parte della pubblica opinione del persistere della "pubblica utilità" del tracciato ferroviario anche dopo la dismissione della linea, di mettere a punto opportune norme legislative atte a salvaguardare tali percorsi.
-  La pendenza regolare e modesta del tracciato. Le ferrovie, a causa di limitazioni di tipo tecnico, presentano pendenze modeste (generalmente sotto il 35‰) e regolari. Tale caratteristica permette di realizzare percorsi verdi ideali per una "circolazione dolce" di diverse categorie di utenti; pedoni di ogni età, ciclisti "ordinari", persone con mobilità ridotta, ma anche persone a cavallo, sui pattini, ecc. E' evidente che una circolazione sicura sullo stesso percorso di differenti tipi di utilizzatori è strettamente dipendente dallo spazio a disposizione (in termini di larghezza utile del corridoio) e dell'adeguatezza degli accorgimenti progettuali adottati.
-  Le ferrovie presentano generalmente lunghi tratti rettilinei e curve ad ampio raggio. Tale caratteristica permette di realizzare percorsi verdi dotati di ampia visibilità (riducendo i pericoli legati alla criminalità e i rischi di scontri tra gli utilizzatori).
-  Le linee ferroviarie connettono tra loro diversi centri urbani. Tale caratteristica permette di realizzare percorsi verdi ideali, non solo per la ricreazione, ma anche per costituire l'asse centrale di un sistema in grado di connettere le persone alle residenze e ai "centri di vita".
-  Le linee ferroviarie attraversano diversi tipi di ambiente, da quello urbano a quello suburbano a quello rurale, passando attraverso le campagne, le valli, le zone umide, le zone residenziali, le foreste, le zone industriali e costeggiando le rive dei fiumi e dei laghi. Spesso la stessa linea percorre svariati di questi ambienti in poche decine di chilometri offrendo agli utilizzatori, non solo un'esperienza visuale molto varia, ma anche l'opportunità di conoscere e "comprendere" il territorio che attraversano.
-  Le linee ferroviarie dismesse rappresentano un patrimonio storico. I segnali, i cippi chilometrici, i ponti, le gallerie, i sottopassaggi stradali, le stazioni e le loro dipendenze rappresentano un patrimonio da preservare e un'occasione di "crescita culturale" per gli utilizzatori dei percorsi verdi realizzati lungo tali linee. Gli edifici presenti, inoltre, possono essere valorizzati tramite il loro riutilizzo per offrire una serie di servizi a coloro che frequentano i percorsi (bar, ristoranti, hotel, ostelli, musei, centri di noleggio attrezzature, ecc.).
-  Le vecchie linee ferroviarie offrono spesso vantaggi anche grazie alle possibilità di interconnessione con altri servizi di trasporto pubblico. Infatti frequentemente le stazioni iniziali e finali di una linea abbandonata sorgono in corrispondenza di altre linee ferroviarie ancora in esercizio, offrendo agli utilizzatori dei percorsi verdi, la possibilità di accedervi in treno. Inoltre, molte linee dismesse sono state sostituite con servizi automobilistici che spesso collegano ancora le principali stazioni della vecchia ferrovia.
L'utilizzo delle linee ferroviarie dismesse per realizzare percorsi verdi presenta, però, anche qualche svantaggio:
-  la densità della rete ferroviaria può non consentire di collegare molte località di interesse secondario;
-  il tracciato ferroviario può passare al di fuori dei centri abitati o attraversarli con tratti in trincea o in rilevato che possono impedire agli utilizzatori di raggiungere i centri abitati stessi;
-  specie nelle zone più impervie, la carenza di punti di acceso ai tracciati ferroviari, spesso limitati alle sole stazioni poste a svariati chilometri di distanza l'una dall'altra, può rappresentare una limitazione alla capacità di connessione del percorso;
-  alcuni tracciati, proprio a causa della loro linearità, possono risultare "noiosi".
Per ovviare a tali limitazioni, è necessario, oltre ad un'attenta progettazione, pensare ai "rails-trails" (cioè ai percorsi verdi realizzati sulla sede di ferrovie dismesse) come una parte di una più ampia rete di "greenways", costituita anche da alzaie, argini di fiumi, strade campestri, vie storiche, sentieri vari e piste ciclabili.
I problemi legati alla realizzazione di una greenway sul tracciato di una ferrovia non utilizzata
I problemi legati alla realizzazione di una greenway sul tracciato di una ferrovia non utilizzata sono molteplici ma possono essere ricondotti schematicamente a:
-  acquisizione del sedime;
-  reperimento dei finanziamenti;
-  modalità e tipologie costruttive;
-  manutenzione del percorso;
-  sicurezza degli utilizzatori e dei proprietari dei terreni contermini.
Il problema più importante è senza dubbio quello legato alla proprietà del sedime. Infatti, per poter convertire una linea ferroviaria dismessa in un percorso verde è necessario, prima di tutto, acquisire la proprietà della sede della vecchia linea o, almeno, il diritto di utilizzare la stessa per i propri scopi.
Dopo la soppressione di una linea il titolo di proprietà della sede ferroviaria può andare incontro a destini molto diversi, in funzione delle norme vigenti nei vari Stati. E' possibile, tuttavia, effettuare una distinzione di massima tra le normative dei paesi anglosassoni, da una parte, e quelle degli altri paesi dall'altra.
In Gran Bretagna e negli Stati Uniti, negli anni del grande sviluppo della rete ferroviaria, per costruire una linea era sufficiente che la compagnia ferroviaria ottenesse un'autorizzazione dal governo che gli conferiva la facoltà di ricorrere all'espropriazione forzata o all'istituzione di una servitù di passaggio e di riscuotere le tasse di trasporto. Ma la ferrovia era di proprietà perpetua della compagnia ferroviaria o dei privati proprietari assoggettati alla servitù.
Nei decenni successivi, pur aumentando progressivamente l'ingerenza dello Stato (che in entrambi i paesi arrivò anche a riscattare direttamente alcune linee), la situazione generale non mutò.
In questi paesi, una volta cessato l'esercizio ferroviario su una linea, questa resta generalmente di proprietà della compagnia ferroviaria o dei privati, che ne possono disporre liberamente, portando così spesso alla frammentazione della sede ferroviaria tra numerosissimi proprietari e rendendo assai difficile la sua riconversione in percorso verde.
Una situazione opposta si ha nell'Europa continentale e in Sud America, dove l'ingerenza del potere centrale è storicamente prevalsa, sino ad arrivare all'impianto e all'esercizio diretto delle ferrovie da parte dello Stato. In questi paesi l'attività delle compagnie ferroviarie è definita "servizio pubblico" e la proprietà delle linee, anche durante la concessione, è riservata allo Stato o è assoggettata ad una servitù demaniale.
Questa situazione è molto più favorevole nell'ottica di conversione delle vecchie linee in percorsi verdi, in quanto, almeno teoricamente, la proprietà della sede ferroviaria, anche dopo la dismissione della linea, resta "intatta" e pubblica.
Alcune esperienze internazionali
Fino ad ora, in Italia, la conversione delle linee ferroviarie dismesse in percorsi verdi è stata sporadica e frutto dell'iniziativa degli enti locali senza che vi sia stata, a livello regionale o nazionale, una politica di coordinamento di tali realizzazioni.
In altri paesi, tuttavia, già da diversi anni sono stati avviati programmi su vasta scala per il recupero delle vecchie ferrovie a scopo ricreativo o come vie di trasporto per il traffico non motorizzato. Significative sono soprattutto le esperienze statunitensi, spagnole e belghe.
L'esperienza americana
Gli Stati Uniti d'America avevano, nel 1916, la rete ferroviaria più estesa del mondo con oltre 430.000 Km. di strade ferrate. Nel XX secolo i cambiamenti politici ed economici, abbinati allo sviluppo di nuovi mezzi di trasporto, hanno portato alla dismissione di oltre 240.000 Km. di tale rete. Ancora oggi vengono ogni anno dismessi circa 5.000 Km. di strade ferrate.
Il movimento volto alla conversione delle linee ferroviarie abbandonate in percorsi verdi è iniziato, a livello nazionale, nei primi anni '60.
Nel 1986 è nata la Rails to Trails Conservancy (RTC), che mira al recupero dell'immenso patrimonio costituito dalla rete ferroviaria dismessa e fornisce supporto e assistenza ai promotori di questi progetti.
Quando venne costituita la RTC erano stati recuperati nell'intero territorio degli Stati Uniti non più di 90 percorsi. Questi sono saliti a circa 500 con una lunghezza di 8.000 Km. nel 1992 e a 1.200 per un totale di 20.000 Km., nel 2003. Secondo le stime della Rails-to-Trails Conservancy, entro la fine del 2004, oltre 24.000 Km. di linee ferroviarie americane abbandonate saranno convertite in percorsi dedicati al traffico non motorizzato, utilizzati ogni anno da oltre 100 milioni di utenti.
Negli Stati Uniti d'America, quando una compagnia ferroviaria decide di procedere all'abbandono di una linea deve presentare una "domanda di abbandono" al Surface Transportation Board. Il conseguimento dell'autorizzazione di abbandono estingue gli obblighi della società ferroviaria, permettendole di procedere all'abbandono fisico della linea. A questo punto la compagnia può rimuovere e alienare il materiale di armamento e cedere i terreni.
Il destino della sede ferroviaria è legato al modo con cui la società aveva acquisito originariamente il diritto di utilizzare una determinata porzione di territorio per costruirvi la linea ferroviaria. In tal senso esistono, infatti, tre diverse modalità:
-  attraverso l'acquisto del diritto di proprietà da privati. In tal caso, anche dopo l'autorizzazione di abbandono della linea, la compagnia ferroviaria ne può disporre liberamente, decidendo di conservarli per progetti futuri o di alienarli;
-  attraverso il conseguimento di una servitù di passaggio. Dopo l'abbandono fisico della linea, queste servitù si estinguono, determinando così la frammentazione della sede ferroviaria;
-  attraverso il conseguimento di una concessione. In tal caso il destino dei terreni dopo l'abbandono della linea varia a seconda degli Stati.
L'enorme successo che ha avuto negli USA la conversione delle ferrovie dismesse in greenways è dovuta anche all'istituzione della norma del "rail-banking " (introdotta nel 1983 dal Congresso degli Stati Uniti, che ha emendato il National Trails System Act, proprio allo scopo di preservare l'integrità del sistema ferroviario).
Il "rail-banking" è un accordo volontario tra una compagnia ferroviaria e un'organizzazione (pubblica o privata) per utilizzare una linea ferroviaria non più in esercizio come percorso verde, fino a quando la compagnia ferroviaria (o anche un'altra) non richieda il "corridoio" per istituirvi di nuovo un servizio ferroviario.
Una linea "rail-banked" non è considerata abbandonata e quindi la sede può essere ceduta all'organizzazione promotrice del percorso verde senza essere "smembrata" tra i diversi proprietari originari.
I vantaggi del "rail-banking" per la compagnia ferroviaria sono diversi:
-  possibilità di ripristinare il servizio ferroviario in qualunque momento;
-  possibilità di ottenere un ricavo dall'alienazione della sede ferroviaria e del materiale di armamento senza "abbandonare" la linea in maniera definitiva;
-  possibilità di evitare il rispetto dell'obbligo, imposto dalla legge in caso di abbandono, di ripristinare il terreno nelle condizioni in cui si trovava prima della costruzione della ferrovia;
-  possibilità di cedere all'organizzazione promotrice del percorso verde solo i diritti d'uso della superficie;
-  risparmio sui costi legali necessari per ottenere l'autorizzazione di abbandono da parte dell'STB;
-  risparmio sui costi necessari per la vendita frazionata delle parcelle, permettendole di compiere un'unica transazione;
-  possibilità di ottenere un "ritorno di immagine" positivo.
A giugno 2002 esistevano 180 linee "rail-banked" in 30 Stati (Fig. 2.2), per un totale di oltre 6.300 Km., di cui circa la metà già aperti al pubblico come greenways e i restanti in via di "recupero".


La dimostrazione migliore del fatto che il "rail-banking" sia una misura efficace sta forse nel fatto che già alcune linee rail-banked sono state riscattate e sono tornate a funzionare per il trasporto ferroviario.
L'esperienza belga
Il Belgio, all'uscita dalla seconda guerra mondiale, aveva la rete ferroviaria più densa del mondo con circa 5.000 Km. di linee a scartamento normale cui si aggiungevano altri 5.000 Km. di linee tranviarie. Dopo la guerra, 1.600 Km. di linee a scartamento normale e la quasi totalità delle linee tranviarie sono state dismesse.
Verso la fine degli anni '70, iniziò a diffondersi una politica nazionale unitaria volta al recupero di questo patrimonio. Nelle Fiandre, all'attività nazionale si affiancò quella delle province, delle città e dei comuni che acquistarono o presero in affitto le sedi ferroviarie delle linee dismesse dalla SNCB, la compagnia ferroviaria nazionale, per la realizzazione di percorsi che, insieme ad alzaie e strade campestri andavano a costituire una prima rete di "vie verdi". A metà degli anni '90, nelle Fiandre oltre 250 Km. di linee ferroviarie dismesse erano già state trasformate in "chemins du rail".
Al contrario, in Vallonia vi erano state solo iniziative isolate e sparse. Nel 1987 la "Commission du trafic lent" promosse la realizzazione di un inventario delle linee dismesse: i risultati misero in evidenza come le linee tranviarie fossero state frammentate in maniera tale da non poter più essere riutilizzate per la realizzazione di una rete di percorsi verdi. Di contro, le 80 linee dismesse della SNCB, aventi una lunghezza complessiva di circa 1.000 Km., potevano costituire l'ossatura di una rete comprendente anche le alzaie, le piste ciclabili, i sentieri e le strade campestri.
Nel 1991 la Vallonia propose di realizzare un primo lotto di cinque linee, individuate come grandi vie per il traffico lento, che però, inizialmente, incontrarono alcune opposizioni, specialmente da parte della SNCB e dello Stato Belga.
Tuttavia, ha continuato a portare avanti l'idea di creare una vera rete di percorsi riservati al "traffico lento", chiamata RAVeL (Réseau Autonome de Voies Lentes) (Fig. 2.3), fino a raggiungere, nel 1997, un accordo quadro con la SNCB. Questo prevede la concessione in enfiteusi di circa 1.000 Km. di linee dismesse per 99 anni. Fino ad oggi sono stati costruiti circa 900 Km. di percorsi verdi, di cui quasi 200 Km. utilizzando linee ferroviarie dismesse.


L'esperienza spagnola
Anche in Spagna, dopo il boom del trasporto ferroviario degli inizi del '900 (esistevano circa 13.000 Km. di strade ferrate), sono iniziati i processi di dismissione e oggi vi sono più di 7.000 Km. di linee ferroviarie dismesse, di cui più del 75% di proprietà pubblica.
Nel 1993, per opera dell'ex-Ministero dei lavori pubblici, dei trasporti e dell'ambiente (oggi Ministero dell'ambiente), è stato avviato un programma, chiamato Vías verdes, che mira a sviluppare una rete di percorsi riservati al traffico non motorizzato usando proprio le linee ferroviarie dismesse, coordinato dalla Fundacíon de los Ferrocarriles Españoles in collaborazione con le due compagnie ferroviarie nazionali, la Red Nacional de los Ferrocarriles Españoles (RENFE) e le Ferrocarriles Españoles de Vía Estrecha (FEVE).
Alla fine dello stesso anno iniziarono le prime realizzazioni concrete, grazie alla stretta collaborazione tra i diversi settori della pubblica amministrazione, la popolazione e varie associazioni. I primi progetti furono sviluppati direttamente dalla Fundacíon che, successivamente, ha lasciato tale compito agli enti locali, mantenendo il ruolo di coordinatore e supervisore.
Nel 2003, dieci anni dopo l'avvio del programma, il bilancio è molto positivo. Oltre 1.200 Km. di linee ferroviarie in disuso sono state convertite in greenways, recuperando nel contempo anche gli ex-fabbricati ferroviari per l'istallazione di servizi e attrezzature a disposizione dei fruitori delle Vías Verdes (Fig. 2.4).



Che cos'è Eurovelo?
Negli ultimi anni nell'ambito dell'ECF (European Cyclists' Federation) un apposito gruppo di lavoro di cui fanno parte diversi membri europei, ha elaborato una proposta di rete di cicloitinerari (European Cycle Route Network) coprenti tutta l'Europa geograficamente intesa a ovest del meridiano di Mosca. Dopo vari incontri e discussioni nell'estate del '97 esce la prima mappa che fissa, a grandi linee, dodici itinerari così schematizzati:
 1)  Atlantic Coast Route: Sagres - Capo Nord;
 2)  Mediterranean Route: Tarifa - Atene;
 3)  El Camino de Santiago: Trondheim - Santiago di Compostella;
 4)  Atlantic Ocean to Black Sea. (La strada del cibo e del vino): Nantes - Constanza;
 5)  Via Romea Francigena: Londra - Roma;
 6)  The Channel to Black Sea: Roscoff - Odessa;
 7)  Middle Europe Route: Capo Nord - Malta;
 8)  Capitals Route: Galway - Mosca;
 9)  Baltic Sea to Adriatic'sea (La strada dell'ambra): Danzica - Pola;
10)  Baltic Sea Circuit: (Il circuito della lega anseatica);
11)  East Europe Route: Capo Nord - Atene;
12)  North Sea Circuit: Il circuito del mare del Nord.
Questi itinerari sono nati dalla fusione di tratti nazionali di vie ciclabili esistenti opportunamente raccordati ed estesi a nazioni sprovviste di reti locali e hanno il duplice scopo di favorire il transito di turisti in tutta l'Europa e di valorizzare localmente la via ciclabile come soluzione contro il traffico motorizzato.
Eurovelo dovrebbe inoltre:
-  assicurare che tutte le nazioni europee siano attraversate almeno da un itinerario ciclabile di qualità. In questo modo si fissa un principio di continuità territoriale basato sul mezzo di trasporto più rispettoso dell'ambiente e, a differenza dell'automobilista chiuso nel suo involucro metallico, immerso nello stesso;
-  favorire la cooperazione internazionale e l'armonizzazione degli standard nelle infrastrutture ciclistiche;
-  promuovere l'attenzione ai problemi dei ciclisti con una iniziativa di grande significato. Il tracciato Eurovelo può servire infatti a portare la bicicletta e le sue esigenze in luoghi dove è poco conosciuta o penalizzata da scelte trasportistiche appiattite sulla automobile;
-  favorire l'avvicinamento alla bicicletta in un ambiente sicuro e ambientalmente di pregio da parte di non ciclisti. Molti sono infatti i ciclisti ad esempio quelli con figli piccoli che sono frenati dal timore di incidenti tutt'altro che infrequenti sulle strade normali e la presenza di un itinerario protetto può costituire un elemento determinante per introdursi alla pratica del turismo in bicicletta;
-  catalizzare la realizzazione di cicloitinerari locali beneficamente influenzati dall'itinerario europeo, che diventa l'elemento trainante per fare crescere reti locali di itinerari per ciclisti;
-  promuovere la bicicletta come migliore pratica di turismo sostenibile. Uno degli elementi più critici del turismo è il mezzo di trasporto motorizzato con i suoi effetti dannosi sui territori attraversati e sulla meta del viaggio. La bicicletta ha ovviamente tutte le caratteristiche di sostenibilità in termini di impatto;
-  portare benefici economici alle comunità locali. Il ciclista attraversa il territorio lentamente e senza proprie risorse, attingendo altresì ai commerci, ai ristoranti e agli alberghi dei piccoli centri, che sono quelli elettivamente scelti dal turista in bicicletta;
-  indurre maggiore utilizzo del trasporto pubblico a scapito dell'auto privata o dell'aereo. La bici si sposa naturalmente con mezzi di trasporto come il treno, il traghetto, o il bus che sono quelli a minore impatto ambientale.


Che cos'è BicItalia?
BicItalia è una proposta della FIAB onlus (Federazione italiana amici della bicicletta), rappresenta un network di grande respiro, di dimensione sovraregionale o di collegamento con i paesi confinanti, sul modello delle diverse reti ormai realizzate con successo in diversi paesi dell'Europa.
BicItalia non è un documento di piano, ma continua ad essere una proposta culturale, sia pure con forti motivazioni tecniche e territoriali.
BicItalia rappresenta dunque una ottima base di lavoro per la realizzazione della "rete nazionale di percorribilità ciclistica" prevista dalla delibera CIPE del 1° febbraio 2001 "Piano generale dei trasporti e della logistica". I destinatari di questo progetto sono tutti gli enti e le istituzioni nazionali e locali con specifici compiti in materia, ma anche le categorie produttive possono raccogliere questa proposta per le evidenti ricadute dello sviluppo del turismo in bicicletta.
La rete è formata da una serie di lunghi itinerari nord-sud attraversati da vie est-ovest costituendo una "ragnatela" in grado di coprire tutto il Paese.
La funzione della rete è molteplice: ambientale, trasportistica e turistica, i percorsi sono perciò scelti secondo la migliore qualità escursionistica disponibile nel territorio rurale, fluviale o costiero, ma dovranno anche attraversare le città e collegare i centri storici.
Gli itinerari dovranno inoltre tenere conto dei limiti orografici e fare conto il più possibile su risorse disponibili (argini di canali e fiumi, ferrovie dismesse, strade forestali ecc.) per minimizzare sia i costi economici che gli impatti ambientali.
Per quanto possibile, inoltre, la rete collegherà anche il maggior numero di emergenze naturali del Paese per una ideale connessione "verde".
La Ciclopista del Sole è l'itinerario principe che si propone di collegare tutto il Paese (isole comprese) con la grande valenza evocativa di una grande greenway nazionale. Lunghi tratti della Ciclopista del Sole sono ricompresi nell'itinerario EuroVelo 7, che entra in Italia al Brennero ed esce a Siracusa con il collegamento marittimo Italia-Malta.
La creazione di una rete nazionale ha diverse ragioni d'essere:
Una rete nazionale rappresenta l'aspetto più spettacolare e immaginifico per la diffusione dell'uso della bicicletta come mezzo di trasporto pulito e sostenibile. Una serie di corridoi liberi dal traffico, una rete di mobilità lenta devono avere piena dignità nella pianificazione trasportistica come garanzia di approcci umani al problema degli spostamenti.
Valorizzazione della intermodalità di trasporto: mediante la formula treno + bici per gli spostamenti a media e lunga percorrenza. Ma anche le formule Autobus + bici e barca + bici non sono da trascurare.
La conservazione del territorio è un altro importante aspetto, perché lo sviluppo di una rete ciclabile (ciclopedonale) poggia prevalentemente sul recupero di viabilità minore esistente o potenziale. Ecco che allora la manutenzione idraulica di argini di fiumi e canali realizza, con poca spesa, una ciclovia. Recuperi di manufatti, sedimi, stazioni di linee ferroviarie dismesse. Valorizzazione di strade vicinali e interpoderali vincolandole ad un uso dolce con specifici accordi con i frontisti.
Sviluppo di economie su piccola scala nei territori attraversati dalle ciclovie. L'ospitalità, il ristoro, l'accompagnamento di gruppi, l'assistenza tecnica, un' editoria (mappe e guide) specializzata, traggono beneficio dallo sviluppo (davvero sostenibile!) di BICITALIA, come dimostra l'esperienza di quei paesi europei dotati di una Rete ciclabile nazionale
Ma ha anche un valore d'uso rilevante per il turismo che sempre più deve considerare approcci sostenibili per evitare che il turista distrugga con le proprie mani ciò che lo muove. Dal punto di vista del turismo l'Italia, il primo produttore di biciclette in Europa e tra i primi ad avere come risorsa il turismo, necessita la promozione del turismo in bici fortemente praticato, come è noto, dai forestieri.



PIANO DIRETTORE

Il piano direttore predisposto dal dipartimento trasporti e comunicazioni e adottato con decreto 16 dicembre 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana n. 7 del 7 febbraio 2003, tratta al capitolo 2 "La situazione attuale dei sistemi di trasporto" concludendo che: "Totalmente assente risulta infatti, la dotazione infrastrutturale a servizio dei sistemi di trasporto alternativi a basso o nullo impatto ambientale, quale la mobilità ciclistica, quest'ultima intesa sia come modalità di trasporto combinato in ambito urbano che in ambito sovracomunale. Occorrerà pertanto sviluppare una pianificazione di tali sistemi di trasporto a livello di rete integrata con altri sistemi di trasporto collettivi - treno + bici, autobus + bici, promuovendo una legge regionale organica al fine di concorrere al miglioramento dell'accesso ecologico delle aree urbane diffondendo una fruizione turistica del territorio e dei centri urbani."
Conseguentemente, con deliberazione di Giunta regionale n. 157 del 4 giugno 2004, è stato approvato il disegno di legge: "Interventi per favorire lo sviluppo della mobilità ciclistica" predisposto dal dipartimento trasporti e comunicazioni.
Il suddetto disegno di legge recepisce i principi della legge 19 ottobre 1998, n. 366, che detta norme finalizzate alla valorizzazione ed allo sviluppo della mobilità ciclistica.
La legge n. 366/98 ha posto alcuni importanti novità rispetto alla precedente legge 28 giugno 1991, n. 208, tra cui la previsione della realizzazione di itinerari ad uso turistico. Successivamente con D.M. n. 577/99, è stato emanato il regolamento concernente le caratteristiche tecniche di realizzazione delle piste ciclabili.
Il principale obiettivo del suddetto disegno di legge, è quello della creazione di una rete ciclabile, che tenga conto delle esigenze di mobilità a due ruote. In altri termini, la pianificazione e la programmazione di percorsi ciclopedonali e turistici sul territorio regionale diventa elemento centrale, con l'intervento in sede di attuazione degli enti locali direttamente od in concorso con altri soggetti pubblici o privati. In ultimo, si vuole cercare di evitare di finanziare interventi isolati, fuori da un contesto organico e che non rispondano ad un disegno strategico.
Il disegno di legge riprende l'importante novità introdotta dalla legge n. 366/98 rispetto alla precedente normativa e cioè la realizzazione di itinerari ad uso turistico: vale a dire la realizzazione di percorsi interprovinciali di valenza paesaggistico-ambientale.
Si va sempre più sviluppando infatti, specialmente nelle Regioni dell'Europa, la realizzazione di itinerari ciclabili lungo luoghi di particolare interesse storico, paesaggistico e culturale, che attraggono flussi turistici notevoli di persone che prediligono questa forma di turismo denominata cicloturismo. Il cicloturismo in una regione come la Sicilia potrebbe avere una forte opportunità di sviluppo grazie alle risorse climatiche, paesaggistiche e culturali.
In particolare, il disegno di legge recepisce una delle maggiori novità introdotte dalla legge n. 366/98: l'utilizzo delle tratte ferroviarie dismesse per la riconversione in greenways, innovando rispetto alla legge statale, prevedendo altresì il recupero delle stazioni e caselli ferroviari da adibire a strutture ricettive e per il ristoro.
Il Piano della mobilità non motorizzata pertanto è concepito come parte integrante del Piano regionale dei trasporti.
Il suo aggiornamento è previsto secondo le previsioni del Piano regionale dei trasporti.
TAVOLO TECNICO

Con decreto n. 52/Serv. 6 del 10 aprile 2002, il dirigente generale del dipartimento trasporti e comunicazioni dell'Assessorato del turismo, delle comunicazioni e dei trasporti, ha istituito un tavolo tecnico fra i rappresentanti delle province, degli Enti Parchi, degli Enti gestori di riserve, delle associazioni nazionali "F.I.A.B., Greenways, A.I.C.C.", delle associazioni amatoriali di ciclo-turismo e ciclo-escursionismo, e più in generale degli enti pubblici interessati alla specifica attività, per l'acquisizione di elementi propedeutici alla programmazione di itinerari di piste ciclabili integrate, al fine della creazione di una rete regionale.
Durante i lavori del tavolo tecnico le province regionali sono state invitate a presentare proposte per la creazione di itinerari su base provinciale.
Si è reso necessario a questo punto coordinare i programmi delle singole province al fine di accertarne le possibilità di reciproca interconnessione anche mediante il perseguimento dell'obiettivo dell'intermodalità treno + bici e autobus + bici.
Si è provveduto innanzitutto a verificare la validità e la realizzabilità, sia pur a lunga distanza temporale, di tali programmi. Quindi ad ampliare le informazioni già ricevute sui percorsi e infine a intercollegare, ove possibile, i singoli itinerari, in maniera da ottenere una "maglia" disposta su tutto il territorio, in grado di consentire il raggiungimento di tutte le zone della Sicilia, meritevoli di essere visitate, mediante l'uso della bicicletta.
Nell'analizzare i programmi pervenuti dalle province, si è immediatamente manifestata una prima sommaria suddivisione dei percorsi regionali in due grandi famiglie: i "percorsi anulari" ed i "percorsi lineari", entrambi caratterizzati da obiettivi validi, sia pur differenti nella sostanza.
I "percorsi anulari" sono degli itinerari ciclo-escursionistici, molto spesso con un tema ambientale, paesaggistico o storico ben definito, che si dipartono da un centro abitato o da altro snodo stradale. Essi consentono un'escursione di durata non più lunga di una giornata, con possibilità di rientro in serata nella stessa località di partenza. Sono pertanto adatti ai ciclisti locali o quelli non locali che hanno optato per un soggiorno di più giorni, con pernottamento nella stessa località.
I "percorsi lineari" sono invece caratterizzati dalla diversità del luogo di arrivo rispetto a quello di partenza, con la conseguente necessità, da parte dei fruitori locali, di provvedere al recupero dell'automezzo con cui si sono recati al punto di partenza, ma con l'indubbio vantaggio, per i cicloturisti in viaggio, di trasferirsi progressivamente da un sito all'altro del territorio, utilizzando piste ciclabili per essi attrezzate.
Da queste definizioni deriva come immediata conseguenza quella che, mentre i "percorsi anulari" possono anche essere disposti sul territorio in maniera saltuaria, adattandosi alla presenza di aree di particolare pregio paesaggistico o a obiettivi specifici, i "percorsi lineari" devono essere possibilmente consecutivi, in maniera da consentire il trasferimento dei ciclisti, anche prevedendo più tappe in località diverse, attraverso tutto il territorio regionale.
Nel mettere in atto queste esigenze, si è comunque verificato il caso, come, ad esempio, nel territorio della provincia di Ragusa, che spezzoni di alcuni percorsi anulari possono essere utilizzati per dare continuità ad un più lungo itinerario.
La suddivisione per tipologia delle piste
I percorsi ciclabili individuati nel presente Piano sono stati suddivisi nelle seguenti categorie:
1)  percorsi ricavabili da tratti di ferrovie dismesse o in corso di dismissione;
2)  percorsi ricavabili da sistemazione di regie trazzere o lungo gli argini dei fiumi o circuiti attorno ai laghi;
3)  piste ricavabili da strade provinciali o comunali di grande interesse paesaggistico, a basso livello di traffico motorizzato, che possono essere adottate come pista ciclabile soltanto con l'installazione di adeguata segnaletica e di modesti accorgimenti per la sicurezza del ciclista;
4)  piste corrispondenti a percorsi ciclo-turistici studiati da associazioni amatoriali collegate a livello europeo o denominati "Eurovelo 7" e "Ciclopista del Sole";
5)  piste realizzabili a fianco di strade statali o provinciali di grande interesse paesaggistico, ad alto livello di traffico motorizzato, meritevoli di disporre di una pista ciclabile separata.
Le loro caratteristiche sono qui di seguito meglio evidenziate:
Piste ricavabili da tratti di ferrovie dismesse o in corso di dismissione
Ricavare una greenway da un percorso ferroviario soppresso non è soltanto un semplice intervento tecnico di conversione, ma è altresì un'importante iniziativa mirata alla valorizzazione ed alla fruizione del notevole patrimonio di archeologia industriale, rappresentato nell'isola dalle antiche linee ferroviarie in disuso.
La Sicilia è stata l'unica regione italiana in cui le ferrovie statali avevano in esercizio, oltre la rete a scartamento ordinario per le principali relazioni, anche una rete a scartamento ridotto, costruita fra il 1910 ed il 1935.
Dopo il secondo conflitto mondiale, nel 1953, si comprese che non era più necessario portare a termine i lavori dei tratti già iniziati, poiché si andava sempre più affermando il trasporto automobilistico che permetteva spostamenti più rapidi.
Ci si è trovati così ai giorni d'oggi un patrimonio formato da circa 600 Km. di tracciati ferroviari, costituito da linee secondarie a scartamento ridotto dismesse e prive di rotaie, condizione ideale alla conversione in piste ciclopedonali.
Questi tracciati, collegando grandi e piccoli insediamenti urbani, hanno il pregio di essere una valida alternativa di mobilità sostenibile, poiché permettono a ciclisti e pedoni di spostarsi verso la campagna su percorsi lontani dagli scarichi inquinanti dei mezzi motorizzati.
La greenway realizzata da una linea ferroviaria, sviluppandosi su sede propria, garantisce un'alta sicurezza agli utenti per le scarse intersezioni con la viabilità stradale ordinaria, presenta pendenze conformi a quelle stabilite per gli itinerari ciclabili (a parte i brevi tratti a cremagliera la cui pendenza può tuttavia essere ammessa considerati i segmenti in cui questa era presente) e per le caratteristiche della strada ferrata, con rettilinei ed ampie curve, offre una visuale ampia e gradevole della zona attraversata.
Inoltre ha il vantaggio di consentire l'intermodalità con il trasporto pubblico, poiché le stazioni ferroviarie dismesse possono ancora essere un punto di scambio per il trasporto treno + bici o autobus + bici. Spesso le linee a scartamento ridotto si attestavano nei pressi o nelle stesse stazioni a scartamento ordinario, ancora oggi in esercizio. Attualmente molte delle stazioni di queste linee dismesse sono diventate capolinea dei servizi sostitutivi effettuati con autobus.
Le piccole stazioni, i ponti, le gallerie e le altre opere d'arte sono inoltre testimonianza del passato e percorrendole a piedi o in bici ridestano le immagini della vecchia ferrovia.
Nello spazio di pochi chilometri la rete secondaria dismessa presenta una alternanza di paesaggi suggestivi e piacevoli: ampie assolate campagne, zone collinari rurali, fitti boschi, corsi d'acqua, zone turistiche ed archeologiche, litorali marini.
Oltre la suddetta rete secondaria a scartamento ridotto la "RFI", nuova società che gestisce la rete ferroviaria in Italia, ha sospeso e poi definitivamente soppresso, secondo le procedure di legge che saranno citate a parte, anche alcune tratte della rete a scartamento ordinario. Queste tratte, che sono ancora in buona parte dotate di armamento ferroviario, si prestano anch'esse alla conversione in itinerari ciclabili.
Un'opzione alla trasformazione in percorsi ciclopedonali andrà presa sulle linee di futura dismissione a causa delle varianti di tracciato per i previsti lavori di ammodernamento e di velocizzazione sia sulla linea Palermo-Messina sia sulla Messina-Catania.
Ovviamente gli interventi richiesti per la conversione di una linea ferroviaria, secondaria o ordinaria, dipenderanno da svariati fattori legati allo stato di conservazione delle infrastrutture di cui essa stessa è dotata. Molto improbabile, anzi sicuramente da escludere, è l'ipotesi di trovare la linea ancora armata. Infatti, una volta decretata la definitiva soppressione della tratta ferroviaria, vengono quasi subito recuperate le rotaie e le traverse in legno.
Gli interventi più consistenti riguarderanno sicuramente il ripristino e la manutenzione di tutte le opere d'arte: gallerie, ponti, ponticelli, tombini, viadotti, muri di controripa o di sottoscarpa, caselli e stazioni ferroviarie abbandonate da trasformare in strutture ricettive e ricreative, in servizi e per attività commerciali.
Un riferimento particolare va fatto all'opportunità del recupero delle gallerie, la cui volta spesso risulta essere franata, con la conseguente ostruzione delle stesse. Pertanto andranno analizzati e affrontati i costi per una riutilizzazione, considerando non solamente l'estensione dell'eventuale ostruzione, ma anche la lunghezza totale della galleria. Infatti fare uso, in un percorso ciclopedonale, di una galleria la cui lunghezza sia superiore ai 200 metri, non è accettabile per ovvi motivi di sicurezza, sensazione di claustrofobia, sbalzi termici a cui si va incontro percorrendola. In questo caso in fase di progettazione esecutiva dovrà essere predisposto un percorso alternativo. Nel caso in cui da un imbocco risultasse visibile l'uscita, potrebbe essere ammesso l'utilizzo di gallerie più lunghe, ma non oltre i 400 metri, che dovranno essere dotate di un efficiente impianto di illuminazione.
Infine la massicciata, se ancora presente, eventualità abbastanza probabile, potrà essere conservata e in tal caso dovrà essere rivestita con idoneo materiale di riporto per potere garantire una perfetta ciclabilità.
Piste ricavabili da sistemazione di regie trazzere o lungo gli argini dei fiumi o circuiti attorno ai laghi
In Sicilia, fin dal Medioevo, le "regie trazzere", nate essenzialmente per il passaggio durante la transumanza di greggi e mandrie, hanno garantito gli spostamenti tra città, paesi e contrade.
Nel XIII secolo, durante il regno di Federico II di Svevia, divennero viabilità pubblica poiché, soppressa nelle "Costituzioni federiciane" la gabella fino allora dovuta ai proprietari dei terreni attraversati, ne venne consentito il libero transito.
Nei secoli successivi queste norme furono spesso trasgredite fino al periodo borbonico, quando alcuni dispacci reali cercarono di regolamentarne le caratteristiche e la percorribilità.
Nel 1865, con la classificazione delle strade in statali, provinciali e comunali, le "regie trazzere" iniziarono a non essere più considerate importanti, anche per la progressiva diminuzione delle attività pastorali che hanno fatto perdere la funzione per cui erano nate.
Con il trascorrere degli anni alcune si sono trasformate in strade asfaltate, altre sono rimaste abbandonate o sono del tutto scomparse.
L'utilizzo di "regie trazzere" come Greenways crea spesso corridoi verdi di attraversamento e di collegamento tra le riserve, permette di conservarne la memoria e il recupero ambientale e promuove un turismo ecologico ed escursionistico.
Non solo le regie trazzere ma anche le strade lungo gli argini dei fiumi, dei torrenti e dei laghi sono una grande risorsa per la creazione di una rete di itinerari ciclopedonali.
Il comma 2 dell'art. 8 della legge n. 366/1998 recita: "Gli argini dei fiumi e dei torrenti possono essere utilizzati, fatto salvo il rispetto della normativa vigente, per la realizzazione di piste ciclabili". Tale utilizzo è facilitato quando il corso d'acqua ha subito, nel passato, la regolarizzazione delle sponde, con creazione di argini artificiali sopraelevati, di forma trapezoidale, su cui, di norma, hanno accesso soltanto i mezzi di servizio (Corpo forestale, Genio civile), addetti al controllo degli stessi. In questo caso risulta estremamente economico realizzare su detti argini delle piste ciclabili, arricchendo il percorso delle dotazioni strettamente indispensabili (punti di sosta ombreggiati, punti di prelievo d'acqua potabile).
Di questa categoria fa parte la pista già progettata dalla Provincia regionale di Catania, per congiungere la foce del Fiume Simeto con la traversa sita a Ponte Barca, nel territorio di Paternò, e la pista progettata dalla Provincia regionale di Trapani per collegare i comuni di Trapani e Marsala e che utilizza per un tratto, nei pressi dell'aeroporto, l'argine del fiume Birgi.
Piste ricavabili da strade provinciali o comunali di grande interesse paesaggistico, a basso livello di traffico motorizzato, che possono essere adottate come pista ciclabile soltanto con l'installazione di adeguata segnaletica e di modesti accorgimenti per la sicurezza del ciclista
In altri casi si è invece riscontrato che talune strade asfaltate, in genere provinciali o comunali, siano quotidianamente percorse da un traffico molto limitato, a bassa velocità, dovuto essenzialmente ai proprietari di fondi agricoli che raggiungono le loro sedi di lavoro e ad autocarri leggeri che trasportano prodotti agrari dalla campagna alle vicine città. In questo caso non si ritiene necessaria la creazione di una pista ciclabile affiancata e in sede propria, ma si ritiene sufficiente dotare tali percorsi di adeguata segnaletica che informi entrambe le tipologie di utenti della promiscuità d'uso della sede stradale e che garantisca quindi un'adeguata sicurezza all'utenza più debole.
A conferma di quanto sopra esposto il D.M. 30 novembre 1999, n. 557, sempre al capo II, art. 6, comma 6, lett. c) recita: "...Omissis... sulle strade locali extraurbane, le piste ciclabili possono essere realizzate oltre che in sede propria, anche su corsie riservate".
Lo stesso art. 6, al comma 2, lett. b), definisce le caratteristiche della pista ciclabile realizzata su corsia riservata, "...Omissis qualora l'elemento di separazione sia costituito essenzialmente da striscia di delimitazione longitudinale o da delimitatore di corsia".
In questo caso le piste ciclabili potrebbero, per come previsto nel suddetto D.M. all'art. 4, comma 6, essere classificate, ove occorra, come "percorsi ciclabili su carreggiata stradale in promiscuo con i veicoli a motore ...Omissis... ammessi per dare continuità alla rete di itinerari prevista dal piano della rete ciclabile, nelle situazioni in cui non sia possibili, per motivazioni economiche o di insufficienza degli spazi stradali, realizzare piste ciclabili ...Omissis...".
Piste corrispondenti a percorsi ciclo-turistici studiati da associazioni amatoriali collegate a livello europeo o denominati "Eurovelo 7" e "Ciclopista del Sole"
Nel corso dell'ultimo decennio, le associazioni amatoriali di ciclo-escursionismo, sia europee, sia italiane, si sono attivate per creare una rete di percorsi ciclabili organica, interconnessa e in grado di raggiungere tutte le regioni di interesse storico, architettonico e paesaggistico.
A  -  Il progetto Eurovelo
La European Cyclists Federation (ECF) ha elaborato una proposta di ciclo-itinerari (European Cycle Route Network) che coprono tutta l'Europa, e che si basa sui seguenti dodici itinerari:
 1)  Atlantic Coast Route: Sagres - Capo Nord;
 2)  Mediterranean Route: Tarifa - Atene;
 3)  El Camino De Santiago: Trondeheim - Santiago di Compostela;
 4)  Atlantic Ocean To Black Sea: Nantes - Costanza;
 5)  Via Romea Francigena: Londra - Roma;
 6)  The Channel To Black Sea: Roscoff - Odessa;
 7)  Middle Europe Route: Capo Nord - Malta;
 8)  Capitals Route: Galway - Mosca;
 9)  Baltic Sea To Adriatic Sea: Danzica - Pola;
10)  Baltic Sea Circuit: Il circuito della Lega Anseatica;
11)  East Europe Route: Capo Nord - Atene;
12)  North Sea Circuit: Il circuito del Mare del Nord.
Come si evince dall'elenco, la Sicilia è interessata dal progetto Eurovelo dall'itinerario denominato "Eurovelo 7", che si svolge da Messina a Siracusa, nell'ipotesi che in questa città possa avvenire l'imbarco per Malta.
B  -  La Ciclopista del Sole
In ambito nazionale è stato messo a punto un progetto analogo, da parte della Federazione Italiana Amici della Bicicletta, (FIAB), che consentirebbe di coprire con una maglia di piste ciclabili il territorio nazionale, tramite la previsione di otto grandi vie e di altri sei collegamenti trasversali fra il mar Tirreno ed il mar Adriatico.
Fra questi percorsi, l'unico che interessa la Sicilia è la Ciclopista del Sole, che si dovrebbe svolgere dal Brennero, via Trento, Mantova, Bologna, Firenze, Cecina, Civitavecchia, Roma, Napoli, Crotone, Catanzaro, Villa S. Giovanni fino a giungere in Sicilia. Qui essa consisterebbe in un circuito lungo le coste, con partenza da Messina, che toccherebbe Catania, Siracusa, Pozzallo, Agrigento, Marsala, Trapani, con terminale a Palermo.
Da questa analisi dei percorsi proposti dalla ECF e dalla FIAB, se ne deduce che il percorso denominato "Eurovelo 7" è una parte della "Ciclopista del Sole" e che pertanto, studiando in dettaglio la possibilità di realizzare quest'ultima, si ottiene il medesimo scopo anche per il progetto a livello europeo.
Nel corpo del presente lavoro, è stata analizzata la possibilità di realizzare questo percorso ideale e si è dovuto constatare che esso è concretamente possibile soltanto a partire da Calatabiano (quasi al confine fra le province di Messina e Catania), fino a Trapani. Ciò perché, nel tratto fra Messina ed il confine provinciale sud, non esistono alternative a quello che è l'unico percorso automobilistico, costituito dalla S.S. 114 la quale, benché affiancata dall'autostrada Messina-Catania, conserva una mole di traffico tale da non essere consigliabile come percorso promiscuo. Né, d'altronde, atteso l'intenso sviluppo urbanistico che insiste sui due lati della strada, la sua modesta larghezza e gli spazi disponibili lateralmente, è proponibile la realizzazione di una pista ciclabile parallela.
Pertanto la "Ciclopista del Sole" può considerarsi costituita dai seguenti tronchi, per i quali vengono di volta in volta utilizzate strade provinciali, statali o tratti di ferrovia dismessa. Dove non è possibile servirsi della viabilità stradale, data l'impossibilità tecnica di realizzare su esse itinerari ciclabili, ci si può giovare del servizio delle F.S. treno + bici.
1)  In provincia di Catania:
  a) tratti di strade provinciali che collegano le località: Calatabiano, San Marco, Marina di Cottone, Fondachello, Riposto, Torre Archirafi, Scillichenti, Santa Tecla, Acireale; 
  b) tratta ferroviaria dismessa che collega la stazione di Acireale con la stazione di Catania Ognina; 
  c) strade comunali: via San Giuseppe La Rena, Strada 6a, Strada 20a, Strada comunale Passo Cavaliere, Strada provinciale Passo Martino, stazione Passo Martino fino al bivio Carmito sulla S.S. 385. 

2)  In provincia di Siracusa:
  a) tratto di strade provinciali dal bivio nei pressi della stazione di Valsavoia ad un chilometro dalla S.S. 385, a Lentini, Carlentini, Villasmundo, svincolo San Fratello sulla S.S. 114; 
  b) tratto della S.S. 114 dal Km. 129 al Km. 148,5 in corrispondenza della stazione ferroviaria Targia; 
  c) tratta ferroviaria dismessa che collega la fermata di Targia con la stazione di Siracusa; 
  d) tratto della S.S. 115 dalla stazione di Siracusa all'incrocio presso le fonti del Ciane, in contrada Carrozziere; 
  e) tratto di strada provinciale da contrada Carrozziere a Cassibile; 
  f) tratto della S.S. 115 da Cassibile al Dolmen di Avola; 
  g) tratto di strada provinciale dal Dolmen di Avola Calabernardo; 
  h) tratta ferroviaria dismessa che collega Calabernardo a Pachino; 
  i) tratto di strade provinciali che collegano i seguenti centri: Pachino - Marza (fino al confine fra le province di Siracusa e Ragusa). 

3. In provincia di Ragusa:
  a) tratto di strade provinciali che collegano i seguenti centri: Marza - Pozzallo - Sampieri - Cava d'Aliga - Donnalucata - Marina di Ragusa - Scoglitti (fino al confine fra le province di Ragusa e Caltanissetta). 

4. In provincia di Caltanissetta:
  a) strada provinciale S.P. 51 dal confine della provincia di Ragusa alla S.S. 115; 
  b) tratto strada statale S.S. 115: dal bivio con la S.P. 51 a Gela, da Gela al bivio con la S.P. 186 per Torre di Manfria; 
  c) strada provinciale S.P. 186 Torre di Manfria; 
  d) tratto strada statale S.S. 115 da Torre di Manfria al Castello Falconara e al confine con la provincia di Agrigento. 

5. In provincia di Agrigento:
  a) tratto strada statale S.S. 115 dal confine della provincia di Caltanissetta a Licata; 
  b) strada provinciale S.P. 67 da Licata a Torre di Gaffe; 
  c) strada interpoderale 26 da Torre di Gaffe a Marina di Palma; 
  d) strada provinciale S.P. 82 da Marina di Palma al Castello di Montechiaro; 
  e) strada locale dal Castello di Montechiaro alla S.P. 64; 
  f) strade provinciali S.P. 64 e S.P. 71 per San Leone; 
  g) tratta ferroviaria dismessa da Porto Empedocle a Porto Palo al confine con la provincia di Trapani. 

6. In provincia di Trapani:
  a) tratta ferroviaria dismessa dal confine con la provincia di Agrigento a Marinella; 
  b) trazzere "Area archeologica Selinunte" fino ad intersezione con la strada provinciale S.P. 81; 
  c) strade provinciali S.P. 81 e S.P. 56 fino a Campobello di Mazara; 
  d) strada provinciale S.P. 51 da Campobello di Mazara a Torretta Granitola; 
  e) strada provinciale S.P. 38 da Torretta Granitola a Mazara del Vallo; 
  f) strada locale da Mazara del Vallo fino all'"area protetta di Capo Feto"; 
  g) trazzere lungo la costa da Capo Feto a Petrosino; 
  h) trazzere lungo la costa e strada provinciale S.P. 64 da Petrosino a Marsala; 
  i) pista ciclabile in costruzione da Marsala a Trapani su strade locali, trazzere, argine di fiume, strada provinciale S.P. 21; 
  j) strada provinciale S.P. 20 da Trapani alla Tonnara di Bonagia; 
  k) trazzere lungo la costa dalla Tonnara di Bonagia a Macari; 
  l) strada provinciale S.P. 16 da Macari a San Vito lo Capo; 
  m) strada provinciale S.P. 63 da San Vito lo Capo alla "Riserva naturale orientata dello Zingaro"; 
  n) trazzera all'interno della "Riserva naturale orientata dello Zingaro"; 
  o) strada provinciale S.P. 63 b dalla "Riserva naturale orientata dello Zingaro" alla strada statale S.S. 187; 
  p) tratto strada statale S.S. 187 dal bivio della S.P. 63b a Castellammare del Golfo. 

7. In provincia di Palermo e di Messina:
  a) servizio treno + bici da Castellammare del Golfo a Palermo; 
  b) servizio treno + bici da Palermo a Cefalù; 
  c) servizio treno + bici da S. Agata di Militello a Messina; 
  d) servizio treno + bici da Messina a Calatabiano. 

Piste realizzabili a fianco di strade statali o provinciali di grande interesse paesaggistico, ad alto livello di traffico motorizzato, meritevoli di disporre di una pista ciclabile separata, ottenuta per allargamento della sede stradale
Nel decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 "Nuovo codice della strada", al titolo 1 disposizioni generali, art. 2, comma 2. è citata la classificazione delle strade in:
- Autostrade; 
- Strade extraurbane principali; 
- Strade extraurbane secondarie; 
- Strade urbane di scorrimento; 
- Strade urbane di quartiere; 
- Strade locali; 
Fbis   - Itinerari ciclopedonali 

e al comma 3, e seguenti sono riportate le caratteristiche che queste strade devono avere, e a cui si rimanda.
Da rilevare anzitutto che finalmente gli itinerari ciclopedonali trovano una loro classificazione nel nuovo codice della strada, come "strada locale, urbana, extraurbana o vicinale, destinata prevalentemente alla percorrenza pedonale e ciclabile e caratterizzata da una sicurezza intrinseca a tutela dell'utenza debole della strada".
Sempre all'art. 175 del suddetto decreto legislativo, comma 2, lett. a), è vietata la circolazione dei velocipedi sulle autostrade e sulle strade extraurbane principali, le cui caratteristiche fondamentali per entrambe sono quelle di avere "carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico invalicabile, ciascuna con almeno due corsie di marcia".
A parte la Fbis, le tipologie stradali, interessate da questo studio che riveste un carattere di pianificazione regionale, sono limitate alle lett. C - Strade extraurbane secondarie ed F - Strade locali.
Il D.M. 30 novembre 1999, n. 557 "Regolamento recante norme per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili", al capo II, art. 6, comma 6, lett. b), recita: "sulle strade extraurbane secondarie ...Omissis... le piste ciclabili - ove occorrano - devono essere realizzate in sede propria ...Omissis".
Lo stesso art. 6, al comma 2, lett. a), definisce le caratteristiche della pista ciclabile realizzata in sede propria, che deve essere "fisicamente separata da quella relativa ai veicoli a motore ed ai pedoni attraverso idonei spartitraffico longitudinali fisicamente invalicabili".
Dove sia necessario la pista ciclabile potrebbe, per come previsto nel suddetto D.M. all'art. 4, comma 5, essere classificata come percorso promiscuo pedonale e ciclabile "nel caso in cui l'ampiezza della carreggiata o la ridotta entità del traffico ciclistico non richiedano la realizzazione di specifiche piste ciclabili ...Omissis... e gli stessi percorsi si rendano necessari per dare continuità alla rete di itinerari ciclabili programmati".
Durante lo studio della rete regionale di percorsi ciclabili, allo scopo di servire alcune aree di grande interesse paesaggistico, allacciandole con il resto della "maglia", non si è riscontrata altra possibilità se non quella di ipotizzare che una strada ad alto livello di traffico motorizzato possa essere affiancata, tramite appositi consistenti investimenti, da una pista ciclabile.
Si precisa a tal fine che, tramite l'art. 10 della legge n. 366/98, si stabilisce che "gli enti proprietari delle strade provvedono altresì, in caso di manutenzione straordinaria della sede stradale, a realizzare percorsi ciclabili adiacenti purché realizzati in conformità ai programmi pluriennali degli enti locali, salvo comprovati problemi di sicurezza".
Ciò significa che l'affiancamento alla sede stradale di una pista ciclabile costituisce una facoltà nel caso che non siano previsti interventi migliorativi alla sede stradale, ma rappresenta un obbligo di legge in caso di manutenzione straordinaria.
Il problema delle pendenze
Come è noto, la Sicilia è una regione sostanzialmente montuosa, con una sola ampia zona pianeggiante presente nella Sicilia orientale (la Piana di Catania) ed una in quella occidentale (la Conca d'Oro). Una terza zona di superficie minore si trova nel gelese (i Macconi). Le fasce di territorio lungo i litorali sono piatti, quando il litorale è sabbioso (vedi coste del ragusano e del nisseno) e, in questo caso, i percorsi sono sostanzialmente pianeggianti, ma quando le coste sono scoscese (vedi tratto da Messina a Catania), anche le strade limitrofe al mare sono notevolmente altalenanti.
In definitiva non è ipotizzabile una rete di piste ciclabili che risponda con rigore al punto 8.3 del D.M. 30 novembre 1999, n. 557, che qui di seguito si riporta:
"Nel caso di realizzazione di piste ciclabili in sede propria indipendenti dalle sedi viarie destinate ad altri tipi di utenza stradale, la pendenza longitudinale delle singole livellette non può generalmente superare il 5%, fatta eccezione per le rampe degli attraversamenti ciclabili a livelli sfalsati, per i quali può adottarsi una pendenza massima fino al 10%. Ai fini dell'ampia fruibilità delle piste ciclabili da parte della relativa utenza, la pendenza longitudinale media delle piste medesime, valutata su basi chilometriche, non deve superare il 2% salvo deroghe documentate da parte del progettista e purché sia in ogni caso garantita la piena fruibilità da parte dell'utenza prevista".
Allo scopo di fornire al futuro ciclo-turista uno strumento di valutazione dell'impegno necessario per percorrere un itinerario, si è ritenuto di adottare il seguente criterio di giudizio, che viene condensato in una lettera che contraddistinguerà ciascun percorso:
-  T  (=  turistico)  -  percorso ciclabile di massima pianeggiante caratterizzato da una pendenza longitudinale media non superiore all'1%;
-  E  (=  escursionistico)  -  percorso ciclabile caratterizzato da una pendenza longitudinale media compresa fra l'1% ed il 3%, con tratti di breve durata con punte non superiori al 5%;
-  EA  (=  per ciclo-escursionisti allenati)  -  percorso ciclabile caratterizzato da una pendenza longitudinale media superiore al 3%, con lunghi tratti con pendenze dell'ordine del 4-5% e punte che possono raggiungere il 10%.
Beninteso, se il percorso è caratterizzato da numerosi "sali-scendi", la valutazione della pendenza "media" complessiva sarebbe fuorviante e in questo caso il giudizio di difficoltà terrà in considerazione la somma dei tratti in salita.
Aspetti legali
Ferrovie dismesse
Oltre agli aspetti tecnici, esaminati nel paragrafo riguardante la tipologia degli interventi, sono da considerare anche quelli legali, che esigono una valutazione ed un'attenta e dettagliata analisi sulle problematiche della proprietà del sedìme ferroviario.
Il conseguimento del titolo di proprietà della sede ferroviaria è la condizione preliminare per l'avvio di qualunque progetto di conversione di una linea dismessa in greenway.
Fino al 1985, anno in cui le ferrovie da statali sono diventate prima ente autonomo e poi società per azioni nel 1992, la dismissione di una linea era formalizzata da due successivi atti. Un D.M. dei trasporti decretava la cessazione dell'esercizio ferroviario, a seguito di una richiesta formale delle F.S., ed un successivo D.P.R. deliberava la definitiva soppressione della linea. Di conseguenza la sede ferroviaria e tutte le costruzioni, che di essa facevano parte, erano di proprietà dello Stato sia durante l'esercizio sia dopo la dismissione. Una volta soppressa la linea, veniva però a cessare l'aspetto demaniale di tutti i suoi manufatti che divenivano patrimonio dello Stato e dunque fonte di reddito.
Dopo la trasformazione delle F.S. in società per azioni per la chiusura di una linea è sufficiente, a seguito di una richiesta da parte del consiglio di amministrazione di RFI, solo un decreto del Ministero dei trasporti, come previsto nel D.M. n. 225/T del 1993.
Una volta tolto il vincolo di destinazione a pubblico servizio, la società ha piena disponibilità di tutte le opere facenti parte della linea dismessa e i suddetti beni possono essere liberamente ceduti.
Contemporaneamente alla variazione della ragione sociale delle F.S. in società per azioni, si è avuto anche il passaggio del patrimonio dismesso e non ancora alienato.
Il suddetto decreto all'art 24 stabilisce su questi beni il diritto di prelazione da parte degli enti locali interessati per opere di pubblico interesse.
Alle amministrazioni locali, che vogliono acquisire l'area sedime di una linea dismessa per la conversione in greenway, non rimane che procedere, come per tutte le altre opere pubbliche, alla dichiarazione di pubblica utilità dell'opera e seguire le disposizioni del nuovo D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327.
Strade
Strade provinciali e comunali
A differenza di quanto può occorrere per la riconversione in pista ciclabile di una ferrovia dismessa da molti anni, quando si può scoprire che l'ente gestore ha dato in concessione o addirittura ha venduto parti del suolo a privati, la riconversione di una strada comunale o provinciale è da considerarsi, dal punto di vista legale, abbastanza semplice, in quanto i due enti di riferimento (province e comuni) hanno la piena potestà sui percorsi stradali di loro pertinenza e ne possono disporre liberamente, nel rispetto delle normative vigenti sulla viabilità.
Le strade provinciali e comunali sono soggette, infatti, alla condizione giuridica del demanio pubblico e pertanto sono inalienabili e non possono formare oggetto di diritti a favore di terzi.
Di fatto, a causa dello sviluppo e della sempre maggiore richiesta di migliorare la mobilità mediante autoveicoli, è praticamente inesistente il caso di una strada asfaltata il cui suolo sia stato usurpato dai proprietari limitrofi, a causa del progressivo disinteresse della comunità verso l'arteria. In qualche caso invece, tale situazione si verifica per talune strade comunali o vicinali, consistenti in modeste "trazzere", quando non addirittura mulattiere, a fondo naturale, che si dirigono verso zone montuose limitrofe ai centri abitati in questione o verso zone agricole di diminuito interesse. In questo caso, per riacquisire il bene alla pubblica fruizione, il sindaco può procedere, senza ostacolo alcuno, al recupero forzoso della strada abusivamente occupata.
Strade vicinali
Il caso delle strade vicinali è meno semplice di quello delle strade comunali, ma, come si evince dalla giurisprudenza che qui si elenca, è anch'esso risolvibile a favore della comunità.
In base al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 - Nuovo codice della strada (art. 3, p. 52), una strada vicinale viene definita "strada privata fuori dai centri abitati ad uso pubblico". Per essa sono state emesse le seguenti sentenze:
Consiglio di Stato, sezione V, 10 gennaio 1997, n. 29

Le strade vicinali sono utilizzabili non solo dai proprietari confinanti, ma anche dalla collettività e, per essa, dal comune che la rappresenta. Pertanto è legittimo il provvedimento con cui un comune esercita il potere di autotutela possessoria ex art. 378, legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F e artt. 15 e 17, decreto 1° settembre 1918, n. 1446, ordinando la rimozione delle opere che impediscono il transito attraverso una strada vicinale.
T.A.R. Sicilia, sezione Catania, 29 novembre 1996, n. 2124

La natura dichiarativa dell'iscrizione delle strade vicinali negli elenchi, comporta che il sindaco può emanare ordinanze di ripristino del pubblico transito anche se la strada non è stata iscritta nell'elenco.
Il provvedimento di iscrizione di una strada nell'elenco delle strade vicinali soggette al pubblico transito, giustifica l'emanazione dei provvedimenti sindacali di ripristino dell'uso pubblico di detta strada quando sono state realizzate opere che impediscono la sua utilizzazione da parte della collettività.
Gli elenchi delle strade vicinali, in quanto devono essere redatti obbligatoriamente, hanno efficacia giuridica probatoria sancita per tutti gli elenchi delle strade dall'art. 20 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato F.
Cassazione civile, sezione 1, 8 ottobre 1997, n. 9755

L'art. 12 dell'abrogato codice della strada che, per le strade vicinali, affida al comune i poteri di vigilanza e disciplina del traffico, si riferisce alle strade vicinali soggette al pubblico transito, secondo la classificazione dell'art. 9 della legge n. 126 del 12 febbraio 1958 (abrogata, ad eccezione dell'art. 14, dal vigente codice della strada), giacché l'esercizio dei menzionati poteri postula necessariamente la destinazione della strada privata alla pubblica circolazione, con l'assoggettamento agli "obblighi, divieti e limitazioni" che l'art. 4 dell'abrogato codice della strada prevede, in particolare, con riguardo alla "circolazione nei centri abitati".
Strade statali
Le strade statali sono anch'esse demanio pubblico non disponibile, ma sono soggette, per quanto attiene la gestione e la manutenzione, all'Azienda nazionale autonoma strade (A.N.A.S.).
Questa azienda obbedisce a criteri decisionali uniformati a livello nazionale e, in ogni caso, attribuisce priorità alla viabilità motorizzata.
Per quanto riguarda la possibilità di utilizzare una strada statale anche come pista ciclabile, le condizioni giuridiche sono chiaramente definite dal D.M. 30 novembre 1999, n. 557 "Regolamento recante norme per la definizione delle caratteristiche tecniche delle piste ciclabili" dove, al punto 6.4, si chiarisce quanto segue:
"In generale e con riferimento specifico alla tipologia delle strade indicata nel decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, è da osservare che:
a)  sulle autostrade, extraurbane ed urbane, e sulle strade extraurbane principali, la circolazione ciclistica è vietata, ai sensi dell'art. 175 del suddetto decreto legislativo, e da indirizzare sulle relative strade di servizio;
b)  sulle strade extraurbane secondarie e sulle strade urbane di scorrimento le piste ciclabili - ove occorrano - devono essere realizzate in sede propria, salvo i casi nei quali i relativi percorsi protetti siano attuati sui marciapiedi;
c)  sulle strade urbane di quartiere e sulle strade locali extraurbane, le piste ciclabili possono essere realizzate oltre che in sede propria, anche su corsie riservate;
d)  sulle strade locali urbane, le piste ciclabili - ove occorrano - devono essere sempre realizzate su corsie riservate".
Ne consegue che, poiché il decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, non fa tanto una distinzione fra strade statali e strade provinciali, quanto in strade extraurbane principali e secondarie, si dovrà, di volta in volta, fare riferimento alla classificazione di cui all'art. 2, comma 2, del suddetto decreto legislativo e alle caratteristiche che esse presentano e riportate nel comma 3 e seguenti.
DESCRIZIONE ITINERARI

Itinerari ricavati da linee ferroviarie dismesse
Le ferrovie nell'Isola furono annesse nella rete ferroviaria statale un anno dopo il 1° luglio 1906, data della creazione delle F.S. in Italia.
Già nel 1901 una commissione aveva evidenziato la poca utilità di alcune tratte ferroviarie, le cui spese di costruzione apparivano eccessive rispetto agli esigui vantaggi che ne sarebbero derivati.
Spesso le particolari caratteristiche dei terreni ostacolavano l'impianto del tracciato ferroviario e né si poteva rimediare a questa difficoltà con la realizzazione di linee litoranee dal momento che il commercio si svolgeva dall'interno verso la costa. La presenza di miniere di zolfo, di cui era ricco l'entroterra siciliano, richiedeva la costruzione di linee ferroviarie per il trasporto del minerale dalle miniere ai porti d'imbarco.
L'impedimento maggiore per la realizzazione della rete stava nelle complessità tecniche da superare che richiedevano grosse somme di denaro che i proventi dell'esercizio non riuscivano ad assicurare. A rendere difficile il reperimento dei contributi, indispensabili per affrontare i costi, c'era anche la poca disponibilità degli enti locali a trovare degli accordi.
Anche motivi di ordine economico inducevano alla costruzione di una rete "secondaria" che si riteneva avrebbe potuto dare una spinta all'economia e all'occupazione per le attività di manodopera connesse.
I vantaggi che erano considerati punti di forza della "Rete economica", come la riduzione della larghezza della massicciata, le curve di modesto raggio, la limitazione di costruzioni in muratura e gli spostamenti di terra, causa di un tragitto tortuoso e con elevate pendenze (nella Palermo - Corleone si aveva una pendenza massima del 40%, nella Dittaino - Caltagirone 35%, nella restante rete 30% e nei tratti armati con cremagliera arrivava anche al 75%), la diminuzione del peso dell'armamento e del materiale mobile si rivelarono poi svantaggi, poiché influivano sulla velocità dei convogli che era molto bassa e compresa tra i 10-20 Km./h.
Sotto la gestione F.S. nel 1907 furono presentati i primi progetti esecutivi e nel 1910 si ebbe la disponibilità ad aprire la prima tratta di 13 Km. da Castelvetrano a Selinunte della rete in costruzione.
Fra il 1911 ed il 1914 fu inaugurato un primo gruppo di linee a cui seguì un secondo gruppo fra il 1918 ed il 1923 ed agli inizi degli anni trenta si ebbe il completamento della rete.
Negli anni precedenti il secondo conflitto mondiale la rete ferroviaria siciliana raggiunse la sua massima estensione, ma senza una continuità e connessione di percorso fra la parte occidentale ed orientale dell'isola.
Le linee nella Sicilia occidentale formavano una rete abbastanza estesa, che copriva soprattutto le province di Agrigento, Palermo e Trapani, essendo tutte queste tratte gestite dalle F.S.
Nella Sicilia orientale invece erano presenti tre percorsi indipendenti sotto tre diverse gestioni: F.S., S.A.F.S. e Circumetnea. Le F.S. avevano in gestione la Leonforte - Caltagirone, mentre alla S.A.F.S era affidato l'esercizio della Siracusa - Ragusa - Vizzini.
Il collegamento est-ovest fra le linee delle F.S. si sarebbe dovuto attuare con il tracciato, mai ultimato, Canicattì - Sommatino - Riesi - Mazzarino - San Michele di Ganzaria.
L'orientamento politico ed economico degli anni sessanta di privilegiare i trasporti su gomma sia per il traffico passeggeri sia per le merci ha determinato, come conseguenza, la costruzione di nuove strade ed autostrade a discapito delle ferrovie. Motivo principale della fine di esercizio del trasporto sulle linee secondarie a scartamento ridotto, oltre alla contrazione del traffico merci a causa della chiusura delle miniere, è stato quindi il tempo di percorrenza del treno rispetto all'auto.
Queste linee ferroviarie dismesse una volta convertite in greenways daranno luogo alla maglia principale della rete dei futuri itinerari ciclabili e riusciranno ad attuare l'interconnessione dei percorsi inseriti nei piani presentati dalle amministrazioni provinciali.
Linea Palermo - Corleone - San Carlo
Fino al 1953 a Palermo dalla stazione di S. Erasmo partiva il treno a scartamento ridotto per Corleone, che rappresentò per un lungo periodo, prima che si affermasse e diffondesse il trasporto automobilistico, il mezzo pubblico più utilizzato per collegare il capoluogo con la zona del corleonese.
Questa ferrovia, i cui lavori iniziarono nel giugno del 1883, è stata la prima linea a scartamento ridotto costruita in Sicilia.
La stazione di S. Erasmo, che era situata sulla sponda sinistra del fiume Oreto e vicino alla sua foce, oggi non è facile potere essere individuata poiché è stata demolita dopo che nell'estate del 1953 fu spostato il capolinea ad Acqua dei Corsari. Ad esistere ancora è il grande padiglione della rimessa locomotive, che è in fase di restauro per essere destinato a spazio multifunzionale.
Il treno da S. Erasmo percorreva il litorale lasciando a destra la via Messina Marine, caratterizzata allora da basse costruzioni edilizie, e a sinistra il Golfo di Palermo i cui unici fabbricati erano gli stabilimenti balneari molto frequentati nei mesi estivi. Di quel paesaggio non rimane più nulla perché oggi in questa zona regna un degrado dovuto soprattutto ad una non controllata espansione urbanistica.
Abbandonata la costa si inoltrava in salita all'interno fra floridi agrumeti per giungere a Portella di Mare e alla valle dell'Eleuterio. A Misilmeri il panorama mutava e ci si addentrava fra le coltivazioni di grano. Disceso a fondo valle oltrepassava il fiume Eleuterio percorrendo il ponte viadotto Mortilli, che con le sue tredici arcate (ciascuna di 12 metri) è rimasto ancora intatto dopo ben 118 anni dalla costruzione.
Il percorso oggi è quasi interamente visibile da Portella di Mare a Misilmeri (a parte il tratto alle porte del paese) e da qui fino al viadotto Mortilli. Dal viadotto fino ai pressi di Villafrati non è più possibile intravedere il tracciato, che negli anni sessanta è stato eliminato durante la realizzazione della nuova S.S. 121 Palermo - Agrigento, anche se qualche manufatto resta ancora visibile ai suoi margini.
L'esigenza di far arrivare fino alle porte del capoluogo la proposta della Provincia regionale di Palermo, che trasforma in itinerario ciclopedonale solo il tratto da Villafrati a San Carlo, e di valorizzare quanto oggi resta in questo percorso, suggerisce l'opportunità di convertire in greenway anche il tracciato da Portella di Mare fino a Villafrati, utilizzando, ove ancora visibile, la sede ferroviaria e nei tratti mancanti l'antica sede della statale S.S. 121, oggi S.P. 76, S.P. 77 e S.P. 77b.
Da Villafrati, attraverso un paesaggio agricolo e terreni a pascolo, in cui risalta alla vista il castello di Cefalà Diana, l'itinerario prosegue in salita verso Godrano e volgendo a ovest nella valle del torrente Azziriolo da dove si può vedere il monte Rocca Busambra.
Dopo la stazione di Godrano, la greenway percorre il bosco della Ficuzza dalle notevoli bellezze ambientali e paesaggistiche. Lasciata la stazione di Ficuzza ed il bosco e superato il fiume di Fratina, dopo avere incontrato alcune interruzioni, si dirige alla stazione di Corleone. Da qui prosegue tra le colline coltivate a grano verso la stazione di Contessa Entellina, con tratti di tracciato mancanti fino a Bisacquino, e poi si inoltra in un paesaggio dagli aspetti mutevoli fino a dopo Chiusa Sclafani.
L'itinerario dopo inizia la discesa verso la valle del Malotempo, passando di fronte la rupe di Giuliana attraverso una serie di gallerie, per poi congiungersi nei pressi della stazione di San Carlo con la linea dismessa proveniente da Castelvetrano. Attraverso un viadotto oltrepassa il fiume Sosio e risalendo la valle del Verdura arriva al capolinea della stazione di Burgio.
Linea Castelvetrano - San Carlo - Burgio
La linea, progettata per collegare i comuni della valle del Belice, fu realizzata fra il 1910 ed il 1931.
Il tratto Salaparuta - San Carlo fu soppresso l'1 febbraio 1959, mentre il tratto Castelvetrano - Salaparuta è rimasto in esercizio fino al 15 gennaio 1968, giorno in cui il disastroso terremoto della Valle del Belice oltre diversi paesi distrusse molti manufatti della linea ferrata.
Lasciato l'abitato di Castelvetrano l'itinerario sale verso Partanna, posta sul crinale che separa la valle del Modione da quella del Belice, e scende a valle per poi risalire verso S. Ninfa fra rigogliose coltivazioni di vigne ed ulivi. Nel territorio di Santa Ninfa, alle pendici del monte Finestrelle, rocca gessosa di notevole valore archeologico per la presenza di una necropoli paleocristiana, si trova la "Riserva naturale integrale Grotta di Santa Ninfa", di grande interesse speleologico.
Da Santa Ninfa il tracciato continua con alterne pendenze fino alle rovine di Gibellina e Salaparuta e attraversata la valle del Belice, importante zona vinicola, arriva al nuovo abitato di Salaparuta. Superato il fiume Belice, si accosta alla sede della S.S. 624 Palermo - Sciacca, diventandone stradella di servizio, nel tratto fra Poggioreale fino alla ex stazione di S. Margherita Belice. Da qui, allontanandosi dalla statale, giunge a Sambuca di Sicilia e si dirige verso San Carlo.
Linea Santa Ninfa - Salemi - Calatafimi
Questa linea a scartamento ridotto progettata per unire Santa Ninfa (sulla Castelvetrano - San Carlo) con la stazione di Calatafimi (sulla Alcamo diramazione - Trapani a scartamento ordinario) fu costruita negli anni trenta.
Il 28 ottobre 1935 fu posto in esercizio il tratto da Santa Ninfa a Salemi. Da Salemi a Calatafimi invece è stato realizzato il sedìme, senza però essere armato, e le relative opere d'arte che potrebbero essere restaurate.
In data 1 luglio 1954 fu la prima linea FS a scartamento ridotto ad essere soppressa.
L'itinerario, oltre ad attraversare località turistiche, costituisce nel trapanese una dorsale di collegamento fra i percorsi della zona nord di Castellammare - Scopello - Custonaci e i percorsi della zona sud di Castelvetrano - Selinunte.
La greenway, partendo da Santa Ninfa, si snoda attraverso un gradevole paesaggio di macchia mediterranea verso Gibellina Nuova, museo all'aperto d'arte contemporanea dove hanno offerto la loro opera grandi architetti ed artisti (Pomodoro, Cascella, Consagra, Accardi, Isgrò, Melotti, Franchina, Cappello, Uncini, Schiavocampo, Mendini, Rotella, Burri, Venezia, Quaroni e altri). Qui ogni estate nel teatro a gradinate si rappresentano le celebri Orestiadi, opere musicali e concerti di musica sinfonica.
Procedendo tocca Salemi, posta su una collina coltivata a vigneti, e il suo castello da cui si può ammirare tutta la Valle del Belice, e, oltrepassata Vita, giunge al "Pianto Romano", monumento ossario eretto per ricordare la vittoria nel 1860 di Garibaldi sui Borboni. Da qui prosegue fino ad arrivare a Calatafimi, dove nel colle Eufemio si possono vedere i resti dell'antico castello e volgere lo sguardo verso il tempio di Segesta.
Linea Castelvetrano - Porto Empedocle - Agrigento
Per le numerose richieste dei comuni di essere collegati alla rete ferroviaria, le F.S. decisero di costruire la ferrovia a scartamento ridotto Castelvetrano - Porto Empedocle.
La linea fu realizzata fra il 1910 ed il 1923 quando fu completata la galleria di S. Giorgio, lunga ben 3.700 metri, nei cui pressi oggi sorge il villaggio turistico di Torre Makauda.
Nel 1955 fu installata una terza rotaia sulla tratta da Porto Empedocle ad Agrigento Bassa, evitando così trasbordi per i passeggeri e le merci diretti ad Agrigento. L'eliminazione, il 23 febbraio 1976, di questa terza rotaia ha rappresentato l'inizio della chiusura della linea che, cominciata il 22 marzo 1978 con il tratto Porto Empedocle - Ribera, si è conclusa il 31 dicembre 1985 con il tratto Ribera - Castelvetrano.
Dopo la chiusura della linea, il diffuso e rapido espandersi di costruzioni di villette e di altri edifici ha inciso nell'ambiente per cui in alcune zone il panorama è fortemente cambiato.
Si può oggi notare come nella tratta da Porto Empedocle a Ribera la sede dei binari in alcuni tratti sia stata invasa dal cemento per la realizzazione di strade e svincoli.
L'itinerario ha inizio da Castelvetrano, procede a sud fra le ampie coltivazioni di uliveti, si estende verso i templi e l'acropoli di Selinunte, continua verso Menfi, località agricola bella per i suoi litorali fra cui Porto Palo e, superata Sciacca, rinomata località turistica per le sue Terme, le spiagge e gli alberghi. Evitata con un percorso alternativo la galleria S. Giorgio, data la sua lunghezza, si addentra tra i torrenti Carabbolace e Bellapietra e tocca le sponde del fiume Verdura. Da qui comincia la salita verso Ribera dove, immettendosi in una galleria, inizia a discendere nella valle del Magazzolo, rigogliosa per le coltivazioni di agrumi e di altre specialità agricole. Oltrepassata questa stazione, da cui si staccava la diramazione della tratta per Lercara, attraversa incolte pianure e arriva a Montallegro, da dove si possono raggiungere le spiagge e le rovine di Eraclea Minoa (fondata dai Selinuntini nel IV secolo a.C. vicino alla foce del fiume Platani e conosciuta per il suo teatro edificato nel III secolo a.C.). Il tracciato prosegue poi lungo la costa e oltrepassando la villa romana di Realmonte, eretta nel I secolo d.C., unica testimonianza in Sicilia di Villa Patrizia costruita vicino al mare, giunge a Porto Empedocle.
La linea Agrigento - Castelvetrano per la buona praticabilità su quasi tutto il percorso, per l'importanza delle località archeologiche e i suoi lidi si presta bene ad essere convertita in itinerario ciclabile dalla rilevante prerogativa turistica.
Linea Lercara Bassa - Filaga- Magazzolo e diramazione per Palazzo Adriano
Questa linea, che si estende fra le province di Palermo ed Agrigento, è stata costruita fra il 1912 ed il 1924 per congiungere fra loro alcuni paesi dell'entroterra (Lercara, Prizzi, Palazzo Adriano, S. Stefano di Quisquina, Bivona, Alessandria della Rocca e Cianciana), collegamento indispensabile, a causa della carente viabilità su strada, per trasportare i prodotti agricoli e a supporto dell'industria estrattiva delle miniere solfifere di Cianciana.
Partendo da Lercara Bassa si affronta subito una salita di circa 2 Km. con pendenza del 7,5%, che al tempo dell'esercizio ferroviario era armata con cremagliera. Da qui l'itinerario continua a salire a quota 893 metri (in questo tratto di circa 18 Km. erano presenti solo 1,5 Km. di cremagliera) e poi discende lievemente fino alla stazione di Filaga, in cui sono presenti alcuni manufatti in rovina.
Lasciata Filaga proseguendo lungo la diramazione per Prizzi giunge a quota 870 metri e poi inizia a scendere verso la valle del fiume Sosio, che nel periodo dell'esercizio ferroviario era armato con un tratto a cremagliera di 4,2 Km., il più lungo di tutta la rete secondaria siciliana. Continuando passa sul viadotto Migliotta, di 7 luci di 10 metri, e arriva a Palazzo Adriano percorrendo una zona ricca di ulivi, mandorli e vigne.
Sempre da Filaga, dirigendosi verso sud e seguendo la linea principale dismessa, supera la galleria Portella Mola lunga 650 metri, galleria da attraversare non potendo utilizzare altre alternative di percorso, e procede quindi lungo il litorale del lago Pian del Leone.
Dopo la fermata di Contuberna inizia una ripida discesa di circa 4 Km. (anche in questo tratto a suo tempo era presente la cremagliera) fino a Santo Stefano di Quisquina e poi giunge a Bivona, situata a 434 metri.
Da Bivona ricomincia a salire e, oltrepassati il Magazzolo (con un viadotto ad 8 luci di 10 metri ciascuna) e il Vallone Vallecaldo (con un viadotto di 7 arcate sempre di 10 metri), prosegue fino ad arrivare ad Alessandria della Rocca a 500 metri sul mare. Il gradevole panorama della zona dopo Cianciana diventa arido per la presenza delle dismesse miniere fino alla stazione di Magazzolo.
Linea Agrigento - Naro - Licata e diramazione per Canicattì
Nel 1900 fu iniziata la costruzione della linea Agrigento - Licata a scartamento ridotto di circa 73 Km. che fu completata nel 1921. La tratta da Agrigento Bassa proseguiva verso Favara, Naro, Camastra, Palma di Montechiaro e Licata con diramazione dal bivio Margonia (Naro) verso Canicattì.
La presenza di miniere di zolfo, di cui era ricca questa zona della Sicilia, richiedeva la costruzione di linee ferroviarie dotate di attrezzati e funzionali scali per il trasporto del minerale dalle miniere ai porti d'imbarco.
La linea, che terminava al porto di Licata dove arrivava la tratta a scartamento ordinario che proveniva dai bacini solfiferi di Enna e di Villarosa, permetteva oltre al trasporto di minerali anche i pochi spostamenti da Licata, Palma di Montechiaro, Naro e Favara verso Agrigento.
Questo scartamento ridotto, che fu interamente soppresso il 28 settembre 1958, ha subito alcuni danneggiamenti dovuti a fenomeni franosi.
L'itinerario, che ha inizio da Agrigento Bassa (m. 204 s.l.m.), presenta subito dopo la partenza due ripidi tornanti in discesa (m. 126 s.l.m.) e poi risale verso Favara (m. 291 s.l.m.). Da qui scende fino alla ex stazione di Deli (m. 220 s.l.m.), un tempo scalo delle zolfare, in un caratteristico paesaggio oggi mutato dopo la chiusura delle miniere e a seguito di una considerevole espansione edilizia.
Oltrepassato il fiume Naro risale (m. 378 s.l.m.) alla dismessa stazione di diramazione di Margonia, da dove prosegue a nord verso Canicattì (m. 463 s.l.m.) e a sud, dopo avere superato l'abitato di Naro (m. 419 s.l.m.) in un panorama tipicamente agricolo, verso Camastra e Palma di Montechiaro.
Percorrendo un viadotto a nove luci sopra il fiume Palma giunge nei pressi di Torre di Gaffe sul mare e poi a Licata.
Questo itinerario per le bellezze paesaggistiche della costa e per la magnifica architettura barocca di Naro potrebbe essere motore di sviluppo per nuove attività turistiche e di svago.
Linea Canicattì - Sommatino - Riesi
Come la Palermo - Camporeale la costruzione di questa linea, che doveva collegarsi a Caltagirone, non fu mai completata. I lavori, iniziati negli anni trenta, furono definitivamente sospesi negli anni cinquanta, prima che si proseguisse con la posa delle rotaie.
L'Amministrazione della Provincia regionale di Caltanissetta ha inserito questo tracciato nei programmi di itinerari cicloturistici da realizzare.
Questa linea ferroviaria, non presentando difficoltà di particolare rilievo, permette di penetrare in territori dalle singolari caratteristiche attrattive, gallerie, ponti, stazioncine abbandonate e miniere.
Partendo da Canicattì, poiché la sede della ferrovia non è più identificabile, l'itinerario ciclabile è costretto a percorrere la S.S. 190 "Delle Solfare" per circa 2,2 Km. per poi proseguire per altri 1,2 Km. su strada locale e immettersi finalmente nella sede ferroviaria fino ai pressi di Delia, dove è possibile ammirarne il castello del secolo XI.
Attraversata Delia riprende il tracciato ferroviario fino a Sommatino. In questo tratto, il cui sedìme in parte è stato asfaltato, si trovano alcuni caselli e la miniera della Grasta.
Oltrepassato Sommatino percorre nuovamente la S.S. 190 per circa 2 Km. e dopo piega a destra per prendere di nuovo la ex ferrovia. Qui il tracciato presenta alcune interruzioni oltre l'ostruzione di una galleria ed il crollo del ponte che sovrastava il fiume Salso di cui è rimasto solo qualche arco.
Abbandonata la sede ferroviaria, utilizzando la S.S. 190, giunge alla vecchia miniera Trabia - Tallarita. Questa miniera, modello di archeologia industriale, è stato il più importante centro di estrazione solfifera nella Sicilia centro meridionale. La riutilizzazione di questa imponente struttura con finalità di museo industriale ed il recupero degli edifici con finalità ricettiva turistica e culturale rappresentano un grosso impegno della Soprintendenza per i beni culturali di Caltanissetta.
Lasciata la miniera, l'itinerario ciclabile prosegue sempre sulla S.S. 190 fino alla galleria Palladio e, superata questa a destra, riprende per un breve tratto il tracciato ferroviario per imbattersi nuovamente in una galleria ostruita e in un ponte crollato a metà. In contrada Cammarera, recuperata la traccia della ferrovia, incontra una caratteristica galleria con sviluppo elicoidale, non percorribile per un'ostruzione. Dopo la galleria giunge senza alcun impedimento a Riesi.
Nell'eventuale fase di una progettazione preliminare andrà studiata, con apposita analisi costi benefici, la fattibilità del ripristino delle interruzioni presenti, eventualmente dando la preferenza, per dare continuità al percorso, a soluzioni alternative, quali l'utilizzo di sentieri, trazzere o anche strade asfaltate.
Linea Caltagirone - Piazza Armerina - stazione Dittaino
Fra il 1912 ed il 1930 le F.S. realizzarono la linea Caltagirone - Piazza Armerina - Dittaino - Leonforte, che fu l'ultima ferrovia a scartamento ridotto ad essere costruita in Sicilia. Da Leonforte la tratta doveva proseguire fino a Nicosia ma non fu mai attivata, nonostante quasi tutti i manufatti fossero già stati costruiti ed il percorso interamente tracciato.
Progettata per servire il bacino minerario solfifero della zona fra Valguarnera e Piazza Armerina, svolse anche un importante collegamento fra la spina dorsale ferroviaria siciliana (Palermo - Catania) e quest'ultima città.
Il primo tratto ad essere soppresso fu quello fra Dittaino e Leonforte il 16 aprile 1959, seguito il 25 giugno 1969 dal segmento Caltagirone - Piazza Armerina, già interrotto nel 1965 per il crollo di un ponte non più riattivato.
La ferrovia fra Piazza Armerina e Dittaino rimase in esercizio, anche se con dei lunghi periodi di parziale soppressione, fino all'11 luglio 1971.
La tratta oggetto di questa relazione inizia alla ex stazione di Caltagirone Cappuccini (501 m. s.l.m.), posta a nord-est dell'abitato, in posizione sottomessa di circa 40 metri e si introduce immediatamente in una serie di tre gallerie consecutive, di cui una in curva, separate da brevissimi tronchi all'aperto, in corrispondenza di ripidi impluvi. Sia la ex stazione, sia le gallerie sono in buone condizioni strutturali, ma sono occupate da privati. Successivamente la tratta sparisce per circa un chilometro, in quanto, a seguito della costruzione della superstrada Catania - Gela e della conseguente rettifica della S.S. 124, fu demolito un importante viadotto ed il percorso della statale fu sovrapposto a quello ferroviario.
Per questa ragione, unita al fatto che le tre citate gallerie sono troppo lunghe per poter essere percorse senza un adeguato (e costoso) impianto di illuminazione, nel corso della redazione di un progetto per il collegamento ciclabile fra Caltagirone e la ex stazione di Salvatorello (m. 476), richiesto dalla Provincia regionale di Catania, si è preferito prevedere la trasformazione del suolo di sedime della ex ferrovia soltanto a partire dal bivio Molona (o, meglio, subito a nord di esso).
Dalla ex stazione di Salvatorello fino alla ex stazione di San Michele di Ganzaria (m. 386 s.l.m.) la linea ferroviaria dismessa è già stata trasformata in pista ciclabile, per una lunghezza di circa 8 Km. pochi anni or sono e un progetto analogo ne prevede la prosecuzione fino a Mirabella Imbaccari (ex stazione a m. 457), in quanto il tratto fino a quest'ultima cittadina è perfettamente individuato e sgombero da ostacoli.
Analogamente il percorso ferroviario è libero e già adesso percorribile in mountain-bike fino alla fermata Gallinica (m. 524), a meno di un breve segmento occupato da un edificio, che può essere aggirato utilizzando una strada provinciale e da questa alla successiva fermata Leano (m. 676) a meno di un breve tratto in corrispondenza del ponte sul torrente Quattro Teste, aggirabile mediante trazzere. Successivamente, avvicinandosi a Piazza Armerina, ci si imbatte nel problema tipico dei grossi centri abitati, cioè la scomparsa del tracciato a causa dell'uso agricolo dei fondi limitrofi e l'inglobamento del percorso alla viabilità urbana.
Tale situazione si manifesta fino alla ex stazione Bellia (m. 699 s.l.m.), mentre il tracciato riappare in corrispondenza del casello Sambuco (m. 730), cioè all'incirca all'incrocio con la S.S. 117 bis.
Dal casello Sambuco il tracciato è percorribile per una lunghezza di circa 3 Km., fino alla fermata Ronza. Questa, acquisita da privati, è stata trasformata in ristorante.
Proprio in prossimità di tale fermata potrebbe realizzare un sottopasso che superi la S.S. 117 bis e permetta ai ciclo-escursionisti di raggiungere le attrezzature dell'adiacente parco Ronza ed, eventualmente, una serie di percorsi alternativi che si snodano al suo interno e nelle immediate vicinanze.
Dalla fermata Ronza inizia un'ampia area boschiva che giunge fino del casello di Margio di Buffa, nei pressi dell'ulteriore contatto con la S.S. 117 bis, che potrebbe essere adibito a punto di sosta e ristoro e la pista è ancora percorribile, mentre, dopo, lo è in maniera discontinua e, in ogni caso, è caratterizzata da una galleria della lunghezza di circa 450 metri, della quale si dovrebbero verificare le condizioni interne.
Il tratto immediatamente successivo è stato fagocitato da proprietà private e da campi coltivati. Si può quindi ipotizzare o di ricostruire il vecchio percorso ferroviario, per una lunghezza di 950 m. o, in alternativa, utilizzare la strada, attualmente asfaltata, che passa attraverso l'agriturismo di Grottacalda e che più avanti si ricollega alla sede ferroviaria. In corrispondenza della stazione di Grottacalda (m. 647 s.l.m.), che si potrebbe recuperare ed adibire ad ostello, inizia un tratto boschivo di circa 1,5 Km., integro e facilmente percorribile, di cui una parte in trincea molto suggestivo, fino a giungere alla fermata Floristella (m. 622), punto di arrivo del percorso proposto dalla provincia di Enna.
Il parco minerario Floristella-Grottacalda si estende su una vasta area situata sulla confluenza delle superstrade che collegano Enna Piazza Armerina, Valguarnera e Aidone, ad una manciata di chilometri da due svincoli dell'autostrada Palermo-Catania. Il Parco include tutte le strutture e le apparecchiature di lavoro di quelle che furono tra le più grandi miniere di zolfo della Sicilia, in un contesto paesaggistico pregevole. Il sito del parco forma un triangolo equilatero con ai vertici il lago di Pergusa e il parco faunistico-floreale della Ronza. I tre luoghi distano pochi minuti di pulman l'uno dall'altro e pongono a disposizione dei visitatori - nell'arco anche di una sola giornata un'offerta culturale e naturalistica di notevole interesse. Il parco minerario Floristella-Grottacalda, oltre ad essere uno dei più significativi insediamenti di archeologia industriale esistente nel sud d'Italia, si colloca infatti, come già accennato in precedenza, in un bacino che consente di usufruire di beni culturali ed ambientali di interesse internazionale (La villa Romana del Casale a Piazza Armerina e gli scavi archeologici di Morgantina in Aidone). La particolare disposizione territoriale e la ricchezza di opportunità rendono l'intera area eccezionalmente idonea alldi ogni tipo e nelle forme più variegate anche quelle scolastiche: dalla gita di più giorni alla lezione all'aperto limitata al normale orario giornaliero delle scuole. L'ente parco, tra le finalità indicate nella legge istitutiva, ha quella che mira a valorizzare l'uso educativo-didattico della zona. Si tratta, peraltro, di un'area che si presta ad essere utilizzata come un libro di testo naturale da parte degli alunni e dei docenti di tutte le scuole. L'esame delle diverse strutture abitative e manifatturiere della zona mineraria risulterà senz'altro prezioso per illustrare i processi di modificazione sociale prodotti con l'avvento dell'industrialismo. Interessanti sono anche le strutture architettoniche ubicate nell'insediamento. La miniera e i suoi annessi offrono in questo senso pagine di enorme interesse culturale.
Dalla stazione Floristella a Valguarnera Caropepe il tracciato è stato asfaltato per l'utilità della viabilità locale.
Da Valguarnera al casello, sito in Contrada Paparanza, il tracciato è dapprima asfaltato (e pone quindi il problema della consuetudine acquisita dai fruitori locali), mentre dopo si presenta sterrato, già percorribile e dunque recuperabile. Lo stesso dicasi per il tratto successivo, che giunge alla stazione Dittaino.
Linea Dittaino - Leonforte
Si premette che la tratta in oggetto non fu mai attivata, nonostante che quasi tutti i manufatti fossero già stati costruiti ed il percorso interamente tracciato.
Questo percorso, ben collegato con l'autostrada PA-CT, svincolo di Mulinello e, tra qualche tempo, direttamente con lo svincolo di Dittaino, ma anche alle Ferrovie dello Stato presso la stazione di Dittaino, potrebbe prestarsi all'uso della mountain-bike, al trekking e all'attività equituristica. Le particolari esigenze della ferrovia, che non può superare pendenze di grande acclività, hanno spinto infatti i progettisti della linea a creare un tracciato con numerosi tornanti su ponti o in galleria utile a superare il forte dislivello che si frappone tra la valle del Dittaino e il centro montano di Assoro.
Il percorso conduce dalla stazione Dittaino (m. 255 s.l.m.) a quella di Acquanova (Leonforte, m. 650) per un totale di 9,1 Km.. Si prevede di recuperare il casello di Dittaino al fine di adibirlo a terminale di partenza del percorso. Questo affianca dapprima la ferrovia a scartamento ordinario e, per circa 2,5 Km., attraversa un territorio prevalentemente brullo in parte coltivato a grano, finché si giunge alla stazione di Cavalcatore che potrebbe essere adibita a punto di sosta ed ostello con 15-20 posti letto. Da qui il tracciato inizia l'ascesa al centro montano di Assoro attraverso un complesso sistema di tornanti, ponti e gallerie molto suggestivo al termine del quale il casello Spiga (m. 690), opportunamente restaurato, costituisce un ideale punto di ristoro e sosta. Una volta giunti ad Assoro, va evitata l'antica stazione che è stata privatizzata ma andrebbe ripristinata la galleria sottostante la via P. Nenni che, se pur occlusa da interventi di privati, è tuttora in ottime condizioni.
Da qui, con un pulmino navetta si potrebbe far raggiungere ai turisti l'interessante centro storico di Assoro culminante nel castello Valguarnera e fortemente caratterizzato dal suo ruolo millenario di centro feudale.
Proseguendo lungo la linea, dopo appena 1,5 Km. percorsi per lo più su di un ardito ponte in pietra e laterizi, la ferrovia giunge nei pressi di Leonforte. Ivi, in località Acquanova, dovrebbe essere previsto il terminale del percorso.
Linea Siracusa - bivio Giarratana - Vizzini Licodia
Questa linea a scartamento ridotto fu realizzata fra il 1912 ed il 1923 per collegare alcuni comuni dell'entroterra delle province di Siracusa e Ragusa, esclusi dalla ferrovia a scartamento normale Siracusa - Noto - Ragusa - Licata costruita alcuni anni prima.
Fu scelto così un tracciato, estremamente tortuoso, che congiungeva quasi tutti i centri abitati posti fra Siracusa e Vizzini e ne fu anche prevista una diramazione per Chiaramonte Gulfi fino a Ragusa. La linea fu costruita dalla "S.A.F.S." (Società anonima per le ferrovie secondarie della Sicilia), che provvide anche all'esercizio, fino alla chiusura avvenuta il 18 febbraio 1949. Rimase ancora attiva fino al 30 giugno 1956 solo la tratta Siracusa - Palazzolo - Buscemi.
Da Siracusa all'ex stazione di Vizzini Licodia la distanza coperta è di circa 90 chilometri, che corrispondono a non meno di tre tappe di un ciclo-turista medio, tenendo conto anche dell'utilità di compiere frequenti soste, favorite dalla singolarità del paesaggio che si riscontra dopo Solarino ed in particolare nel tratto della cava dove sorge Pantalica, la cui visita merita almeno un pernottamento, per potere raggiungere tutti i siti degni di nota.
Nel tratto da Siracusa a Floridia, la pianura in cui scorre il fiume Anapo, a fianco del quale corre la vecchia ferrovia, è ampia e resa rigogliosa dalle più svariate colture e il fiume non si percepisce nemmeno, così seminascosto sotto un sottile nastro di pietre bianche. Soltanto quando ci si avvicina a Solarino, i monti Climiti a destra e le propaggini dell'altopiano Ibleo a sinistra cominciano a delineare una vallata, che si chiude sempre più, man mano che si procede verso ponente.
Quasi tutto il tratto ferroviario è apparentemente inglobato in proprietà private. Occorrerebbe un'indagine catastale approfondita per appurare la veridicità di quanto dichiarato da alcuni anziani secondo i quali la Società S.A.F.S. vendette alla provincia, e questa, tempo dopo, vendette a privati, che a poco a poco eliminarono ogni traccia, abbattendo alcuni caselli e riutilizzando i sassi della massicciata per farne muretti a secco. Tra i Km. 111 e 112 della S.S. 124, il suolo di sedime della ferrovia sembra apparire, grazie ad un fondo di sassi ben compattati che dovrebbe corrispondere alla vecchia massicciata.
Proseguendo verso ovest, la traccia si perde tra le proprietà private e la periferia di Floridia, il cui abitato si è esteso verso nord-est, inglobando il vecchio tracciato. Ancora verso ovest-nord-ovest, cioè verso Solarino, il tracciato sembra essere inglobato in proprietà private ed è stato spesso dissodato e coltivato, ma anche in questo settore, di tanto in tanto, si osservano brevi tratti di massicciata.
Oltre il cancello di una pizzeria si osserva il percorso, che attraversa una strada asfaltata e prosegue, in parte sterrato, in parte asfaltato, in parte con fondo in sassi, tra due muretti, fino alla periferia di Solarino. Anche Solarino si è ingrandita, dunque anche lì il tracciato è stato fagocitato dalle abitazioni.
Lasciata Solarino, la Val d'Anapo presenta una vegetazione più rada, con prevalenza di mandorli e di ulivi, in un terreno gibboso, continuamente cangiante, tutto successioni di strette gole calcaree e strapiombi e declivi ubertosi e balzi selvaggi. Si individuano sul terreno pochi tratti di massicciata, ciascuno lungo circa un chilometro, lungo strade interpoderali e, in un caso, lungo una trincea rocciosa, percorribile con difficoltà.
Fra Siracusa e la riserva di Pantalica si incontrano una decina di caselli, per lo più in corrispondenza di intersezioni con le strade, alcuni in rovina, altri abbandonati ma discretamente conservati, alcuni fatti oggetto di qualche intervento conservativo (intonacatura e/o tamponatura delle luci), due o tre ristrutturati ad abitazione privata.
Tra Solarino e Sortino si trovano finalmente un paio di chilometri integri e facilmente riutilizzabili.
Dopo la ex stazione di Sortino - Fusco ci si introduce nella Riserva naturale orientata di Pantalica, che comprende una necropoli costituita da circa 5.000 grotte artificiali che danno un aspetto tra macabro e solenne, di rara potenza, al groviglio calcareo. Nel fondo della cava il fiume è una linea sottile serpeggiante, ora limpida, ora soffocata da rocce e canneti. Il percorso della vecchia ferrovia corre a fianco del fiume, talvolta addirittura si sovrappone ad esso, e appare finalmente e facilmente percorribile anche in auto, benché sterrato, in quanto la riserva è gestita dal Corpo forestale, che la cura e ne consente l'utilizzo soltanto a piedi, per visitare i diversi siti di rilevanza archeologica. La ex stazione di Pantalica (m. 225 s.l.m.) è stata ristrutturata dall'ente gestore ed è aperta al pubblico per utilizzare i servizi igienici.
Il percorso continua così in perfette condizioni, sempre in leggera salita da levante verso ponente, ancora incassato sul fondo della profonda cava, fino a raggiungere la ex stazione di Cassaro - Ferla (m. 360 s.l.m.), che costituisce l'ingresso dal lato ovest della riserva. Continua così, ben visibile e percorribile, fino a raggiungere Palazzolo Acreide, dove la ex stazione si trova a quota 517 s.l.m. e dove finalmente il tracciato comincia ad affacciarsi sull'altopiano Ibleo, per cui da questo punto esso sarà all'incirca pianeggiante, con una quota massima in corrispondenza di Buccheri e una successiva leggera discesa verso l'obiettivo finale.
Un lungo percorso con fondo sterrato, ma facilmente percorribile, conduce fino alle porte di Giarratana dove la ex stazione si trova a m. 550 s.l.m. e si incontrano brevi tratti asfaltati utilizzati per la piccola viabilità locale. Poi, piegando decisamente verso nord, si sfiora l'abitato di Monterosso Almo e ci si accosta verso nord-est, per avvicinarsi a Buccheri, di cui si distinguono i ruderi della ex stazione (m. 716 s.l.m.).
Il tracciato, integro, con fondo sterrato, comincia a scendere, si accosta quindi alla S.S. 124 e giunge nell'abitato di Vizzini (m. 585), dove è stato inglobato nella viabilità locale. Superato il paese, sfiora "la Cunzirìa", antico e suggestivo quartiere dedicato alla concia delle pelli, in corso di restauro. Talvolta scompare a causa del dissodamento del suolo di sedime per uso agricolo e finalmente giunge alla ex stazione di Vizzini Licodia, dove incontra la linea ferroviaria tutt'ora in esercizio da Catania a Caltagirone, via Grammichele.
Linea Ragusa - Giarratana
La tratta ferroviaria dismessa Ragusa - Giarratana, a scartamento ridotto, parte dal cuore della città Iblea, a quota 518 m. s.l.m. e compie i primi chilometri, affiancata alla linea ordinaria per Comiso - Vittoria - Gela, uscendo dalla parte sud della città.
Essa piega successivamente verso nord, e comincia a guadagnare quota, man mano che si avvicina al cuore dell'altopiano ibleo. Dopo 7,3 Km. incrocia la S.S. 115 e si affianca alla strada provinciale che procede verso Chiaramonte Gulfi, giungendo presso la ex stazione, posta a quota 845 s.l.m.. Quest'ultima cittadina, nota per la capacità culinaria nella preparazione della carne di maiale, è posta a ridosso di monte Arcibessi (m. 906), altura che determina un valico per il percorso ferroviario con conseguente formazione di uno spartiacque. Fino a tale punto il tracciato ferroviario dismesso si viene perciò a trovare in leggera salita, ormai immerso in un piacevole ambiente collinare, sovente rimboschito.
Superata la ex stazione di Chiaramonte, il percorso comincia a scendere e si affianca per alcuni chilometri al modesto corso d'acqua chiamato dapprima Rio Scorciapopoli e successivamente Rio Amerillo, che andrà a confluire nel lago Dirillo.
Esso si insinua in tre brevi gallerie nei pressi di Cozzo Pecorello e poco dopo in una quarta un pò più lunga (circa 370 m). Tali gallerie sembrano in buone condizioni, quindi recuperabili e consentono al tracciato di mantenere un andamento pianeggiante ad una quota di circa 670 m. s.l.m..
Dopo un altro paio di chilometri di lieve discesa, il tracciato confluisce in quello della ferrovia dismessa Siracusa - Vizzini, di cui ad altra relazione, a circa tre chilometri dall'abitato di Giarratana e ad altrettanti da Monterosso Almo, terza località squisitamente montana della provincia di Ragusa, che condivide con Chiaramonte e Giarratana un'ambientazione suggestiva, sia di carattere naturalistico, sia architettonico.
Linea Schettino - Regalbuto
Una delle ferrovie secondarie create nella Sicilia Orientale nel dopoguerra è quella che collega Motta S. Anastasia con Regalbuto. Essa è stata dismessa del tutto per quanto attiene il traffico passeggeri, ma l'ente gestore ha però ritenuto utile mantenere la funzionalità della tratta da Motta a Schettino per il traffico merci. Essa risulta quindi disponibile soltanto per il segmento Schettino - Mandarano Centuripe - Carcaci - Sparacollo - Regalbuto.
Il percorso è paesaggisticamente pregevole, in quanto consente il trasferimento da una zona pianeggiante occupata da rigogliosi agrumeti (territorio di Paternò) a ridosso del massiccio vulcanico etneo, sempre ben in vista, ad una zona tipicamente collinare dell'entroterra ennese facente parte del comprensorio dei monti Erei.
Pochi chilometri dopo Schettino, la ex ferrovia, dopo avere corso non lontano della sponda idrografica sinistra del fiume Simeto, lo attraversa in corrispondenza del Ponte Barca di Biancavilla e si porta a mezza costa sul versante idrografico destro, dove corre per alcuni chilometri.
Raggiunto il piccolo borgo di Carcaci, pressoché disabitato, creato nel Settecento da una grande famiglia feudataria per mantenervi i lavoratori addetti alla coltivazione delle terre e tutt'ora dotato di una chiesa e di una cospicua villa-castello, il percorso si introduce nella vallata del fiume Salso, affluente del Simeto, e risale verso l'interno, transitando non lontano dal vecchio convento di S. Antonio a Sparacollo, sede di un insediamento monastico barocco, ma anche di un precedente centro fortificato rupestre di notevolissimo valore archeologico e paesaggistico.
Raggiunge infine il lago di Pozzillo, il bacino artificiale a maggiore superficie della Sicilia.
Linea Castiglione di Sicilia - Linguaglossa
Castiglione di Sicilia è una gradevole cittadina, di origine medievale, dotata di notevoli monumenti architettonici e arroccata su una collina che culmina con un antico castello, a quota 621 s.l.m., con ampia vista, dal lato nord, sulla sottostante vallata del fiume Alcantara.
Linguaglossa, cittadina anch'essa ordinata e piacevole, base di partenza per escursioni di alta montagna e per la pratica degli sport invernali, è posta invece a circa 500 metri di quota, lungo il fondovalle che separa un modesto gruppo collinare dal massiccio dell'Etna.
Le due cittadine distano in linea d'aria meno di cinque chilometri, ma non si vedono l'una con l'altra, perché fra di esse si erge una congerie di colline di altezza compresa fra i 700 e gli 800 metri. Il tracciato ferroviario, costruito con ottima tecnica, ma ipotizzando basse velocità di percorrenza, inizia a sud dell'abitato di Castiglione di Sicilia, a quota 605 s.l.m., in posizione sopraelevata rispetto all'abitato, e si insinua fra queste colline, con un percorso tortuoso, ma di grande suggestione, seguendo a mezza costa i ripidi valloni che le separano.
Esso si svolge dapprima in direzione est e quindi sud, per complessivi 6,5 chilometri, comprendendo in tale breve percorso ben sette gallerie, tutte disposte nella prima metà; talune molto brevi, l'ultima lunga circa 300 metri. Fino all'ultima galleria lo sguardo può puntare solo sui fianchi incolti di queste colline dai nomi di palese origine contadina (Colla, Pizzo, Gurni, Coddavina, Culma). Colline una volta coltivate al prezzo di enormi fatiche per raggiungerne ogni giorno i fianchi e oggi abbandonate per l'impossibilità di utilizzare i moderni mezzi agricoli. Esse sono perciò state riconquistate da una flora arbustiva in parte residuo delle antiche coltivazioni e in parte spontanea.
Superata l'ultima galleria, il percorso compie una stretta "S" per poter scavalcare con un ponticello il vallone Gibiotti, si porta così sul fianco est di monte Granado, e si dirige, quasi diritta, verso sud. Ora il paesaggio si apre e la campagna, ormai pianeggiante, appare coltivata a frutteto e a vigneto.
Il tracciato incrocia quindi la strada statale 120, un chilometro fuori dall'abitato di Linguaglossa, in corrispondenza di un casello ferroviario abbandonato; la scavalca e si dirige verso la Stazione, ancora in esercizio, gestita dalla ferrovia Circumetnea. L'ingresso nel cuore della cittadina può quindi avvenire più rapidamente tramite la statale o, meglio, proseguendo per circa 500 metri, utilizzando una più tranquilla strada urbana. La pendenza è inferiore al 1,5% ed è favorevole nella direzione descritta.
ITINERARI SU STRADA

La S.S. 120 dalle Petralie a Randazzo
Per secoli e secoli, il collegamento viario fra Palermo, capitale del Regno di Sicilia, e le due città più popolose e importanti, Messina e Catania, fu in buona parte coincidente fino alla zona dell'Etna. Il procedere, infatti, da Palermo a Messina lungo la costa tirrenica era scomodo, per via dell'asprezza della linea di costa in prossimità dei promontori sul mare (Cefalù, Capo Calavà, Capo d'Orlando), ma sopratutto pericoloso, in quanto era sufficiente che i malintenzionati navigassero ad un dipresso dalla riva, per scorgere le carovane in transito e assalirli, senza che i viaggiatori avessero scampo, imprigionati fra il mare e le limitrofe erte colline.
Il percorso preferito era dunque quello che lasciava la costa presso la foce del fiume Torto e si inerpicava sui margini meridionali delle Madonie, poi dei Nebrodi, toccando i 1.000 metri di quota e scendeva quindi nella vallata che circuisce l'Etna. Qui il percorso dei viaggiatori si divideva. Chi andava a Messina proseguiva verso levante, transitando da Randazzo e Castiglione di Sicilia e scendeva verso il Mare Ionio, per raggiungerlo a Giardini, e quindi piegare verso nord. Chi andava a Catania, passava da Bronte e poi, via Adrano, Paternò, Misterbianco, raggiungeva la città etnea.
Il percorso dell'antica trazzera regia "Palermo - Messina via montagne", fu sostanzialmente confermato, con modeste rettifiche, sia in epoca borbonica, sia in epoca sabauda e quando le strade di grande comunicazione furono "battezzate" e affidate ad un ente gestore di rilevanza nazionale, essa fu chiamata strada statale 120 "dell'Etna e delle Madonie". Percorrere questa strada significa perciò ricalcare le orme di una congerie di viaggiatori, che dal Medioevo (se non da ancor prima) ad oggi dovettero percorrerla a piedi, a cavallo, in portantina o in carrozza, e infine in auto, per le più svariate esigenze. Queste antiche vicende hanno naturalmente influenzato la storia delle cittadine che la strada incontra sul suo percorso, spesso coinvolte con grande rilievo nella storia dell'Isola, a partire dall'epoca normanna fino a tutto il Settecento, arricchendole di importanti monumenti civili e religiosi.
La S.S. 120 si svolge sul versante meridionale delle due maggiori catene montuose di Sicilia, le Madonie ed i Nebrodi e poi si insinua fra questi ed il massiccio dell'Etna. Quando, perciò, in epoca recente, queste aree montuose, con i loro magnifici boschi e i loro paesaggi alpestri, furono protetti mediante l'istituzione degli omonimi parchi regionali (i tre a maggiore estensione della Sicilia) essa si è venuta a trovare nella condizione di essere una sorta di filo conduttore fra queste aree di grande rilevanza naturalistica.
Valori storici e valori ambientali, portano pertanto a inserire questa strada statale in un elenco di proposte per la creazione, in sede adeguatamente separata, di una pista ciclabile che ripercorra i fasti dell'antica "regia trazzera" e che ne valorizzi le potenzialità di carattere turistico.
Alla grande arteria, che prende il via in prossimità della stazione ferroviaria di Cerda, lungo il fiume Torto, e che si sviluppa sulle Madonie cosidette occidentali, si è preferito utilizzare nel primo tratto, fino a poco prima di Castellana Sicula, un percorso sulle Madonie orientali, più grandiose e più suggestive, da Campofelice di Roccella a Castellana Sicula attraverso il "Parco regionale delle Madonie". Questo parco, che si estende nel territorio nord orientale della provincia di Palermo, è caratterizzato da alte montagne, da suggestivi paesaggi, da una vegetazione rigogliosa e da abbondanti acque. L'itinerario ha inizio dalla stazione ferroviaria di Campofelice di Roccella e attraverso la S.P. 9, panoramica strada che costringe ad una dura pedalata di circa 13 Km. in salita, si dirige a Collesano (m. 468 s.l.m.), cittadina, posta in una conca fra verdi colline, famosa nella storia dello sport automobilistico perché vi transitava la "Targa Florio". Oltrepassata Collesano continua sulla S.P. 9b in salita fino a Portella di Mare (m. 582 s.l.m.) e poi inizia la discesa fino a Scillato (m. 230 s.l.m.), nota per le due sorgenti, Agnello e Golfone, le cui buonissime acque hanno sempre alimentato l'acquedotto di Palermo. Da qui si snoda sulla S.S. 643 in salita, attraverso una zona ricca di nocciole, in direzione di Polizzi Generosa (m. 917 s.l.m.) con un splendido panorama a sinistra dei monti dei Cervi e Mufara. Prosegue poi in discesa e si innesta nella S.S. 120 per raggiungere il comune di Castellana Sicula (m. 765 s.l.m.), dopo Castellana risale e arriva a Petralia Sottana (m. 1.000 s.l.m.) e Petralia Soprana (m. 1.147 s.l.m.) circondate da rigogliosi boschi.
Da qui, con un percorso finalmente pianeggiante, si porta a Gangi. Sono queste cittadine di grande valenza turistica, in quanto costituiscono la porta di accesso alla zona sommitale delle Madonie ed esse stesse conservano le vestigia di un importante passato di epoca feudale.
Quando il viaggiatore si avvicina a Gangi, la conformazione del territorio gli permette improvvisamente di scorgere, lontana ma imponente, la mole dell'Etna, che costituirà un riferimento visivo che non lo lascerà fino alla conclusione dell'itinerario.
La catena delle Madonie cede il passo a quella dei Nebrodi, e con un percorso altalenante si corre lungo il fiumetto di Sperlinga, e si raggiunge questa cittadina, in provincia di Enna, caratterizzata da un castello scavato nella roccia, che fu partecipe degli eventi dei Vespri Siciliani. Poi si passa da Nicosia, importante città demaniale di origine normanna, sede vescovile, e mantenendosi sempre non disgiunti dai 1.000 metri di quota, ci si avvicina al crinale dei Nebrodi in corrispondenza di Cerami.
Si transita quindi da Troina, città cara al conte Ruggero, il primo dei grandi personaggi normanni, che conserva anch'essa monumenti che ci parlano di un lungo periodo di importanza politica e di floridezza economica.
Da Troina ci si sposta in prossimità di Cesarò, cittadina da cui si accede al cuore dei monti Nebrodi e finalmente si scende nella vallata che separa quest'ultima catena dal massiccio vulcanico dell'Etna. Ruderi, quasi invisibili, di un antico castello, ricordano i secoli in cui questo percorso era il più importante di Sicilia, mentre, ormai in pianura, ben più consistenti sono le vestigia dell'antica abbazia di Maniace, poi castello di Nelson.
Proseguendo, ormai comodamente, in un ampio fondo valle, ad una quota compresa fra i 750 e gli 800 metri, si giunge infine a Randazzo, altra importante città con pregevoli memorie me-dioevali.
Provincia Palermo
Al fine di realizzare un'interconnessione con le greenways recuperate dalle linee ferroviarie dismesse, si prevedono i seguenti collegamenti su strada:
-  un primo collegamento a nord da Palazzo Adriano a Chiusa Sclafani con la Palermo - Corleone - San Carlo, nella "Riserva dei monti di Palazzo Adriano e Valle del Sosio", attraverso la RT 439 e la RT 77 che costeggia il lago di Grammauta;
-  un secondo collegamento a sud da Palazzo Adriano a Burgio utilizzando la RT 161, la RT 163, attraverso i boschi della riserva, e la RT 254;
-  un collegamento da Camporeale a Salaparuta e Poggioreale, utilizzando la S.P. 20, non essendo stato mai realizzato il sedime della linea ferroviaria a scartamento ridotto Palermo - Poggioreale - Salaparuta;
-  un altro collegamento è previsto da San Cipirello a Corleone attraverso la RT 69 e la S.P. 4, al fine di collegare la Palermo - Poggioreale - Salaparuta con la Palermo - Corleone - San Carlo;
-  un collegamento da Campofelice di Roccella a Castellana Sicula attraverso il "Parco regionale delle Madonie", descritto nel paragrafo "La S.S. 120 dalle Petralie a Randazzo";
-  un percorso anulare attorno a capo Zafferano che da Bagheria, famosa per le sue ville nobiliari del XVII e XVIII secolo, porta con la S.P. 88 a Casteldaccia, rinomata per l'azienda vinicola "Corvo di Salaparuta", e ritorna a Bagheria per la S.P. 16. Da qui continua attraverso la S.P. 87 fino alla foce dell'Eleuterio e con una diramazione su strade locali giunge a Misilmeri. dall'Eleuterio con la S.P. 74 arriva ad Aspra, prosegue attorno al Capo Zafferano utilizzando la S.P. 23 fino a Porticello e poi in salita con la S.P. 56 fino all'area archeologica di Solunto.
I seguenti ulteriori sette itinerari hanno la caratteristica di sviluppare un percorso anulare, prevalentemente su strade provinciali asfaltate, dal traffico automobilistico contenuto, ma anche per alcuni tratti su strade bianche. Per le bellezze paesaggistiche e storico naturalistiche questi itinerari risultano gradevoli a chi li percorre pedalando in tutta tranquillità.
1° itinerario  -  Contessa Entellina - Santa Maria del Bosco
L'itinerario, su strada asfaltata e con tratti pianeggianti alternati a brevi salite, inizia nei pressi del distributore di carburante ERG di Contessa Entellina e si dirige verso Santa Margherita Belice utilizzando la S.P. 12 fino al bivio Miccina. Da qui imbocca la S.P. 35 e procede verso Bisacquino fino al Monastero di Santa Maria del Bosco, abbazia medievale del XIII secolo, e, superato questo, si spinge fino al bivio Catrini e attraverso prima la S.P. 44b fino a bivio Alvano e poi la S.P. 12 ritorna a Contessa Entellina.
2° itinerario - Contessa Entellina - Ruderi del castello di Calatamauro - Riserva di monte Genuardo
L'itinerario, con tratti in asfalto e su strada sterrata, inizia sempre da Contessa Entellina in direzione Santa Margherita Belice sulla S.P. 12, che lascia quasi subito per immettersi sulla RT 263 e arrivare così ai ruderi del castello Calatamauro. Continua con la RT 263 fino alla "Riserva di monte Genuardo e Santa Maria del Bosco". Un sentiero poi conduce, all'interno della riserva, fino alla vetta del monte Genuardo e da qui scende fino a Santa Maria del Bosco per ritornare a Contessa Entellina attraverso lo stesso percorso del 1° itinerario.
3° itinerario  -  Bisacquino - Vecchia stazione di Campofiorito - Castello di Battellaro
Da Bisacquino questo percorso ciclabile attraverso la ex c.le 41, la S.P. 12 e la S.P. 110 porta alla ex stazione di Campofiorito. Riprende la S.P. 12 fino al bivio Ponte Giancavallo, prosegue sempre sulla S.P. 12 verso Contessa Entellina fino al bivio Ponte Alvano e da qui con la S.P. 44b ritorna a Bisacquino. A metà strada fra Ponte Alvano e Bisacquino la RT 82 porta ai ruderi del castello di Battellaro.
4° itinerario  -  Mulino Fiaccati - Alia - Grotte della Gurfa
Da Alia, percorrendo la S.S. 121, strada caratterizzata da un traffico abbastanza moderato, l'itinerario giunge alla stazione di Roccapalumba e da qui, lasciata la statale, si dirige con un breve tragitto di 2 Km. al mulino Fiaccati, mulino ad acqua posto sul fiume Torto.
Da Alia è anche possibile raggiungere le grotte dei Saraceni o della Guffa attraverso la S.S. 121 o un sentiero che parte dal villaggio Chianchitelle.
Sempre con la S.S. 121 il percorso partendo da Alia arriva alla stazione di Valledolmo e alla fattoria Fontana Murata per ritornare ad Alia attraverso una strada locale fino alla stazione di Marcatobianco e da qui con un sentiero fino alla S.S. 121.
5° itinerario  -  Polizzi Generosa - Portella Colla - Monte Cervi - Polizzi Generosa
E' questo un itinerario impegnativo da mountain-bike attraverso il "Parco delle Madonie". Da Polizzi Generosa si dirige sulla S.P. 119 verso Piano Battaglia fino a Portella Colla. Qui imbocca il sentiero n. 11 per monte dei Cervi per poi scendere ed innestarsi nella S.S. 643 che da Scillato porta a Polizzi Generosa.
6° itinerario  -  Cefalù - Contrada Presti - Cefalù
Anche questo è un itinerario difficoltoso ma che si snoda su strada asfaltata. Da Cefalù, attraverso la S.P. 54b che conduce a Gibilmanna, si spinge fino al bivio con la S.P. 136. Imboccata questa provinciale arriva alla contrada Presti e poi prosegue in discesa fino all'intercomunale per Gratteri ed alla contrada Santa Lucia alle porte di Cefalù.
7° itinerario  -  Cefalù - Gratteri - Gibilmanna - Cefalù
Ultimo itinerario, anch'esso arduo, che si spinge fino alla periferia nord del "Parco regionale delle Madonie". Da Cefalù, contrada Santa Lucia, sempre attraverso la S.P. 136 arriva al bivio dell'intercomunale per Gratteri, che percorre fino al bivio Sellita per poi seguire la S.P. 28 che porta a Gratteri. Da qui sempre sulla S.P. 28 si dirige a Gibilmanna rasentando il Pizzo Giurafelle, luogo più panoramico del percorso, fino al bivio Piano delle Fate - Pianetti per innestarsi nella S.P. 54b che porta a Gibilmanna. Percorrendo in discesa sempre la S.P. 54b, giunge infine alle porte di Cefalù.
8° itinerario  -  Palermo - Camporeale - Salaparuta
In Sicilia negli anni trenta si ripresero i progetti di alcuni tracciati ferroviari a scartamento ridotto per il collegamento con le linee esistenti. Furono così iniziate e mai completate alcune tratte ferroviarie, fra cui la linea che da Palermo doveva raggiungere Poggioreale e Salaparuta attraverso i comuni di Monreale, Altofonte, Santa Cristina Gela, Piana degli Albanesi, San Cipirello, Camporeale.
Questa linea, prevista a scartamento ridotto, non entrò mai in esercizio. Il sedìme, senza mai essere armato, fu interamente completato fino a Camporeale e furono edificati anche i caselli e le stazioni. Il ritardo con cui si svolsero i lavori di costruzione, in considerazione degli eventi bellici, e la concorrenza del servizio di autolinee furono le cause che, negli anni cinquanta, portarono alla inevitabile decisione di non completare le opere iniziate.
Si possono ancora vedere nella città di Palermo tracce di questa linea che potrebbe essere recuperata dalla cintura della Circonvallazione fino a Boccadifalco, dove ancora è presente e perfettamente conservato il viadotto che sovrasta la strada principale della borgata. Sono ancora esistenti ed in buono stato nella zona Uditore - Borgo Nuovo alcuni caselli e a Baida la stazione.
Più complesso risulta invece ripristinare il tracciato subito dopo Boccadifalco, trovandoci in presenza di una lottizzazione di ville residenziali, e nella zona sottostante Monreale per alcune interruzioni.
Da Monreale, antica cittadina normanna di grande attrazione turistica, l'itinerario prosegue ben visibile nella valle dell'Oreto e con tratti oggi asfaltati fino ad Altofonte e Portella del Pianetto dove se ne perdono le tracce.
Riprende ad essere riconoscibile, anche se con brevi interruzioni, dopo Santa Cristina Gela fino a Piana degli Albanesi, colonie albanesi costituitesi in Sicilia nel XV secolo. Lasciata poi la stazione ferroviaria di Piana degli Albanesi costeggia il lago, il più antico invaso artificiale della Sicilia, creato con la costruzione di una diga in pietra eretta fra il monte Kumeta ed il monte Maganoce, per la produzione di energia elettrica e per l'approvvigionamento idrico di Palermo e della Conca d'Oro.
Dal lago fino a San Cipirello il sedìme è stato asfaltato ed è divenuto sede della S.P. 102bis, che si snoda nelle verdeggianti falde del monte Iato, dove è presente un'area archeologica di grande interesse.
Altre interruzioni da ricongiungere, ripristinando la sede scomparsa, sono individuabili fra San Cipirello e Camporeale.
Provincia Agrigento
-  il primo percorso utilizza la S.P. 71 dalla S.S. 115 Sud occidentale sicula (in località Sfondato) fino a San Leone;
-  il secondo percorso forma un anello attorno al laghetto Gorgo, partendo da Eraclea Minoa lungo la S.P. 20, fino ad intercettare la S.P. 61 per Montallegro e da qui con la S.P. 87 ritorna ad Eraclea Minoa;
-  il terzo da Montallegro, attraverso la S.P. 75, si dirige a Siculiana per poi con la S.P. 56 spingersi fino a Siculiana Marina;
-  il quarto si snoda nella S.P. 67 sul litorale di Torre di Gaffe.
Al fine di creare gli opportuni collegamenti con gli itinerari delle province confinanti e sopratutto con la linea ferroviaria a scartamento ridotto Palermo - Corleone - San Carlo, si prevedono i seguenti ulteriori itinerari:
-  itinerario che collega San Carlo con Sciacca utilizzando la RT 89 e brevi tratti della S.P. 19 lungo la valle del Sosio e del Verdura. Dall'intersezione con la strada locale S. Anna - Ribera fino alla galleria S. Giorgio il sedìme è asfaltato;
-  itinerario che si dirama dalla RT 89 dal suddetto quadrivio per seguire la strada locale fino a Ribera;
-  utilizzando un segmento della RT 165 questo itinerario collega Burgio con la RT 89 lungo il fiume Madonna di Mortille;
-  percorrendo sempre la S.P. 67 quest'altro itinerario prolunga il percorso ciclabile del litorale Torre di Gaffe fino a Licata e poi si spinge con la S.S. 115 fino al confine con la provincia di Caltanissetta;
-  itinerario che inizia dalla Torre di Gaffe, procede verso Agrigento sull'interpoderale 26 dirigendosi verso il fiume Palma, che segue a breve distanza, fino quasi alla foce in località Marina di Palma, dove si immette nella S.P. 82 che conduce al castello di Montechiaro. Lasciato il castello percorre la strada lungo il vallone di Montechiaro e passa sopra la galleria della S.S. 115 per collegarsi alla S.P. 64 di Palma di Montechiaro. Continua lungo questa provinciale fino all'itinerario proposto dalla provincia che dalla S.S. 115 Sud occidentale sicula (in località Sfondato) porta a San Leone. Questo itinerario, attraverso la Valle dei Templi, dovrebbe prolungarsi fino a Porto Empedocle.
Provincia Caltanissetta
Gli itinerari prevedono l'attraversamento della fascia costiera nella parte meridionale del territorio provinciale ed una penetrazione capillare verso l'interno, così da lambire il patrimonio storico artistico e paesaggistico che caratterizza la provincia.
Dal confine ragusano l'itinerario ciclabile, percorrendo la S.P. 51 ed un tratto della S.S. 115 e passando per la "riserva naturale orientata del lago Biviere", arriva a Gela, antica città ricca di storia, dove si può ammirare l'Acropoli greca e le mura Timoleontee, città oggi purtroppo devastata da un degrado causato da un mancato sviluppo industriale. Continuando lungo la S.S. 115 si inoltra nel parco naturale di Montelungo e giunge poi alla Torre di Manfria, da poco restaurata, e al castello medioevale di Falconara dei principi Pignatelli. Da qui, sempre lungo la S.S. 115, procede verso Licata e la Valle dei Templi di Agrigento.
Dalla città di Gela attraverso la S.P. 8 si dirige verso Butera fino ad incontrare la S.P. 83 detta "strada dei castelli", che da est verso ovest unisce il restaurato Castelluccio Federiciano con il castello di Falconara. Transitando nella S.P. 83 verso ovest attraversa l'area demaniale forestale attrezzata "Comunelli" e prosegue a nord sulla S.S. 190 verso il territorio di Riesi, fino a congiungersi con la tratta di linea ferroviaria non attivata che da Riesi portava a Canicattì attraverso Sommatino e Delia.
Da Riesi, continuando verso nord est per la S.P. 27, arriva a Mazzarino e poi seguendo la S.P. 13 tocca gli scavi archeologici di Sophiana dove recentemente sono state portate alla luce le strutture di un impianto termale.
Da Mazzarino, nota per il suo castello normanno, prosegue sulla S.S. 117bis in direzione sud est fino alla riserva naturale orientata "La Sughereta" in territorio di Niscemi.
Da Delia seguendo la S.P. 1 giunge a Caltanissetta dove si possono ammirare il "castello di Pietrarossa", la zona archeologica di "Gibil Gabib", gli scavi di "Sabucina" e la "Valle dell'Himera" riserva naturale orientata.
Da Caltanissetta, dirigendosi verso nord lungo la S.P. 29, incontra la zona archeologica di "Vassallaggi" nel territorio di San Cataldo e prosegue verso Mussomeli e il suo castello "Manfredonico" e verso la panoramica vista del monte S. Paolino, nelle cui pendici è situata la cittadina di Sutera.
* * *

Le suddette proposte sono state integrate, con altri percorsi ciclabili in modo da creare gli opportuni collegamenti fra queste e con gli itinerari della provincia confinante di Enna:
-  il primo percorso ciclabile conduce da Canicattì a Delia lungo la S.S. 190 ed una strada locale per innestarsi poco prima di Delia nella sede della linea ferroviaria mai attivata, non essendo stato possibile recuperare la prima tratta del tracciato ferroviario;
-  il secondo collegamento collega attraverso una strada locale la località Torre di Manfria alla strada statale S.S. 115;
-  il terzo itinerario mette in relazione utilizzando la strada statale S.S. 191 le cittadine di Mazzarino, Barrafranca e Pietraperzia. Vengono così congiunte le due maglie settentrionale e meridionale proposte dall'amministrazione provinciale;
-  il quarto itinerario prolunga la strada statale S.S. 117b nel territorio della provincia di Enna fino alla "Villa romana del Casale" e la cittadina di Piazza Armerina.
Provincia Catania
-  da Randazzo al ponte di Bolo, lungo la S.S. 120;
-  dal ponte di Bolo alla stazione Carcaci;
-  da Calatabiano ad Acireale, via Riposto - Torre Archirafi - Santa Tecla;
-  dalla stazione di Motta S. Anastasia a Mirabella Imbaccari
-  dal bivio presso la stazione di Mineo al quadrivio in contrada Margherito;
-  lungo il fiume Simeto, dalla riserva naturale Oasi del Simeto a ponte Barca;
-  da ponte Barca alla stazione ferroviaria di Schettino;
-  da bivio Carmito sulla S.S. 385 alla stazione ferroviaria di Vizzini Licodia.
Da Randazzo al ponte di Bolo
La relazione descrittiva di questo tratto è inserita in quella relativa ad un segmento ben più lungo della S.S. 120, da fiume Torto a Randazzo.
E' opportuno però rilevare che le caratteristiche morfologiche del tratto da Randazzo al ponte di Bolo, pressoché pianeggiante e libero da insediamenti d'ambo i lati, sono le più consone ad una facile realizzazione del progetto.
Dal ponte di Bolo alla stazione di Carcaci
Il percorso, della lunghezza complessiva di Km. 30,600, si svolge prevalentemente su strade provinciali, caratterizzate da traffico locale, di intensità limitata, le quali costeggiano, rimanendo sempre sulla sponda idrografica sinistra, il fiume Simeto. Esso, partendo da una quota di 622 m. s.l.m., si dirige in lieve pendenza verso sud, giungendo a 209 m. s.l.m. in corrispondenza del ponte Maccarrone, per poi guadagnare 34 metri per arrivare alla stazione di Carcaci. Fa eccezione all'utilizzo di strade provinciali, il tratto terminale, che si svolge su un breve tronco (un chilometro) della strada statale 121.
L'itinerario prende il via al ponte di Bolo e transita in prossimità del ponte della Càntera (senza attraversarlo). Se però il cicloturista passasse sulla sponda destra del Simeto, potrebbe visitare l'antico ponte di Serravalle, elegante nella sua architettura sei o settecentesca ed un antico caseggiato dalle vecchie e scorticate mura, con una cappella ed un minuscolo campanile. Inoltre, affacciandosi dal ponte della Càntera, si ammirano le gole scavate dal fiume nelle antiche lave.
Da qui si procede verso sud e appare, in primo piano, l'abitato di Bronte, dolcemente adagiato su un declivio che guarda a ponente. Un po' più avanti, ancora a sinistra, un cratere spento posto molto in basso rispetto al massiccio dell'Etna, sempre ben visibile sullo sfondo: M. Barca. Ancora oltre lo spettacolo offerto dalle coltivazioni a pistacchio, pianta abbarbicata alla lava anche nei punti più scoscesi, presente d'ambo i lati della strada, che, nella stagione fredda, si presenta come uno strano ragno dalle decine di zampe arcuate verso il basso.
Successivamente la strada costeggia a breve distanza il fiume e, a destra, spiccano le forme delle colline che si ergono sulla sponda opposta del Simeto, talune dolci, tal altre ripide, argillose, nude. Percorso qualche altro chilometro, sul lato sinistro appaiono improvvisamente delle alte pareti laviche, originate da un'eruzione preistorica. Nel volgere dei secoli esse sono state soggette a continui crolli e una quantità di massi sconnessi si è accumulata alla loro base, proprio sul fianco della strada. Sulla parete si ammira il fenomeno dei prismi colonnari, colonne di lava con una sezione vagamente esagonale, parallele l'un l'altra, la cui formazione è dovuta al lento flusso del calore durante la fase di raffreddamento del magma ed alle caratteristiche chimico-fisiche del basalto.
D'ambo i lati lo spettacolo offerto dalla flora: ancora alberelli di pistacchio abbarbicati sulle antiche lave etnee rivestite di licheni rossi, arancio e gialli e poi euforbie, ginestre, ferule e tante altre essenze dai colori vivaci. Si prosegue, curva dopo curva, rimanendo sempre sulla sponda sinistra del fiume, tralasciando sia le indicazioni che invitano a risalire verso le falde dell'Etna, sia quelle che porterebbero ad attraversare il fiume per entrare nel territorio ennese.
Dopo circa 29 chilometri, un'indicazione sulla destra indirizza verso il ponte dei Saraceni, che può essere raggiunto con una strada tortuosa ma dal fondo ben sistemato. Il nome del ponte, restaurato, viene impropriamente accostato alla dominazione saracena, ma probabilmente fu costruito in epoca aragonese.
Infine il percorso confluisce sulla S.S. 121, per un breve tratto che scavalca il fiume Simeto grazie al ponte Maccarrone e raggiunge la ex stazione dismessa di Carcaci, facente parte della ferrovia Schettino - Regalbuto di cui ad altra relazione.
Da Calatabiano ad Acireale
Il percorso prende il via a Calatabiano, in uno snodo significativo.
A Calatabiano ci si introduce sul tratto di binario di imminente dismissione, utilizzandolo fino alla località Diana, nel comune di Fiumefreddo di Sicilia. Da qui si raggiunge il litorale marino a Marina di Cottone e si prosegue lungo strade comunale e provinciali, che toccano le località Fondachello, Riposto, Torre Archirafi.
Nel tragitto Diana - Marina di Cottone il ciclo-turista può concedersi uno sguardo al curioso castello degli Schiavi ed una visita alla foce del Fiumefreddo ed alle sue rive, protette dall'omonima riserva naturale orientata.
A Torre Archirafi si lascia il contatto diretto con il litorale, per porsi su un percorso parallelo, a pochi chilometri all'interno, viaggiando fra rigogliosi limoneti, ma rimanendo ad un dipresso dalle località balneari Pozzillo e Stazzo.
Giunti a S. Tecla, si tocca nuovamente la costa, ma, poco dopo, un'imperiosa salita costringe a guadagnare circa 120 metri di dislivello, per raggiungere Acireale, dalla cui stazione potrebbe prendere avvio la pista realizzabile sulla tratta dismessa Acireale - Catania.
Dalla stazione di Motta S. Anastasia a Mirabella Imbaccari
L'itinerario inizia alla stazione ferroviaria, tutt'ora in esercizio, di Motta S. Anastasia, che rappresenta, in questo piano regionale di futuri possibili itinerari ciclabili, uno snodo importante in quanto nei pressi di esso transita la pista ciclabile del Simeto - ponte Barca" ed è possibile, per il ciclo-turista accedere a questo snodo sia per ferrovia, sia mediante la S.S. 192, proveniente da Catania.
La Stazione di Motta si trova al Km. 73 della S.S. 192 ed il percorso utilizza questa strada statale fino alla Crociata Iannarello, posta al Km. 64 + 200, dove inizia la strada statale 288, che viene percorsa fino al Km. 13 + 500, poco dopo Masseria Tenutella, posta a quota 90 s.l.m.
Il tragitto è fin qui interamente pianeggiante e consente una piacevole vista dei rigogliosi agrumeti della Piana di Catania, mantenendo sullo sfondo la perenne vista dell'Etna.
Successivamente il percorso si svolge su una serie di strade provinciali, che attraversano campagne coltivate non più ad agrumeto, ma ad ortaggi e comincia a prendere quota, toccando i 158 m. al bivio in contrada Margherito e i 220 m. al quadrivio da cui ci si può recare al lago dell'Ogliastro. Infine esso si inarca per raggiungere, ancora su strada provinciale, la cittadina di Mirabella Imbaccari, posta sui primi contrafforti dei monti Erei.
Oltre alla valenza turistica della zona, il percorso Motta S. Anastasia - Mirabella Imbaccari costituisce un prezioso collegamento alla pista ciclabile che da S. Michele di Ganzaria condurrà a Mirabella, per proseguire verso Piazza Armerina.
Un'interessante deviazione è prevedibile al quadrivio in contrada Margherito, da dove, con circa 7 Km. di strada asfaltata e pochissimo trafficata, si giunge a Borgo Pietro Lupo, insediamento creato negli anni '50 per la colonizzazione del territorio, poi abbandonato, per il quale esiste un progetto di recupero ai fini dello sviluppo dell'ospitalità rurale.
Una seconda deviazione è quella, cui si è già accennato, per raggiungere il lago dell'Ogliastro, bacino artificiale ottenuto per sbarramento del fiume Gornalunga, che ha già acquistato un aspetto naturale accattivante e che è dotato, in prossimità delle sue sponde, di un'efficiente azienda agrituristica.
Dal bivio presso la stazione di Mineo al quadrivio in contrada Margherito
Il percorso inizia al bivio posto subito dopo la stazioncina ferroviaria di Mineo, che si trova in una posizione di grande rilievo paesaggistico, in quanto posta su un ampio settore dell'altopiano ibleo, fra superfici ben coltivate, punteggiate da grandi e antiche masserie, con ben in vista il complesso montuoso di maggiore altezza del comprensorio, costituito da monte Lauro (m. 986 s.l.m.). Il tragitto, però, lascia immediatamente la sommità dell'altopiano e si tuffa nella stretta valle, fresca e rigogliosa di vegetazione, in cui scorre il fiume Catalfaro, per poi risalire su un'altra zona prominente ed incontrare la cittadina di Mineo.
Città dalle antiche origini che risalgono all'epoca dei Siculi, conserva vestigia del suo importante passato ed è nota perché diede i natali a Ducezio, valoroso principe siculo, che nel V secolo a.C. guidò l'ultima rivolta del suo popolo contro lo strapotere dei greci.
Lasciata Mineo, il percorso scende dall'altopiano, scavalca la S.S. 385 e, giunto nella larga pianura alluvionale del fiume dei Margi, si dirige verso una prominenza rocciosa, scoscesa nelle pareti, ma ampia e pianeggiante superiormente. E' la Rocchicella dei Palici, abitata sulla sommità in epoca pre-greca, ma soprattutto sede di un santuario, per secoli caro al culto dei siculi e delle genti che da loro si generarono.
Dalla Rocchicella, un breve rettifilo porta verso la S.S. 417 "Catania - Gela", strada a scorrimento veloce che dovrebbe essere superata con opportuni accorgimenti, quali sotto o sovrappassi.
Ma superata questa pericolosa arteria, il percorso, su strade asfaltate, si immerge in un ambiente caratterizzato da un traffico ridottissimo e dovuto esclusivamente ai pochi agricoltori che si trasferiscono quotidianamente verso le proprie campagne e l'utilizzo come pista ciclabile promiscua è molto semplice da mettere in atto. Procedendo verso nord-ovest, la strada transita ad un paio di chilometri da Borgo Pietro Lupo, piccolo insediamento urbano, creato nel dopoguerra da un ente di riforma agricola e pressoché abbandonato per decenni. In questi ultimi anni esso è stato sottoposto ad attenzione dalla Provincia regionale di Catania per un recupero delle strutture edili e per la creazione di un centro di ospitalità per turisti, che troverebbe un abbinamento ideale con la eventuale pista ciclabile.
Il percorso termina al quadrivio in contrada Margherito, già incontrato in una precedente relazione, che descrive l'itinerario che va dalla stazione di Motta S. Anastasia a Mirabella Imbaccari.
Lungo il fiume Simeto, dalla riserva naturale Oasi del Simeto a ponte Barca
Il suo ingresso, lato Oasi del Simeto, si trova lungo la S.S. 114, in corrispondenza del ponte di Primosole e si svolge verso ponente sull'argine idrografico sinistro, fino all'ingresso nel territorio di Belpasso. Successivamente, utilizzando un ponte pedonale esistente, transita sull'argine destro.
Entrambi gli argini presentano una discreta regolarità, interrompendosi una sola volta, in corrispondenza della confluenza nel Simeto del torrente Finaita, al confine del comune di Motta S. Anastasia, dove si prevede di montare una passerella.
In quattro casi la pista incrocia delle vie di grande comunicazione che superano il fiume con ampi viadotti. Una prima volta una strada provinciale, in corrispondenza del ponte di Passo Martino, poi la linea ferroviaria Catania - Siracusa, quindi la S.S. 417 "Catania - Gela" e infine l'autostrada "Catania - Palermo". In tutti i casi le problematiche derivanti dagli incroci sono state risolte, assicurando una piena funzionalità della pista.
Grazie a questi frequenti incroci, la pista, la cui lunghezza complessiva è di Km. 32,100, ha il pregio di essere fruibile anche soltanto per tratti limitati, e presenta numerosi punti di accesso. Ciò consentirà il suo utilizzo agli abitanti dei centri urbani che fronteggiano il fiume Simeto e comunque ad utenti non particolarmente allenati.
Oltre alle due estremità, si potrà accedere dalla pista (o uscirne):
-  dal ponte di Passo Martino dopo 3,9 Km. dall'avvio;
-  dalla S.S. 417, tramite la S.P. di contrada Fiumazzo dopo 7,7 Km. dall'avvio;
-  dalla stazione ferroviaria di Motta S. Anastasia dopo 17,3 Km. dall'avvio;
-  dalla S.P. 77 dopo 21,8 Km. dall'avvio.
Scegliendo opportunamente i punti di accesso e di uscita, si possono ottenere quindi dei tratti di lunghezza più limitata. Riveste particolare interesse l'accesso dalla stazione ferroviaria di Motta S. Anastasia, in quanto si sta diffondendo sempre più la possibilità dell'abbinamento "treno + bici", per il quale le Ferrovie dello Stato stanno predisponendo appositi carri al seguito dei vagoni passeggeri.
Trovandosi sull'argine del fiume, la pista si verrà a trovare ad un'altezza variabile dai cinque ai nove metri circa rispetto al territorio circostante. Un'altezza apparentemente limitata, per cui non appare credibile, senza averlo verificato di persona, la straordinaria ampiezza del panorama che si gode dal suo percorso, che non cessa in alcun punto di avere ben in vista la mole dell'Etna, preceduta da un ampio declivio occupato da giardini d'agrumi, coltivazioni varie e centri abitati.
Trasferita la pista sull'argine destro, si transita accanto ad un'azienda agricola che si sta dotando di attrezzature per esercitare l'attività agrituristica e ricettiva e si giunge infine, in corrispondenza della traversa (diga) di ponte Barca, a monte della quale si è formato un bacino artificiale che si è sempre più arricchito di flora e fauna specifica delle aree umide e che verrà probabilmente protetto tramite apposita riserva naturale.
Da ponte Barca alla stazione ferroviaria di Schettino
La realizzazione di un percorso ciclabile su questo breve tragitto, deriva dall'esigenza di realizzare una congiunzione fra la pista già in fase di progettazione fra l'Oasi del Simeto e la traversa di ponte Barca e quella che utilizzerebbe la ferrovia dismessa che da Schettino porta a Regalbuto.
Il collegamento è lungo poco più di sette chilometri e si svolge su strade provinciali che, dipartendosi dalla traversa di ponte Barca, a quota 64 s.l.m., costeggia il bacino artificiale e poi piega verso est per risalire verso Paternò, dove raggiunge in contrada S. Marco, alla periferia ovest della città, i 133 metri di quota. Il percorso piega quindi verso nord-ovest, transita non lontano dai resti del ponte romano di Pietralunga (m. 148 s.l.m.) e giunge alla stazione di Schettino (m. 181 s.l.m.), tramite un sottopasso ferroviario.
Da bivio Carmito sulla S.S. 385 alla stazione ferroviaria di Vizzini Licodia
Il percorso oggetto di questa relazione è un collegamento fondamentale per la chiusura di una maglia fra le piste ciclabili ipotizzate nel territorio catanese e quelle previste nella provincia di Siracusa, in quanto consente di collegare la città etnea con la stazione di Vizzini Licodia, che, costituisce il punto terminale di una pista ciclabile che dovesse utilizzare tutta o parte della ferrovia dismessa che da Siracusa giungeva proprio in questa stazione.
In alternativa al tragitto su strada, è però possibile giungervi in treno, in quanto la predetta stazione fa tutt'oggi parte della linea ferroviaria Catania - Caltagirone.
Il tragitto descritto inizia al bivio Carmito, perché il percorso che da Catania porta a quest'ultimo bivio è riportato nella relazione "da Catania alla stazione Targia". Da qui si prosegue sulla S.S. 385, costeggiando il biviere di Lentini, gradevole zona umida da pochi anni ricreata e in corso di progressivo riempimento, e si giunge a Scordia, con un percorso pianeggiante e costituito da lunghi rettilinei.
Successivamente il tracciato si inarca, per raggiungere i 422 metri di quota in prossimità di Militello in Val di Catania. Lo sforzo compiuto da un ciclo-turista sarebbe però premiato dalla visita ad una città ricchissima di pregevoli edifici barocchi, sia civili, sia religiosi, inserita per questa peculiarità fra i centri considerati patrimonio dell'umanità.
Il percorso prosegue poi, con una pendenza meno accentuata, fino a portarsi sull'area sommitale dell'altopiano ibleo, ad una quota di circa 570 metri e a quest'altezza rimane, circondato da un paesaggio ordinato e piacevole, fino alla stazione di Vizzini Licodia.
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Al fine di congiungere la città di Catania con quella di Si racusa e di costituire quindi un fondamentale tratto dei percorsi "Eurovelo 7" e "Ciclopista del Sole", si prevedono questi ulteriori itinerari:
Da Catania alla stazione Targia
Il tratto qui descritto è un'ipotesi di collegamento ciclabile, quanto più possibile vicino alla costa ionica, fra le province di Catania e Siracusa, per assicurare una continuità ai percorsi denominati "Ciclopista del Sole" ed "Eurovelo 7". Il termine "ipotesi" è motivato dal fatto che tale collegamento è reso difficile dalla mancanza di buone alternative alla strada statale 114, molto trafficata e pericolosa a causa del suo intenso utilizzo sia per raggiungere da Catania e da Siracusa le località balneari di Costa Saracena e Brucoli, sia per l'esistenza di una zona industriale (il cosiddetto "Petrolchimico"), di grande dimensione, raggiunta quotidianamente sia da autoveicoli, sia da autocarri. Quest'ultima realtà determina anche la presenza, per la parte finale del percorso, di un'atmosfera poco salubre, a causa delle emissioni nell'atmosfera, causate dai processi industriali.
Un elemento positivo è però rappresentato dal fatto che non è lontana la realizzazione dell'autostrada che congiungerà la periferia sud di Catania con Siracusa (di cui è già pronto il tratto da Melilli a Siracusa), dotata dei necessari svincoli sia per le località turistiche, sia per quelle industriali. La messa in esercizio di tale tratto autostradale comporterà una rilevante riduzione del traffico che insiste sulla strada statale 114, che potrà essere affiancata da una pista ciclabile o trasformata in percorso promiscuo.
Il percorso individuato inizia alla periferia di Catania, presso la "rotonda della Playa" e imbocca il lungomare, denominato anche "viale Kennedy", dove la Provincia regionale di Catania ha realizzato un tratto di circa un chilometro di strada extraurbana, con affiancata una pista ciclabile. Dopo un paio di chilometri, attraverso una stradina secondaria che costeggia il "Tiro a Segno Nazionale", si porta al quadrivio di via San Giuseppe la Rena e da qui imbocca alla radice la strada statale 114, che si svolge attorno alla testa orientale della pista dell'aeroporto di Fontanarossa.
Giunti alla prima traversa disponibile dopo le strutture aeroportuali e militari, denominata 13ª Strada, il percorso la imbocca e prosegue attraversando l'asse di spina della zona industriale, che diventa poi strada provinciale "Passo Martino". Quindi supera il fiume Simeto, transita davanti alla stazione di Passo Martino, scavalcando il confine fra la provincia di Catania e quella di Siracusa, e confluisce infine sulla S.S. 385, al Km. 5,000 in località Carmito.
Da qui il percorso utilizza la statale per 2,5 chilometri e devia al Km. 7,400, presso un bivio posto un chilometro a nord della piccola stazione ferroviaria di Valsavoia, per imboccare una strada provinciale in direzione di Lentini. Quindi corre pressoché affiancato alla ferrovia, fino alla stazione di Lentini (m. 25 s.l.m.) e costeggia lungo questo tratto il biviere di Lentini, recentemente ripristinato, transitando vicino le interessanti Case del Biviere.
Poi guadagna di quota, utilizzando per circa 4 chilometri la viabilità minore posta alla periferia est di Lentini prima e Carlentini poi, confluendo sulla strada provinciale che collega Buccheri ad Augusta, via Pedagaggi, che viene imboccata in direzione mare (est) e percorsa per 8 chilometri, dal Km. 131 al Km. 139, superando un piccolo valico a quota 254 m. s.l.m. e giungendo così alla località di Villasmundo (m. 201 s.l.m.).
Successivamente, su altra strada provinciale, si percorrono 5 chilometri in direzione est, fino a confluire sulla strada statale 114 nei pressi dello svincolo in località San Fratello, posto al Km. 129 (quota 100 s.l.m.). La strada statale 114, ormai pianeggiante, viene utilizzata per circa 20 chilometri, fino alla stazione ferroviaria di Targia, alla periferia nord di Siracusa.
Itinerari previsti nel territorio del comune di Castiglione di Sicilia
E' prevista la conversione in piste ciclabili di una serie di stradine comunali o interpoderali, che s'intrecciano sul fondo pianeggiante di una conca denominata "contrada Pantano".
In entrambi i casi si tratta di progetti di facile realizzabilità e di grande valenza turistica, che riguardano una delle aeree più amene della provincia di Catania, caratterizzata da un paesaggio intriso del segno dell'attività dell'uomo, che ha dissodato, costruito masserie e ricoveri, muretti in pietra lavica a crudo, trazzere e mulattiere, senza mai degradare l'ambiente, ma, anzi, mantenendolo ordinato e di piacevole aspetto.
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Provincia Enna
Regalbuto - Leonforte
Il percorso da Regalbuto a Leonforte viene introdotto dagli scriventi professionisti allo scopo di realizzare un collegamento a maglia, così come auspicato nel piano direttore del Progetto Revermed, fra gli itinerari proposti dalla Provincia regionale di Enna, tutti basati sul recupero di ferrovie abbandonate, ed altri suggeriti dalla Provincia di Catania.
Infatti, tenendo conto di entrambe le proposte, si viene a disporre di un circuito attorno all'Etna e di uno "stacco" da quest'ultimo, in corrispondenza della ex stazione di Schettino con inserimento nella provincia ennese, tramite la ferrovia dismessa Schettino - Regalbuto. Più ad ovest si trova il sistema che si basa sul recupero parziale della lunga linea ferroviaria dismessa Caltagirone - Piazza Armerina - Valguarnera - stazione Dittaino - Leon forte - Nicosia.
Volendo chiudere "a maglia" le suelencate proposte, si manifesta la necessità di ipotizzare un collegamento fra Regalbuto e Leonforte.
Il percorso si svolge lungo la S.S. 121, dunque si configura fra quelli che necessitano della realizzazione di una pista ciclabile in sede separata, ma, dopo un'accurata ispezione del percorso, ciò non viene considerato impossibile, grazie agli spazi che attualmente esistono lungo i bordi della strada.
L'itinerario presenta delle valenze ambientali, grazie alla contiguità con il lago di Pozzillo, e storico-architettoniche, in corrispondenza di Agira e di Leonforte. Nel senso indicato, esso si presenta leggermente in salita, con uno spunto in corrispondenza del bivio per Gagliano Castelferrato.
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Provincia Messina
Creazione di una pista ciclabile accanto alla S.S. 120, per la quale si rimanda allo specifico paragrafo.
Provincia Ragusa
Sono previsti una serie di 13 percorsi anulari che si svolgono in tutto il comprensorio provinciale, equamente ripartiti fra il territorio montano, quello intermedio e la fascia costiera e inoltre un importante segmento dell'auspicata "Ciclopista del Sole", costituito da un percorso che si svolge lungo il litorale marino, dal confine con la provincia di Siracusa a quello con la provincia di Caltanissetta.
Per una migliore comprensione del valore di questi itinerari, si descrive nel suo complesso il territorio provinciale.
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La tozza cuspide sud-orientale della Sicilia è interamente occupata da un tavolato culminante nei monti Iblei (986 m.) che le conferisce una individualità ben marcata dal punto di vista fisico e umano. Si tratta di una potente massa di strati calcarei orizzontali che scendono verso l'esterno con ampie gradinate, che si affacciano alla cimosa costiera o direttamente sul mare con ripide balze; dalla zona sommitale scendono a raggiera numerosi corsi d'acqua che hanno intagliato nell'altopiano strette e profonde valli, dette cave, le quali costituiscono un elemento caratteristico del paesaggio sia perché contrastano vivacemente con le piattaforme pianeggianti, sia perché mostrano spesso le loro pareti forate dalle nicchie di antiche necropoli (note ed estese soprattutto quelle di Pantalica nella valle dell'Anapo, con ben 5.000 grotte e quella di Cava d'Ispica) e di villaggi trogloditici ancora parzialmente utilizzati dai contadini come stalle e ricoveri; né d'altronde, minor spicco hanno le cave aperte dall'uomo per estrarre dal calcare materiale da costruzione. Ma la presenza dei calcari dà il tono a tutto il paesaggio sia direttamente, perché le rocce affiorano nude su larghi tratti o forniscono abbondante materiale per la recinzione dei campi, sia indirettamente, perché tra i vari strati del tavolato si sono formate cospicue falde freatiche la cui utilizzazione, negli ultimi anni, ha permesso di trasformare radicalmente il paesaggio agrario dell'area periferica iblea.
Intensa è stata, nel dopoguerra, l'attività del Corpo forestale, che ha provveduto ad ampliare le zone boschive, che hanno raggiunto adesso un'estensione di notevole rilevo, in particolare nel territorio dei 3 comuni montani della provincia di Ragusa e cioè Monterosso Almo, Giarratana e Chiaramonte Gulfi. Un ulteriore beneficio di carattere ambientale è venuto dalla creazione del lago Dirillo, al confine fra la provincia ragusana e quella catanese, con lo sbarramento dei torrenti Vizzini e Amerillo, che danno vita al fiume Acate o, appunto, Dirillo.
La presenza di ampie zone montuose e coperte da boschi, unita a quella del lago e dei suoi affluenti, donano al territorio dei 3 predetti comuni un paesaggio spiccatamente alpestre. È ancora ampiamente diffusa la pastorizia, condotta con metodi tradizionali.
In questo paesaggio sono inseriti i primi 3 circuiti:
-  con partenza e arrivo a Chiaramonte Gulfi:
-  l'itinerario "Santa Lucia": Chiaramonte Gulfi - chiesa rupestre di S. Lucia - area attrezzata di M. Arcibessi - Pilastri Giardina - Chiaramonte, per un totale di Km. 11,300;
-  l'inerario "Serra Grande"; Chiaramonte Gulfi - Serra Grande - Chiaramonte Gulfi per un totale di Km 8,30;
-  con partenza e arrivo a Monterosso Almo:
- l'itinerario "Parco Canalazzo": Monterosso Almo - Parco Canalazzo - Monte Casasia - lago Dirillo - Vallata Fiume Amerillo - Monterosso, per un totale di Km. 17,000;
-  con partenza e arrivo a Giarratana:
-  l'itinerario "Sorgenti Irminio": Giarratana - Terravecchia - Sorgenti dell'Irminio - Monte Lauro - Giarratana, per un totale di Km. 12,400
-  l'itinerario "Bosco Calaforno": Giarratana - area attrezzata di Bosco Calaforno - fontana Uccello - lago di S. Rosalia - Giarratana per un totale di Km. 14,300.
Scendendo dall'altopiano ibleo verso il mare, si incontrano le due città principali della provincia, Ragusa e Modica, che condividono con altre 2, Scicli e Ispica, la peculiarità di trovarsi immediatamente a ridosso di qualcuna delle grandi incisioni (cave) che caratterizzano il territorio. Il paesaggio offre ampi panorami su distese pianeggianti prevalentemente coltivate, anche intensivamente e con metodologie industriali, che si interrompono bruscamente per far apparire, da lontano, un corso d'acqua che si insinua sul fondo di una cava.
Gli itinerari individuati in quest'area sono i seguenti:
-  con partenza ed arrivo da Ragusa o da Ibla:
-  l'itinerario "La Via dei Mulini": Ibla - Cava S. Rosalia - Cava Misericordia - S. Filippo - S. Rosalia - Ibla per un totale di Km. 9,600;
-  l'itinerario "La Capra d'Oro": Vallata del fiume Irminio - Grotta della Capra d'oro - Vallata Bussello - Villa Barco Salinella - Ibla (rifugio S. Cono) per un totale Km. 21,500;
-  l'itinerario "La Via della Pace": Galerme - Irminio - Miniere Castelluccio - Pizzillo - Ragusa per un totale di Km. 16,300;
-  con partenza ed arrivo da Modica (o da Scicli):
-  l'itinerario "Cava d'Ispica": Cava d'Ispica - altopiano modicano - Cava d'Ispica per un totale di Km. 10,100;
-  l'itinerario "Modica fiume Lato": Modica - Piano Ceci - Mangiagesso - Scicli - fiume Lato - Modica Sorda per un totale di Km. 25,000;
-  fra Giarratana e Ragusa:
-  l'itinerario "Le Vie del Tellesimo": Frigintini - contrada Fegotto - Cava dei Servi - sorgente del Tellesimo - Frigintini per un totale di Km. 9,100;
-  l'itinerario "San Giacomo": San Giacomo - contrada Cria - contrada Margi - San Giacomo per un totale di Km. 16,800.
La provincia di Ragusa offre infine un'area pianeggiante, prospiciente il mare, di discreta estensione, che corrisponde agli ultimi dieci chilometri del corso del Fiume Acate, dove sorge l'omonima cittadina; agli ultimi venti chilometri del corso del Fiume Ippari, in prossimità del quale sorgono Vittoria e Comiso, ed al corso finale del Torrente di Modica. Qui il paesaggio è ancora diverso, caratterizzato da vaste estensioni di coltivazioni a frutta e, sopratutto, a ortaggi, e da una lunga serie di località balneari, come Sampieri, Cava d'Aliga, Donnalucata, Playa grande, Marina di Ragusa, Punta Braccetto, Scoglitti, nelle quali si riversa, quanto meno nei giorni festivi, tutta la popolazione iblea nella stagione calda.
In quest'area si propone il seguente itinerario:
-  con partenza e arrivo da Comiso:
-  l'itinerario "Cozzo d'Apollo": Comiso - Cozzo d'Apollo - Canicarao - Pagoda della Pace - Comiso per un totale di Km. 36,000.
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Si descrive infine il percorso lungo il litorale costiero, con il nome auspicato dalle associazioni ciclo-amatoriali.
La "Ciclopista del Sole"
Il transito dalla provincia di Ragusa della Ciclopista del Sole è, in Sicilia, quello tecnicamente più semplice da realizzare, in quanto esso è costituito da una serie di tratti di strade provinciali o comunali, posti tutti a breve distanza dal litorale marino e ad una quota pressoché costante, variabile dai 5 ai 20 metri s.l.m., con una sola punta a 40 metri. Si tratta quindi di un percorso adatto ad un ampio ventaglio di fruitori. Esso ha anche il pregio di toccare una lunga serie di località balneari, delle cui offerte può agevolmente approfittare il ciclo-turista, nelle stagioni tiepida e calda.
Il tragitto inizia a Marza, al confine con la provincia di Siracusa e si porta a Pozzallo, importante porto peschereccio dove è affascinante lo spettacolo dell'arrivo in porto dei barconi dei pescatori, in genere nella prima mattinata, e del conseguente mercato che si svolge per lo smercio del prodotto.
Si procede quindi per Sampieri, Cava d'Aliga, Donnalucata e Marina di Ragusa, località dove si riversano gli abitanti del comprensorio durante la stagione balneare. Il litorale in questione è stato ampiamente valorizzato dalla fiction televisiva basata sulle avventure del commissario Montalbano, nato dalla penna dello scrittore Andrea Camilleri, e lungo queste spiagge si trova, meta di veri e propri pellegrinaggi, la casa a mare utilizzata nei filmati come abitazione del commissario.
Il percorso transita infine da Scoglitti e dalle lunghissime spiagge dei Macconi, località legate a ricordi di ben maggiore gravità, in quanto, il 10 luglio 1943 esse furono teatro dello sbarco degli americani in Sicilia e dei conseguenti combattimenti.
Il cambio con la provincia di Caltanissetta avviene in corrispondenza della foce del fiume Acate o Dirillo.
La proposta della Provincia di Ragusa comprende infine alcune bretelle di collegamento della Ciclopista del Sole con le località di Ispica, Scicli, Santa Croce Camerina, Donnafugata e Vittoria, poste a breve distanza dalla linea di costa.
Provincia Siracusa
Si prevede un'interconnessione viaria fra le aree di interesse della zona centrale del proprio territorio, denominato "Anapo - Cassibile" o anche "Il sistema delle cave", in quanto la viabilità oggetto di questo progetto consente la visita dell'altopiano ibleo, caratterizzato da profonde incisioni chiamate localmente "cave", e delle sue emergenze storico-architettoniche e naturalistiche. Il sistema si connetterebbe bene con l'eventuale trasformazione in greenways di parte della ferrovia dismessa "Siracusa - Vizzini", in quanto le due viabilità si incontrano nella zona della Valle dell'Anapo.
Per semplicità tecnica, il complessivo itinerario stato suddiviso nei seguenti tre itinerari:
-  da Cassibile al Km. 94 della S.S. 124;
-  dallo svincolo sulla S.S. 114 presso il torrente Càntera a Sortino - Ferla - Cassaro;
-  dalla contrada Monticelli di Sortino, a Cassaro, al Km. 67 + 500 della S.S. 124.
Cassibile - Km. 94 della S.S. 124
Il segmento qui descritto parte dalla periferia di Cassibile, località nota per essere stata il luogo della firma dell'armistizio che pose fine, durante il secondo conflitto mondiale, alle ostilità fra italiani e anglo-americani, a quota 53 s.l.m., e si dirige verso l'altopiano, con un percorso all'inizio pianeggiante. Poi esso incontra la prima cava, chiamata "Cava della Contessa", e raggiunge rapidamente un breve altopiano ad una quota di circa 200 m. s.l.m., dove incrocia altre due piccole diramazioni della medesima cava.
Poco dopo il percorso si introduce nella strada provinciale "Siracusa - Palazzolo Acreide", in corrispondenza del Km. 17 e procede verso ovest, attraversando Canicattini Bagni, e proseguendo, in leggera ma costante salita, ancora verso nord. Si transita in prossimità di Case S. Alfano e dell'omonimo antico e suggestivo ponte, e si scavalcano due cave in contrada Bibbia, prima di giungere sulla strada statale 124, in corrispondenza del chilometro 94, a quota 529 s.l.m., confluendo così in un altro segmento del "Sistema della Cave".
Lo stesso percorso presenta una variante che si stacca a sinistra del lungo rettifilo che da Cassibile porta verso l'altopiano ibleo e che transita interamente a ponente della Cava della Contessa, anziché a levante come quello precedentemente descritto.
Entrambe le varianti sono itinerari di particolare pregio paesaggistico e corrono su strade poco trafficate e dunque adatte al movimento ciclabile, ma, se percorse nel senso anzi descritto, con l'eccezione del primo tratto, sono caratterizzate da una pendenza elevata.
Svincolo sulla S.S. 114 presso il torrente Càntera - Sortino - Ferla - Cassaro
Questo itinerario prende avvio dallo svincolo sulla S.S. 114 posto 200 metri a nord dell'attraversamento del torrente Càntera, a quota 28 s.l.m e si dirige verso ovest, guadagnando subito quota per iniziare la risalita dell'altopiano ibleo.
Dopo 5,3 Km., a quota 175 s.l.m., incrocia la strada provinciale Villasmundo - Priolo Gargallo e prosegue ancora verso ovest. Dopo altri 5 chilometri, giunto a quota 480, sfiora il Cozzo San Giorgio e a questo punto piega verso sud, per raggiungere Sortino (m. 440 s.l.m.) dopo altri 5,8 Km.
Uscito da Sortino, il percorso riprende in direzione nord-ovest e poi ovest per unirsi, dopo 11,7 Km., con la strada che risale da Pedagaggi, ai piedi di M. S. Venere. Incontra, dopo altri 4 Km., il bivio per deviare su Ferla.
Superata Ferla, l'itinerario scende ripidamente per attraversare l'omonimo torrente, affluente del fiume Anapo, e quindi risale con una serie di tornanti, per giungere a Cassaro.
Sortino (Monticelli) - Cassaro - Km. 67,5 della S.S. 124
Il tratto qui descritto inizia a circa un chilometro da Sortino, in direzione est, a quota 474 s.l.m. in località Monticelli, e dopo il transito sotto Costa Giardini, scende rapidamente sotto i 200 m. per scavalcare la Cava in cui scorre il fiume Anapo e dirigersi quindi verso sud ovest, per confluire sulla S.S. 124 al chilometro 94 + 400 (quota 529 s.l.m.).
Prosegue sulla statale, dove circa mezzo chilometro dopo incontra il bivio dove termina il tratto che sale sull'altopiano provenendo da Cassibile. La S.S. 124 viene lasciata dopo circa 4 Km., per imboccare la provinciale per Cassaro, dove giunge dopo aver attraversato in altro punto la stessa Valle dell'Anapo.
Il percorso procede poi per altra provinciale in direzione ovest, per terminare sulla stessa S.S. 124 al Km. 67 + 500, nel tratto che collega Buscemi a Buccheri.
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Vengono inoltre qui descritti due itinerari, necessari per assicurare il transito attraverso la provincia di Siracusa dei percorsi "Eurovelo 7" e "Ciclopista del Sole", di fatto coincidenti, per i quali si richiede un tragitto quanto più possibile prossimo alla costa ionica dapprima e quindi al Canale di Sicilia.
-  da Siracusa a Calabernardo;
-  da Pachino a Marza.
Siracusa - Calabernardo
Il percorso inizia alla periferia della città di Siracusa, dove la viabilità urbana cede il passo alla strada statale 115, con un tratto di circa 4 chilometri di lunghezza, attraversa il Ponte Grande, noto sia per motivi storici, in quanto legato alle vicende delle prime ore dello sbarco anglo-americano in Sicilia nel 1943, sia perché scavalca ben 3 corsi d'acqua, fra cui l'Anapo e il Ciane, unico fiume d'Italia dove vegeta il papiro.
Trattandosi di strada statale, per di più caratterizzata da notevole trafficato, il tratto deve essere compreso fra quelli che, per essere adoperati anche come pista ciclabile, richiederebbero uno specifico ampliamento laterale ed una passerella indipendente in corrispondenza del Ponte Grande.
Il primo tratto termina al Km. 405 della strada statale 115, in corrispondenza di contrada Carrozziere, dove è possibile abbandonare la statale e piegare a destra imboccando una strada provinciale a minore traffico. Il percorso si allontana dalla linea di costa e attraversa zone di campagna pianeggianti, variamente coltivate e giunge dopo circa 9 chilometri a Cassibile.
Il terzo tratto inizia in prossimità del Km. 396 della citata strada statale e prosegue accostandosi al mare, affiancandosi ad una serie di spiagge di particolare bellezza, poste ai due lati della foce del fiume Cassibile e termina in corrispondenza di un bivio posto cento metri prima del chilometro 388, nei pressi di un piccolo dolmen preistorico, citato sulle carte come "Dolmen di Avola".
La sua lunghezza complessiva è dunque di circa 8 chilometri e la possibilità di affiancare ad essa una pista ciclabile esiste tecnicamente, con qualche difficoltà in corrispondenza del Cassibile, dove sarebbe necessario installare una passerella indipendente, accanto al vecchio ponte, per lo scavalcamento del fiume.
Infine, al chilometro 388, si lascia nuovamente la strada statale 115 e ci si avvicina a poche decine di metri dalla linea di costa, fino alla località Marina di Avola. E' necessario a questo punto risalire il rettilineo, lungo mezzo chilometro, che porta alla periferia di Avola e quindi riprendere un altro tratto di viabilità locale, che attraversa le contrade Zaccara e Cicerata, coltivate in prevalenza a mandorleto, supera il fiume di Noto e confluisce poco dopo sulla strada provinciale che collega la città di Noto alla località balneare di Calabernardo.
Un eventuale utilizzo di questo percorso come pista ciclabile, in promiscuità con la viabilità ordinaria, consentirebbe di congiungersi alla pista ciclabile che il comune di Noto ha in fase di progettazione, in affiancamento al primo tratto della linea ferroviaria dismessa Noto - Calabernardo - Pachino.
Pachino - Marza
E' un tragitto di 12,7 chilometri che inizia alla ex stazione di Pachino.
Il tragitto si svolge su stradine tortuose che circuiscono dapprima il Pantano Cuba e poi il Pantano Longarini, entrambe aree umide protette, di grande interesse naturalistico per i volatili stanziali e di passo che vi si possono osservare.
Noto-Vendicari
La tratta ferroviaria Noto-Pachino-Marzameni messa fuori esercizio dalle Ferrovie dello Stato, è fra le poche in Sicilia a non essere stata ancora privata dei suoi binari. Essa ha pertanto attirato l'attenzione del comune di Noto che ne ha previsto l'utilizzo a fini turistici, riattandola e facendola percorrere da un piccolo treno passeggeri, quanto meno fino alla zona di Vendicari, che costituisce una delle più importanti aree umide dell'Isola, protetta da apposita riserva e affidata in gestione al Corpo forestale della Regione siciliana.
Non volendo deludere le aspettative per la creazione di una pista ciclabile con analogo percorso, il predetto comune ha in corso un progetto esecutivo che prevede sia la riattivazione della ferrovia, sia la creazione a fianco del binario di una pista per il transito pedonale e ciclabile, per il primo tratto che dalla stazione di Noto, posta ad una quota di 64 metri s.l.m., scende fino a mare in corrispondenza della località balneare di Calabernardo e giunge a Lido di Noto, altra località balneare nei pressi dell'importante sito archeologico di Eloro.
Per il successivo tratto da lido di Noto a Vendicari, lo stesso comune ha in corso di redazione un progetto preliminare.
Per il terzo segmento, che da Vendicari porta a Pachino, facente parte del territorio comunale di quest'ultimo centro, non esiste ancora alcuna ipotesi di utilizzo. Si tratta anche in questo caso di un percorso di notevole interesse paesaggistico, in quanto esso corre a breve distanza da una spiaggia di particolare bellezza, e già esistono lungo il tracciato diverse strutture ricettive a conduzione familiare (località Fattoria San Lorenzo), mentre altri posti letto si possono creare, ristrutturando la stazione di San Lorenzo lo Vecchio.
Notevole interesse riveste la piccola località marinara di Marzamemi, nota per la sua tonnara e per una caratteristica piazza più volte utilizzata a scopo cinematografico.
Il tratto da Calabernardo a Pachino, ove si giungesse alla realizzazione della pista ciclabile, potrà costituire un importante segmento della Ciclopista del Sole.
Infine, il territorio della provincia di Siracusa è interessato da un'ipotesi di collegamento fra le città di Catania e di Siracusa, descritta nel paragrafo "da Catania alla stazione Targia".
Provincia Trapani
Si prevedono 11 itinerari cicloturistici da realizzare:
-  Trapani - Nubia - Marsala;
-  Castelvetrano - Marinella;
-  Bonagia - Custonaci;
-  San Vito Lo Capo - Castelluzzo;
-  Salaparuta - Poggioreale;
-  Belice sinistro - Diga Garcia;
-  Marsala - Salemi;
-  Campobello di Mazara - Tre Fontane;
-  Mazara del Vallo - Granitola;
-  Castelvetrano - Triscina;
-  Gilletto - San Nicola - Gorghi Tondi.
Trapani - Nubia - Marsala
L'itinerario, denominato "La Via del Sale", si sviluppa per una lunghezza di Km. 37 da Trapani a Marsala, attraverso le frazioni di Nubia, Salina Grande, Marausa e Mozia. Si snoda per lunghi tratti nelle riserve naturali orientate "Saline di Trapani e Paceco" e "Isole dello Stagnone di Marsala". Rende fruibili ad una nuova mobilità ciclopedonale aree e poli d'attrazione turistico culturali, quali il "Museo del sale", la "Torre Nubia", la "Torre di Mezzo", la "Torre di Marausa" e la "Torre S. Teodoro" lungo il litorale fino alla "strada romana" sommersa che un tempo collegava l'isola di Mozia alla costa marsalese. Nei pressi della zona militare di Birgi, per superare l'aeroporto, si allontana dalla costa che poi riprende seguendo l'argine del fiume.
Attualmente è in fase di avanzata costruzione il tratto da Trapani a Nubia fino alla sede del Museo del Sale dove si trovano le testimonianze delle antiche tecniche della lavorazione del sale.
Bonagia - Custonaci
L'itinerario lungo 16 Km., che inizia a Trapani lungo la litoranea seguendo la S.P. 20, tocca le tonnare S. Giuliano e S. Cusumano e dopo la stele Virgiliana giunge a Pizzolungo per poi proseguire fino alla tonnara di Bonagia. In località S. Andrea Bonagia lasciata la S.P. 20 e presa la S.P. 18 continua per Custonaci, centro noto per la produzione di marmi pregiati.
San Vito Lo Capo - Castelluzzo
L'itinerario si estende per circa 8 Km. lungo la S.P. 16 da San Vito a Castelluzzo. Il percorso, partendo dalla piana verdeggiante coltivata ad ulivi di Castelluzzo, si snoda lungo il litorale delle scogliere di Macari e giunge a San Vito lo Capo, antico borgo di pescatori ed oggi rinomato centro turistico balneare con una fra le più belle spiagge della Sicilia.
Salaparuta - Poggioreale
L'itinerario si sviluppa per circa 3,6 Km. lungo la S.P. 32 nel tratto che collega i nuovi centri abitati di Salaparuta e Poggioreale, oggi noti per un discreto patrimonio archeologico che attira sempre più studiosi e turisti.
Alla periferia di Salaparuta il percorso intercetta il tracciato della dismessa ferrovia a scartamento ridotto Castelvetrano - San Carlo - Burgio, che in direzione Castelvetrano porta nei pressi dove sorgevano questi due comuni prima che il terremoto del 1968 li radesse al suolo.
Dopo Poggioreale si collega all'itinerario ciclabile Belice sinistro - Diga Garcia.
Belice sinistro - Diga Garcia
L'itinerario ha inizio nei pressi di Poggioreale e si estende lungo la S.P. 60 per circa 7,5 Km. nel panorama della valle del ramo sinistro del Belice, fino ad arrivare alla diga Garcia. In questa valle, dove scorre il fiume, si trovano alcune testimonianze di mulini ad acqua.
Marsala - Salemi
L'itinerario, prevede l'utilizzo della S.S. 188 per poco più di 24 Km. dalla periferia di Marsala fino alla località Timpone Torretta. Da qui prosegue, per circa 10 Km., lungo la S.P. 28 passando vicino alla zona archeologica e ai ruderi del castello di Mokarta per giungere a Salemi.
Poiché la S.S. 188 presenta un flusso elevato di traffico motorizzato e frequenti insediamenti urbani, specialmente nei primi 6 Km. nei pressi di Marsala, sono stati individuati altri percorsi su strade interne, con meno flusso veicolare.
Si è deciso pertanto di proporre un tragitto che, partendo dalla località Paolini, attraverso le strade provinciali S.P. 24 ed S.P. 69 e poi una trazzera si collega alla S.S. 188. Percorsa questa statale per appena 1 Km., si immette nella strada provinciale S.P. 28 seguendo il percorso originale proposto.
Questo itinerario per le sue bellezze naturali non è meno interessante di quelli previsti lungo la costa, poiché si sviluppa nelle colline verdeggianti di viti dell'entroterra e tocca diversi bagli, testimonianza di architettura rurale.
Campobello di Mazara - Tre Fontane
Con un percorso di circa 8 Km., tramite la S.P. 51, l'itinerario partendo da Campobello di Mazara giunge alla frazione Tre Fontane, nota località balneare.
A 2 Km. da Campobello, lasciata la S.P. 51, una diramazione lungo la S.P. 88 porta alle Cave di Cusa, in un paesaggio agricolo ricco di coltivazioni di ulivi, mandorli e fichi. Da queste cave i selinuntini ricavavano il tufo per la costruzione di templi, teatri e palazzi.
Mazara del Vallo - Granitola
Il percorso inizia da Mazara del Vallo, antichissima città fenicia ed oggi porto peschereccio più importante d'Italia, si sviluppa per circa 10 Km. lungo la S.P. 38 che costeggia il mare fino a Torretta Granitola, il cui litorale frastagliato ed il porticciolo naturale sono un forte richiamo per gli appassionati del mare.
Gilletto - San Nicola - Gorghi Tondi
Dalla S.S. 115 ha inizio questo itinerario che si snoda per circa 7 Km. lungo la S.P. 85 attraverso la riserva naturale integrale "Lago Preola e Gorghi Tondi", in un'oasi verdeggiante di grande interesse naturalistico, fino a congiungersi alla S.P. 38 Mazara del Vallo - Granitola.
Castelvetrano - Triscina
Da Castelvetrano, città nota per la produzione di ottimo olio e vino, l'itinerario, di circa 10 Km., lungo la S.P. 81 si dirige verso la costa fino a raggiungere Triscina, contrada situata vicino alla foce del fiume Modione o Selino e ad ovest del parco archeologico di Selinunte.
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Al fine di creare un collegamento all'interno del territorio provinciale e verso le province confinanti di Palermo ed Agrigento, si prevedono i seguenti ulteriori collegamenti:
Bonagia - Macari
Questo itinerario svolge l'importante finalità di collegare i due percorsi della costa nord proposti dalla provincia, la ciclopista da Trapani a Custonaci con quella da Castelluzzo a San Vito Lo Capo.
L'itinerario si sviluppa lungo il sentiero che corre lungo il litorale dalla Tonnara di Bonagia fino a Macari.
Ha inizio dalla contrada di Bonagia, Tonnara oggi restaurata e trasformata in grande struttura turistica balneare con albergo, ristorante, piscina, spiagge, impianti sportivi e negozi di artigianato. Nella torre, anch'essa restaurata, si può visitare il Museo della Tonnara, testimonianza dell'antica attività marinara della contrada.
Lasciata la contrada, imbocca il sentiero che corre lungo la costa in direzione della "Riserva naturale orientata Monte Cofano". Questo monte, che caratterizza il suggestivo paesaggio del tratto nord della costa trapanese, presenta una vegetazione di ginestre, carrubi e palme nane. Sulla vetta vi è un'antica torre di avvistamento da dove si può ammirare il bel panorama del golfo di Bonagia e del Cofano.
La "Riserva naturale orientata monte cofano" si trova nel territorio di Custonaci e comprende la zona A del promontorio del monte Cofano e la zona B della preriserva. Nella zona A vi è il promontorio del monte Cofano, oasi naturalistica, che la ciclopista percorre lungo la frastagliata costa del mare. Alle pendici del monte sono presenti torri di avvistamento di epoca spagnola, i resti di una tonnara e diverse grotte, fra cui quelle di Scurati, Mangiapane e Miceli. All'interno della grotta di Mangiapane ogni anno a dicembre si svolge il suggestivo presepe vivente, dove vengono rappresentate le attività artigianali della zona. Questo grotte sono raggiungibili con l'itinerario "Bonagia - Custonaci" proposto dalla provincia.
Oltrepassato il promontorio del monte Cofano il percorso continua sempre lungo il sentiero della costa fino ad innestarsi nell'itinerario "Castelluzzo - San Vito Lo Capo" nei pressi delle scogliere di Macari.
San Vito Lo Capo - Riserva dello Zingaro - Scopello
San Vito Lo Capo, borgo di pescatori risalente al XVI secolo, situato sul promontorio di Capo San Vito, la cui splendida spiaggia è molto frequentata nei mesi estivi, è il luogo da cui inizia questo incantevole itinerario che porta attraverso la "Riserva naturale orientata dello Zingaro" fino al "Baglio di Scopello".
Il percorso ciclabile, attraverso la strada provinciale S.P. 63, si dirige verso la "Riserva naturale orientata dello Zingaro". Questo primo tratto, nonostante sia su strada asfaltata non molto frequentata, presenta per chi pedala un grado abbastanza elevato di difficoltà per la notevole pendenza, che costringe a chi non è allenato a frequenti soste, che sono tuttavia ripagate dalla stupenda vista del golfo di Castellammare.
La "Riserva naturale orientata dello Zingaro", che è stata la prima riserva istituita in Sicilia, comprende circa 7 Km. di costa incontaminata con bellissime calette ed una catena di montagne. La sua estensione di circa 1.600 ettari può essere percorsa attraverso dei suggestivi e panoramici sentieri. All'interno vi sono le 2 torri fortificate di Uzzo e di Scopello, costruite nel 1500, la Tonnarella dell'Uzzo, destinata a museo del mare, il Baglio di Cusenza e il Baglio di Scopello, località nota per la sua tonnara ed i faraglioni che si specchiano nell'azzurro del mare.
Marsala - Mazara del Vallo
L'itinerario da Marsala a Mazara del Vallo è stato pensato ed inserito in questo progetto come un segmento della "Ciclopista del Sole"
Da Marsala, località trapanese famosa per le saline, l'archeologia, i vini, i bagli, l'itinerario si snoda attraverso la provinciale S.P. 64 per poi seguire trazzere lungo la costa fino al comune di Petrosino, località balneare con lunghi tratti di spiagge sabbiose. Sempre utilizzando le trazzere lungo la costa da Petrosino arriva alla "Riserva naturale Capo Feto" in territorio mazarese, una delle poche zone umide ancora presenti in Sicilia, la cui vegetazione palustre costituisce area di sosta per gli uccelli migratori. Lasciata la riserva giunge attraverso una strada locale a Mazara del Vallo, antica cittadina che conobbe il suo massimo splendore durante il periodo arabo, oggi porto peschereccio il più importante d'Italia.
Collegamenti ciclabili sud provincia S.P. 51 e S.P. 56
Una ciclopista che percorre per un breve tratto la S.P. 56 permette il collegamento fra gli itinerari Castelvetrano - Triscina e Campobello di Mazara - Tre Fontane.
Un altro breve percorso ciclabile lungo la S.P. 51 collega l'itinerario Campobello di Mazara - Tre Fontane con Torretta Gra-nitola.
Trapani - Paceco - S.P. 24/S.P. 69 "Marsala - Salemi"
Questo itinerario inizia dalla "Via del sale" Trapani - Marsala, in fase di realizzazione, e seguendo l'argine del Baiata fino alla diga raggiunge Paceco, cittadina nota per le intense coltivazioni di meloni esportati fino ai paesi del Nord Europa. Segue poi la strada provinciale S.P. 8 e superati il "Borgo Fazio", caratteristico borgo agricolo degli anni '30, appartenente al comune di Trapani, ed il "Feudo Rinazzo", baglio del 1700 di proprietà della provincia di Trapani, si congiunge all'itinerario "Marsala - Salemi" in località Case S. Nicola.
Birgi - Petrosino
Attraverso la strada provinciale S.P. 1 l'itinerario dalla salina Torre San Teodoro si spinge all'interno nelle campagne di Marsala, disseminate da numerosi bagli, alcuni in stato di abbandono, altri già restaurati e trasformati in aziende agricole ed agriturismo. Prosegue poi su strade locali fino a prendere la S.P. 53 per giungere a Petrosino, località balneare dal litorale sabbioso dove nei mesi di luglio ed agosto si svolgono manifestazioni folcloristiche con mostre di artigianato e di prodotti tipici della zona.
Collegamenti ciclabili nord provincia
Alcuni itinerari sono stati infine previsti nella zona settentrionale della provincia di Trapani, in territorio di Segesta, Castellammare e Alcamo, area non meno bella ed interessante delle altre:
-  attraverso la S.S. 187 un primo percorso ciclabile conduce da Castellammare del Golfo, cittadina balneare caratteristica per il suo castello che sembra ormeggiato al molo del porto, fino al bivio con la strada provinciale S.P. 16 in direzione Castelluzzo;
-  da Castellammare pedalando lungo la strada provinciale S.P. 47 si può raggiungere la cittadina di Alcamo, posta alla pendici del monte Bonifato, oggi "Riserva naturale orientata Bosco d'Alcamo";
-  un itinerario attraverso la strada statale S.S. 113, e le strade provinciali S.P. 11 e S.P. 78 porta da Alcamo a Calatafimi, nei cui dintorni vi sono aree di interesse naturalistico fra cui il bosco di Angimbè;
-  un altro percorso ciclabile partendo da Calatafimi percorre la strada statale S.S. 113 per un breve tratto fino all'intersezione con la strada provinciale S.P. 44 che segue fino a raccordarsi con la S.P. 57;
-  un ultimo percorso dalla strada statale S.S. 187 snodandosi lungo la strada provinciale S.P. 57 conduce a Segesta e alle Terme toccando la ex stazione ferroviaria di Segesta della linea Palermo - Trapani, oggi fermata impresenziata dei treni che percorrono la linea. Questa stazione è stata recentemente restaurata e trasformata in struttura ricettiva.
Cliccare qui per visualizzare gli indici allegati in formato PDF

(2005.25.1497)110*



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MICHELE ARCADIPANE, direttore responsabile
FRANCESCO CATALANO, condirettoreMELANIA LA COGNATA, redattore

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Ideazione grafica e programmi di
Michele Arcadipane
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