REPUBBLICA ITALIANA
GAZZETTA UFFICIALE
DELLA REGIONE SICILIANA

PARTE PRIMA
PALERMO - VENERDÌ 10 GIUGNO 2005 - N. 25
SI PUBBLICA DI REGOLA IL VENERDI'

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DISPOSIZIONI E COMUNICATI

CORTE COSTITUZIONALE


Ordinanza del 29 dicembre 2004 emessa dal T.A.R. per la Sicilia, sezione staccata di Catania, sul ricorso proposto da Rao Giuseppe contro Provincia regionale di Messina ed altri.

(Pubblicazione disposta dal Presidente della Corte costituzionale a norma dell'art. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87).
Registro ordinanze n. 275/2005
Il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, sezione prima, composto dai signori magistrati:
-  dott. Biagio Campanella - presidente ff. rel. est.;
-  dott. Vincenzo Salamone - consigliere;
-  dott. Gabriella Guzzardi - consigliere;
ha pronunciato la seguente
ordinanza

sul ricorso n. 2576/2003 proposto dal dott. Rao Giuseppe, rappresentato e difeso dall'avv. Arturo Merlo, elettivamente domiciliato in Catania, via Aloi n. 46, presso lo studio dell'avv. Egidio Incorpora;
contro

-  la Provincia regionale di Messina, in persona del presidente pro tempore, non costituita in giudizio;
-  Faraci Orazio Antonino Michele, costituito in giudizio, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Monforte e Lucio Nicolò Fonti Castelbonesi, domiciliato per legge presso la segreteria di questa 1ª sezione;
-  Martelli Giuseppe, costituito in giudizio, rappresentato e difeso dall'avv. Corrado Martelli, domiciliato per legge presso la segreteria di questa 1ª sezione;
-  Morano Giuseppe e Cerreti Carlo, costituiti in giudizio, rappresentati e difesi dall'avv. Andrea Lo Castro, per legge domiciliati presso la segreteria di questa 1ª sezione;
-  Sidoti Luigi, costituito in giudizio, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Mario Caldarera, elettivamente domiciliato in Catania, via V. E. Orlando n. 26, presso lo studio dell'avv. Massimiliano Jelo;
-  Barbera Giacinto, costituito in giudizio, rappresentato e difeso dall'avv. Carmelo Torre, elettivamente domiciliato in Catania, via Ruggero Settimo n. 43, presso lo studio dell'avv. Antonino Paratore Ciancio;
-  Lombardo Giuseppe, Passaniti Angelo, Barbera Nicola, Bruno Daniela in Consolo, Magazzù Salvatore, Sirti Giuseppe, Previti Giuseppe, Bivona Enrico, Ragno Luigi, La Cava Sergio, Caudo Michele, Granese Domenico, Gitto Amedeo, Giorgianni Pietro Salvatore, Italiano Lorenzo, Catalfamo Rosario, La Rosa Santi Vincenzo, Randazzo Salvatore, Recupero Filippo Neri, Galluzzo Giuseppe, Gullo Carmelo, Calanna Francesco Concetto, Ortoleva Antonio Giuseppe, Mangano Renato, Reitano Antonino, Librizzi Salvatore, Casella Antonino, Gullo Luigi, Natoli Giuseppe, Lopes Franco Armando, Melita Lucio, Di Santo Manlio, Gugliotta Biagio, Isaja Filippo, Monea Pasquale, Cuttenti Carmelo, Gulotta Roberto, Cilla Gaetano, Schirò Rosalia, non costituiti in giudizio;
per l'annullamento

delle operazioni elettorali per il rinnovo del consiglio provinciale del maggio 2003, conclusesi con la proclamazione degli eletti di cui al verbale dell'ufficio elettorale provinciale chiuso l'11 giugno 2003, e per la conseguente correzione del risultato elettorale;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore per la pubblica udienza del 7 dicembre 2004 il consigliere dott. Biagio Campanella;
Uditi gli avvocati delle parti, come da relativo verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
Fatto

Il dott. Giuseppe Rao ha partecipato, quale candidato della lista "La Margherita - Democrazia è Libertà", nel collegio n. 2 (Messina nord), alla competizione per il rinnovo del consiglio della Provincia regionale di Messina, svoltasi nei giorni 25 e 26 maggio 2003.
Relativamente a tale collegio, l'ufficio elettorale provinciale ha determinato, per la menzionata lista, il quoziente elettorale nello 0,99568129.
Il dott. Rao sottolinea che, ove la lista predetta, alla quale sono stati assegnati, in sede provinciale, quattro seggi, avesse conseguito, sempre nel collegio n. 2, il quoziente intero, il conseguente seggio conquistato sarebbe stato assegnato a lui il quale, con 2.174 voti di preferenza, ha riportato la migliore cifra elettorale individuale.
Pertanto, non avendo la lista della Margherita conseguito il quoziente intero nel predetto collegio, la parte centesimale di tale quoziente ha concorso alla distribuzione dei seggi con i resti.
Ciò nondimeno, pur vantando tale lista il più alto quoziente tra tutte le liste e tutti i collegi, per effetto del criterio introdotto dall'art. 14 della legge regionale n. 26 del 1993, la lista medesima non ha conseguito alcun seggio nel collegio n. 2, conquistandoli, invece, in altri collegi, in base a quozienti di gran lunga inferiori.
Inoltre, il ricorrente rileva che, dall'esame dei collegi in alcune sezioni, sono emersi grossolani errori materiali nei conteggi riepilogativi e nei riporti dei voti conseguiti dalle varie liste, che avrebbero influenzato negativamente il quoziente elettorale della lista "Margherita", nel collegio n. 2 (Messina nord). Ritiene il dott. Rao che, ove tale quoziente fosse stato correttamente calcolato, lo stesso sarebbe dovuto risultare "intero", con conseguente assegnazione del seggio al ricorrente.
Con ordinanza n. 570 del 29 ottobre 2003, questa sezione ha incaricato l'ufficio territoriale del governo della provincia di Messina di disporre una verificazione, tesa ad appurare l'esatto numero dei voti riportati dalle liste partecipanti alla competizione elettorale, per quanto concerne il collegio n. 2 Messina nord, relativamente alle sezioni nn. 105, 126, 133, 137, 138, 142, 155, 161, 167, 168, 170, 172, 179, 180, 183, 185, 189, 193, 203, 208, 217, 218, 224, 225 e 227.
Dall'esito di tale verificazione il collegio ha evinto che risponde a verità quanto sostenuto dal ricorrente circa i numerosi e gravi errori compiuti in sede di scrutinio dei voti, ma che comunque la correzione dei risultati elettorali non apporterebbe alcun vantaggio all'interessato, atteso che il quoziente elettorale che si determinerebbe non risulterebbe per nulla incrementato rispetto a quello già attribuitogli.
Comunque, il ricorrente solleva, in subordine, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 18, n. 3, 2° comma, 4° e 5° periodo, della legge regionale 9 maggio 1969, n. 14, come sostituiti dall'art. 14 della legge regionale 1° settembre 1993, n. 26, per contrasto con gli artt. 3 e 51, 1° comma, della Costituzione, con conseguente illegittimità della ripartizione dei seggi, come effettuata dall'ufficio elettorale provinciale, nella parte in cui non risulta assegnato un seggio alla lista "Margherita" nel collegio n. 2 (Messina nord) e non risulta proclamato eletto il ricorrente.
Diritto

1)  Ricorda, preliminarmente, il collegio che, per costante giurisprudenza, la dedotta incostituzionalità di una norma di legge può costituire l'unico motivo (sia pure proposto in via subordinata, come nel caso di specie) su cui può validamente fondarsi la proposizione di un ricorso giurisdizionale (cfr., Corte costituzionale, nn. 444 del 26 settembre-12 ottobre 1990 e 367 dell'11-20 luglio 1991; T.A.R. Sicilia-Catania, sezione 3ª, n. 9 del 12 gennaio 2001).
Nel caso di specie, il ricorso, una volta dimostrato, come esposto in punto di fatto, il venir meno dell'interesse a coltivare il motivo di gravame proposto in via principale, si incentra interamente sulla dedotta incostituzionalità, per violazione degli artt. 3 e 51, 1° comma, della Costituzione, dell'art. 18, n. 3, secondo comma, quarto e quinto periodo, della legge regionale 9 maggio 1969, n. 14, come sostituiti dall'art. 14 della legge regionale 1° settembre 1993, n. 26, nella parte in cui tali disposizioni prevedono che l'assegnazione dei seggi residuati non avviene scorrendo la graduatoria delle liste collegiali in funzione del miglior quoziente ed in ragione della disponibilità dei seggi per collegio, bensì partendo dai collegi "con popolazione legale meno numerosa" e passando via via agli altri in "ordine crescente di popolazione".
2)  Tale questione di incostituzionalità appare, pertanto, rilevante per la definizione del ricorso in oggetto, atteso che soltanto da un'eventuale pronuncia di incostituzionalità della menzionata normativa il ricorrente potrebbe ottenere il beneficio della consigliere provinciale.
3)  Il collegio dovrà ora darsi carico di verificare se la questione di incostituzionalità in esame si appalesa anche non manifestamente infondata.
Il ricorrente deduce, in primo luogo, un contrasto della normativa in questione con l'art. 3 della Costituzione il quale, al 1° comma, così recita: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali".
In secondo luogo, il dott. Rao deduce un contrasto della normativa medesima con l'art. 51, 1° comma, della Costituzione, secondo cui "tutti i cittadini dell'uno e dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge".
Il "sospetto" del ricorrente circa una violazione di tali norme costituzionali appare giustificato; la normativa della cui costituzionalità si dubita appare favorire i candidati delle circoscrizioni minori, laddove il resto della normativa pare salvaguardare gli interessi di tutti i candidati (a prescindere dalla dimensione del collegio in cui si presentano).
Ed invero, l'art. 18 della legge regionale n. 14 del 1969 detta le formule matematiche intese ad omogeneizzare in un'unica graduatoria i valori (relativi) espressi da ciascuna lista in ciascun collegio, attesi i diversi parametri da comparare per ogni collegio (numero dei votanti, numero dei voti validi, numero dei candidati).
Il collegio sottolinea che, per determinare il quoziente di ciascuna lista, per ciascun collegio, viene seguito il seguente procedimento: "...si moltiplica per 100 il numero di voti riportati in sede collegiale da ciascuna lista alla quale, in sede provinciale, sono stati assegnati uno o più seggi e il risultato si divide per il totale dei voti conseguiti nell'ambito della circoscrizione collegiale dalle liste ammesse al riparto dei seggi. Quindi si moltiplica tale risultato per il numero dei seggi assegnato al collegio diviso cento".
Ritiene il collegio che tale formula consenta di pervenire ad una graduatoria rapportata alla medesima base percentuale (100), con la determinazione di un quoziente che rappresenta, per un verso, il valore proporzionale dell'apporto arrecato dai candidati di una lista in ambito collegiale per il conseguimento dei seggi conquistati dalla medesima lista su base provinciale, per altro verso il valore elettorale di ciascuna lista in ciascun collegio "relativizzato" con l'analogo "valore" collegiale delle altre liste.
Viceversa il "correttivo", secondo cui i seggi residui vengono distribuiti partendo dai collegi con popolazione legale meno numerosa, toglie ogni significato alla omogeneizzazione dei risultati delle singole liste in ciascun collegio, penalizzando il migliore risultato elettorale e premiando un risultato deteriore depotenziando, oltre ogni limite di ragionevolezza, il principio di maggiore rappresentatività (relativa) che deve presiedere all'assegnazione dei seggi.
Osserva il collegio che su questione analoga, sollevata da questo T.A.R. in relazione al ricorso n. 2578/2003, la Corte costituzionale ha adottato l'ordinanza n. 361 del 25 novembre 2004, con cui si è, fra l'altro, affermato:
"...la circostanza che - a prescindere dalla (pretesa) omogeneità (e confrontabilità) dei quozienti conseguiti dai candidati di una medesima lista nei vari collegi (quozienti che si ottengono anche attraverso la moltiplicazione per il numero dei seggi assegnati a ciascun collegio) - il candidato di una lista risulti, nel suo collegio, non eletto (per essere stati i seggi attribuiti a candidati di altre liste o perché aventi quoziente più elevato o perché, negli altri collegi, la lista ha già conseguito tutti i seggi ad essa spettanti) costituisce un (ineliminabile) inconveniente di mero fatto, connesso all'esigenza di rispettare la rappresentatività della popolazione dei singoli collegi";
"che, pertanto, è manifestamente inammissibile una questione di legittimità costituzionale che prospetti, da un lato, l'esigenza di rispettare scrupolosamente "la graduatoria delle liste in funzione del miglior quoziente" e, dall'altro lato, l'incompatibile esigenza di assegnare i seggi "in ragione della loro disponibilità per collegio", senza in alcun modo indicare la soluzione che consentirebbe di soddisfare integralmente entrambe le suddette esigenze".
Il collegio ritiene di dover riproporre la questione procedendo ad una "prospettazione" più completa rispetto a quella contenuta nell'ordinanza di rimessione che ha dato luogo all'adozione della decisione della Corte costituzionale surriportata.
Il collegio ritiene che tale questione possa essere riproposta in base al dettato dell'art. 24, comma 2°, della legge 11 marzo 1953, n. 87, che preclude allo stesso giudice di adire nuovamente la Corte soltanto nel caso di una pronuncia costituzionale decisoria, ossia allorché la Corte abbia deciso nel merito la questione, ed allorché tutti gli aspetti della questione siano stati oggetto di apposita cognizione.
Per quanto concerne il caso di specie, riconosce il collegio che all'enunciazione della questione non è seguita un'adeguata dimostrazione della piena rispondenza della disposizione (quale sarebbe dovuta risultare a seguito della richiesta dichiarazione di illegittimità costituzionale) ai reali valori proporzionali espressi dalle liste nei vari collegi, nel pieno rispetto della rappresentanza territoriale degli stessi.
In sostanza, una più approfondita prospettazione della questione appare idonea ad indicare la soluzione che soddisfa integralmente tanto l'esigenza di assegnare i seggi in funzione del miglior quoziente, quanto l'altra (solo apparentemente di segno contrario) di rispettare il numero dei seggi assegnati ai singoli collegi.
Orbene, ritiene il collegio che l'elemento da cui va iniziato nell'assegnazione dei seggi è costituito dal miglior quoziente, in relazione, ovviamente, ad un duplice riferimento: un collegio ed una lista.
Se vi è disponibilità di seggi nel collegio relativo a tale miglior quoziente, il seggio non potrà non essere assegnato alla lista che vanta tale quoziente.
Si procederà, quindi, all'assegnazione dei seggi alle liste cui sono stati attribuiti quozienti immediatamente seguenti, via via decrescenti.
Ovviamente, ai fini dell'assegnazione di ogni altro ulteriore seggio, lo scorrimento della graduatoria in senso decrescente dovrà tenere conto sia della disponibilità di un seggio nel relativo collegio, sia dell'esistenza di un seggio da assegnare ancora alla lista.
In tal modo, tanto il collegio, quanto la lista, relativi al quoziente preso in considerazione, partecipano all'attribuzione fino al rispettivo esaurimento dei seggi assegnati. Se, in corrispondenza del quoziente, mancasse una delle due disponibilità (seggio nel collegio o seggio da assegnare ancora alla lista), dovrà procedersi ovviamente ad un ulteriore scorrimento della graduatoria.
Soltanto in tal modo, ad avviso del collegio, si contemperano le fondamentali esigenze di rispettare il valore elettorale proporzionale e di salvaguardare la rappresentanza territoriale.
Sottolinea, in proposito, il ricorrente che "in un sistema proporzionale puro, la rappresentanza territoriale non può mai costituire un parametro contrastante con il valore espresso dal quoziente in discussione, perché è garantita proprio dall'applicazione di quel quoziente, espressione del valore proporzionale di ogni lista in ciascun collegio, parametrato con gli analoghi valori espressi dalle liste negli altri collegi".
Soltanto seguendo in senso decrescente la graduatoria è possibile "esaurire" i seggi di un collegio rispettando i reali valori proporzionali, nell'imprescindibile logica di esaurire tali seggi in favore di liste che, nell'ambito di quel collegio medesimo, abbiano espresso quozienti più elevati, nell'ottica di una perfetta conciliabilità con l'altro, altrettanto imprescindibile, principio della rappresentanza territoriale.
Le disposizioni della cui costituzionalità si sospetta alterano, viceversa, un tale equilibrio, introducendo un "correttivo" perverso.
Come dimostra con assoluta chiarezza il ricorrente nelle varie tavole illustrative contenute nel ricorso, con l'applicazione delle disposizioni della cui costituzionalità si dubita, vengono eliminati, in sede di distribuzione dei seggi, molti dei migliori quozienti, in particolare quelli ottenuti nei collegi con popolazione più numerosa, relativamente ai quali, non di rado, il maggior quoziente centesimale deve cedere a vantaggio di quozienti, a volte di gran lunga inferiori, conseguiti da una stessa lista, in collegi con popolazione meno numerosa.
La dimostrazione della perversità di un tale criterio è dimostrato dalla circostanza che, in sede di distribuzione dei seggi a seguito dei risultati delle elezioni in questione, a fronte dell'esclusione di quozienti ben più alti, una lista ha ottenuto un seggio nel collegio n. 3 (Barcellona-Milazzo) avvalendosi di un quoziente dello 0,009 voti, corrispondente ad appena 78 voti.
Quindi, la disposizione secondo cui "...gli eventuali seggi residui verranno attribuiti seguendo la graduatoria decrescente delle parti centesimali fino all'attribuzione di tutti i seggi spettanti al collegio", correttamente applicata, è idonea perché si proceda ad un'assegnazione dei seggi che sia idonea a salvaguardare tanto il valore elettorale proporzionale quanto la rappresentanza territoriale.
La stessa norma, dopo aver introdotto un criterio che salvaguarda entrambi i menzionati valori, introduce poi un ulteriore criterio aggiuntivo che provoca i denunciati effetti distorsivi e, sostanzialmente, un elemento di contraddittorietà, interno alla stessa norma.
Appare violato, pertanto, il trascritto art. 3 della Carta costituzionale, il quale enuncia il c.d. principio di uguaglianza formale e soggettiva, valevole per tutti i soggetti dell'ordinamento, persone fisiche e giuridiche (cfr., Corte costituzionale, nn. 25/66 e 2/69), che costituisce "un principio generale che condiziona tutto l'ordinamento nella sua obiettiva struttura" (Corte costituzionale, n. 25/66) ed è espressione di "un generale canone di coerenza dell'ordinamento" (Corte costituzionale, n. 204/82), il quale si estrinseca, in ultima analisi, in un generale principio di "ragionevolezza", per cui la legge deve trattare in maniera eguale situazioni eguali, ed in maniera razionalmente diversa situazioni diverse (cfr., fra le tante, Corte costituzionale, nn. 53/58, 15/60, 4/64, 1/66, 5/80 e 15/82).
Al principio di eguaglianza così inteso, cioè come canone di coerenza e ragionevolezza, soggiace indubbiamente anche la legge, e ciò non solo sotto il profilo formale - per cui il principio di eguaglianza regolerebbe soltanto la forza e l'efficacia della legge - ma anche sotto il profilo materiale, per cui tale principio è rivolto a regolare anche il contenuto della legge, implicando un limite o vincolo alla funzione normativa primaria nel senso sopra indicato.
Alla luce delle superiori considerazioni, la questione di costituzionalità non appare manifestamente infondata neppure con riferimento al 1° comma dell'art. 51 della Costituzione, che ribadisce, in sostanza, il principio di uguaglianza per quanto concerne l'accesso agli uffici pubblici e alle cariche elettive.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, sezione 1ª, visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge n. 87/53, solleva, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata, la questione di incostituzionalità dell'art. 18, n. 3, secondo comma, quarto e quinto periodo, della legge regionale 9 maggio 1969, n. 14, come sostituiti dall'art. 14 della legge regionale 1° settembre 1993, n. 26, per contrasto con gli artt. 3 e 51, 1° comma, della Costituzione, limitatamente alle parole "a partire dal collegio con popolazione legale meno numerosa" e "quindi si passa all'attribuzione degli altri seggi residui a quei collegi che seguono il primo secondo l'ordine crescente di popolazione fino all'esaurimento dei seggi attribuiti a ciascuna lista in sede provinciale".
Dispone, conseguentemente, la sospensione del presente giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
La presente ordinanza sarà eseguita dalla autorità amministrativa; essa viene depositata in segreteria, che provvederà a notificarne copia alle parti, al Presidente dell'Assemblea regionale siciliana ed al Presidente della Regione siciliana.
Così deciso in Catania, nella Camera di consiglio del 7 dicembre 2004.
  Il presidente ff. estensore: CAMPANELLA 

(2005.21.1429)
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MICHELE ARCADIPANE, direttore responsabile
FRANCESCO CATALANO, condirettoreMELANIA LA COGNATA, redattore

Ufficio legislativo e legale della Regione Siciliana
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