REPUBBLICA ITALIANA
GAZZETTA UFFICIALE
DELLA REGIONE SICILIANA

PARTE PRIMA
PALERMO - VENERDÌ 26 NOVEMBRE 2004 - N. 51
SI PUBBLICA DI REGOLA IL VENERDI'

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DISPOSIZIONI E COMUNICATI

CORTE COSTITUZIONALE


   

Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana avverso la delibera legislativa approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 21-22 ottobre 2004, recante: "Misure finanziarie urgenti. Assestamento del bilancio della Regione e del bilancio dell'Azienda delle foreste demaniali della Regione siciliana per l'anno finanziario 2004. Nuova decorrenza di termini per la richiesta di referendum".

(Pubblicazione disposta dal Presidente della Corte costituzionale a norma dell'art. 24 delle norme integrative del 16 marzo 1956).
(Ricorso n. 104 depositato il 3 novembre 2004)
L'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 21-22 ottobre 2004 ha approvato il disegno di legge n. 917 dal titolo "Misure finanziarie urgenti. Assestamento del bilancio della Regione e del bilancio dell'Azienda delle foreste demaniali della Regione siciliana per l'anno finanziario 2004. Nuova decorrenza di termini per la richiesta di referendum", pervenuto a questo Commissariato dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello Statuto speciale, il 25 ottobre 2004.
Il provvedimento legislativo, originariamente predisposto dal Governo precipuamente per porre in essere una manovra finanziaria volta a risanare i deficit delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere nell'esercizio finanziario 2003, durante l'iter parlamentare protrattosi quasi tre mesi e specialmente nel corso dell'ultima seduta fiume che ne ha preceduto l'approvazione definitiva, è stato integrato da numerosi emendamenti con disposizioni attinenti ai più svariati settori di intervento regionale, delle quali alcune danno adito a rilievi di ordine costituzionale.
L'art. 3, che si trascrive, appare censurabile sotto il profilo del mancato rispetto del principio di buon andamento della pubblica amministrazione sancito dall'art. 97 Cost.
Art. 3
Concessioni regionali

"1.  Il mancato versamento dei tributi previsti dalla legge regionale 24 agosto 1993, n. 24, relativi alle concessioni e/o autorizzazioni di cui all'elenco annesso al decreto legislativo 22 giugno 1991, n. 230, non produce effetti di decadenza sulle medesime concessioni e/o autorizzazioni amministrative.
2.  Il termine previsto dall'art. 3 della legge regionale 29 dicembre 2003, n. 21, come modificato dall'art. 19 della legge regionale 31 maggio 2004, n. 9, per la regolarizzazione del pagamento dei tributi previsti dalla legge regionale 24 agosto 1993, n. 24, è prorogato al 31 ottobre 2005. Rimangono salvi gli effetti di decadenza previsti dall'art. 13 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641.".
A fronte del mantenimento del termine di tre anni entro il quale, a pena di decadenza, l'amministrazione finanziaria può procedere all'accertamento del mancato pagamento dei tributi dovuti per le concessioni e/o autorizzazioni amministrative, viene espressamente esclusa la decadenza di queste ultime per il mancato versamento dei tributi previsti dalla legge regionale n. 24/93.
L'eliminazione di tale pregnante effetto sanzionatorio, unitamente al susseguirsi di provvedimenti legislativi per la definizione agevolata delle violazioni commesse in materia di tasse sulle concessioni regionali, produce il duplice effetto di ritardare se non di cancellare del tutto l'introito di risorse a favore del deficitario bilancio regionale, oltre che incoraggiare il dilagare dell'evasione fiscale.

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L'art. 8, che si trascrive, si pone in contrasto con l'art. 43 dello Statuto speciale e con gli artt. 3 e 97 della Costituzione.
Art. 8
Personale del Corpo forestale dello Stato in servizio in Sicilia

"1. Per le finalità di cui all'art. 4 della legge 6 febbraio 2004, n. 36, come modificato dal comma 3 del l'art. 1 della legge 27 maggio 2004, n. 77, il dipartimento regionale delle foreste è autorizzato ad assumere il personale del Corpo forestale dello Stato in servizio in Sicilia ed in transito alla Regione a seguito del completamento della procedura di trasferimento disciplinata dal citato art. 4, nei limiti delle unità corrispondenti ad una spesa equivalente alle risorse finanziarie assegnate alla Regione ai sensi dei commi 7 e 8 dell'art. 4.
2. Al personale di cui al comma 1 trasferito nell'Amministrazione regionale, continuano ad applicarsi istituti giuridici ed economici ed il trattamento di quiescenza dell'amministrazione di provenienza.".
Il legislatore, per giustificare l'inserimento di personale proveniente dallo Stato nei ruoli dell'Amministrazione regionale, fa riferimento ad una normativa riferibile alle sole Regioni a statuto ordinario, per le quali è stato previsto il trasferimento di funzioni e la facoltà di avvalersi di appartenenti al Corpo forestale dello Stato.
Orbene, la Regione siciliana, già nei primi anni dell'esperienza autonomistica, ha istituito e disciplinato in maniera organica un proprio Corpo forestale in attuazione delle prerogative attribuitele dallo Statuto in materia di agricoltura e foreste.
Risulta pertanto incomprensibile, in assenza dei chiarimenti richiesti alla Presidenza della Regione - Ufficio legislativo e legale ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. n. 488/69, la necessità di fare ricorso al personale proveniente dall'Amministrazione statale, cui peraltro continuerebbe ad essere riservato il trattamento economico, giuridico e previdenziale statale anche dopo il trasferimento alla Regione.
Appare così censurabile, con riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, la prevista coesistenza nell'ambito dell'Amministrazione regionale di categorie di personale che, pur svolgendo identiche mansioni e ricoprendo medesimi ruoli, verrebbero ad essere disciplinate e remunerate in base a due distinti ordinamenti (id est, quello statale e quello regionale).
Ultima nell'esposizione, ma determinante nella valutazione della legittimità costituzionale della norma, è la considerazione che per espressa disposizione statutaria il passaggio di personale dallo Stato alla Regione deve essere disciplinato da apposite norme legislative proposte dalla Commissione paritetica prevista dall'art. 43 dello Statuto speciale.

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L'art. 20 attribuisce in via interpretativa l'indennità di funzione anche ai vice presidenti dei consigli comunali e provinciali che non svolgono le funzioni vicarie e di supplenza dei rispettivi presidenti. L'adozione della norma, poiché riferibile anche a situazioni pregresse verificatesi dal dicembre 2000 ad oggi, potrebbe avere l'effetto di vanificare le richieste di restituzione di indennità indebitamente percepite, interferendo ipoteticamente anche su possibile contenzioso in atto.
La stessa disposizione, inoltre, appare lesiva dell'autonomia dell'ente locale laddove prevede la corresponsione dell'indennità nella stessa misura ai vice presidenti dei consigli indipendentemente dalle funzioni svolte, imponendo l'onere sulle amministrazioni comunali e provinciali senza peraltro attribuire a queste le necessarie risorse per farvi fronte.

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Gli artt. 25, 27, 28, 32 e 33, oltre alle specifiche violazioni di cui si dirà appresso, sono tutti suscettibili di censura per violazione dell'art. 9 della Costituzione in quanto tutti attinenti alla materia del governo del territorio.
L'adozione delle cennate disposizioni, sebbene motivata dalla volontà di promuovere e sostenere lo sviluppo economico del territorio regionale, in quanto favorisce l'insediamento di attività produttive nei diversi settori del turismo, del commercio, dell'industria e consente la realizzazione di manufatti o il mutamento dell'uso degli stessi, indipendentemente dalla corrispondenza con gli strumenti urbanistici e di programmazione della gestione del territorio, nonché dalle ordinarie procedure per l'acquisizione di nulla osta da parte degli organi preposti alla tutela del patrimonio ambientale, nei fatti può produrre un irreparabile nocumento al bene, la cui tutela l'art. 9 della Costituzione inserisce tra i principi fondamentali, in quanto appartenente all'intera comunità nazionale. Come codesta eccellentissima Corte ha peraltro avuto modo di chiarire, con la sentenza n. 359 del 1985, l'art. 9 erige il valore estetico-culturale, riferito anche "alla forma del territorio" a valore primario dell'ordinamento e correlativamente impegna tutte le pubbliche amministrazioni e particolarmente lo Stato e la Regione a concorrere alla sua tutela e promozione.
Alla luce di quanto precede, non può ritenersi ammissibile la facoltà concessa dall'art. 25, che di seguito si riporta, alla conferenza di servizi composta dall'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente e dall'Assessore regionale per i beni culturali ed ambientali nonché dal sindaco del comune in cui ricade l'opera, di esprimersi sulla deroga al piano territoriale paesistico e agli strumenti urbanistici vigenti.
Art. 25
Patto territoriale Isole Eolie

"1.  Ai fini della realizzazione delle iniziative previste dal Patto territoriale delle Isole Eolie, le opere previste e finanziate dal patto, alla data di entrata in vigore della presente legge, possono essere realizzate anche in deroga al piano territoriale paesistico ed alle norme urbanistiche vigenti.
2.  Sulla deroga si esprime un'apposita conferenza dei servizi, composta dall'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente e dall'Assessorato regionale dei beni culturali ed ambientali e della pubblica istruzione, che si riunisce presso l'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente su richiesta del sindaco del comune nel cui territorio ricade l'opera. Il parere favorevole reso dalla conferenza dei servizi è immediatamente esecutivo e costituisce deroga al piano territoriale paesistico e variante allo strumento urbanistico vigente.".
La norma, oltre ai già rilevati profili d'incostituzionalità, appare, altresì, in contrasto con gli artt. 5, 97 e 114, 2° comma, della Costituzione, in quanto consente la deroga allo strumento urbanistico vigente privando, ope legis, il consiglio comunale del potere di esprimersi sulla variante al piano regolatore generale ed impedendo di fatto ai cittadini l'esercizio del diritto di partecipazione al procedimento e di tutela dei propri interessi.
L'art. 27, nei commi 1 e 2, prevede l'esonero dall'obbligo del rispetto delle distanze minime degli opifici dagli insediamenti abitativi e dalle opere pubbliche, di cui alla lettera f) del comma 2 dell'art. 22 della legge regionale n. 71/78, limitatamente ai progetti utilmente inseriti nella graduatoria per l'assegnazione dei finanziamenti P.O.R. Sicilia 2000/2006.
La norma costituisce, invero, un privilegio per i soggetti che "utilmente inseriti nella graduatoria di cui al bando misura 4.09 del P.O.R." potranno realizzare i propri opifici in deroga agli strumenti urbanistici generali ed attuativi vigenti, sebbene gli stessi in ipotesi potrebbero edificare gli stabilimenti nelle aree appositamente destinate dalle amministrazioni locali per lo svolgimento delle attività industriali ed artigianali.
Ciò configura una palese disparità di trattamento rispetto alla generalità degli operatori economici che, privi dei finanziamenti regionali di cui alla misura 4.09 del P.O.R., devono sottostare alle ordinarie prescrizioni urbanistiche.
Il 3° comma dello stesso articolo, inoltre, prevede sostanzialmente la disapplicazione della disposizione sulla valutazione ambientale strategica agli strumenti urbanistici adottati antecedentemente alla data di entrata in vigore del decreto n. 748 del 7 luglio 2004. Tale disposizione incomprensibilmente esonera dal rispetto della procedura della V.A.S. i piani regolatori ancora in fase di perfezionamento, con la conseguenza di una potenziale violazione dei precetti imposti dalla normativa comunitaria nella materia e della eventualità non remota dell'apertura di un contenzioso con l'Unione europea.
Parimenti censurabile anche per gli ulteriori profili appresso evidenziati appare l'art. 28 che di seguito si riporta:
Art.  28
Mutamento destinazione d'uso dei fabbricati

"1. Il terzo comma dell'art. 22 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, come introdotto dal comma 2 dell'art. 30 della legge regionale 26 marzo 2002, n. 2, è così sostituito:
"Previa autorizzazione delle amministrazioni competenti, nelle zone destinate a verde agricolo è consentito il mutamento di destinazione d'uso nei fabbricati realizzati con regolare concessione edilizia dalla destinazione esistente a destinazione commerciale e/o di civile abitazione, nonché da civile abitazione a destinazione d'uso ricettivo-alberghiera e di ristorazione ove sia verificata la compatibilità ambientale della nuova destinazione ed il rispetto di tutte le prescrizioni igienico-sanitarie nonché di sicurezza.
Nelle zone agricole è ammessa l'autorizzazione all'esercizio dell'attività commerciale, nonché l'autorizzazione all'esercizio stagionale, primaverile ed estivo, dell'attività di ristorazione anche in manufatti destinati a civile abitazione, nel rispetto della cubatura esistente e purché la nuova destinazione, ancorché temporanea, non sia in contrasto con interessi ambientali e disposizioni sanitarie. La destinazione ricettivo-alberghiera e di ristorazione cessa automaticamente allorché cessi la relativa attività".
La sopra riportata norma consente l'indiscriminato mutamento di destinazione d'uso dei fabbricati realizzati nel verde agricolo e la conseguenziale autorizzazione all'esercizio di attività commerciali produttive, indipendentemente da qualsiasi forma di programmato uso del territorio.
In buona sostanza, con la norma testé approvata si consente, ad libitum del soggetto richiedente, la possibilità di variare la destinazione d'uso degli immobili ovunque siano ubicati, nella specie anche in verde agricolo e con indici di edificabilità diversi dalla tipologia originariamente autorizzata.
Ne consegue la possibilità di sanare, peraltro senza alcun onere, costruzioni edificate in difformità alla vigente normativa urbanistica evitando di incorrere nelle previste sanzioni penali di cui al combinato disposto degli artt. 7, 8 e 20 della legge n. 47/85 lett. a) e b).
La disposizione "de qua", pertanto, concretizza anche una indebita interferenza nella materia penale, ritenuta più volte illegittima da codesta Ecc.ma Corte (ex plurimis sentenza n. 179/86), atteso che consente tout court il mutamento della destinazione d, anche nell'ipotesi in cui implichi la variazione degli standards urbanistici di cui al D.M. 2 aprile 1968, fattispecie questa sanzionata penalmente dal cennato art. 8 della legge n. 47/85.
La norma censurata, ancora, consentendo a regime la possibilità di variare senza alcun limite e prescrizione la destinazione d'uso degli immobili, mina alle fondamenta il principio di una ordinata pianificazione e gestione del territorio che costituisce diritto-dovere di ogni comunità locale per tutelare l'ambiente in cui vive ed opera.
Dall'attuazione della previsione in questione verrebbero, infatti, vanificate le scelte operate dall'amministrazione locale volte a destinare determinate aree del proprio territorio ad uso abitativo ed altre alle attività industriali ed artigianali, peraltro dotandole delle necessarie opere di urbanizzazione ed infrastrutture, mentre le aree rurali, già pesantemente interessate in Sicilia dal fenomeno dell'abusivismo edilizio, verrebbero trasformate in indifferenziate aree residenziali, con innegabile devastante refluenza sull'ambiente che l'art. 9 della Costituzione impone di salvaguardare.
L'art. 32 che di seguito si trascrive, inoltre, suscita rilievi di carattere costituzionale, oltre che per la sopra descritta violazione dell'art. 9, anche sotto il profilo del mancato rispetto del principio posto dall'art. 97 della Costituzione.
Art. 32
Piani regolatori dei porti

"1. Agli interventi disposti in attuazione delle previsioni dei piani regolatori dei porti, ivi compresi quelli ricadenti all'interno delle autorità portuali, regolarmente approvati con decreto dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, non si applicano le procedure previste dalla normativa emanata successivamente alla data di pubblicazione del decreto di cui sopra.".
La norma dispone infatti, in maniera apodittica, che ai progetti attuativi delle previsioni dei piani regolatori dei porti approvati dall'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente non vengano applicate le procedure previste dalla normativa emanata successivamente alla suddetta approvazione. E' evidente peraltro che la fase dell'approvazione di un piano regolatore di un porto, per la sua stessa natura, ha lo scopo di valutare esclusivamente elementi di pianificazione e di inserimento territoriale, mentre gli interventi di attuazione dello stesso hanno come oggetto la valutazione di aspetti tecnico- progettuali non contemplati dal piano generale.
Non appare, pertanto, consona al principio del buon andamento della pubblica amministrazione la prevista esclusione dalla sottoposizione alle nuove procedure di valutazione ed ai vari istituti autorizzatori, introdotti dalla normativa adottata in un momento successivo e preordinata, peraltro, a dare attuazione anche a direttiva comunitaria come ad esempio quella in materia di V.I.A. o di V.A.S..
L'art. 33 costituisce una palese violazione del principio posto dall'art. 9 della Costituzione, in quanto consente, tout court, la fornitura di energia elettrica ed il collegamento alla rete telefonica anche per via aerea con palificazione, nei territori soggetti a vincolo paesaggistico.
Invero, il riferimento all'art. 57 della legge regionale n. 4/2003, rivolto ai fabbricati destinati al turismo rurale ricadenti nell'ambito dei parchi naturali, non esclude che ora possa essere consentita una "palificazione" in aree vincolate, indipendentemente da qualsiasi forma di controllo ed autorizzazione. Mentre infatti con la cennata norma del 2003 il legislatore si è premurato di prevedere il nulla osta dell'ente parco interessato, nel cui ambito insistono le attività di turismo rurale, altrettanto non fa adesso, giacché non indica l'organo competente a valutare l'impatto delle opere nelle aree soggette a vincolo paesaggistico che tuttavia ricadono al di fuori della perimetrazione di parchi regionali.

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Gli artt. 43 e 45 sono oggetto di censura per violazione degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, avendo entrambi ad oggetto l'introduzione di forme di stabilizzazione privilegiata di situazioni di precariato esistente nelle amministrazioni pubbliche della Regione, a prescindere dalle ordinarie forme di reclutamento e selezione.
Nel primo caso, infatti, (art. 43) viene disposta la copertura ope legis delle piante organiche degli enti regionali per il diritto allo studio universitario con il personale impegnato in attività socialmente utili in servizio alla data del 10 dicembre 2002, indipendentemente da una pubblica selezione e dalla valutazione della professionalità individuale.
Nel secondo caso, contemplato dal 2° comma del l'art. 45, viene istituita nei fatti una nuova ed ulteriore riserva nei concorsi per l'accesso ai pubblici impieghi, in favore dei soggetti che prestano già servizio negli stessi enti in virtù di contratti di diritto privato, attraverso la effettuazione di una selezione solo per titoli, i cui criteri di valutazione sono stabiliti con deliberazione della commissione regionale per l'impiego.
L'art. 48, di oscuro tenore letterale, sembra trasferire a carico di enti non identificabili il presumibile onere previdenziale per il servizio prestato in posizione di pre-ruolo da determinate categorie di personale precario successivamente stabilizzato, senza al contempo indicare l'ammontare dell'impegno finanziario derivantene né tantomeno le risorse cui attingere.
La norma appare, pertanto, priva della necessaria quantificazione della spesa e della conseguente copertura finanziaria oltreché lesiva degli artt. 3 e 97 della Costituzione in quanto, seppure indirettamente, riconosce un diritto per i dipendenti rimettendone la soddisfazione alla determinazione dei vari enti presso i quali gli stessi prestano servizio ed alle rispettive capacità finanziarie.

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L'art. 50, che di seguito si trascrive, si pone in contrasto con gli artt. 97 e 81 della Costituzione:
Art. 50
Interventi per il diritto allo studio

"1. L'Assessorato regionale dei beni culturali ed ambientali e della pubblica istruzione eroga i contributi previsti dagli artt. 3 e 6 della legge regionale 3 ottobre 2002, n. 14 e successive modifiche ed integrazioni, ivi compresi i compensi spettanti alle istituzioni scolastiche per la collaborazione prevista dal menzionato art. 6, sulla competenza dell'esercizio finanziario successivo alla chiusura dell'anno scolastico di riferimento.
2. I residui realizzati negli esercizi finanziari 2002-2003 sulle norme relative alla finalità di cui agli artt. 3 e 6 della legge regionale 3 ottobre 2002, n. 14 e successive modifiche e integrazioni, da intendersi già comprensive dei compensi di cui al comma 1, possono essere utilizzati, altresì, per far fronte alla concessione dei contributi dovuti anche per gli anni successivi al 2003".
Il secondo comma della cennata norma dispone che i residui realizzati negli esercizi 2002 e 2003 sugli stanziamenti previsti dalla legge regionale n. 4/2002 in materia di diritto allo studio, possono essere utilizzati per far fronte alla concessione di contributi anche negli anni successivi al 2003.
Orbene, l'art. 12 della legge regionale n. 47/77, contenente le disposizioni generali sulla contabilità regionale, espressamente prevede, in conformità ai principi della contabilità pubblica, che i residui di parte corrente, quali quelli in questione, qualora non utilizzati nell'esercizio successivo alla loro formazione, costituiscono economia di spesa e contribuiscono a ridurre il disavanzo di amministrazione.
Pertanto, le somme iscritte fra i residui dell'anno 2002 dal 1° gennaio 2004 hanno costituito economia di spesa e come tali non possono essere utilizzati per contributi dovuti nell'esercizio in corso.
La disposizione, limitatamente alla utilizzazione dei residui realizzati nel 2002, configura una violazione dell'art. 81, in quanto ipotizza l'utilizzo di somme non più esistenti ponendo altresì in essere procedure non conformi al buon andamento della pubblica amministrazione.

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Gli artt. 53 e 54 costituiscono riproposizione di norme già oggetto di censure con l'impugnativa del 21 novembre 2003.
L'art. 53 infatti, al pari dell'art. 61 del disegno di legge impugnato precedentemente, sostanzialmente consente la trasformazione ope legis del rapporto di lavoro da convenzionato a dipendente di circa 800 medici in servizio presso le aziende unità sanitarie locali nelle strutture di medicina di servizi.
Per raggiungere tale obiettivo il legislatore non esita ad operare un ribaltamento della logica che dovrebbe assistere l'assunzione di personale, determinata alla luce delle vacanze esistenti nelle dotazioni organiche definite in relazione alle necessità assistenziali.
La norma censurata dispone, infatti, la rideterminazione in aumento degli organici delle aziende unità sanitarie locali sulla base del numero di medici da inserirvi ponendo, altresì, l'onere derivantene, peraltro non quantificato, a carico delle assegnazioni annuali del Fondo sanitario nazionale, manifestatesi peraltro negli ultimi anni insufficienti e tali da richiedere l'intervento della Regione per ripianare i deficit dei bilanci delle aziende unità sanitarie locali stesse.
La disposizione dell'art. 54 prevede una forma di reclutamento extra ordinem nei ruoli dell'Azienda sanitaria locale n. 6, riservata al personale ausiliario in precedenza addetto all'assistenza nel presidio manicomiale ex ospedale psichiatrico privato "Villa Stagno", con evidente violazione degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione, il cui rispetto garantisce alla generalità dei cittadini la facoltà di accesso ai pubblici impieghi, al fine anche di assicurare la migliore e più ampia forma di selezione del personale alla pubblica amministrazione necessaria per il raggiungimento degli standards di professionalità minimi richiesti per la tutela del diritto alla salute.

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L'art. 60 interviene dopo oltre 8 anni dall'entrata in vigore della legge regionale n. 16/91 per fornire un intervento interpretativo relativamente al personale stagionale con la qualifica di "autobottista".
In assenza degli elementi informativi, richiesti ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. n. 488/69, riguardo all'esistenza di eventuale contenzioso o di dubbi interpretativi circa l'applicazione degli artt. 57 e 59 della legge regionale n. 16/96, che in ipotesi potrebbero giustificare il nuovo intervento del legislatore, si ritiene che la norma costituisca un privilegio in favore dei lavoratori in possesso di una specifica qualifica, che potrebbe inoltre determinare la revisione dinamica di tutte le graduatorie già redatte dal 1996 ad oggi, con conseguente nocumento per il buon andamento della pubblica amministrazione, e si ponga pertanto in contrasto con gli artt. 3 e 97 Cost..

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Il comma 4 dell'art. 62 consente ai componenti del collegio dei revisori dei conti negli enti locali, comuni e province, la possibilità di essere rieletti più volte senza alcun limite.
Detta previsione appare censurabile sotto il profilo del mancato rispetto degli artt. 3 e 97 della Costituzione, per un duplice ordine di ragioni.
Da un canto, infatti, non appare coerente con la funzione svolta dai revisori dei conti la possibilità di una rielezione "sine die" di soggetti preposti al controllo della regolarità della gestione economico-finanziaria degli enti locali, funzione che potrebbe essere compromessa nella sua imparzialità da una prolungata permanenza nelle strutture soggette a controllo e dalla prospettiva di possibili riconferme nell'incarico.
Non ininfluente è, in secondo luogo, la considerazione della disparità di trattamento sia nei confronti di coloro i quali svolgono la medesima funzione presso le istituzioni locali del rimanente territorio nazionale, che sono soggetti alle limitazioni di cui all'art. 235 del decreto legislativo n. 67/2000, sia rispetto ai revisori dei conti in tutti gli altri enti, soggetti anch'essi a limitazioni temporali nell'esercizio della carica.
Il  9° comma del medesimo art. 62 è parimenti suscettibile di censura per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, in quanto estende a tutte le medie e piccole industrie della Regione la disposizione della lett. f) del comma 2 dell'art. 2 della legge regionale n. 28/99 in materia di commercio. 

Detta norma, in buona sostanza, nell'estendere alle piccole e medie imprese l'esclusione dalla disciplina del commercio, attualmente prevista solo per gli artigiani esercenti la vendita di beni propri nei locali di produzione, attua una indiscriminata liberalizzazione della relativa attività, che rischia di sfuggire pertanto ad ogni forma di programmazione economica nell'uso del territorio e di valutazione preventiva del connesso impatto economico-sociale ed ambientale da parte degli organi preposti, nonché di verifica del possesso dei requisiti, anche strutturali, richiesti per l'esercizio delle attività commerciali.

P.Q.M.

e con riserva di presentazione di memorie illustrative nei termini di legge, il sottoscritto prefetto dr. Gianfranco Romagnoli, Commissario dello Stato per la Regione siciliana, visto l'art. 28 dello Statuto speciale, con il presente atto

Impugna

i sotto elencati articoli del disegno di legge n. 917 dal titolo "Misure finanziarie urgenti. Assestamento del bilancio della Regione e del bilancio dell'Azienda delle foreste demaniali della Regione siciliana per l'anno finanziario 2004. Nuova decorrenza di termini per la richiesta di referendum", approvato dall'Assemblea regionale il 21-22 ottobre 2004:
-  Art. 3 per violazione dell'art. 97 della Costituzione;
-  Art. 8 per violazione dell'art. 43 dello Statuto speciale e degli artt. 3 e 97 della Costituzione;
-  Art. 20 per violazione degli artt. 5, 97 e 113 della Costituzione;
-  Art. 25 per violazione degli artt. 5, 9, 97 e 114, 2° comma, della Costituzione;
-  Art. 27 per violazione degli artt. 3, 9 e 97 della Costituzione;
-  Art. 28 per violazione dell'art. 9 della Costituzione e per interferenza in materia penale in relazione ai limiti posti dagli artt. 14 e 17 dello Statuto speciale;
-  Art. 32 per violazione degli artt. 9 e 97 della Costituzione;
-  Art. 33 per violazione degli artt. 9 e 97 della Costituzione;
-  Artt. 43 e 45, 2° comma, per violazione degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione;
-  Art. 48 per violazione degli artt. 81, 4° comma, 3 e 97 della Costituzione;
-  Art. 50, 2° comma, limitatamente al riferimento all'esercizio 2002 per violazione degli artt. 81 e 97 della Costituzione;
-  Art. 53 per violazione degli artt. 3, 32, 51, 81 e 97 della Costituzione, nonché del decreto legislativo n. 502/92 e successive modifiche ed integrazioni in relazione ai limiti posti dall'art. 17, lett. c) dello Statuto speciale;
-  Art. 54 per violazione degli artt. 3, 32, 51 e 97 della Costituzione, nonché del decreto legislativo n. 502/92 e successive modifiche ed integrazioni, in relazione ai limiti posti dall'art. 17, lett. c) dello Statuto speciale;
-  Art. 60 per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione;
-  Art. 62, commi 4 e 9, per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione.
Palermo, 29 ottobre 2004.
  Il Commissario dello Stato per la Regione siciliana: ROMAGNOLI 

(2004.47.2983)
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MICHELE ARCADIPANE, direttore responsabile
FRANCESCO CATALANO, condirettoreMELANIA LA COGNATA, redattore

Ufficio legislativo e legale della Regione Siciliana
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