REPUBBLICA ITALIANA
GAZZETTA UFFICIALE
DELLA REGIONE SICILIANA

PARTE PRIMA
PALERMO - VENERDÌ 19 NOVEMBRE 2004 - N. 50
SI PUBBLICA DI REGOLA IL VENERDI'

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DISPOSIZIONI E COMUNICATI

CORTE COSTITUZIONALE


Ordinanza del 21 luglio 2004, emessa dal T.A.R. per la Sicilia sul ricorso proposto da Ciolino Giuseppe contro la Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali ed altro.

(Pubblicazione disposta dal Presidente della Corte costituzionale a norma dell'art. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87).
(N. 827 Reg. ordinanze 2004)
Il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sede di Palermo, sezione seconda, ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso R.G. n. 528/88 proposto da Ciolino Giuseppe, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall'avv. Nicola Muffoletto, elettivamente domiciliato in Palermo, via Marchese di Villabianca n. 11, presso lo studio dell'avvocato Nicolò Bellanca,

contro

-  la Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Palermo, in persona del legale rappresentante pro-tempore;
-  l'Assessorato regionale dei beni culturali ed ambientali e della pubblica istruzione, in persona del legale rappresentante pro-tempore;
entrambi non costituitisi in giudizio

per l'annullamento

-  del provvedimento della Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Palermo, prot. n. 6487, posizione BB.NN. 23396, del 15 settembre 1987, pervenuto al ricorrente il giorno 19 successivo;
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore il referendario Aurora Lento;
Udito all'udienza pubblica del 10 dicembre 2003 il difensore della parte come da verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO

Con ricorso, notificato il 17 febbraio 1988 e depositato l'8 marzo successivo, il signor Ciolino Giuseppe chiedeva l'annullamento, con vittoria di spese, del provvedimento n. 6487 del 15 settembre 1987, conosciuto il giorno 19 successivo, con il quale la Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Palermo aveva espresso parere negativo sul progetto in sanatoria dallo stesso presentato per un fabbricato sito in Cefalù, contrada Testardita, deducendo i seguenti motivi:
1)  Nullità del vincolo paesaggistico, che il provvedimento impugnato intenderebbe tutelare, per irregolare composizione dell'organo che lo adottò e conseguente carenza di potere della Soprintendenza.
Il vincolo imposto con decreto del Presidente della Regione n. 141/S.G. del 30 gennaio 1969 sarebbe invalido per irregolare composizione dell'organo adottante, e quello imposto con il successivo decreto del 23 luglio 1985 non sarebbe applicabile in quanto successivo alla ultimazione del fabbricato;
2)  "Violazione di legge sotto i diversi profili del difetto di motivazione e del difetto dei presupposti".
La costruzione sarebbe ben inserita nel contesto paesaggistico che, peraltro, sarebbe caratterizzato da un vasto fenomeno di espansione edilizia.
Alla pubblica udienza del 10 dicembre 2003 il procuratore della parte ha insistito nelle proprie conclusioni ed ha chiesto porsi il ricorso in decisione.

DIRITTO

1)  Il ricorrente impugna il provvedimento prot. n. 6487, pos. BB.NN. 23396, del 15 settembre 1987, conosciuto il giorno 19 successivo, con cui la Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Palermo si è espressa negativamente sul progetto in sanatoria presentato in relazione ad un suo fabbricato sito in Cefalù, contrada Testardita.
Ad avviso del ricorrente l'atto impugnato sarebbe viziato, in primo luogo, in quanto "nessun potere di esprimere alcun parere competeva alla Soprintendenza", dato che il vincolo imposto con il decreto del Presidente della Regione n. 141/S.G. del 30 gennaio 1969, sarebbe invalido, mentre quello imposto con il decreto del 23 luglio 1985, non sarebbe applicabile, in quanto successivo alla realizzazione del fabbricato.
Il ricorrente censura, altresì, l'atto impugnato sotto altri due profili (difetto di motivazione e difetto dei presupposti), che logicamente si collocano in posizione subordinata al primo motivo di gravame.
2)  In relazione alla doglianza contenuta nel primo motivo di ricorso, con cui si lamenta la carenza di legittimazione della Soprintendenza ad interloquire nel procedimento promosso con l'istanza di sanatoria, va preliminarmente rilevata la fondatezza della doglianza relativa alla nullità del vincolo imposto con decreto presidenziale n. 141/S.G. del 30 gennaio 1969. Tale circostanza emerge, in particolare, dal decreto dell'Assessore regionale per i beni culturali ed ambientali e per la pubblica istruzione del 23 luglio 1985, il quale, tenuto conto della invalidità del predetto decreto presidenziale, in conseguenza della irregolare composizione della commissione provinciale per la tutela delle bellezze naturali e panoramiche di Palermo, rilevata dalla sentenza della Corte di cassazione, sez. III, 16 giugno 1969, n. 1294/69, ed al fine di evitare ulteriori disapplicazioni da parte del giudice ordinario, ha riproposto il vincolo e disposto la cessazione degli effetti del provvedimento de quo.
In considerazione della invalidità del vincolo esistente al momento della realizzazione del fabbricato, il problema che si pone all'attenzione del Collegio è se il vincolo successivo possa essere applicato alla fattispecie in questione, dato che l'attività edificatoria si era già esaurita.
Sotto tale profilo va rilevato che l'atto impugnato è stato emanato in vigenza dell'art. 23, comma 10, della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37, che, per le costruzioni ricadenti in zone soggette a vincoli in base a leggi statali o regionali, subordina il rilascio della concessione edilizia in sanatoria (di cui alla legge n. 47/85 sul condono edilizio) al nulla osta degli enti di tutela, "sempre che il vincolo, posto antecedentemente all'esecuzione delle opere, non comporti inedificabilità e le costruzioni non costituiscano grave pregiudizio per la tutela medesima..." (così la formulazione originaria).
Nelle more del giudizio, tuttavia, è intervenuta la legge regionale siciliana 16 aprile 2003, n. 4, il cui art. 17, comma 11, ha sostituito, con decorrenza 1° gennaio 2003, la disposizione interpretativa contenuta nel primo capoverso dell'art. 5, comma 3, della legge regionale siciliana 31 maggio 1994, n. 17, in tal modo capovolgendo, con efficacia ex tunc, la regola applicabile circa la necessità o meno del nulla osta della Soprintendenza, ai fini della concessione in sanatoria, quando il vincolo sia posteriore all'ultimazione dell'opera abusiva.
Poiché tale intervento normativo, per le modalità con cui è stato realizzato (novellazione di una preesistente disposizione di tipo interpretativo) e l'efficacia conseguentemente spiegata (di natura surrettiziamente retroattiva), induce a dubitare della sua compatibilità con i parametri costituzionali, ed essendo peraltro la proposizione delle questioni di legittimità costituzionale, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, subordinata al vaglio del giudice del merito circa la rilevanza nel giudizio a quo della questione medesima, il Collegio ha ritenuto di procedere, accantonata temporaneamente la disamina del primo motivo di ricorso, all'esame del secondo motivo di gravame, onde verificare se il giudizio potesse essere definito a prescindere dall'applicazione dell'art. 17, comma 11, legge regionale siciliana 16 aprile 2003, n. 4.
3)  Il Collegio ha ritenuto che nell'esame e decisione del secondo motivo di ricorso non dovesse farsi applicazione della norma regionale predetta.
Con sentenza parziale, adottata in pari data della presente ordinanza, infatti, ha rigettato il secondo motivo di ricorso, con cui l'atto impugnato è stato oggetto di censura per difetto di motivazione e dei presupposti, stante l'esistenza di una sufficiente motivazione e, quanto al secondo profilo di doglianza, la insussistenza di un inizio di prova.
4)  Risolte autonomamente, con detta sentenza parziale, le questioni di legittimità dell'atto impugnato poste con il secondo motivo di ricorso, senza che venisse in rilievo il disposto dell'art. 17, comma 11, della legge regionale siciliana 16 aprile 2003, n. 4, il Collegio, nel tornare ad esaminare il primo motivo di ricorso, osserva che la fondatezza dello stesso dipende dall'applicazione della citata norma regionale, della cui legittimità costituzionale esso dubita, per le ragioni di seguito esposte.
5)  Con atto motivo di censura il ricorrente afferma che l'acquisizione del preventivo nulla osta della Soprintendenza non sarebbe stato necessario, in quanto i lavori erano stati completati prima dell'apposizione di un valido vincolo.
Osserva il Collegio che l'atto impugnato è stato emanato, in vigenza dell'art. 23, comma 10, della legge regionale siciliana 10 agosto 1985, n. 37.
Nelle more del giudizio, tuttavia, è intervenuta la legge regionale siciliana l6 aprile 2003, n. 4, il cui art. 17, comma 11, ha sostituito, con decorrenza 1 gennaio 2003, la disposizione interpretativa contenuta nel primo capoverso dell'art. 5, comma 3, della legge regionale siciliana 31 maggio 1994, n. 17, (che aveva affermato la necessità del nulla osta anche in caso di vincolo apposto successivamente alla realizzazione delle opere abusive), in tal modo capovolgendo, con efficacia ex tunc, la regola applicabile circa la necessità o meno del nulla osta della Soprintendenza, ai fini della concessione in sanatoria, quando il vincolo sia posteriore all'ultimazione dell'opera abusiva.
6)  Per maggior chiarezza, appare opportuno illustrare più in dettaglio il mutamento del quadro normativo.
Il testo originario dell'art. 5, comma 3, della legge regionale n. 17/94 cit. così stabiliva:
"L'art. 23, comma 10, della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37, è cosi interpretato:
1)  Il nulla osta dell'autorità preposta alla gestione del vincolo è richiesto, ai fini della concessione in sanatoria, anche quando il vincolo sia stato apposto successivamente all'ultimazione dell'opera abusiva. Tuttavia, nel caso di vincolo apposto successivamente, è esclusa l'irrigazione di sanzioni amministrative pecuniarie, discendenti dalle norme disciplinanti lo stesso, a carico dell'autore dell'abuso edilizio.
2)  ..........................".
In tal modo, la normativa regionale interveniva a risolvere il dubbio interpretativo, sollevato dalla formulazione dell'art. 23 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37, dettante le condizioni di applicabilità della sanatoria edilizia, in ordine alla rilevanza o meno, ai fini dell'acquisizione del prescritto nulla osta, dei vincoli storici, artistici, architettonici etc. apposti in epoca successiva all'ultimazione dell'opera, ma in vigore al momento dell'esame della istanza di sanatoria.
La soluzione cui si perveniva con la predetta disposizione interpretativa, contenente espresso riconoscimento della rilevanza dei vincoli sopravvenuti, anticipava le conclusioni cui sarebbe giunta la giurisprudenza amministrativa in relazione all'analogo problema postosi per la corrispondente normativa nazionale, la quale è stata interpretata nel senso che, in presenza quanto meno di vincoli che non comportano inedificabilità assoluta, l'obbligo di pronuncia da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo sussiste in relazione alla esistenza del vincolo al momento in cui deve essere valutata la domanda di sanatoria, a prescindere dall'epoca della sua introduzione, per l'esigenza di vagliare l'attuale compatibilità con il vincolo dei manufatti realizzati abusivamente (ex multis, C.d.S., Ad. plen., 22 luglio 1999, n. 20).
Avendo la disposizione ora richiamata natura interpretativa e, pertanto, carattere retroattivo, essa avrebbe comportato, nella fattispecie oggetto del presente giudizio, l'infondatezza del primo motivo di ricorso, non consentendo di negare - come invece fa il ricorrente - l'obbligo di acquisizione del preventivo parere della Soprintendenza.
Tuttavia, come detto, è successivamente intervenuto l'art. 17, comma 11, della legge regionale 16 aprile 2003, n. 4, a sostituire il primo ed il secondo capoverso dell'art. 5, comma 3, legge regionale 31 maggio 1994, n. 17, nel modo seguente:
"1)  Il parere dell'autorità preposta alla gestione del vincolo è richiesto, ai fini della concessione o autorizzazione edilizia in sanatoria, solo nel caso in cui il vincolo sia stato posto antecedentemente alla realizzazione dell'opera abusiva.
2)  L'autorità competente, nel rilasciare parere, può dettare prescrizioni che comportino l'adeguamento del progetto alle esigenze di tutela che hanno determinato l'apposizione del vincolo".
In tal guisa, a far data dall'1 gennaio 2003, l'art. 23, comma 10, legge regionale n. 37/85, va interpretato nel senso che il vincolo posto dopo la realizzazione dell'opera abusiva non rileva ai fini dell'obbligo di acquisizione, ai fini della concessione in sanatoria, del parere dell'autorità preposta alla gestione del vincolo: soluzione questa di segno diametralmente opposto alla precedente, la quale riconosceva invece rilevanza ai vincoli sopravvenuti, e che pure il legislatore regionale riveste di natura interpretativa - e perciò di efficacia retroattiva - grazie all'innesto del nuovo testo normativo, con la tecnica della novellazione parziale, subito dopo le parole "L'art. 23, comma 10, della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37, è così interpretato:", contenute nel primo periodo del comma 3 dell'art. 5, legge regionale n. 17/94 cit.
L'applicazione retroattiva di detta disposizione al caso di specie implicherebbe l'accoglimento del primo motivo di ricorso.
7)  Il Collegio, peraltro, dubita della legittimità costituzionale dell'art. 17, comma 11, della legge regionale siciliana 16 aprile 2003, n. 4, per l'efficacia retroattiva ad esso surrettiziamente attribuita attraverso il carattere interpretativo che allo stesso deriva dalla tecnica di novellazione dell'art. 5, comma 3, legge regionale n. 17/94 cit. adottata dal legislatore; e ciò non solo in assenza di qualsivoglia pur residuo dubbio interpretativo sul significato della norma interpretata (l'art. 23 della legge regionale n. 37/85), ma in presenza di una precedente interpretazione autentica di detta norma, che viene soppressa e diametralmente rovesciata.
Che non si tratti di mera operazione ermeneutica, dettata da esigenze di chiarezza legislativa, bensì di un mutamento di disciplina indirizzato a facilitare il ricorso alla sanatoria edilizia, con efficacia estesa anche al passato, così da ampliare la sfera dei possibili beneficiari, emerge dalla stessa rubrica dell'art. 17 della legge regionale n. 4/2003, ("Recupero risorse derivanti dalla definizione delle pratiche di sanatoria edilizia").
La sussistenza di una fattispecie tipica di eccesso di potere legislativo sembra emergere, d'altronde, dalle considerazioni che seguono.
8)  L'art. 17, comma 11, della legge regionale 16 aprile 2003, n. 4 cit., sotto una dichiarata interpretazione autentica, introduce dunque una sostanziale modificazione della disciplina previgente.
Essa, pertanto, sembra realizzare un'ipotesi di eccesso di potere legislativo, ponendosi in contrasto con i parametri costituzionali che regolano la formazione delle leggi (artt. 117, 123 e 127 Cost., relativi all'attività legislativa regionale), nonché con l'art. 3 della Costituzione sotto il profilo della ragionevolezza.
9)  Va in primo luogo rilevato che i principi costituzionali in tema di disposizioni interpretative, definiti dalla giurisprudenza della Corte costituzionale in relazione alle leggi statali, sono estensibili anche alle leggi con le quali una regione interpreta autenticamente proprie normative precedenti (sent. n. 376 del 1995; sent. n. 397 del 1994; sent. n. 389 del 1991; sent. n. 19 del 1989; sent. n. 113 del 1988).
10)  Anche se il principio di irretroattività delle leggi ha ottenuto in sede costituzionale garanzia specifica soltanto con riguardo alla materia penale ex art. 25, secondo comma, della Costituzione, è pur vero che esso mantiene per le altre materie valore di principio generale, ai sensi dell'art. 11, primo comma, delle disposizioni preliminari del codice civile, cui il legislatore deve in via preferenziale attenersi (sent. n. 376 del 1995; sent. n. 397 del 1994; sent. n. 153 e n. 6 del 1994).
11)  Il ricorso a leggi di interpretazione autentica non può, secondo la costante giurisprudenza della Corte, essere utilizzato per attribuire a norme innovative una surrettizia efficacia retroattiva, in quanto in tal modo la legge interpretativa verrebbe meno alla sua funzione peculiare, che è quella di chiarire il senso di norme preesistenti, ovvero di imporre una delle possibili varianti di senso compatibili col tenore letterale (sent. n. 376 del 1995; sentenze n. 15 del 1995 e n. 397 del 1994).
12)  Il carattere interpretativo deve peraltro desumersi non già dalla qualificazione che tali leggi danno di se stesse, quanto invece dalla struttura della loro fattispecie normativa, in relazione cioè ad "un rapporto fra norme - e non fra disposizioni - tale che il sopravvenire della norma interpretante non fa venir meno la norma interpretata, ma l'una e l'altra si saldano fra loro dando luogo a un precetto normativo unitario" (Corte cost., sent. n. 397 del 1994; sent. n. 424 del 1993; analogamente sent. n. 39 del 1993; sent. n. 155 del 1990 e sent. n. 233 del 1988).
Va dunque riconosciuto carattere interpretativo soltanto ad una legge che, fermo il tenore testuale della norma interpretata, ne chiarisce il significato normativo ovvero privilegia una tra le diverse interpretazioni possibili, di guisa che il contenuto precettivo è espresso dalla coesistenza delle due norme (quella precedente e l'altra successiva che ne esplicita il significato), le quali rimangono entrambe in vigore e sono quindi anche idonee ad essere modificate separatamente (sent. n. 155 del 1990; sent. n. 233 del 1988).
13)  Il carattere interpretativo della legge non è, tuttavia, decisivo ai fini della verifica di conformità ai precetti costituzionali. La giurisprudenza della Corte ha individuato una serie di limiti alla potestà di emanazione di leggi interpretative, nel cui novero vanno considerati, oltre alla ragionevolezza della scelta operata, il divieto di ingiustificata disparità di trattamento, la coerenza e certezza del diritto, il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (sent. n. 525 del 2000; sent. n. 376 del 1995; sentenza n. 397 del 1994).
Tra i limiti da ultimo ricordati rientrano difatti, come detto e per quanto più interessa, anche la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo stato di diritto (sent. n. 525 del 2000; sent. n. 397 del 1994; sent. n. 424 del 1993; sent. n. 39 del 1993; sent. n. 349 del 1985); la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico (sent. n. 397 del 1994; sent. n. 6 del 1994; sent. n. 429 del 1993; sent. n. 822 del 1988).
14)  La questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, comma 11, della legge regionale siciliana 16 aprile 2003, n. 4, che alla luce delle considerazioni testé svolte deve ritenersi non manifestamente infondata, è altresì rilevante per la decisione del giudizio a quo, in ragione di quanto prima esposto.
L'applicazione di tale disposizione, della cui legittimità si dubita, condiziona l'accoglimento del primo motivo di ricorso e, dunque, l'esito stesso del giudizio promosso dalla ricorrente per l'annullamento dell'atto impugnato.

P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sede di Palermo, sezione seconda, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 17, comma 11, della legge regionale siciliana 16 aprile 2003, n. 4 ("Disposizioni programmatiche e finanziarie per l'anno 2003"), per contrasto con gli artt. 3, 117, 126 e 127 della Costituzione.
Sospende il giudizio in corso.
Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale a cura della segreteria della sezione.
Ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della medesima segreteria, alle parti in causa, al Presidente della Giunta regionale siciliana nonché al Presidente dell'Assemblea regionale siciliana.
Così deciso in Palermo, nella Camera di consiglio del 18 marzo 2004, con l'intervento dei sigg. magistrati:
-  Calogero Adamo - presidente;
-  Filippo Giamportone - consigliere;
-  Aurora Lento - referendario, estensore.
Il presidente: ADAMO
L'estensore: Lento
Il segretario: (firma illeggibile)
Depositata in segreteria il 21 luglio 2004.
(2004.46.2908)
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MICHELE ARCADIPANE, direttore responsabile
FRANCESCO CATALANO, condirettoreMELANIA LA COGNATA, redattore

Ufficio legislativo e legale della Regione Siciliana
Gazzetta Ufficiale della Regione
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