REPUBBLICA ITALIANA
GAZZETTA UFFICIALE
DELLA REGIONE SICILIANA

PARTE PRIMA
PALERMO - VENERDÌ 24 SETTEMBRE 2004 - N. 40
SI PUBBLICA DI REGOLA IL VENERDI'

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DISPOSIZIONI E COMUNICATI

CORTE COSTITUZIONALE


Ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana avverso la delibera legislativa approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 5 agosto 2004, recante: "Norme per l'elezione del Presidente della Regione siciliana a suffragio universale e diretto. Nuove norme per l'elezione dell'Assemblea regionale siciliana.Disposizioni concernenti l'elezione dei consigli comunali e provinciali".

(Pubblicazione disposta dal Presidente della Corte costituzionale a norma dell'art. 24 delle norme integrative del 16 marzo 1956).
Ricorso n. 84 depositato il 20 agosto 2004
ALLA ECC.MA CORTE COSTITUZIONALE ROMA

L'Assemblea regionale siciliana, nella seduta del 5 agosto 2004, ha approvato il disegno di legge n. 850, 265, 338, 409, 480, 498, 641, 642, 660, 669, 775, 775 e 779 dal titolo "Norme per l'elezione del Presidente della Regione siciliana a suffragio universale e diretto. Nuove norme per l'elezione dell'Assemblea regionale siciliana. Disposizioni concernenti l'elezione dei consigli comunali e provinciali", pervenuto a questo Commissariato dello Stato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello Statuto speciale, il 9 agosto 2004.
Il provvedimento legislativo testè approvato contiene una nuova disciplina del sistema elettorale regionale facendo ricorso alla modifica e/o sostituzione degli articoli della legge regionale 20 marzo 1951, n. 29, dando al contempo attuazione al principio costituzionale di pari opportunità tra i due sessi ed introduce altresì significative innovazioni ai procedimenti elettorali per il rinnovo degli organi delle istituzioni locali.
Nel corso del serrato dibattito parlamentare è stato approvato un maxi emendamento del quale talune parti, che peraltro hanno suscitato contrapposizione all'interno delle parti politiche della stessa maggioranza, danno adito a rilievi di ordine costituzionale.
L'art. 11, che di seguito si trascrive, introduce nuove cause di ineleggibilità ed incompatibilità alla carica di deputato regionale che si ritengono lesive degli artt. 3 e 51 della Costituzione:
"1.  All'art. 8, comma 1, della legge regionale 20 marzo 1951, n. 29 e successive modifiche ed integrazioni, sostituire il numero 4) con il seguente:
"4)  Gli assessori dei comuni con popolazione superiore a 40.000 abitanti nonché i presidenti e gli assessori delle province regionali sono ineleggibili a deputati regionali, salvo che abbiano effettivamente cessato dalle loro funzioni, per dimissioni o altra causa, almeno 180 giorni prima del compimento del quinquennio decorrente dalla data della celebrazione della precedente elezione regionale. Sono altresì ineleggibili a deputati regionali, salvo che abbiano effettivamente cessato dalle loro funzioni, per dimissioni o altra causa, almeno 180 giorni prima del compimento del quinquennio dalla data della precedente elezione regionale, i sindaci dei comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti. La carica di sindaco di comune con popolazione superiore a 5.000 abitanti è incompatibile con quella di deputato regionale"".
In particolare la norma prevede quali nuove cause di ineleggibilità alla carica di deputato l'essere assessore comunale in comuni con più di 40.000 abitanti oppure presidente e assessore delle province regionali, nonché sindaco di comuni con più di 5.000 abitanti.
Di contro introduce, questa volta come causa di incompatibilità per il deputato regionale, l'essere sindaco in un comune con più di 5.000 abitanti.
Tali cause di limitazione dell'elettorato passivo non trovano riscontro nell'ordinamento giuridico nazionale che prevede l'incompatibilità fra le cariche di consigliere regionale e quelle di sindaco e presidente delle province e assessori e consiglieri comunali e provinciali.
La norma approvata non appare peraltro sorretta da adeguata giustificazione così come richiesto da codesta Ecc.ma Corte con consolidata giurisprudenza (ex plurimis sentenze nn. 27/87 e 539/90).
Il ricorso a nuove ipotesi di limitazione dell'elettorato passivo è infatti ammissibile esclusivamente allorquando l'ineleggibilità è disposta al fine di impedire la formazione di clientele elettorali attraverso l'uso strumentale di cariche che si prestino di per sé a divenire centri di potere e quindi di raccolta di voti.
Orbene non si ritiene che nella Regione siciliana la quasi totalità delle istituzioni locali possa configurarsi quale centro di potere tale da giustificare l'adozione di misure così drastiche che comprimono il diritto costituzionalmente garantito a porsi candidato alla carica di deputato regionale, con palese disparità di trattamento per gli amministratori locali siciliani rispetto a quelli che svolgono analoghe funzioni nell'intero territorio nazionale che in alcune sue Regioni non potrebbe ritenersi del tutto esente, in ipotesi, da rischi simili di condizionamento e di "captatio benevolentiae".
L'assenza di idonee ragioni giustificative della cennata compressione dell'elettorato passivo risulta vieppiù confermata dalla disposizione dell'art. 38 che si riporta:
"1.  In sede di prima applicazione, le cause di ineleggibilità ed incompatibilità di cui al n. 4) dell'art. 8 della legge regionale 20 marzo 1951, n. 29 e successive modifiche ed integrazioni, non si applicano ai deputati regionali che, al momento dell'entrata in vigore della presente legge, rivestano pure la carica di sindaco o assessore comunale o provinciale. Tali soggetti possono continuare a ricoprire entrambe le cariche fino alla conclusione del mandato presso il comune ed in caso di rielezione a sindaco possono ricandidarsi per una sola volta alla carica di deputato regionale, senza incorrere nelle predette cause di ineleggibilità e di incompatibilità né in quelle previste dall'art. 5 della legge regionale 26 agosto 1992, n. 7 e successive modificazioni", anch'esso ritenuto lesivo degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione.
Infatti, a fronte di un rigoroso sistema di ineleggibilità, volto presumibilmente ad evitare la compromissione della libertà di voto dell'elettore siciliano, viene introdotta una condizione di privilegio per gli attuali deputati regionali per i quali non solo non si applica la nuova causa di incompatibilità con la carica di amministratore locale ma, addirittura, è prevista la possibilità per una sola volta di ricandidarsi a deputato nonostante ricoprano già la carica di sindaco.
E' di tutta evidenza l'illogicità della disposizione, volta a precostituire e tutelare una situazione di fatto, con inevitabile conseguente violazione del principio di uguaglianza rispetto agli altri amministratori locali che vedono limitata la possibilità di accedere alla carica di deputato regionale.
***

Il 2° comma dell'art. 29, che si trascrive:
"1.  Per la formazione delle liste dei consigli comunali e provinciali si applicano i criteri di cui alla lett. b) del comma 1 dell'art. 14 della legge regionale 20 marzo 1951, n. 29 e successive modifiche ed integrazioni.
2.  L'inosservanza delle disposizioni di cui alla lett. b) del comma 1 nella formazione delle liste per i consigli provinciali e comunali determina, a carico del rappresentante legale del movimento o del partito politico che non abbia rispettato la proporzione ivi prevista, l'applicazione di una sanzione amministrativa, secondo le modalità e le procedure che sono stabilite dall'Assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali con proprio decreto, da emanarsi entro 30 giorni dall'entrata in vigore della presente legge".
Dà anch'esso adito a censura di costituzionalità per violazione dell'art. 23 della Costituzione nonché dell'art. 12 dello Statuto speciale.
Detta previsione, nel conferire all'Assessore regionale per la famiglia, le politiche sociali e le autonomie locali la più ampia discrezionalità nella identificazione e determinazione delle sanzioni amministrative per la violazione dell'obbligo "dell'alternanza" tra uomini e donne nella compilazione delle liste di candidati nelle elezioni per il rinnovo degli organi comunali e provinciali, non tiene conto della riserva di legge prevista dalla Costituzione all'art. 23 nella individuazione del contenuto della prestazione patrimoniale.
Codesta Ecc.ma Corte, con copiosa giurisprudenza, ritiene necessario per il rispetto del summenzionato precetto costituzionale che la legge indichi necessariamente e in modo sufficiente i criteri direttivi di base o le linee generali da servire per delimitare la discrezionalità nella produzione di fonti secondarie (ex plurimis sentenza n. 129/69).
In altre parole, la legge non può lasciare all'arbitrio dell'organo impositore la determinazione della prestazione ma deve limitarne la discrezionalità nell'esercizio del potere attribuitogli.
La norma è, altresì, in violazione dell'art. 12 dello Statuto, in quanto prevede che con decreto assessoriale vengano stabilite modalità e procedure per l'irrogazione delle sanzioni, anziché riservare tali contenuti precettivi alla potestà regolamentare di competenza del Governo regionale.
***

Suscitano del pari rilievi di natura costituzionale gli artt. 36 e 37 laddove introducono l'istituto della supplenza temporanea nelle cariche elettive di deputato regionale e di consigliere comunale e provinciale.
Il legislatore prevede infatti che i deputati che assumono la carica di Assessore regionale sono temporaneamente sospesi dalle funzioni di deputato alla data di nomina e per tutta la durata dell'incarico di componenti del Governo e sostituiti temporaneamente, per lo stesso periodo, nelle funzioni di componente dell'Assemblea dal primo dei non eletti della medesima lista e circoscrizione elettorali, cui spetta l'indennità e la diaria a titolo di rimborso spese a norma della legge regionale n. 44/65.
Analogo meccanismo è previsto per i componenti dei consigli comunali e provinciali chiamati a far parte della giunta.
Tali previsioni sono censurabili sotto il profilo costituzionale.
Infatti, per quanto si riferisce in particolare alla figura del deputato regionale supplente, devesi osservare che la disposizione qui censurata incide sulla composizione dell'Assemblea regionale, ciò costituisce materia riservata allo Statuto, chiamato a disciplinare l'Assemblea stessa (e non soltanto stabilendo il numero dei suoi componenti) con norme che non possono essere integrate o modificate con una ordinaria legge regionale.
La norma qui impugnata, prevedendo inedite modalità di ingresso in Assemblea di altri deputati, si pone in contrasto con gli artt. 3 e 9 dello Statuto speciale della Regione siciliana.
Ciò non significa che alla legge elettorale, materia in cui la Regione ha competenza esclusiva, sia precluso qualsiasi intervento in materia: ma ciò potrebbe avvenire soltanto in attuazione di una specifica previsione statutaria, che nella specie manca del tutto, né la disciplina che si vuole dettare con la norma in contestazione rientra in qualsiasi altra delle competenze legislative regionali.
L'art. 9, 3° comma, dello Statuto si limita infatti a prevedere la possibilità di introdurre con legge regionale l'incompatibilità con la carica di deputato regionale, che nei fatti viene adesso riconosciuta, seppure in forma impropria, introducendo l'istituto della temporanea sostituzione o supplenza.
Si soggiunge che la norma censurata introduce il principio della supplenza nelle cariche elettive, ben diverso da quello della surroga, che non soltanto non è assolutamente rinvenibile nello Statuto siciliano, nella Costituzione della Repubblica o tra i principi generali dell'ordinamento, ma appare anzi lesiva del principio di rappresentatività che non ammette soluzione di continuità.
Quest'ultima considerazione rende la previsione normativa in argomento illegittima anche per quanto riguarda la sua estensione ai consigli comunali e provinciali.
In proposito si soggiunge che, come codesta Ecc.ma Corte ha ampliamente acclarato con costante giurisprudenza (sentenza n. 84/94), non compete al legislatore regionale introdurre un allargamento dell'elettorato passivo per quanto attiene alla sostituzione dell'incompatibilità tra la carica di consigliere comunale e provinciale e di assessore nelle rispettive giunte con l'istituto della supplenza temporanea, con conseguente lesione del principio di uguaglianza fra i cittadini nella possibilità di accesso alle cariche elettive.
Né a sostegno dell'introduzione di tale principio di supplenza può invocarsi l'analogia con la disposizione dell'art. 3, legge n. 30/94, che ha introdotto il subentro del primo dei non eletti nelle funzioni di parlamentare al deputato sospeso ai sensi della legge n. 16/90 e successive modifiche ed integrazioni. Com'è noto l'adozione di tale norma si è resa necessaria per assicurare il funzionamento dell'organo parlamentare nel caso di contestuali e/o concomitanti provvedimenti giudiziari nei confronti di diversi deputati, che in ipotesi avrebbero potuto riguardare la maggioranza o un elevato numero degli stessi, provocando così la paralisi dell'attività legislativa o l'impossibilità della costituzione degli organi interni (ad esempio le commissioni permanenti).
Dalla novella legislativa, inoltre, potrebbe derivare un aggravio delle spese, di cui non è prevista la copertura, e la duplicazione dell'erogazione dei trattamenti pensionistici, in favore del deputato e del consigliere comunale e provinciale titolare e di quello supplente, in contrasto con il costante orientamento della giurisprudenza della Suprema Corte di cassazione.
Per le suesposte argomentazioni le norme in questione si ritengono lesive anche dell'art. 81, 4° comma, della Costituzione.
Gli artt. 16, secondo e terzo comma, e 35 danno, infine, adito a censure di costituzionalità per violazione degli artt. 3 e 97 Cost.
La prima disposizione cennata, contenuta nei commi 2 e 3 dell'art. 16, introduce un sistema sanzionatorio a carico dei partiti e dei movimenti politici che non abbiano osservato il principio dell'alternanza uomini donne nella compilazione delle liste provinciali per il rinnovo dell'Assemblea regionale non suscettibile di applicazione concreta.
Viene, infatti, demandato al Presidente della Regione di stabilire con proprio decreto le sanzioni pecuniarie, consistenti nella decurtazione dai rimborsi per le spese elettorali previste dalla legge regionale n. 57 del 1999 a carico dei trasgressori.
Orbene detti rimborsi sono definiti ed erogati dal Presidente della Camera dei deputati sulla base di una procedura e di criteri di riparto puntualmente stabiliti dalla legislazione statale, in nessuna parte suscettibile di interventi di competenza degli organi regionali.
E' di tutta evidenza che la disposizione oggetto di censura, benché persegua il nobile intento di assicurare attuazione al principio di pari opportunità, nell'accesso alle cariche elettive, pone in essere nei fatti un meccanismo privo di alcuna efficacia e senza rilevanza giuridica nei confronti dei destinatari trasgressori che, nonostante la violazione di legge regionale, continueranno a percepire i rimborsi per le spese elettorali sostenute direttamente erogati dalla Camera dei deputati.
***

Lo stesso parametro di costituzionalità sostiene la censura avverso art. 35: la norma di contorto ed oscuro tenore letterale introduce una disciplina transitoria per l'assegnazione dei seggi, contraddittoria rispetto a quella prevista a regime, basandosi sull'erroneo presupposto che da quest'ultima sia stabilito il numero massimo di 54 seggi attribuibili alle liste collegate al Presidente della Regione eletto.
Da questo assunto ne conseguirebbe che anche nell'ipotesi che tale limite fosse superato dalla assegnazione di 54 seggi o più su base provinciale in ogni caso dovrebbero essere attribuiti alla maggioranza "integralmente ed automaticamente" i seggi della lista regionale del Presidente.
Invero il ricorso alla lista regionale non può che essere eventuale, al solo fine di consentire al Presidente una stabile maggioranza nell'organo legislativo. La norma appare snaturare la funzione e la ratio stessa della lista regionale trasformandola in ulteriore premio ad una maggioranza già esistente e consolidata dai risultati conseguiti nelle liste provinciali.
P.Q.M.

e con riserva di presentazione di memorie illustrative nei termini di legge, il sottoscritto prefetto dr. Gianfranco Romagnoli, Commissario dello Stato per la Regione siciliana, visto l'art. 28 dello Statuto siciliano, con il presente atto
IMPUGNA

i sottoelencati articoli del disegno di legge n. 850, 265, 338, 409, 480, 498, 641, 642, 660, 669, 775, 775 e 779 dal titolo "Norme per l'elezione del Presidente della Regione siciliana a suffragio universale e diretto. Nuove norme per l'elezione dell'Assemblea regionale siciliana. Disposizioni concernenti l'elezione dei consigli comunali e provinciali", approvato dall'Assemblea regionale il 5 agosto 2004:
-  artt. 11 e 38 per violazione degli artt. 3 e 51 della Costituzione;
-  art. 16 per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione;
-  art. 29 per violazione dell'art. 23 della Costituzione e dell'art. 12 dello Statuto speciale;
-  art. 35 per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione;
-  art. 36 per violazione degli artt. 3 e 9 dello Statuto speciale e 81, 4° comma, della Costituzione;
-  art. 37 per violazione degli artt. 3, 51 e 81, 4° comma, della Costituzione.
Palermo, 13 agosto 2004.
Il Commissario dello Stato per la Regione siciliana: ROMAGNOLI
(2004.36.2374)
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MICHELE ARCADIPANE, direttore responsabile
FRANCESCO CATALANO, condirettoreMELANIA LA COGNATA, redattore

Ufficio legislativo e legale della Regione Siciliana
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