REPUBBLICA ITALIANA
GAZZETTA UFFICIALE
DELLA REGIONE SICILIANA

PARTE PRIMA
PALERMO - VENERDÌ 29 AGOSTO 2003 - N. 38
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DISPOSIZIONI E COMUNICATI

CORTE COSTITUZIONALE


Ordinanza emessa il 6 marzo 2003 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Sicilia, sul ricorso proposto da Mancuso Angela contro Regione siciliana.

(Pubblicazione disposta dal Presidente della Corte costi tuzionale a norma dell'art. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87).
N. 584 registro ordinanze 2003
LA CORTE DEI CONTI SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI

Consigliere dott. Pino Zingale ha pronunciato la seguente

Ordinanza n. 105/2003

nel giudizio di pensione civile iscritto al n. 24067 del registro di segreteria promosso ad istanza di Mancuso Angela, rappresentata e difesa dall'avv. Ignazio Montalbano, nei confronti della Regione siciliana;
Visto l'atto introduttivo del giudizio depositato il 19 settembre 2001;
Visti gli atti e documenti tutti del fascicolo processuale;
Udito alla pubblica udienza del 3 marzo 2003 l'avv. Ignazio Montalbano, per la ricorrente. Non rappresentata la Regione siciliana.

Fatto

La professoressa Angela Mancuso, insegnante presso gli istituti regionali d'arte della Regione siciliana, con istanza prodotta nei termini di legge ha chiesto di essere collocata a riposo anticipatamente ai sensi dell'art. 39 della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10.
La predetta norma, contenuta nel Titolo VII della citata legge, concernente il riordino del sistema pensionistico della Regione siciliana, dopo avere disposto, nelle more del riordino del sistema pensionistico regionale e comunque non oltre il 31 dicembre 2003, la sospensione dell'applicazione delle norme che consentivano i pensionamenti di anzianità, faceva, però, salva l'applicazione dell'art. 3 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, per i dipendenti che avessero maturato l'anzianità di servizio utile ivi prevista o che tale anzianità maturassero entro la predetta data, nonché l'applicazione dell'art. 18 della legge regionale 3 maggio 1979, n. 73.
Pertanto, al fine dichiarato di creare condizioni favorevoli all'avvio della riforma burocratica e al completo decentramento di funzioni, veniva stabilito che, in deroga a quanto disposto dal comma 1 del citato art. 39, i dipendenti regionali in possesso dei requisiti di cui all'art. 2 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, potessero comunque conseguire l'anticipato collocamento a riposo entro il limite del 45 per cento dei dipendenti in servizio, in ciascuna qualifica, al 31 dicembre 1993.
A far data dall'1 gennaio 2004, inoltre, veniva stabilito che il sistema pensionistico regionale si dovesse adeguare ai principi fondamentali del sistema pensionistico vigente per i dipendenti dello Stato, facendo salvi comunque i diritti quesiti.
Il collocamento a riposo di cui alla predetta normativa veniva disposto, infine, a partire dalla data di entrata in vigore della legge per contingenti semestrali pari ad un sesto degli aventi diritto.
Per effetto dell'art. 5, comma 4, della legge regionale n. 2/2002, poi, veniva disposto che i dipendenti inclusi nei contingenti previsti dalla predetta legge fossero collocati a riposo con periodicità annuale, anziché semestrale, e con decorrenza dall'1 gennaio 2004 e che, per effetto dell'art. 5, comma 5, della legge regionale n. 2/2002, il personale di ruolo degli Istituti regionali d'arte e delle scuole materne regionali non ancora cessato dal servizio ed incluso nei contingenti annuali fosse collocato a riposo a decorrere dall'1 settembre 2003 e dall'1 settembre 2005.
In esito all'istanza dell'odierna ricorrente l'Amministrazione regionale, con nota n. 5412 del 22 giugno 2001, comunicava alla predetta dipendente che, sebbene in effetti collocata utilmente nell'ambito del contingente da collocare a riposo, avrebbe potuto essere cancellata dai ruoli, ma non avrebbe potuto ottenere il diritto a pensione in quanto inquadrata in ruolo a seguito della legge regionale n. 21/86, personale al quale spetta il trattamento pensionistico previsto per il corrispondente personale statale.
Avverso il suddetto provvedimento l'interessata proponeva ricorso con atto depositato il 19 settembre 2001, con contestuale istanza di sospensiva del provvedimento impugnato.
Questa sezione con ordinanza n. 10/02 del 18 gennaio 2002 rigettava la richiesta di provvedimento cautelare.
Con memoria depositata il 31 ottobre 2001 si è costi tuita la Regione siciliana illustrando i motivi a sostegno della tesi già esplicitata in sede amministrativa e che avevano portato all'emanazione del provvedimento qui impugnato.
Alla pubblica udienza del 4 dicembre 2002 questo giudice, ravvisato un rilevante pubblico interesse nella questione sottoposta alle proprie valutazioni, disponeva la trasmissione degli atti all'ufficio del P.M. a sensi del l'art. 71, comma 2, c.p.c., per l'eventuale intervento in giudizio.
Il P.M. non ha svolto alcun intervento.
Alla pubblica udienza di trattazione del 3 marzo 2003, non rappresentata la Regione siciliana, l'avv. Ignazio Montalbano ha insistito per l'accoglimento del ricorso.

Diritto

Ritiene questo giudice, preliminarmente, che la normativa regionale della quale deve fare applicazione al fine della soluzione del caso di specie, e particolarmente l'art. 39, comma 1, secondo periodo, e comma 2, della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10, nella parte in cui, dopo avere sospeso l'applicazione delle norme che consentivano i pensionamenti d'anzianità ha fatto, però, salva l'applicazione dell'art. 3 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2 per i dipendenti che abbiano maturato l'anzianità di servizio utile ivi prevista o che tale anzianità maturino entro il 31 dicembre 2003, con le modalità di cui al successivo comma 2, susciti fondati dubbi di costituzionalità in riferimento agli artt. 3 e 81, com ma 4, della Costituzione.
E' noto il dibattito politico, sociale ed istituzionale sviluppatosi intorno all'assetto del nostro sistema pensionistico ed all'opportunità o meno di una sua riforma nel senso, in particolare, dell'abolizione delle c.d. pensioni di anzianità, quelle, cioè, conseguibili al raggiungimento di una determinata anzianità di servizio (in specie 35 anni), a prescindere da quella anagrafica del beneficiario.
E' altrettanto noto come tale passaggio, laddove condiviso, sia stato suggerito da improcrastinabili esigenze d'equilibrio della finanza pubblica, di pareggio di bilancio e, in prospettiva, di vera e propria garanzia dell'effettività, nel tempo, della prestazione di quiescenza.
L'adesione ad una simile riforma - ed è agevole rilevarlo anche dai lavori parlamentari della legge in esame - presuppone, sotto il profilo finanziario, il riconoscimento della fondatezza delle suddette esigenze e, sostan zialmente, dell'impossibilità del mantenimento di un sistema previdenziale non più compatibile con le risorse disponibili nel tempo, e ciò non senza un costo sotto il profilo politico, attesa l'eliminazione di un percorso sicu ramente di maggior favore per il lavoratore.
Peraltro, a fronte d'ogni collocamento a riposo per anzianità si determinano, a carico della Regione, per un verso minori entrate derivanti dal venir meno delle ritenute previdenziali e, per altro verso, maggiori spese scaturenti dall'esigenza di coprire il posto lasciato libero in organico, sommando, quindi, all'erogazione della pensione, sempre a carico del bilancio regionale, quella di un ulteriore trattamento di attività.
La soluzione adottata dal legislatore regionale, quin di, non appare del tutto scevra da elementi di manifesta illogicità, nella misura in cui, pur dichiarando di volerne sospendere l'applicazione, invece incentiva, sottoponendone l'esercizio ai termini indicati nella legge, il ricorso alle pensioni di anzianità per coloro che ne hanno già maturato i requisiti, oltre a sembrare contrastante con il precetto di cui all'art. 81, comma 4, della Costituzione, atteso che nella legge non è fatto alcun cenno ai mezzi di copertura correlati alle minori entrate ed alle maggiori spese, nei vari esercizi, diretta conseguenza di quella norma di legge.
Tali dubbi sono vieppiù alimentati, in quanto mostrano di essere stati pienamente condivisi dallo stesso legislatore regionale, dalla riscontrata esigenza, manifestata nell'art. 5 della legge 26 marzo 2002, n. 2, di disporre, a decorrere dall'1 gennaio 2002, un aumento dei contributi di quiescenza e previdenza a carico del personale regionale (peraltro non quantificato dal legislatore nel suo effettivo ammontare complessivo), cui si applicano le disposizioni della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, nella misura dello 0,50 per cento annuo e di scaglionare il collocamento a riposo dei dipendenti inclusi nei contingenti previsti dall'art. 39 della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10, con periodicità annuale, anziché semestrale e con decorrenza dall'1 gennaio 2004, oltre a disporre, per il personale di ruolo degli Istituti regionali d'arte e delle scuole materne regionali non anco ra cessato dal servizio e incluso nei citati contingenti annuali, il collocamento a riposo a decorrere dal l'1 settem bre 2003 e dall'1 settembre 2005.
Tali misure, però, non appaiono affatto risolutive dei dubbi di legittimità qui evidenziati, né sotto il profilo della logicità né sotto quello della copertura finanziaria.
Per un verso, infatti, né il modestissimo aumento dei contributi di quiescenza e previdenza (limitato, inoltre, al solo personale interessato alla legge n. 2/62), né la maggiore diluizione dei termini di scaglionamento per il collocamento a riposo, appaiono idonei a ricostituire un coerente e logico sviluppo della manovra finanziaria e neppure ad offrire un pieno soddisfacimento dell'obbligo di cui all'art. 81, comma 4, della Costituzione.
Ritiene, peraltro, questo giudice, che la portata del l'art. 81, comma 4, Cost., debba essere correttamente letta in coerenza con gli stessi comportamenti legislativi, in termini dinamici e non semplicemente statici.
In buona sostanza, la predetta disposizione non potrebbe valere solo per le maggiori spese o minori entrate generate "ex novo" con un provvedimento legislativo, ma dovrebbe svolgere la propria funzione di limite che il legislatore ordinario è tenuto ad osservare nella sua politica finanziaria (Corte costituzionale n. 327 del 14-24 luglio 1998) tutte le volte in cui lo stesso legislatore, mediante atti normativi, abbia inequivocabilmente, come nel caso di specie, introdotto misure di compressione della spesa a fini di riequilibrio di bilancio, con ciò dando atto in forma ufficiale dell'incapienza di bilancio per spese già previste dall'ordinamento.
Non pare revocabile in dubbio a questo giudice, infatti, che in questi casi l'introdurre misure restrittive, sul presupposto dell'insostenibilità della spesa già prevista, per poi mantenerla, contestualmente, con diversa articolazione e motivazione, ed anzi incentivandone l'effettuazione attraverso la creazione di percorsi agevolati e la fissazione di un termine temporale entro il quale i beneficiari ne possano attivare la fruibilità, senza però indicare con quali mezzi finanziari, già riconosciuti insussistenti, farvi fronte, si ponga in contrasto con l'obbligo di copertura di cui all'art. 81, comma 4, Cost. e con il principio di logicità e ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost.
La questione è rilevante al fine del decidere, poiché dall'accoglimento della questione di costituzionalità nei termini qui prospettati deriverebbe il venir meno della norma invocata dalla ricorrente, con conseguente rigetto del ricorso che, invece, in caso contrario, sembrerebbe apparire fondato.
Il processo deve, pertanto, essere sospeso ai sensi del l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e gli atti rimessi alla Corte costituzionale per il giudizio di competenza.

P.Q.M.

La Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione siciliana.
Il giudice unico delle pensioni dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 39, comma 1, secondo periodo, e comma 2, della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10, nella parte in cui, dopo avere sospeso l'applicazione delle norme che consentivano i pensionamenti di anzianità fa, però, salva l'applicazione dell'art. 3 della legge regionale 23 febbraio 1962, n. 2, per i dipendenti che abbiano maturato l'anzianità di servizio utile ivi prevista o che tale anzianità maturino entro il 31 dicembre 2003, con le modalità di cui al successivo comma 2, con riferimento agli artt. 3 e 81, comma 4, della Costituzione.
Ordina la sospensione del giudizio in corso e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
Dispone che la presente ordinanza sia, a cura della segreteria, notificata alle parti in causa nonché al Presidente della Regione siciliana e comunicata al Presidente dell'Assemblea regionale siciliana.
Così deciso in Palermo, nella Camera di consiglio del 3 marzo 2003.
  ZINGALE 

Depositata in segreteria il 6 marzo 2003.
(2003.33.2083)
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MICHELE ARCADIPANE, direttore responsabile
MARIA LA MARTINA, condirettoreMELANIA LA COGNATA, redattore

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