REPUBBLICA ITALIANA
GAZZETTA UFFICIALE
DELLA REGIONE SICILIANA

PARTE PRIMA
PALERMO - VENERDÌ 8 AGOSTO 2003 - N. 35
SI PUBBLICA DI REGOLA IL VENERDI'

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DECRETI ASSESSORIALI

ASSESSORATO DEL TERRITORIO E DELL'AMBIENTE


DECRETO 25 giugno 2003.
Aggiornamento del piano straordinario per l'assetto idrogeologico del territorio comunale di Ravanusa.

IL DIRIGENTE GENERALE DEL DIPARTIMENTO REGIONALE TERRITORIO E AMBIENTE

Visto lo Statuto della Regione;
Vista la legge regionale n. 2 del 10 aprile 1968;
Vista la legge regionale n. 71 del 27 dicembre 1978:
Vista la legge regionale n. 37 del 10 agosto 1985;
Vista la legge n. 183 del 18 maggio 1989: "Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo";
Visto il decreto legge n. 180 dell'11 giugno 1998: "Misure urgenti per la prevenzione del rischio idrogeologico ed a favore delle zone colpite da disastri franosi nella regione Campania", convertito in legge 3 agosto 1998, n. 267;
Visto il decreto legge n. 132 del 13 maggio 1999, convertito in legge, con modificazioni, 13 luglio 1999, n. 226;
Visto il decreto n. 298/41 del 4 luglio 2000, con il quale l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente adotta il piano straordinario per l'assetto idrogeologico con cui vengono individuate le aree del territorio regionale soggette a rischio molto elevato o elevato;
Visto, in particolare, l'art. 6 del predetto decreto che attesta che il piano straordinario può essere integrato e modificato, ai sensi dell'art. 1 bis del decreto legge n. 180/98 e successive modifiche ed integrazioni, in relazione a successivi studi, ricerche e/o segnalazioni e informazioni che documentino una situazione di dissesto locale diversa da quella rappresentata;
Vista la delibera di Giunta regionale n. 245 del 14 settembre 2000, con la quale, tra l'altro, viene condivisa l'opportunità di dare immediato corso all'aggiornamento del piano straordinario del rischio idrogeologico, così come previsto dall'art. 6 del decreto n. 298/41/2000, accogliendo, prioritariamente, eventuali segnalazioni che documentino situazioni di dissesti locali diverse da quelle rappresentate nella cartografia del piano;
Vista la nota n. 6820 del 3 aprile 2001, con la quale il sindaco del comune di Ravanusa ha chiesto di apportare, ai sensi dell'art. 6 del decreto n. 298/41, modifiche ed integrazioni al piano straordinario, allegando copia dello studio geologico redatto dal geol. A. Giudice e M. Oro a supporto del piano regolatore generale vigente e cartografia in scala 1:10.000 del centro abitato del comune di Ravanusa ed aree limitrofe;
Vista la successiva nota n. 6322 del 28 marzo 2002, con la quale l'Ufficio tecnico del comune ha trasmesso i risultati della ricerca e delle indagini geologiche effettuate dall'Università degli studi di Palermo;
Visto il decreto n. 543 del 25 luglio 2002, con il quale l'Assessore per il territorio e l'ambiente approva l'aggiornamento del piano straordinario, integrato dalle norme di salvaguardia di cui all'allegato B;
Vista la relazione d'istruttoria dell'ufficio del Genio civile di Agrigento, trasmessa con nota n. 5808 del 4 giugno 2003, nella quale l'Ufficio, sulla base della documentazione tecnica prodotta dal comune di Ravanusa, ritiene che si possa procedere all'aggiornamento del piano straordinario per il centro abitato del comune di Ravanusa ed aree limitrofe:
Ritenuto di dovere provvedere al riguardo;

Decreta:


Art. 1

Per le motivazioni di cui in premessa, è aggiornato il piano straordinario per l'assetto idrogeologico del territorio comunale di Ravanusa (AG) con la riperimetrazione delle aree a rischio idrogeologico, soggette alle norme di salvaguardia, ai sensi dell'art. 2 del decreto n. 543 del 25 luglio 2002.

Art. 2

Fanno parte integrante del presente decreto le carte del dissesto e del rischio idrogeologico in scala 1:10.000 e 1:2.000 e la relazione d'istruttoria dell'Ufficio del genio civile di Agrigento.
Il presente decreto sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana.
Palermo, 25 giugno 2003.
  MARINESE 



N.B. - Si può prendere visione della cartografia allegata al decreto presso l'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente - servizio 9, il comune di Ravanusa (AG), l'ufficio del Genio civile di Agrigento e la Provincia regionale di Agrigento.
Allegato
RELAZIONE DI ISTRUTTORIA

Il comune di Ravanusa rientra nella tavoletta dell'IGMI foglio 272, IV quadrante NO in scala 1:25.000, denominata Ravanusa. Per la revisione è stata utilizzata la C.T.R. 1:10.000 n. 637120.
L'A.R.T.A. con decreto n. 298/41 del 4 luglio 2000 ha individuato nel territorio di Ravanusa una zona, nella periferia est dell'abitato, con frane e dissesti diffusi, che corrispondono sulla carta del rischio ad un'area, che comprende anche una porzione del centro abitato, soggetta a rischio frana molto elevato.
In realtà quest'ultima area non coincide con quella indicata nel parere di questo ufficio n. 8470/91, reso ai sensi dell'art. 13 della legge n. 64/74 per il piano regolatore generale e ripreso dall'A.R.T.A., con decreto del 30 maggio 1994.
A seguito dell'emanazione di detto decreto il comune, con nota n. 6820 del 3 aprile 2001 (ns. prot. n. 3231 del 5 aprile 2001), ha richiesto la revisione del piano di assetto idrogeologico allegando all'istanza copia dello studio geologico redatto dai geologi A. Giudice e M. Oro a corredo del piano regolatore generale vigente e cartografia in scala 1:10.000 del territorio comunale. Nella stessa nota il comune rilevava che il prof. Giuseppe Pipitone ed altri del dipartimento di geologia e geodesia dell'Università degli studi di Palermo, stava conducendo uno studio sulle aree del centro abitato a valle della linea in rosso apportata da questo Ufficio sulla carta geologico-tecnica in scala 1:2.000 del vigente piano regolatore generale.
Successivamente, il responsabile dell'ufficio tecnico del comune, con nota n. 6322 del 28 marzo 2002 (ns. prot. n. 2603 del 3 aprile 2002), ha trasmesso i risultati della ricerca e consulenza delle indagini geologiche effettuate dall'Università degli studi di Palermo suddetti.
Ciò premesso, funzionari di quest'Ufficio, sulla scorta della cartografia di base, degli studi trasmessi dal comune, di ampia documentazione storica in possesso del geol. Vito Capobianco, funzionario di quest'Ufficio e dei sopralluoghi effettuati hanno potuto verificare l'effettivo stato dei dissesti presenti nel centro abitato.
STUDI PRECEDENTI
Il centro abitato di Ravanusa, con regio decreto n. 1301 dell'8 settembre 1922, venne inserito tra quelli da consolidare per frana ai sensi della legge n. 445 del 9 luglio 1908.
Nel 1955, su richiesta del Ministero dei lavori pubblici, il geologo Alfredo Jacobacci per conto del servizio geologico d'Italia eseguì un sopralluogo nell'abitato con tecnici di quest'Ufficio e del comune di Ravanusa per accertare le cause dei dissesti che provocarono danni ad edifici pubblici e privati.
Dalla relazione di sopralluogo emergono gli aspetti geologici del sottosuolo dell'abitato, costituito da grossi blocchi di calcare evaporitico e di detrito che poggiano su un substrato costituito da argille Tortoniane, affioranti più a valle, lungo i versanti del Vallone Acqua Nuova.
L'autore individua la nicchia di distacco della frana, che incrocia ortogonalmente il corso Vittorio Emanuele (ora corso della Repubblica), ma evidenzia che il movimento tende ad allargarsi verso ovest, cioè verso monte, sino all'altezza di via Boccaccio. Inoltre, segnala alcune lesioni nelle costruzioni nella parte nord dell'abitato, all'inizio della strada che conduce a Sommatino.
I dissesti sono attribuiti principalmente ad un lento movimento franoso, che interessa i terreni argillosi inumiditi e con profilo piuttosto acclive, innescato da una relativamente intensa circolazione idrica nel sottosuolo dell'abitato e, secondariamente dall'appesantimento ad opera delle costruzioni. Le acque di falda, alimentate da pozzi neri e dalle precipitazioni, per la presenza di argille, blocchi calcarei e di detrito sono ostacolate nel drenaggio. Detta situazione, secondo Jacobacci ritarda e rende diseguali i movimenti del suolo, ed alla lunga aumenta il rischio di crolli improvvisi.
Individuate le cause della frana vengono indicate le procedure nel tentativo di arrestare detto movimento, in particolare si consiglia di intervenire in due tempi:
1)  evitando che le acque nere e piovane si infiltrino nel sottosuolo dell'abitato, mediante la realizzazione di fognature, pavimentazioni stradali e canali di gronda;
2)  drenando le eventuali acque sorgentizie presenti nel sottosuolo dell'abitato, da individuare mediante sondaggi, e sistemando i valloncelli a valle dello stesso con briglie, al fine di arrestare l'erosione di fondo e contrastare ulteriori frane dei versanti.
Nel 1960 l'ufficio del Genio civile richiese al Provveditorato alle opere pubbliche il finanziamento di una perizia studio per poter procedere alla compilazione di un progetto di consolidamento dell'abitato.
Vennero così finanziate delle prospezioni geoelettriche affidate allo studio S.I.P.I.M., diretto dal prof. Petrucci con la collaborazione del dott. S. Coppolino, e tre sondaggi geognostici affidati alla S.A. Fondedile che si avvalse della consulenza geologica del prof. G.B. Floridia.
Il prof. Petrucci, dopo aver eseguito 127 S.E.V. conclude che i terreni permeabili soggetti a franamento sono costituiti da detriti argillosi, calcari teneri evaporatici e da detriti calcarei sciolti, e presentano un substrato argilloso con ondulazioni.
Lungo dette ondulazioni, dove le argille tortoniane presentano maggiori profondità, è stata indicata la presenza di falda freatica che alimenta le sorgenti più a valle, mentre la posizione della frattura principale del corpo di frana viene spiegata con l'aumento di pendenza del substrato argilloso.
Nelle zone a monte, anche se interessate da filtrazione, secondo il prof. Petrucci si hanno scarse probabilità di franamento per la debole pendenza delle argille tortoniane.
Si rileva che detta frattura principale coincide con la nicchia di distacco descritta da Jacobacci lungo il corso Vittorio Emanuele, a valle della piazza I Maggio.
Il prof. G.B. Floridia, in data 11 maggio 1960, su invito della S.A. Fontedile, prese visione dello studio geofisico e delle stratigrafie di tre sondaggi eseguiti: in piazza Minghetti, angolo via Alfieri; in via S. Giuseppe; ed in via Ciceruacchio angolo via Pascoli; quindi ubicati tutti a valle della linea di frattura prima descritta.
Nella relazione conclusiva vengono descritti edifici lesionati, anche di recente costruzione, sia pubblici che privati, alcuni già sgomberati per la gravità dei dissesti, come la scuola elementare Maestri Dominici (Don Bosco).
L'abitato viene diviso in tre settori dei quali quello più orientale più danneggiato, quello intermedio meno danneggiato e quello occidentale indenne. Dai sondaggi si conclude che il sottosuolo dell'abitato è costituito interamente da una colata argillosa olistostroma, contenente grossi olistoliti calcarei, gessosi, trubacei, saturi e sovrastanti argille in posto.
Sottolineando l'impossibilità di correlare i tre sondaggi per la caoticità dei terreni, l'autore rimarca la presenza di terreni di copertura estremamente cedevoli, che hanno nel tempo imposto periodiche sarciture delle lesioni sulle murature di edifici. Ritiene di essersi imbattuto in terreni di fondazione molto infidi poiché oltre a consolidarsi sotto carico, con conseguente drenaggio, le argille plastiche superficiali si trovano spesso a contatto laterale con i calcari evaporitici, che amplificano i cedimenti differenziali negli edifici. Inoltre rileva possibilità di fenomeni di rottura vera e propria dei substrati sotto carico, con rifluimento del terreno dalle fondazioni, come verifica nell'ala della scuola elementare Maestri Dominici (ora Don Bosco). In definitiva attribuisce a cedimenti differenziali ed alla eterogeneità dei substrati di fondazione i dissesti agli edifici, attribuiti dalla opinione pubblica locale alla presenza di una frana..., ipotesi scartata per evidentissime ragioni morfologiche non rilevando all'interno del centro abitato frane propriamente dette. Tuttavia non esclude un richiamo della porzione orientale dell'abitato da parte dei versanti del Vallone Acqua Nuova, interessati da frane di scalzamento ed ammollimento. Infine individua un solo sistema per un consolidamento definitivo mediante la realizzazione di gallerie drenanti profonde da 16 a 20 metri che nel breve avrebbero aumentato i cedimenti ed i dissesti agli edifici, che successivamente si sarebbero potuti ricostruire con tranquillità. In caso diverso, ritiene insufficiente la costruzione di fognature e pavimentazioni stradali, e suggerisce di realizzare le nuove costruzioni su pali di grosso diametro o con platee, queste ultime con carichi unitari massimi nell'ordine di 0.50 kg/cmq., sottofondando gli edifici danneggiati anche con pali.
In data 28 agosto 1960, su richiesta dell'ingegnere capo del Genio civile, il prof. G.B. Floridia ha prodotto una relazione integrativa, propedeutica all'individuazione delle aree da destinare all'ampliamento dell'abitato ed alla costruzione di quattro edifici popolari. Nella integrazione vengono individuate tre aree con terreni pessimi, mediocri e buoni. I terreni pessimi sono circoscritti al settore orientale dell'abitato, da piazza Minchetti a nord fino al nuovo edificio scolastico a sud, ivi compresa la parte iniziale del Vallone Acqua Nuova. Le condizioni migliorano nella parte occidentale dell'abitato grazie alla maggiore quota, alla ridotta plasticità ed uniformità dei Trubi, con conseguente assenza di cedimenti differenziali. Questa zona detta dei terreni mediocri si estende sino al cimitero. La zone dei terreni buoni rappresenta la parte nord-ovest dell'abitato, dalla propaggine del costone di Grada fino a sud-ovest dell'abitato Croce Ministeri.
Il limite tra la zona pessima e mediocre non è ben precisato, mentre il limite tra la zona mediocre e quella buona è rilevabile con maggiore precisione.
In definitiva l'autore non esclude la possibilità di edificazione delle tre aree, a condizione che si adottino carichi rispettivamente pari a 0,50, 1,00 e 1,50 kg/cmq. e che si realizzino strutture fondazionali continue atte a resistere ai cedimenti differenziali.
A seguito di dette indicazioni venne approvato un piano di lottizzazione (ditta Galatioto) e furono realizzate quattro palazzine IACP oltre che numerosi edifici privati, determinando quindi l'ampliamento del centro abitato a sud della scuola Don Bosco (Maestri Dominici), tra il cimitero e la via Ibla.
Nel 1967 l'amministrazione comunale conferì l'incarico al geol. E. Fazia per i dissesti all'edificio scolastico Don Bosco (Maestri Dominici), più volte citato da Floridia.
Mediante quattro sondaggi geognostici veniva ricostruito l'andamento di una estesa formazione Mio-Pliocenica, discontinua e frammentaria, poggiante su un substrato argilloso.
I due sondaggi a monte della scuola rilevarono sino a m. 15-20 una bancata marnoso trubacea ricoprente modesti spessori di calcare evaporitico e straterelli argillo marnosi. Verso il basso si passa ai tripoli, che a m. 28,50-29,50 poggiano sulle argille. Nei sondaggi eseguiti sul lato a valle dell'ala dissestata, sopra i tripoli si riscontrarono delle argille detritiche rossastre con minuti elementi calcarei o calcitici arrotondati. Per l'elevata plasticità di queste ultime argille, interessate da livelli freatici e collegate a processi di rimaneggiamento e colamento tettonico-gravitativo, l'autore scarta l'ipotesi di movimenti franosi, che ritiene essere attivi più a valle dell'abitato, e collega i dissesti dell'edificio a cedimenti differenziali dei substrati. A seguito di detto studio, nel 1970 vennero realizzati dalla Fontedile dei micropali di sottofondazione.
Successivamente, nel 1973, lo stesso geol. E. Fazia nella relazione redatta a corredo del piano regolatore generale di Ravanusa, evidenzia una situazione di dissesto, che talora determina serie preoccupazioni che interessa maggiormente il versante orientale dell'abitato. I danni sono attribuiti ad un movimento gravitativo che trae origine nell'azione di scalzamento al piede subita della placca litoide, calcareo trubacea, su cui ricade l'abitato, ad opera delle acque del Vallone Acque Nuova. Queste ultime erodono le sottostanti argille, provocando piuttosto che cedimenti un'azione di scorrimento vero e proprio verso valle, con conseguenti dissesti ai quartieri orientali. In particolare sottolinea una evoluzione del movimento franoso negli ultimi anni, con arretramento della corona verso monte, cioè spostando il margine del dissesto verso occidente, lungo una linea che da sud a nord si diparte dalla scuola Don Bosco sino a piazza Minchetti.
Quest'ultima affermazione, certamente, scaturì dall'aver osservato che i micropali di sottofondazione dell'edificio scolastico si rivelarono inefficaci, dovendo così ammettere un meccanismo di traslazione per frana.
I modesti cedimenti e le lesioni degli edifici esistenti a monte di detta linea, cioè nella parte centro-occidentale della città, vengono invece attribuiti alla natura caotica ed alla cedevolezza del terreno di sedime.
In conclusione il geologo E. Fazia consiglia, nella vecchia area urbana, di valutare caso per caso la scelta della tipologia di fondazione limitando le costruzioni nel numero e nell'altezza. In alcuni quartieri dell'instabile settore orientale consiglia addirittura il diradamento edificatorio per alleviare il carico. Per quanto riguarda il miglioramento statico dei quartieri instabili suggerisce la realizzazione di opere di consolidamento e di presidio oltre la sistemazione idraulica dei versanti del vallone Acque Nuova e il drenaggio delle acque superficiali e sotterranee dell'abitato.
Nell'approvazione del piano regolatore generale, in data 23 ottobre 1973, il C.T.A. non tenne conto delle menzionate indicazioni del geologo Fazia, limitandosi a prescrivere per la zona dell'abitato, interessata da movimento franoso, un particolare studio geomorfologico per i progetti e le nuove costruzioni.
Il prof. ing. M.F. Guiducci in data 16 luglio 1985, nella relazione geotecnica per la costruzione del II lotto della tangenziale est di Ravanusa, il cui tracciato si svolge proprio nella periferia est dell'abitato, eseguì due campagne di indagini geognostiche, rese necessarie al fine di risolvere notevoli perplessità in merito alle caratteristiche idrogeologiche dei terreni di fondazione del viadotto ed alla stabilità generale del versante.
Le perplessità scaturivano dall'avere riscontrato, durante i primi sondaggi, argille brecciate presolfifere plastiche ed interessate da filtrazione sino a m. 50,00 dal p.c., normalmente ritenute impermeabili. Per detto motivo il prof. Giuducci incaricava il geol. Lorenzo Veronese di eseguire ulteriori sondaggi, con accorgimenti atti ad eliminare intrusioni di acqua sia dalla superficie che durante la perforazione e recupero carota. Le conclusioni del geol. L. Veronese del giugno 1985 portavano il geotecnico a confermare le perplessità avute all'inizio del progetto, cioè che la presenza di acque in pressione nelle argille ne riducesse la resistenza al taglio che insieme alle condizioni topografiche del versante determinavano l'instabilità del pendio. Il geotecnico proponeva drenaggi profondi al fine di migliorare la stabilità a breve termine (qualche anno) di una stretta fascia, mentre per tempi lunghi e per la stabilità dell'abitato a monte proponeva di integrare e combinare i drenaggi con opere di contenimento e rinterri, partendo da valle. Evidenziava di dover progettare l'intervento sulla base di una apposita campagna di indagini estesa a partire dall'abitato sino alla confluenza terminale del fosso. Le pile del viadotto furono realizzate su pozzi profondi m. 20-25, con all'interno diversi ordini di drenaggi suborizzontali, lunghi m. 40-50; collegati a pompe autoadescanti, queste ultime non più in funzione come verificato dagli scriventi.
Nel 1989, a causa dell'evoluzione dei dissesti nella stessa ala della scuola Don Bosco, l'ufficio del Genio civile incaricò l'ing. Carruba per l'esecuzione di uno studio geotecnico. Il professionista descriveva gli interventi su micropali degli anni '70 e la presenza di lesioni nell'edificio, nella pavimentazione esterna e nei muri di recinzione del cortile, che portavano ad ammettere l'esistenza di un lento movimento franoso.
Le letture inclinometriche effettuate (periodo 28 giugno 1988 al 20 gennaio 1989) hanno mostrato spostamenti massimi in superficie pari a cm. 0,93 e deformazioni dei tubi sino a profondità comprese tra metri 30 e 32. La superficie di scorrimento veniva però posizionata da Carrubba al contatto con le argille tortoniane, quindi a m. 23,50 sul lato di valle e m. 32,50 a monte. Pertanto progettava una una doppia paratia di pali di 1.000 mm. di diametro, ammorsati nel substrato per almeno 8-10 volte il diametro, quindi per un totale di m. 31,50. Veniva prevista una ulteriore paratia a monte, chiaramente più profonda, ma non realizzata per mancanza di fondi. Questo secondo intervento di consolidamento allo stesso modo risultava inefficace, per una errata valutazione della profondità del substrato stabile, tanto che nel 1995 quest'ala della scuola viene definitivamente demolita.
In data 4 ottobre 1991, veniva trasmesso a questo ufficio lo studio geologico redatto dai geologi A. Giudice e M. Oro, per il parere ai sensi dell'art. 13 della legge n. 64/74, di compatibilità geomorfologica delle previsioni del nuovo piano regolatore generale del comune di Ravanusa. Il parere veniva reso positivo ad eccezione dell'area a valle della linea segnata in rosso da funzionari geologi di quest'ufficio nell'elaborato carta geologica-tecnica in scala 1:2.000.
Sull'elaborato i professionisti incaricati dal comune segnavano un'area, di estensione minore rispetto a quella perimetrata in rosso, sede di diffusi dissesti ad edifici ed infrastrutture che attribuivano a cedimenti differenziali dei substrati di fondazione, innescati dal contatto laterale tra litotipi con caratteristiche di compressibilità estremamente diverse, come i calcari e le argille colluviali.
Questo ufficio, non condividendo detta teoria, nel parere prescriveva l'esecuzione di approfonditi studi ed indagini per la comprensione delle cause dei dissesti, necessari sia alla programmazione delle opere di consolidamento che alla definizione della edificabilità dell'area.
Nel decreto del 30 maggio 1994 di approvazione del piano regolatore generale, l'A.R.T.A. , per detta area stralciava tutte le previsioni urbanistiche, rimandando alle risultanze dello studio prescritto ed alle eventuali opere di consolidamento la possibilità di realizzare nuove costruzioni pubbliche e private.
In data 26 febbraio 1994 il comune segnalò danni causati da frana in centro abitato; dal sopralluogo eseguito da funzionari del Genio civile si rilevò che i dissesti nel centro abitato erano senza dubbio da attribuire alla evoluzione del noto movimento franoso. Infatti, nella porzione sud della linea in rosso, in particolare in via Lucania, Emilia, Ibla, si rilevarono traslazioni orizzontali degli edifici con l'apertura di fratture sulla pavimentazione stradale, nell'ordine di qualche decimetro, con componente verticale. Si concluse che il fenomeno aveva subito accelerazioni in occasione dell'elevata piovosità della stagione invernale 1993-94.
Successivamente, nel luglio 1995 e nell'ottobre 1996 sia il comune che privati cittadini richiesero rispettivamente la demolizione dell'ala della scuola elementare Don Bosco, ed interventi per fabbricati pericolanti nella via Labirinto.
Si rilevarono gravi dissesti a carico di numerosi edifici e strade, e dai confronti con precedenti osservazioni si affermò che il movimento franoso nel centro abitato aveva subito ulteriori evoluzioni. Pertanto, si invitò il sindaco a porre in essere interventi non strutturali, quali puntellamenti, sgomberi, demolizioni degli edifici pericolanti, secondo le necessità ravvisate dall'ufficio tecnico comunale al fine di mitigare il rischio all'interno dell'area in frana. Contestualmente veniva richiesto all'Assessorato regionale dei lavori pubblici di provvedere al finanziamento di una campagna di indagini, monitoraggio e controllo, per la migliore comprensione delle geometrie e cinematismi del fenomeno, al fine di valutare la possibilità di consolidare o abbandonare l'area. Poiché con nota n. 5486 del 25 novembre 1996 l'Assessorato regionale non accolse la richiesta per inadeguatezza del capitolo di spesa, l'ufficio del Genio civile interessò il dipartimento di protezione civile. Quest'ultimo incaricò il prof. V. Liguori, esperto del G.N.D.C.I., che a seguito di sopralluogo con funzionari di questo ufficio nel dicembre 1997, condivise l'esistenza di una frana di D.G.P.V. nel centro abitato. Il dipartimento di protezione civile, come per gli abitanti di Raffadali e Cammarata, pur ravvisando la necessità di interventi urgenti, invitava gli Assessorati regionali e gli uffici periferici ad attivarsi in tal senso.
L'amministrazione comunale del periodo 1997-2001, attribuendo i dissesti nel centro abitato a cedimenti differenziali, come affermato da professionisti operanti sul territorio e dai geologi A. Giudice e M. Oro nello studio per il piano regolatore generale, richiedeva una rivisitazione del parere ai sensi dell'art. 13 legge n. 64/74 al fine di poter approvare il piano regolatore generale e poter rilasciare progetti di demolizione e ricostruzione nell'area in frana.
A seguito di una animata discussione avvenuta in Prefettura fra l'ingegnere capo del Genio civile, funzionari geologi, ed il sindaco di Ravanusa, dott. Faudone, si concluse di mantenere il regime vincolistico nell'area mediante il diniego dell'art. 2 della legge n. 64/74, e che l'amministrazione comunale si attivasse per ristudiare l'area.
In data 18 dicembre 1998 è stata stipulata una convenzione tra il comune e il dipartimento di geologia e geodesia dell'Università degli studi di Palermo finalizzata alla conoscenza delle cause che hanno determinato i movimenti franosi nella parte orientale del centro abitato, alla elaborazione di un modello morfoevolutivo del versante con l'individuazione del corpo di frana e della falda idrica presente nel sottosuolo ed alla programmazione di un sistema di monitoraggio dell'area in frana.
Sono quindi stati effettuati il monitoraggio della falda in alcuni pozzi tra il mese di settembre 1998 ed il mese di maggio 2001 attraverso un freatimetro rilevando una profondità della superficie piezometrica, dal piano di campagna, compresa tra i 7 m. ed i 25 m. con variazioni del livello nell'arco di un ciclo stagionale di ±9 cm. In alcuni casi, il livello della falda risulta variabile repentinamente sino a raggiungere incrementi di m. 5 - 7. Ciò in accordo con il modello disarticolato dell'acquifero, non continuo lateralmente.
Si è proceduto inoltre ad effettuare 14 sondaggi meccanici spinti sino alla profondità massima di m. 40 circa, 4 profili georadar e 8 sondaggi elettrici verticali.
Gli autori dello studio nelle conclusioni hanno ricostruito un modello geomorfologico del versante instabile che rientra nell'ambito delle deformazioni gravitative profonde di versante. La tettonica plio-pleistocenica ha dislocato i terreni della serie solfifera determinando i presupposti per l'instaurarsi del fenomeno di espansione laterale che causa l'instabilità nel settore sud orientale dell'abitato, caratterizzato da movimenti profondi con cinematismi differenti nello spazio e nel tempo che si manifestano in superficie con lesioni e/o fratture nelle infrastrutture urbane. Viene evidenziato come la presenza della falda acquifera concorre all'evoluzione del fenomeno. Infine, considerata la vastità dell'area in frana, gli autori dello studio propongono di rinviare la progettazione di opere di stabilizzazione del versante, dopo la realizzazione di una rete di monitoraggio allo scopo di quantificare la peculiarità del fenomeno e definire meglio l'influenza che i vari parametri, compreso quello dell'oscillazione della falda acquifera, hanno sull'evoluzione del dissesto. Nell'immediato viene consigliato di limitare l'infiltrazione di acque nel sottosuolo e di mettere in sicurezza gli edifici più danneggiati.
CONCLUSIONI
Dagli studi precedenti si evince come nel tempo, almeno sino al 1991, le condizioni di rischio di frana siano aumentate a causa dell'estendersi del centro abitato di Ravanusa nel settore instabile a sud della scuola Don Bosco. La relazione integrativa di Floridia (1960), con cui concordano i geologi A. Giudice ed M. Oro nello studio per il piano regolatore generale (1991), così come il parere del C.T.A. del 1973, che non riprendeva le prescrizioni del geol. Fazia di diradare a valle il carico urbanistico, determinò oltre l'aumento della superficie urbanizzata anche la ricostruzione di nuovi edifici privati e pubblici nel vecchio centro, con conseguente aumento del valore degli elementi a rischio.
Gli errori di valutazione degli autori sopra citati, circa le cause dei dissesti non attribuiti a frana o sulla ubicazione della relativa corona, individuata da alcuni in corrispondenza della scarpata secondaria più a valle, nascono a causa delle scarse conoscenze sul tipo di fenomeno poco studiato in Italia sino agli anni 70.
Esempi di assetti morfologici similari in Italia vengono segnalati da Guerricchio e Melidoro (1973), Cotecchia e Melidoro (1974), e soltanto nel 1978 le deformazioni gravitative profonde di versante vengono riferite alla classe dei lateral spreads nella classificazione delle frane di Varnes, la più conosciuta ed utilizzata.
La stessa amministrazione comunale dal 1997 al 2001 non condivise di vincolare urbanisticamente l'area, e solo con la relazione di massima del dipartimento di geologia e geodesia accettò l'esistenza del dissesto e la necessità di porre in essere detto vincolo ai fini della riduzione del rischio.
Riassumendo, il settore centro orientale dell'abitato si estende alla base del rilievo calcareo di contrada Grada, con pendenza variabile ma complessivamente lieve verso est, dove si raccorda con gli acclivi versanti argillosi del Vallone Acqua Nuova, tributario del Fiume Salso.
Geologicamente la zona è caratterizzata dalla serie solfifera e dai termini ad essa sotto e sovrastanti, in particolare sulle alture di Grada affiorano direttamente i calcari evaporitici, ricoperti a valle dalle marne calcaree dei trubi.
Nella zona centro orientale dell'abitato, i due termini, deformati e dislocati da due fasi tettoniche inframioceniche e plio-pleistoceniche, sono sormontati da ampi affioramenti di marne risedimentate o da depositi continentali argillosi bruno rossastri, sterili, con livelli di brecciole calcaree e noduli calcitici diffusi, che livellano le paleomorfologie e colmano le depressioni con spessori massimi di m. 10-15.
Nelle aree pianeggianti, ai depositi continentali argillosi seguono in alto alcuni metri di limi palustri di colore scuro.
I calcari evaporitici con i relativi ricoprimenti, interessati da circolazione idrica che alimenta le sorgenti di contatto ubicate a valle del centro, poggiano sulle argille del complesso basale della serie solfifera, rintracciate nei sondaggi a profondità comprese tra m. 22 e 45 dal p.c., affioranti direttamente nella periferia est lungo i versanti del Vallone dell'Acqua Nuova.
La porzione est del nucleo urbano è interessata da una frana di deformazione gravitativa profonda di versante, dove i blocchi calcarei, come detto dislocati e disarticolati, per deformazioni del substrato plastico subiscono spostamenti orizzontali accompagnati da cedimenti e rotazioni dei singoli conci, con velocità variabili dal centimetro ad alcuni cm/anno.
In superficie detti movimenti interessano il tessuto urbano, con lesioni e fratture, in corrispondenza della corona e della scarpata secondaria, mentre nelle aree comprese non si notano dissesti di rilievo, a testimonianza dell'elevata profondità della zona di scorrimento.
Si è osservato che numerosi edifici in c.a., ricostruiti sulle dette linee di frattura, con fondazioni su pali o su platea rigida, hanno subito nel tempo forti inclinazioni con distorsioni angolari che ne hanno compromesso le condizioni di staticità.
Le argille di base, a causa dell'apporto continuo di acque dalla rete fognante, vengono intensamente erose lungo il Vallone Acqua Nuova, dove le numerose opere trasversali in c.a. (briglie e soglie) risultano sifonate, ribaltate o dissestate, e quelle più antiche in pietrame completamente distrutte.
L'erosione continua ha determinato tratti con versanti molto acclivi, profondi anche alcune decine di metri, in alcuni casi subverticali, interessati da continue frane di scorrimento, di colamento o di tipo intermedio tra i due.
L'area è anche interessata da grandi frane di scorrimento, queste ultime non rilevate dal dipartimento di geologia, ma visibili sulla strada provinciale che si sviluppa verso valle.
A tal proposito si rileva che i sondaggi eseguiti per la realizzazione del viadotto ad est del centro, hanno messo in evidenza che dette argille brecciate o scagliose si presentano plastiche, Wn>Wp, ed interessate da fenomeni di filtrazione sino al limite della profondità di indagine (prof. ing. M.F. Giuducci e geol. L. Veronese 1985).
La presenza di acqua in pressione, che rende attivi da un decennio i drenaggi orizzontali posti all'interno dei pozzi di fondazione del viadotto, determina una riduzione della resistenza al taglio delle argille, provocando i fenomeni di instabilità descritti.
Anche nei sondaggi eseguiti in centro abitato i campioni di argilla rilevano valori di Wn>Wp, Ic<1, quindi uno stato di consistenza plastico anche se non si evince la presenza di livelli in pressione.
Rispetto alla carta geomorfologica redatta dal dipartimento di geologia è stata riperimetrata la zona interessata dalla frana di D.G.P.V., la cui corona è stata traslata verso est portandola a coincidere con la sequenza di lesioni e fratture visibili su edifici e strade, monitorate visivamente dagli scriventi da oltre un decennio, la cui ubicazione trova inoltre riscontro nelle descrizioni di precedenti studi.
Il limite est è stato traslato verso valle sino a farlo coincidere con il confine geologico tra i calcari e le argille presolfifere, i primi con giacitura leggermente a reggipoggio, in accordo con le numerose pubblicazioni di assetti morfologici riconducibili a tali meccanismi.
L'attuale corona risulta diversa anche nei riguardi della linea segnata in rosso da questo ufficio nella tavola allegata al piano regolatore generale del 1991, poiché questa ultima inviluppava l'area caratterizzata da dissesti indicata dai geologi Giudice ed Oro.
Differisce, inoltre, nella parte a sud, dove è stata inclusa un'area più a monte, sino a via Agrigento, poiché l'evoluzione degli spostamenti in questa zona, di recente costruzione, solo nel 1999 ha permesso di ricondurre i dissesti allo stesso fenomeno di D.G.P.V.
Di dubbia interpretazione appaiono i dissesti nell'intorno dell'ex macello comunale, descritti sin dal 1955 da Jacobacci, dove viene individuato un colamento nello studio del dipartimento di geologia, mentre l'assetto geologico e morfotettonico del tutto similare a quello riscontrato nelle aree urbane induce ad ipotizzare movimenti di espansione dei blocchi calcarei. Pertanto, nelle more delle risultanze del monitoraggio, i sottoscritti hanno ritenuto di includere detta area all'interno della D.G.P.V..
La conoscenza dei parametri di spostamento in profondità e delle pressioni interstiziali a valle della tangenziale est appare di fondamentale importanza ai fini di una ricostruzione del modello morfoevolutivo dell'intero versante, su cui si baseranno le simulazioni matematiche necessarie alla determinazione di eventuali interventi.
La rete di monitoraggio, già finanziata al comune di Ravanusa, servirà inoltre a verificare l'efficacia di eventuali opere di consolidamento, considerata la scala e complessità del fenomeno.
Data la lentezza del movimento, si consiglia l'adozione di sonde inclonometriche fisse in foro che risentono meno, rispetto a quelle mobili, degli errori grossolani e sistematici di lettura dovuti al passaggio delle rotelle della sonda in corrispondenza dei giunti dei tubi o a corpi estranei nelle guide.
Ai fini della mitigazione del rischio sarà necessario che l'amministrazione provveda periodicamente alla verifica delle condizioni statiche degli edifici ricadenti sulla corona e sulla scarpata di frana, segnate sulla carta 1:2.000 allegata, adottando eventualmente provvedimenti non strutturali quali sgomberi, puntellamenti o demolizioni secondo le necessità ravvisate dall'ufficio tecnico comunale.
Classificazione dei dissesti ed individuazione della classe di rischio
Area all'interno del centro abitato interessata da deformazioni gravitative profonde di versante
Tipologia:  T1 
Estensione:  Ha. 34,34 
Magnitudo:  M2 
Stato di attività:  attiva 
Pericolosità:  P2 
Elementi a rischio:  E4 (centro abitato) 

Dalla combinazione della pericolosità P2 e gli elementi a rischio E4 si perviene alla seguente classe di rischio:
P2 x E4 = R4 (Rischio frana molto elevato)

Area a valle del centro abitato interessata da dissesti diffusi
Tipologia:  T2 
Estensione:  compresa tra i 104 e 106 
Magnitudo:  M3 
Stato di attività:  attiva 
Pericolosità:  P3 
Elementi a rischio:  E1 (case sparse, insediamenti agricoli) ed E2 (strade comunali e provinciali) 

Dalla combinazione della pericolosità P3 e gli elementi a rischio E1 si perviene alla classe di rischio:
R2 (Rischio frana medio)

mentre dalla combinazione tra P3 ed E2 si perviene alla classe di rischio:
R1 (Rischio frana elevato)

Area a nord del centro abitato a monte della S.S. per Sommatino
Tipologia:  T1 
Estensione:  Ha 41,55 
Magnitudo:  M2 
Stato di attività:  attiva 
Pericolosità:  P2 
Elementi a rischio:  E1 (insediamenti agricoli) ed E3 (nucleo abitato) 

Dalla combinazione della pericolosità P2 e gli elementi a rischio E1 si perviene alla classe di rischio
R2 (Rischio frana medio)

mentre dalla combinazione tra P3 ed E3 si perviene alla classe di rischio
R3 (Rischio frana elevato)

Area a nord del centro abitato a monte della via Solferino
Tipologia:  T2 
Estensione:  Ha 0,54 
Magnitudo:  M2 
Stato di attività:  attiva 
Pericolosità:  P2 

Elementi a rischio: E1 (case sparse)
Dalla combinazione della pericolosità P2 e gli elementi a rischio E1 si perviene alla classe di rischio
R2 (Rischio frana medio)

Pertanto, si allegano carta dei dissesti e dei rischi R = 1:10.000, e stralci R = 1:2.000 del centro abitato, proposte da questo ufficio ai fini della revisione del piano straordinario di bacino, controfirmata dal capo dell'ufficio tecnico comunale.
(2003.27.1731)
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MICHELE ARCADIPANE, direttore responsabile
MARIA LA MARTINA, condirettoreMELANIA LA COGNATA, redattore

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