REPUBBLICA ITALIANA
GAZZETTA UFFICIALE
DELLA REGIONE SICILIANA

PARTE PRIMA
PALERMO - VENERDÌ 30 AGOSTO 2002 - N. 41
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ASSESSORATO DEL TERRITORIO E DELL'AMBIENTE

DECRETO 4 giugno 2002.
Modifica del piano straordinario per l'assetto idrogeologico relativamente all'area denominata Collina Vampolieri nel territorio dei comuni di Acicastello e Acicatena.

Allegato
RELAZIONE DI ISTRUTTORIA

1. Premessa
Nell'ambito del piano straordinario per l'assetto idrogeologico, promulgato con decreto assessoriale del 4 luglio 2000, è stata individuata un'area franosa a rischio molto elevato, che corrisponde ad una fascia di territorio compreso fra i comuni di Acicastello e Acicatena.
In questa località, denominata "Collina di Vampolieri" si sono verificati, negli ultimi anni, numerosi fenomeni legati a movimenti di massa superficiali, che hanno coinvolto anche diversi manufatti presenti nell'area.
Il comune di Acicastello con nota protocollo n. 28512 dell'8 novembre 2000, pervenuta all'ufficio dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente il 24 novembre 2000, protocollo n. 58442, ha richiesto la modifica della perimetrazione delle aree.
In relazione alla configurazione morfologica e alla continuità litologica dei terreni il presente studio è stato esteso anche al comune di Acicatena e consiste nell'individuazione dei fenomeni e nella perimetrazione delle aree a diverso grado di rischio, basata solo su osservazioni di campagna.
2.  Caratteristiche morfologiche
Con la denominazione di "Collina di Vampolieri" si intende una fascia di terreni che si estende lungo le pendici sud-orientali del monte Etnea, compresa nei territori comunali di Aci Catena e Acicastello.
Si tratta di un'area allungata in direzione NE-SW, caratterizzata da un andamento collinare, che degrada verso est con pendenze variabili comprese fra 10 e 15%, nella quale si erge un modesto rilievo "Monte Vampolieri".
L'originaria configurazione morfologica risulta quasi completamente obliterata dall'intensa urbanizzazione dell'area, tuttavia, le zone ancora non edificate mostrano differenti peculiarità in relazione ai litotipi affioranti.
Ove si rinvengono i termini argillosi si osserva un paesaggio mediamente ondulato e poco acclive, mentre dove affiorano i prodotti vulcanici i lineamenti morfologici e orografici sono più accentuati, con la formazione di vere e proprie scarpate.
In linea generale, nella parte sommitale del rilievo, in corrispondenza delle bancate laviche, i processi erosivi sono estremamente limitati, mentre lungo le pendici, sui terreni argillosi, si esplicano vistosi e diffusi fenomeni di dissesto, generalmente poco profondi, che denotano un'intensa azione di degradazione provocata dalle acque superficiali e di infiltrazione.
Dal punto di vista idrografico si possono differenziare due settori. In quello sommitale, caratterizzato da affioramenti prevalentemente vulcanici, la rete drenante risulta carente e poco sviluppata, a causa sia delle permeabilità dei terreni che dalle modifiche apportate dall'edificazione, ed è composta da brevi talweg di basso ordine.
Bisogna sottolineare inoltre che, per eventi piovosi di una certa entità, in relazione all'urbanizzazione dell'area e alla mancanza di un adeguato sistema di smaltimento delle acque superficiali, il deflusso avviene lungo gli assi viari.
Sui versanti del rilievo, contraddistinti da termini argillosi, il reticolo idrografico è più sviluppato, sebbene scarsamente gerarchizzato.
Si tratta di dreni con andamento pressappoco rettilineo, di primo e secondo ordine (tranne il Vallone Toscano che è di terzo ordine) i quali risultano canalizzati prevalentemente nell'ultimo tratto, prima dell'immissione in mare.
Gli alvei spesso sono intasati da detriti di diversa natura e ricoperti dalla vegetazione.
Inoltre, l'assetto caotico del territorio favorisce fenomeni localizzati di ristagno e infiltrazioni concentrate in corrispondenza di ammassi detritici e/o prodotti permeabili come grossi blocchi lavici. Al passaggio litologico tra le bancate laviche e le sottostanti argille impermeabili emergono modeste manifestazioni sorgentizie che, unitamente a numerosi scarichi di vario tipo, drenano quantità significative di acque, che determinano continui processi di imbibizione e plasticizzazione delle argille, che pregiudicano le loro caratteristiche geomeccaniche e le loro condizioni di stabilità.
3. Carta dei dissesti e delle esondazioni
Nell'area in esame si sono osservati numerosi fenomeni di plasticizzazione delle coltri detritiche della formazione argillosa, che danno luogo a limitati movimenti gravitativi per creep e, localmente, a scoscendimenti di tipo rotazionale. E' da sottolineare, però, che gli effetti prodotti dai processi naturali (la cui genesi ed evoluzione sono da considerarsi assolutamente normali nel contesto geologico della zona) possono essere stati esaltati da una cattiva gestione del territorio; infatti, vi sono chiare evidenze di trasformazioni antropiche che possono aver influito negativamente sull'assetto morfologico dei versanti, come per esempio le coltri di accumulo provenienti dagli scavi (in qualche caso, di potenza intorno ai 15 metri), l'obliterazione di sorgenti, l'assenza di regimentazione delle acque sorgentizie e civili, l'alterazione della rete idrografica e l'edificazione realizzata senza tenere in debito conto la criticità dei terreni di fondazione.
Da quanto detto, ne consegue che i dissesti osservati in alcuni edifici sono da attribuire ad inadeguata valutazione dell'interazione terreno-struttura in fase progettuale o esecutiva piuttosto che a fenomeni geomorfologici intrinseci.
Nella carta dei dissesti e delle esondazioni sono stati evidenziati i seguenti processi morfologici:
a)  Area in frana
Si osserva in corrispondenza della II traversa di via Vampolieri e ricade a cavallo fra i due comuni. Si tratta di un movimento di scorrimento rotazionale attivo, in un'area edificata e priva delle idonee opere di regimentazione delle acque sorgentizie presenti a monte (scheda n. 1);
b)  Paleofrane
Si osservano a monte di via Vampolieri nel territorio comunale di Acicatena. Si tratta di scorrimenti rotazionali quiescenti, che sembrano esauriti (schede n. 2 e 3);
c)  Aree soggette a plasticizzazione e deformazione del terreno
Si evidenziano in varie zone sia nel comune di Acicatena che in quello di Acicastello. In queste aree si osservano numerosi dissesti di limitate entità, variamente distribuiti, che denotano un diffuso movimento delle coltri superficiali degradate (lesioni nelle tamponature, nei muri di contenimento ecc.);
d)  Aree soggette a creep
Sono diffuse nelle zone argillose incolte attorno alle aree edificate. Si tratta di un insieme di movimenti parziali degli elementi che costituiscono il mantello detritico, dovuti a cause diverse come circolazione dell'acqua nel terreno, imbibizione ed essiccamento ecc.
e)  Aree soggette a fenomeni di esondazione
I tratti terminali delle aste torrentizie che attraversano il centro urbano di Acitrezza e le aree urbanizzate limitrofe hanno perso quasi del tutto il carattere di naturalità; infatti, per superare gli assi viari e le fasce edificate i torrenti sono stati incanalati in strutture tubolari o scatolari non omogenee (cioè con variazioni di tipologie strutturali lungo il percorso) che, al momento dei rilievi, sono risultate in stato di accentuato degrado e, talune volte, con sezioni di deflusso insufficienti in rapporto alle portate previste. Per una valutazione speditiva delle portate di massima piena sono stati adoperati i risultati di una ricerca a scala regionale pubblicati nella nota: "valutazione delle piene in Sicilia"; C.N.R. G.N.D.C.I., 1993, redatta a cura di M. Cannarozzo, F. D'Asaro e V. Ferro, nella quale gli autori utilizzano, per il calcolo della probabilità dei massimi annuali di pioggia, la legge di distribuzione a doppia componente (TCEV: Two Component Extreme Value) che prende in considerazione in modo statisticamente indifferente gli eventi idrologici consuenti (componente di base) e quelli eccezionali (componente straordinaria).
Nell'ambito della sottozona "B" nella quale ricadono i bacini di interesse, sono state calcolate le altezze di pioggia orarie relative alle stazioni dotate di coefficienti di regressione. I dati ottenuti, per tempi di ritorno assegnati di 20, 100 e 300 anni, sono stati quindi georeferenziati ed è stata costruita una mappa delle iso-intensità dalla quale, mediante calcolo ragguagliato con le aree, si è pervenuti, per ciascun bacino, al valore medio dell'altezza di pioggia riferita al tempo di corrivazione in corrispondenza delle sezioni di interesse. La durata in ore dell'evento meteorico di massima intensità è stata considerata uguale al tempo di corrivazione, a sua volta calcolato mediando i risultati ottenuti con diversi metodi (Giandotti, velocità fittizia, Pezzoli, Kirpich, Ventura, Aronica-Paltrinieri, Aureli, C.N.R.), dopo avere troncato i valori massimo e minimo. In mancanza di stazione idrometrografica, e quindi di dati sulle altezze idrometriche, le portate sono state calcolate con la formula razionale modificata, così come proposto nella nota del C.N.R., con coefficienti espressi in funzione del tempo di ritorno considerato. Il valore del coefficiente di deflusso è stato calcolato come media tra i metodi di Kennessey, Aureli e Frevert. Con i valori di portata ottenuti sono state verificate le sezioni trasversali poste in corrispondenza dei tratti torrentizi trasformati; la geometria dei tombini e dei canali è stata rilevata con misurazioni speditive. Le verifiche idrauliche sono state effettuate con la condizione di continuità del moto permanente per correnti a pelo libero (equazione del moto uniforme); si valuterà in un secondo momento l'eventualità di ricorrere al calcolo del moto permanente gradualmente variato. L'individuazione delle zone esondabili è risultata complessa in quanto l'irregolarità dell'assetto morfologico in corrispondenza delle zone edificate non permette, con gli strumenti cartografici disponibili al momento dello studio, un'agevole previsione dei percorsi idrici al di fuori degli ambiti dei torrenti. Per questa ragione, l'ampiezza delle zone esondabili è da intendersi quale il risultato sintetico di una stima approssimata per un tempo di ritorno pari a 100 anni. Determinazioni più accurate potranno essere fatte solo con rilievi topografici di dettaglio finalizzati alla costruzione di un D.T.M.
4.  Carta del rischio
La definizione di rischio è ottenuta dal risultato del prodotto di tre fattori:
-  pericolosità e probabilità dell'avvenimento del fenomeno franoso;
-  valore degli elementi a rischio;
-  vulnerabilità degli elementi a rischio.
Sulla scorta di questo criterio e in relazione ai dissesti osservati e all'assetto geologico dell'area esaminata sono state delimitate varie aree a diverso rischio:
a)  aree franose a rischio molto elevato;
b)  aree franose a rischio elevato;
c)  aree franose a rischio medio;
d)  aree esondabili a rischio molto elevato.
Aree franose a rischio molto elevato.
Si individua un'area a rischio molto elevato (R4) in corrispondenza della II traversa di via Vampolieri, dove si è verificata una frana, che attualmente, in base alle evidenze morfologiche e ai dissesti osservati, si trova in uno stato attivo. In tale area sono presenti edifici privati per civile abitazione.
Per queste aree le misure transitorie di salvaguardia adottate, così come previsto dall'art. 1bis del decreto legislativo n. 180/98, convertito con legge n. 267/98 e integrata dalla legge n. 226/99, sono riportate nel decreto assessoriale del 4 luglio 2000.
Aree franose a rischio elevato
Sono state definite varie aree denominate a "rischio elevato" (R3), corrispondenti a zone dove sono stati osservati dissesti strutturali localizzati ai manufatti esistenti, di varie entità, e distribuiti arealmente in modo irregolare.
Tali dissesti possono essere ricollegabili a fenomeni di plasticizzazione del terreno di fondazione, dovuti a varie cause non determinabili solo in base a osservazioni superficiali. I fenomeni sopra descritti possono essere imputabili all'infiltrazione delle acque superficiali, sia meteoriche o sorgentizie che alle acque reflue parzialmente depurate.
Le lesioni possono essere dovute anche da una tipologia costruttiva non idonea alle caratteristiche litologiche e morfologiche dell'area e alla mancanza di adeguate opere di urbanizzazione primarie e secondarie.
Le norme transitorie di salvaguardia, così come della zona precedente, sono state riportate nel decreto assessoriale del 4 luglio 2000.
Area franosa a rischio medio
E' stata estesa ad una zona molto vasta che comprende parte del territorio comunale di Acicatena e di Acicastello. In queste aree a rischio medio (R2) si osservano fenomeni gravitativi di creep che interessano i versanti argillosi.
Per queste aree non sono state ancora definite le norme di salvaguardia, ma in ogni caso l'edificazione non può essere intensiva e non può prescidere dalla realizzazione di opere di urbanizzazione primarie (quali rete fognarie con adeguato recapito finale) e dalla regimentazione delle acque sia superficiali che di falda.
Aree interessate da rischio idraulico molto elevato
La valutazione del rischio di esondazione ha seguito le procedure standard proposte. Il massimo livello di rischio determinato è quello "elevato" (R4) che interessa una parte dell'abitato di Acitrezza in corrispondenza del torrente che scorre in prossimità dell'ufficio postale e che sbocca poco più a nord del depuratore comunale.
Da quanto rilevato e osservato, si ritiene che il rischio possa abbassarsi intervenendo sulle cause strutturali che lo determinano.
Attualmente in questa fascia di terreno denominata come "Collina di Vampolieri", a seguito di questi dissesti riscontrati, è stata promulgata l'ordinanza ministeriale n. 2621 dell'1 luglio 1997, con la quale venivano stanziati dei fondi, nell'ambito delle somme attribuite al dipartimento della protezione civile, relativi alla sistemazione e salvaguardia di tale zona.
Successivamente, con decreto n. 438 del 10 marzo 1999 della Presidenza del consiglio dei ministri, il soggetto attuatore dei lavori è stato identificato nella figura del prefetto di Catania, che ha conferito incarico alla ditta Enel Hydro di eseguire gli studi propedeutici alla realizzazione delle opere di consolidamento e regimazione delle acque di superficie e di falda. Sulla scorta dei risultati di questi studi ed indagini, si potranno meglio valutare le tipologie dei dissesti e le loro cause e perimetrare con maggiore precisione le aree soggette a rischio.
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GIOVANNI CORICA: Direttore responsabile                               MARIA LA MARTINA: Redattore

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