REPUBBLICA ITALIANA
GAZZETTA UFFICIALE
DELLA REGIONE SICILIANA

PARTE PRIMA
PALERMO - VENERDÌ 27 LUGLIO 2001 - N. 38
SI PUBBLICA DI REGOLA IL VENERDI'

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ASSESSORATO DEGLI ENTI LOCALI


DECRETO 20 giugno 2001.
Disposizioni per i diritti e le opportunità per l'infanzia e l'adolescenza per il triennio 2000-2002.

Allegato A
DIRETTIVE LEGGE 28 AGOSTO 1997, N. 285 "DISPOSIZIONI PER LA PROMOZIONE DI DIRITTI ED OPPORTUNITA' PER L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA"
Triennio 2000/2002

1. PREMESSA
1.1. La legge n. 285/97 e il piano d'azione nazionale 2000/2001
La legge n. 285/97, allorquando già nel titolo pone l'accento sulla promozione dei diritti dei bambini e degli adolescenti, è improntata da una logica che richiede insieme azioni mirate ad intervenire sul disagio e sulle condizioni di difficoltà e rischio di marginalità sociale, e azioni rivolte ad obiettivi di tipo promozionale.
Per la complessità degli obiettivi da perseguire il legislatore, attraverso la legge 285/97, e più estesamente con la legge 8 novembre 2000, n. 328 "legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali", ha avviato un percorso che individua nella concertazione e nella progettazione condivisa e partecipata la scelta metodologica fondamentale per assicurare al cittadino "protagonista" un sistema integrato e qualificato di interventi e servizi sociali, che ha tra i suoi scopi anche la promozione della solidarietà sociale, con la valorizzazione delle iniziative delle persone, dei nuclei familiari, nonché delle forme di auto-aiuto e di reciprocità della solidarietà organizzata.
L'impegno dell'ultimo "piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva 2000/2001" (approvato con D.P.R. 13 giugno 2000) si fonda sul valore universale dei principi e dei diritti del fanciullo sanciti dalla convenzione di New York del 1989, resa esecutiva in Italia con la legge 27 maggio 1991, n. 176. La legge 285 rappresenta in tal senso uno dei grandi motori del processo che ha coinvolto le istituzioni sui temi dell'infanzia e che richiede, in particolare, un forte impegno da parte delle Regioni e degli enti locali. Tale processo deve orientarsi a favorire la crescita di una consapevolezza diffusa e condivisa che le esigenze dell'infanzia non possono trovare risposta esclusivamente attraverso misure di protezione, tutela ed assistenza, ma richiedono la realizzazione di un ambiente di vita rispettoso delle esigenze di crescita del cittadino minore, in grado di favorirne uno sviluppo armonico.
1.2. Il primo triennio di attuazione della legge n. 285/97
Il primo triennio di applicazione della legge 285 in Sicilia ha innegabilmente avviato un percorso di collaborazione tra i diversi soggetti chiamati alla definizione e realizzazione dei "piani territoriali d'intervento", previsti dal II comma dell'art. 2. In particolare è possibile evidenziare, tra i risultati del primo triennio:
- la stipula di accordi di programma tra tutti gli enti locali e le altre istituzioni previste dalla legge;
- la sperimentazione di nuove forme di collaborazione tra gli attori coinvolti;
- la sperimentazione di un nuovo ruolo per il privato sociale;
- un diffuso e più attento interesse per i temi dell'infanzia;
- l'avvio di iniziative di tipo innovativo, in molte realtà dove le opportunità per i bambini si limitavano all'offerta di servizi tradizionali a carattere assistenziale.
1.3. Le conferenze di servizio regionali
Dopo un'ampia attività di natura preparatoria, l'Assessorato enti locali ha inteso imprimere impulso a tutti i soggetti interessati (istituzioni e privato sociale) mediante apposite conferenze di servizio allargate, presso la sede della Presidenza della Regione e ristrette presso l'Assessorato enti locali, con i rappresentanti dei soggetti, istituzionali e non, operanti in Sicilia (Province regionali, ANCI, Aziende USL, sovrintendente scolastico regionale e provveditorati agli studi, centro per la giustizia minorile, tribunali per i minorenni, prefetture, organismi rappresentativi del privato sociale) al fine di trarre giudizi e successivi suggerimenti utili per una riflessione sul primo triennio di attuazione della legge 285 e per il prosieguo delle attività per la seconda triennalità (2000/2002).
A seguito di adeguata partecipazione ed ampio dibattito sviluppatosi, l'Assessorato enti locali.
ha approntato le direttive pertinenti.
2. INDICAZIONI PROGRAMMATICHE PER IL TRIENNIO 2000/2002
Nell'ambito degli obiettivi della legge, in via generale indicati all'articolo 3 e meglio definiti in termini di interventi agli artt. 4, 5, 6 e 7, la Regione non ritiene di dover porre specifici vincoli agli enti locali, ritenendo che l'individuazione delle aree prioritarie d'intervento deve scaturire esclusivamente da una conoscenza dei bisogni sociali espressi all'interno della comunità locale e dall'analisi delle risorse presenti, già attivate o potenziali.
Al contempo, si riscontra che nel primo triennio 1997/99 nei progetti per l'infanzia è stata rivolta particolare attenzione agli interventi previsti all'articolo 4 - e tra questi destinando poco spazio e quelli ipotizzati ai punti e), h) ed l) rivolti a minori bisognosi di particolare tutela- e all'articolo 6; molte aree hanno rivolta scarsa o nessuna attenzione ad interventi innovativi sperimentali rivolti alla prima infanzia (art. 5) e ad azioni mirate al miglioramento del benessere e della qualità della vita dei cittadini "minori", attraverso la valorizzazione della partecipazione e, al tempo stesso, dell'autonomia e delle diversità (art. 7).
Inoltre i piani territoriali predisposti per il triennio 1997/99 sono costituiti da diversi progetti poco legati tra loro, in assenza di chiare scelte concertate ed obiettivi generali definiti e condivisi tra i soggetti coinvolti, da individuare all'interno di un piano territoriale per l'infanzia e l'adolescenza.
Si è riscontrato altresì un impegno insufficiente nel ricondurre le risorse, a vario titolo destinate all'area materno-infantile, in direzione di una politica coerente per i minori.
Per le suddette motivazioni, la Regione individua i seguenti obiettivi per il triennio 2000/2002, da intendere quali indicazioni programmatiche generali cui gli enti locali dovranno attenersi nella predisposizione dei piani territoriali d'intervento:
- attuazione di iniziative ed interventi concertati in una logica di prevenzione, definiti alla luce della conoscenza dei fenomeni sociali che caratterizzano ciascun ambito o area territoriale locale e di un'analisi comune, concordata e partecipata tra i diversi soggetti chiamati alla definizione delle politiche locali per l'infanzia e l'adolescenza;
- promozione di un equilibrio, all'interno degli ambiti territoriali, tra le diverse opportunità offerte ai minori delle diverse fasce d'età e alle loro famiglie, assicurando interventi tra quelli ipotizzati agli artt.4, 5, 6 e 7 della legge n. 285, nel rispetto dell'autonomia dei soggetti locali sull'articolazione e sull'incidenza di ciascuno degli interventi;
- promozione e sostegno alle competenze genitoriali nella cura dei figli, nonché all'acquisizione di una cultura della genitorialità diffusa, che favorisca il sorgere di una comunità solidale nell'assunzione, da parte del "mondo degli adulti", della responsabilità di crescita del "mondo dei bambini";
- promozione di iniziative in grado di favorire e valorizzare forme di partecipazione e di aggregazione spontanea tra i bambini e i ragazzi, e quindi processi di socializzazione che consentano alla comunità di riconoscerli e a loro stessi di riconoscersi portatori di diritti, di conoscenze e di esperienze;
- promozione di una cultura dell'accoglienza da parte della comunità nei confronti dei bambini e delle famiglie in difficoltà, con rispetto e attenzione per le diversità etniche, linguistiche, culturali, attraverso opportunità di sostegno diversificate, purché "permeabili" e in stretto dialogo ed interazione con il territorio;
- potenziamento e qualificazione di servizi ed interventi in grado di offrire risposte tempestive a minori bisognosi di accoglienza temporanea per il verificarsi di contingenti fatti gravi, quali episodi di maltrattamento, abuso e violenza, prostituzione minorile, temporanea incapacità alla cura dei minori da parte del nucleo familiare, attraverso la valorizzazione di risorse informali, quali ad esempio le famiglie d'appoggio; le azioni in tal senso avviate dovranno essere esplicitamente orientate, in rete con le risorse del territorio, al superamento della condizione di bisogno/difficoltà e alla definizione di percorsi di vita autonomi da parte dei soggetti coinvolti;
- promozione della comunicazione sociale sui temi dell'infanzia e dell'adolescenza e dei diritti del bambino;
- promozione di una logica di "piano della legge n. 285" improntata, secondo un modello di welfare comunity, alla progettazione e costruzione di una rete di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza nei diversi territori, di carattere intersettoriale, che vada oltre le aree tradizionalmente coinvolte "socio-assistenziale ed educativa", che promuova la messa in rete di tutte le risorse della comunità e che consenta un riorientamento della spesa, in atto già "incidente" sulla condizione dell'infanzia, verso finalità ed obiettivi coerenti con quelli fissati dalla legge n. 285/97 e dal piano nazionale di azione: in sintesi, la costruzione dei "piani della legge n. 285" per il triennio 2000/2002 dovrà divenire l'occasione per pervenire alla definizione di "piani di zona per l'infanzia e l'adolescenza". I piani territoriali dovranno prevedere "azioni trasversali", strettamente connesse alla progettazione: formazione "in servizio", coordinamento, valutazione; su quest'ultima, si sottolinea che la legge n. 285 la concepisce come una prassi, che deve divenire una parte specifica e imprescindibile del processo di progettazione e realizzazione delle politiche e degli interventi per l'infanzia e l'adolescenza (vedi successivo paragrafo 5.1 "piani territoriali d'intervento"). Lo strumento che consente l'azione coordinata e integrata tra le istituzioni che dovrà improntare i "piani infanzia", richiamato dalla legge n. 285 nella consapevolezza che la natura dell'interesse da tutelare deve necessariamente coinvolgere più soggetti, è l'accordo di programma, per il quale si rimanda a quanto in specifico illustrato al paragrafo 5.2 e all'allegato schema di accordo (allegato n. A 7), in termini di chiara individuazione dei soggetti coinvolti, degli impegni assunti e di strumenti per la loro verifica.
Con riferimento al contenuto dei singoli articoli e alla luce delle superiori considerazioni, è possibile ipotizzare:
Art. 4 - "Servizi di sostegno alla relazione genitori-figli, di contrasto della povertà e della violenza, nonché misure alternative al ricovero dei minori in istituti educativo-assistenziali":
- risulta evidente che solo un'azione preventiva e di informazione può contenere le ricadute sulla crescita dei bambini di situazioni di crisi e disagio in ambito familiare; in particolare, una corretta informazione a sostegno delle scelte di paternità e maternità rappresenta un presupposto per favorire un ambiente familiare idoneo allo sviluppo armonico del bambino. A tal fine, possono ipotizzarsi strutture diurne che assicurino azioni di sostegno e socializzazione, con creazioni di spazi d'incontro, ma anche di confronto su specifiche tematiche, e che possano al contempo costituire un primo livello di aggancio per altri servizi del territorio, in particolare i servizi materno-infantili in area sanitaria;
- occorre altresì prevedere progetti di promozione e crescita di una nuova cultura dell'accoglienza improntati ad una politica di deistituzionalizzazione: questo significa impostare interventi miranti al sostegno e al recupero della famiglia, promuovendo l'affido familiare (nelle diverse forme, in base alle esigenze del caso) come istituto con cui rispondere a situazioni temporanee di disagio, che richiede un intervento integrato verso la famiglia d'origine e gli adulti affidatari (singoli, famiglie, comunità). A tal fine, occorre promuovere da un lato interventi di informazione, motivazione e sostegno a gruppi di famiglie affidatarie, dall'altro servizi di consulenza ai genitori per supportarne le capacità, ad esempio attraverso servizi di mediazione familiare;
- con riferimento alla lett. h) per gli interventi relativi ai casi di abuso, maltrattamento e violenza, sfruttamento di minori, occorre prevedere attività di sensibilizzazione nei confronti degli operatori scolastici e dei servizi sociali e sanitari, che per la propria collocazione possono rappresentare i primi recettori di una domanda d'aiuto, espressa o latente, da parte del bambino o di un adulto. Si fa riferimento a tal proposito al contenuto del piano d'azione nazionale, che richiama alla necessità in questo campo di favorire una corretta informazione e di rafforzare la rete dei servizi e le professionalità, scoraggiando inutili allarmismi che risultano essere controproducenti e non idonei alla tutela dei bambini.
Si richiama in generale l'attenzione di tutti i soggetti coinvolti nell'attuazione della 285 sul contenuto della legge 28 marzo 2001 n. 149 "modifiche alla legge 4 maggio 1983 n. 184 in materia di adozione e affidamento dei minori" che sottolinea il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato nell'ambito di una famiglia, afferma la necessità di assicurare, qualora non sia possibile l'affido, l'accoglienza presso comunità di tipo familiare e dispone il superamento del ricovero in istituto entro il 31 dicembre 2006. Si auspica pertanto la conversione degli istituti educativo-assistenziali esistenti in servizi più aperti e flessibili, in grado di assicurare forme di accoglienza temporanea (diurna e semiresidenziale) con attività socio-educative e ricreative.
Art. 5 - "Innovazione e sperimentazione di servizi socio-educativi per la prima infanzia"
Il contenuto dell'articolo ipotizza:
- servizi con caratteristiche educative, ludiche, culturali e di aggregazione sociale per bambini 0/3 anni, integrativi rispetto agli asili nido, con la presenza di genitori, familiari o adulti, più flessibili rispetto a questi e quindi in grado di adattarsi alle specificità delle esigenze e dei tempi delle famiglie;
- servizi con caratteristiche educative e ludiche per minori dai 18 mesi ai 3 anni, aperti per un massimo di cinque ore, che non prevedano mensa e riposo pomeridiano.
In tal modo si potranno assicurare forme di sostegno più flessibili anche ai bambini e alle famiglie che non usufruiscono del servizio di asilo nido, promuovendo la socializzazione tra i bambini e tra i genitori, prevenendo il determinarsi o il consolidarsi di ambienti di vita non idonei allo sviluppo del bambino e, al tempo stesso, offrendo agli adulti opportunità d'incontro, nonché di informazione e sostegno rispetto ai problemi legati alla crescita e all'educazione dei figli, e ai bambini occasioni di relazioni con adulti, integrative rispetto a quelle con i parenti.
Art. 6 - "Servizi ricreativi ed educativi per il tempo libero"
In particolare, la legge intende promuovere e valorizzare la partecipazione dei minori a livello propositivo, decisionale e gestionale in esperienze aggregative, nonché occasioni di riflessione su temi rilevanti per la convivenza civile e lo sviluppo delle capacità di socializzazione e di inserimento nella scuola, nella vita aggregativi e familiare.
I relativi interventi dovranno essere sostenuti e improntati ai seguenti presupposti:
- creazione di interventi in rete con i servizi e le risorse del territorio;
- prevenzione del rischio e dell'emarginazione;
- promozione dell'interculturalità;
- assicurare interventi di carattere educativo, articolati per fasce d'età e per tipologie d'intervento, flessibili rispetto alle specificità di un utenza allargata e differenziata, che tengano conto dell'esigenza di assicurare continuità nel rapporto educativo quale strumento di concreto sostegno alla costruzione dell'identità e, al contempo, delle relazioni esistenti in ambito familiare e sociale.
In generale, gli interventi dovranno essere improntati al principio della partecipazione dei cosiddetti utenti alla progettazione, all'organizzazione e alla gestione delle attività, in modo da poter esprimere i propri interessi e le proprie attitudini.
Art. 7 - "Azioni positive per la promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza"
Le finalità dell'articolo possono essere perseguite attraverso:
- interventi che facilitano l'uso del tempo e degli spazi urbani e naturali, rimuovono ostacoli nella mobilità, ampliano la fruizione di beni e servizi ambientali, culturali, sociali e sportivi;
- misure orientate alla promozione della conoscenza dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza presso tutta la cittadinanza ed in particolare nei confronti degli addetti a servizi di pubblica utilità;
- misure volte a promuovere la partecipazione dei bambini e degli adolescenti alla vita della comunità locale, anche amministrativa.
Occorre ripensare al contesto di vita del bambino e improntarlo a principi educativi nella sua totalità, attraverso forme di progettazione partecipata dei programmi, degli spazi, dei servizi, dell'ambiente urbano che hanno particolare refluenza sulla qualità di vita dei bambini.
Occorre favorire forme di consultazione e coinvolgimento dei ragazzi nelle scelte della comunità locale, assicurando spazi effettivi di protagonismo nell'esercizio dei propri diritti e, al contempo, forme di aggregazione che consentano l'effettiva acquisizione di consapevolezza del proprio ruolo nell'assunzione delle scelte della comunità.
Si sottolinea la centralità del ruolo del comune, quale punto di osservazione ed ascolto dei problemi del proprio territorio, come promotore e coordinatore di iniziative volte a favorire l'interazione tra le esigenze rappresentate dai ragazzi e dagli adulti, e tra le risorse, le azioni e le opportunità che concorrono a determinarne l'ambiente di vita.
3.I SOGGETTI
Il D.A. 977/98 di "approvazione delle linee d'indirizzo" per il 1997/99 ha richiamato l'art. 2 della legge n. 285 in tema di ambiti territoriali (individuati nei comuni, singoli o associati, i consorzi e le province) e all'articolo 1 ha previsto che le province regionali costituissero in Sicilia gli ambiti territoriali d'intervento per il triennio 1997/99; alla luce di quanto previsto dalle leggi regionali 9/'86 e 22/'86, infatti, sono stati assegnati alle Province regionali compiti di promozione, coordinamento e supporto tecnico nei confronti dei comuni dell'ambito provinciale ai fini della costituzione delle necessarie forme associate e dell'approvazione dei piani territoriali d'intervento, con la partecipazione delle Aziende USL, dei provveditorati agli studi, del centro per la giustizia minorile e del privato sociale (art. 2 e 3). Il suddetto decreto ha previsto che per i compiti assegnati le province potessero avvalersi del supporto di comitati tecnici provinciali (artt. 14 e 15).
Nel primo triennio le province hanno dato un apporto significativo al difficile percorso di definizione delle aggregazioni di comuni, di costituzione dei comitati provinciali (che hanno visto per la prima volta la compresenza di più soggetti diversi, istituzionali e non), e di definizione dei progetti approvati con gli accordi di programma, offrendo un sostegno agli enti locali nella difficile fase di avvio degli interventi. Si è in tal modo pervenuti all'individuazione di sub-ambiti all'interno di ciascuna provincia, che hanno concordato su propri progetti da inserire nell'accordo.
In molti dei sub-ambiti così definiti si sono costituiti dei gruppi tecnici locali, che hanno lavorato nella fase di progettazione operativa e di gestione concertata degli interventi.
Alla luce dell'esperienza del precedente triennio si ritiene necessario, al fine di una più snella e funzionale organizzazione, attribuire una maggiore autonomia ai sub ambiti ridefinendo in tal modo i ruoli dei diversi soggetti coinvolti.
3.1. Ruolo della Regione
Alla luce della previsione normativa, compete alla Regione:
- definizione degli ambiti territoriali e delle linee d'indirizzo per il triennio 2000/2002; agli indirizzi regionali devono attenersi tutti gli enti locali partecipanti all'accordo, compresi i comuni di Catania e Palermo, destinatari di quota riservata del fondo nazionale, i cui piani d'intervento sono prioritariamente oggetto di esame e valutazione da parte della Regione.
- ripartizione dei finanziamenti per ambito sulla scorta del dato della popolazione minorile residente all'1 gennaio 1999 nei comuni ricompresi nell'ambito;
- approvazione dei piani territoriali d'intervento adottati con accordo di programma dagli enti locali ricompresi negli ambiti territoriali entro 60 giorni dall'invio degli stessi, con contestuale erogazione delle risorse finanziarie già assegnate agli ambiti;
- monitoraggio, verifica e valutazione, anche attraverso le Province regionali;
- realizzazione di programmi interregionali di scambio e formazione in materia di servizi per l'infanzia, attraverso l'utilizzo della quota riservata del 5% sul fondo (art. 2, II comma legge n. 285/'97).
3.2. Ruolo delle Province regionali
Alle Province regionali, quali enti intermedi tra Regione, ambiti territoriali e comuni, sono attribuiti in accordo con la Regione compiti di:
- promozione e informazione sui temi dell'infanzia e dell'adolescenza;
- monitoraggio sullo stato di attuazione dei piani territoriali d'intervento ricompresi nell'intero territorio provinciale;
- messa in rete di quanto si realizza sul territorio provinciale sulla scorta della conoscenza dei diversi piani territoriali;
- sostegno tecnico agli ambiti.
3.3. Ruolo dei comuni
I comuni sono tenuti a favorire, attraverso momenti decentrati sul territorio di informazione e consultazione della comunità locale, la più ampia diffusione dei contenuti e delle opportunità previste dalla legge. Ciò al fine di consentire un primo bilancio sull'attivazione dei servizi della legge 285 nel primo triennio nonché una definizione condivisa delle linee guida dei prossimi piani territoriali.
Ai comuni è riconosciuta la piena titolarità nella progettazione operativa e nella gestione coordinata degli interventi.
Il comune con il maggior numero di abitanti tra gli enti locali ricompresi nell'ambito indice la prima conferenza di servizio al fine di individuare il comune capofila alla luce dei criteri di dotazione organica e funzionalità dell'ufficio di servizio sociale.
Il comune capofila al fine di verificare la fattibilità dell'accordo, è tenuto a convocare la conferenza dei servizi tra i soggetti pubblici che operano sul territorio e che possono avere un ruolo significativo nelle politiche minorili; in tal modo le amministrazioni interessate valutano la fattibilità dell'accordo e definiscono un primo nucleo di contenuti che rappresenta la base su cui si svilupperà l'accordo vero e proprio, prevedendo l'istituzione di una struttura organizzativa apposita, il gruppo tecnico di coordinamento, sul cui ruolo e composizione si rimanda al paragrafo 5.2 "accordi di programma".
Il comune capofila coordina il gruppo tecnico ed è responsabile del piano, del monitoraggio, verifica e valutazione ai vari livelli in coerenza con le indicazioni regionali. E' auspicabile che il gruppo tecnico integri professioni di area sociale e professioni di area amministrativa, in modo da socializzare strumenti e percorsi possibili e quindi condividere le scelte da operare in entrambe le aree.
3.4. Ruolo del privato sociale
Il terzo settore dovrà concorrere alla definizione dei piani territoriali d'intervento attraverso un'attiva partecipazione all'individuazione degli obiettivi del piano, all'elaborazione e definizione dei progetti esecutivi, garantendo qualità ai servizi, partecipando in forma consapevole, favorendo la territorialità con una rappresentatività reale ed una sempre più estesa partecipazione ed integrazione con tutti i soggetti coinvolti.
E' necessario qualificare la presenza del III settore nelle conferenze di servizio indette dagli enti locali, quale soggetto da coinvolgere attivamente per:
- fornire informazioni su zone/aree dove ha esperienze di progetti/interventi, con indicazione degli obiettivi, destinatari, tempi, modalità per la partecipazione, risorse a disposizione pubbliche e private;
- segnalazione di opportunità per i minori, da attivare nella specifica area con riferimento alle esperienze avviate sul territorio e a specifici problemi ravvisati.
Più in generale, è opportuno che in sede di conferenze di servizio il terzo settore sia censito per verificarne le esperienze e le competenze professionali possedute, nonché la disponibilità al coinvolgimento in progetti in rete con altre risorse.
Relativamente all'affidamento e alla gestione dei servizi si rimanda a quanto indicato nel successivo paragrafo 5.4.
4.GLI AMBITI TERRITORIALI D'INTERVENTO
Alla luce delle considerazioni contenute nel precedente paragrafo 3, nonché degli esiti delle conferenze di servizio tenutesi presso la Regione in data 21 e 22 novembre 2000, 11 gennaio 2001, del connesso tavolo di concertazione costituitosi il 31 gennaio 2001 e delle conferenze di servizio tenutesi presso le province regionali, si ritiene per il triennio 2000/2002 di poter procedere alla definizione degli ambiti territoriali in base al prospetto riportato all'allegato B al D.A. n. 653 del 20 giugno 2001.
5.PIANI TERRITORIALI D'INTERVENTO, ACCORDI DI PROGRAMMA E PROGETTI ESECUTIVI, AFFIDAMENTO DEI SERVIZI
L'art. 2 della legge 285 prevede che gli enti locali ricompresi negli ambiti individuati dalla Regione approvino, mediante accordi di programma con i soggetti indicati al II comma, piani territoriali d'intervento di durata triennale, articolati in progetti immediatamente esecutivi, nonché il relativo piano economico e la prevista copertura finanziaria.
5.1. Piani territoriali d'intervento
Per l'approvazione dei piani, quindi, la legge 285 impone il ricorso all'istituto dell'accordo di programma, individuandolo quale strumento per l'approvazione dei piani, che divengono quindi il contenuto dell'accordo (trattato al successivo punto 5.2.).
La scelta del legislatore è stata evidentemente quella di individuare quale strumento principe per la creazione di un sistema di promozione e protezione per l'infanzia e l'adolescenza il piano territoriale: da una parte perché si assiste ad un incremento della complessità degli ambiti d'intervento dello stato sociale, dall'altra perché aumentano i soggetti deputati ad intervenire, con la crescente presenza negli ultimi anni del privato sociale; spesso questo comporta una sovrapposizione di campi d'azione e di interventi, e quindi uno spreco di risorse ed un approccio frammentato al bisogno.
Il piano territoriale rappresenta quindi lo strumento per governare la complessità, capace di mettere in rete responsabilità e servizi, favorendo l'organizzazione tra soggetti diversi che a differenti livelli e con pluralità di punti di vista e responsabilità hanno interesse alla definizione della politica per i minori in un determinato territorio. Occorre pertanto favorire il coinvolgimento e la partecipazione del maggior numero dei soggetti interessati, affinché i piani territoriali del triennio 2000/2002 consentano la definizione di iniziative per i bambini e gli adolescenti più coerenti non soltanto con le esigenze effettive della comunità, ma anche con le offerte e le opportunità esistenti e/o attivabili. A tal fine, in allegato A 2 si indicano le fasi propedeutiche per la definizione del piano territoriale; in tale percorso, gli enti locali sono tenuti a favorire la più ampia partecipazione degli organismi del privato sociale voluti dal legislatore, sin dalla fase di progettazione, per gli apporti indicati al precedente paragrafo 3.4.
Per instaurare i successivi rapporti con il privato sociale, in fase di gestione gli enti locali si avvarranno degli strumenti previsti dalla vigente normativa (successivo paragrafo 5.4).
A sostegno del percorso di definizione dei piani e dei progetti, sono stati predisposti alcuni strumenti, allegati alla presente direttiva, che costituiscono atti da utilizzare obbligatoriamente per la predisposizione dei piani territoriali; gli allegati A 3, A 4 e A 5 dovranno essere inoltrati, in allegato ai piani, all'Assessorato enti locali per la relativa istruttoria e approvazione. I territori potranno avvalersi inoltre: delle pubblicazioni di accompagnamento alla realizzazione della legge, curate dal centro nazionale di documentazione ed analisi per l'infanzia e l'adolescenza, rispettivamente per il I triennio 1997/'99 "Infanzia ed adolescenza-diritti ed opportunità - orientamenti alla progettazione degli interventi previsti dalla legge 285/'97" e per il II triennio 2000/2002 "Il calamaio e l'arcobaleno - orientamenti per progettare e costruire il piano territoriale della legge n. 285/97"; della documentazione consultabile sul sito del centro nazionale www.minori.it con particolare riferimento alla banca dati 285.
Al fine di consentire una programmazione ed una gestione del piano quanto più unitaria e coordinata tra soggetti diversi, come già anticipato al paragrafo 3.3 sul ruolo dei comuni, dovrà prevedersi, a seguito delle prime conferenze di servizio, la costituzione di un gruppo tecnico di coordinamento (G.T.C.), composto dai referenti dei comuni e degli enti firmatari con compiti di promozione, di supporto per le collaborazioni da instaurare tra gli enti, sin dalla fase preliminare di predisposizione dei piani.
In fase gestionale il gruppo tecnico, coordinato dal comune capofila, sarà referente per monitoraggio, verifica e valutazione del piano e dei progetti, in coerenza con le indicazioni contenute nella presente direttiva e dovrà integrarsi con la presenza di professionalità del privato sociale. Il G.T.C. per ruolo e funzioni rappresenta il supporto per l'attività del collegio di vigilanza istituito con l'accordo.
A livello comunale, l'ufficio referente per la legge n. 285 deputato all'organizzazione e al coordinamento degli interventi nel territorio, nonché a livello di pianone suo complesso nel caso dei comuni capofila, è individuato nell'ufficio di servizio sociale, delineato dalla legge regionale n. 22/86 e dalle successive disposizioni attuative emanate con il regolamento-tipo (D.P.R.S. 28 maggio 1987) e con gli "Standards" (D.P.R.S. 29 giugno 1988) quale struttura tecnica deputata al coordinamento e alla programmazione dei servizi alla persona per le diverse fasce d'età. Considerata la necessità di un approccio multisettoriale al tema dell'infanzia occorre favorire il più ampio coinvolgimento dei diversi rami delle amministrazioni comunali: si auspica pertanto la previsione di momenti di concertazione e forme di collaborazione tra i diversi assessorati, affinché i piani 285 siano sempre meno piani dei settori "assistenza" , "solidarietà sociale", "servizi sociali" e sempre più "piani per l'infanzia".
Con queste motivazioni, si richiama l'attenzione degli enti locali sulla necessità che i piani territoriali:
- provvedano all'individuazione di obiettivi generali, chiari e condivisi, e di priorità, con scansione temporale annuale, alla luce della conoscenza del proprio territorio, con particolare riferimento alle iniziative-concluse o ancora in corso - del primo triennio con la 285, ivi comprese le progettualità avviate dalle Province regionali (allegato A 1 - scheda rilevazione dati dell'ambito);
- individuino il fabbisogno formativo degli operatori coinvolti, con attenzione alla valorizzazione delle risorse esistenti nelle istituzioni e nel privato sociale e allo sviluppo delle capacità di comunicare e cooperare tra le diverse culture organizzative e professionali;
- definiscano la costruzione del sistema di monitoraggio, verifica e valutazione: in fase iniziale -con riferimento alle risorse attivate in favore dei minori-, in itinere, finale, prevedendo la definizione di strumenti, modalità, risorse, tempi, indicatori qualitativi e quantitativi, con connessi percorsi per favorire la circolazione delle informazioni sul Piano per l'infanzia;
- favoriscano il riorientamento della spesa sociale dell'area verso interventi coerenti con gli obiettivi fissati dal legislatore nazionale: ad esempio le somme del fondo unico regionale legge regionale n. 6/97, i fondi di bilancio degli enti locali, i fondi europei, altri fondi provenienti da leggi nazionali di finanziamento di progetti mirati ad intervenire su situazioni di disagio e rischio sociale (art. 4 legge n. 216/91, D.P.R. n. 309/90 e successivo disp., ecc...), le risorse degli altri firmatari. La limitatezza dei fondi disponibili, in particolare, impone alle amministrazioni locali un forte impegno per mettere in rete le possibili risorse finanziarie comunitarie (vedi gli Assi III "Risorse Umane", V "Città" e VI con riferimento alla misura 6.3.1 "Iniziative per la legalità e la sicurezza" del P.O.R. Sicilia sui fondi di Agenda 2000, i fondi Equal, i PON Scuola, ecc....).
Si ribadisce la necessità che la costruzione del piano 285 divenga occasione per progettare piani infanzia in cui l'utilizzo delle risorse esistenti per l'area evolutiva sia chiaramente orientato alle finalità e all'approccio integrato delineato dalla legge 285: ciò significa che gli interventi esistenti dovranno essere "ripensati" nello spirito della legge e ricompresi in un disegno complessivo che ne favorisca la messa in rete, insieme alle nuove opportunità progettate per i minori. Particolare attenzione dovrà essere rivolta alle comunità alloggio per minori sottoposti a provvedimenti dell'autorità giudiziaria attivate su finanziamento regionale (cap. n. 182519, D.A. n. 459 del 27 marzo 2000 "criteri presentazione istanze e modalità erogazione finanziamenti") che comportano un significativo impegno finanziario da parte della Regione e che devono rappresentare una risorsa sempre più qualificata mirata esclusivamente alle situazioni di particolare disagio socio-familiare, nell'insieme dei servizi per l'infanzia.
In particolare i piani territoriali, nel rispetto delle fasi di un processo programmatorio che la legge n. 285 vuole altamente partecipato, dovranno essere articolati (scheda allegato A 1):
1) analisi quali-quantitativa della situazione dei minori (sulla base della scheda per comune, allegato A 1);
2) mappa ed analisi delle risorse, del patrimonio dei servizi e delle iniziative pubblici e del terzo settore disponibili, dei flussi di finanziamento sull'area minori propri dell'ambito territoriale (sulla base della scheda per comune, allegato A 1);
3) indicazione dei soggetti pubblici e privati coinvolti nel piano;
4) definizione obiettivi e priorità da raggiungere nel triennio, con riferimento ai diversi articoli della legge 285
5) elaborazione dei progetti, che possono concludersi in una annualità o suddividersi in fasi annuali , di durata biennale o triennale, riferiti a servizi, azioni, interventi che si intendono attuare per raggiungere gli obiettivi prefissati, configurati in una rete all'interno dell'azione programmatoria unitaria, con priorità per i progetti con caratteristiche innovative, in grado di incidere in modo permanente sul territorio e che indichino i presupposti per la continuità;
6) risorse di personale e strutturali necessarie per la realizzazione del piano precisando quelle esistenti, quelle da attivare e quali parti saranno realizzate in collaborazione con altri firmatari o mediante convenzioni con associazioni, cooperative sociali, IPAB, nel rispetto delle procedure previste;
7) formulazione di un piano di finanziamento che dovrà dimostrare la copertura totale del costo dei progetti, anche mediante il cofinanziamento da parte dei comuni derivante da risorse economiche, professionali e strutturali in misura non inferiore al 10% della spesa totale prevista per l'attuazione del piano, favorendo quindi la destinazione di risorse aggiuntive da parte di tutti i soggetti coinvolti; nella considerazione che tutti gli enti aderenti condividono la responsabilità del raggiungimento di obiettivi comuni, l'utilizzo del budget dovrà essere chiaramente finalizzato ai risultati, in modo concordato tra i firmatari;
8) modalità di valutazione del raggiungimento degli obiettivi e dei risultati e dell'efficacia degli interventi.
I piani territoriali dovranno avere durata complessiva triennale ed essere articolati per anno; i progetti, a conclusione del I anno e a seguito di apposita verifica da parte del GTC, potranno essere suscettibili di modifiche, purché siano mantenuti gli interventi/azioni previsti in base agli artt. 4, 5, 6 e 7 della legge 285, correlati agli obiettivi generali del piano territoriale. Diversamente, dovrà procedersi ad una modifica motivata dell'accordo di programma, con il consenso di tutti i firmatari (successivo paragrafo 5.2. e allegato A 7 "schema di accordo", all'articolo 8).
5.2. Accordi di programma
Secondo l'art. 27 della legge n. 142/90, come introdotto con l'art. 1 della legge regionale n. 48/91, e con le successive modifiche introdotto dal legislatore nazionale per il rinvio formale contenuto nell'art. 47 comma 2 della legge regionale n. 26/93 alla cui disciplina di rimanda, l'accordo di programma è la modalità con la quale comuni, provincie regionali, amministrazioni e soggetti pubblici definiscono ed attuano opere ed interventi che richiedono azioni integrate e coordinate, determinandone i tempi, le modalità, i finanziamenti e gli altri adempimenti connessi.
Per l'approvazione del piano territoriale d'intervento da parte degli enti la legge n. 285/97 impone il ricorso all'istituto dell'accordo di programma cui devono partecipare i provveditorati agli studi, le aziende sanitarie locali e il centro per la giustizia minorile.
E' necessario, al tal fine, individuare i soggetti firmatari dell'accordo di programma:
- i sindaci dei comuni ricompresi nell'ambito territoriale di intervento;
- i dirigenti scolastici, quali legali rappresentanti delle istituzioni scolastiche alle quali è stata attribuita personalità giuridica ed autonomia a norma dell'art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59. I dirigenti scolastici, infatti, ai sensi dell'art. 25-bis del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, assicurano la gestione unitaria delle istituzioni, sono responsabili della gestione delle risorse finanziarie e strumentali e dell'adozione dei relativi provvedimenti di gestione delle risorse e del personale;
- il direttore generale dell'A.S.L. il quale individua in ambito distrettuale i dirigenti responsabili che garantiranno e valorizzeranno gli approcci multiprofessionali e il coinvolgimento di tutti i servizi dell'Azienda U.S.L. operanti nel territorio in attuazione del decreto legislativo n. 229/99 e del piano sanitario regionale (D.P.Reg. 11 aprile 2000);
- il direttore del centro per la giustizia minorile o suo delegato.
L'accordo consiste nel consenso unanime delle amministrazioni interessate ed è approvato con atto formale del sindaco del comune capofila, quale atto che estende a terzi, anche privati, l'efficacia dell'accordo. Gli impegni sottoscritti, oggetto dell'accordo di programma, obbligano le rispettive amministrazioni a comportarsi secondo le intese raggiunte.
L'approvazione dell'accordo comporta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza degli interventi previsti.
Per quanto riguarda la procedura degli accordi di programma, si rinvia alla normativa sugli enti locali, in particolare al comma 3 del citato art. 27, legge n. 142/90, così come recepita in Sicilia dall'articolo 1, lett. e), legge regionale n. 48/91, con particolare riferimento allo strumento della conferenza di servizi (art. 2 legge regionale n. 23/98).
Il comune capofila, individuato secondo quanto previsto al precedente paragrafo 3.3, in qualità di ente promotore dell'accordo, infatti, al fine di verificarne la fattibilità è tenuto a convocare le conferenze di servizi fra i soggetti pubblici che operano sul territorio e che possono avere un ruolo significativo nelle politiche minorili. In tal modo le amministrazioni interessate valutano la fattibilità dell'accordo e definiscono un primo nucleo di contenuti che rappresenta la base su cui sviluppare l'accordo vero e proprio.
In particolare l'ente promotore prende iniziative volte ad esplorare la disponibilità di tutte le istanze interessate: è opportuno procedere a confronti ed iniziative che mettano in evidenza nei servizi e nelle strutture l'esistente, da potenziare e sviluppare, e quanto deve essere progettato ex novo.
Da parte degli enti locali deve, altresì, essere assicurata l'attiva partecipazione delle onlus, fondazioni, associazioni di volontariato, cooperative sociali, enti di promozione sociale, II.PP.A.B., etc., alla definizione dei piani territoriali d'intervento, valorizzando le competenze di tali soggetti, non solo nella realizzazione, ma anche nella progettazione delle iniziative.
Ai fini della stipula dell'accordo di programma, tutti gli enti locali rientranti nell'ambito territoriale d'intervento di competenza, dovranno adottare apposita delibera di giunta di presa d'atto del piano territoriale e contestuale impegno della quota di cofinanziamento.
i allega schema tipo di accordo di programma (allegato A 7) che ogni ambito territoriale dovrà utilizzare.
La comunicazione dell'avvenuta stipula dell'accordo di programma di approvazione del piano territoriale d'intervento con l'indicazione degli enti sottoscrittori, e con la precisazione della possibilità di visionare la documentazione presso l'ente capofila, dovrà essere obbligatoriamente pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana.
5.3. Progetti esecutivi
I progetti esecutivi sono da considerare quale strumento operativo necessario e indispensabile per raggiungere gli obiettivi del Piano territoriale.
Dovrà prevedersi la costituzione di gruppi territoriali di progetto, composti da tecnici delle istituzioni e del privato sociale, responsabili del coordinamento complessivo del progetto e delle attività connesse, nonché referenti per la documentazione sull'andamento del progetto anche nei confronti del gruppo tecnico di coordinamento del piano.
In linea con lo spirito della legge n. 285, i progetti esecutivi dovranno essere in grado di promuovere e consolidare il lavoro di rete e favorire l'ascolto e la partecipazione dei "destinatari" minori e adulti, nelle fasi di progettazione, gestione, valutazione; in generale, dovranno mirare ai seguenti obiettivi:
- produrre cambiamenti positivi, significativi e permanenti nella condizione di vita dell'infanzia e dell'adolescenza nel territorio di riferimento;
- modificare il modo di operare dei servizi e utilizzare al meglio le risorse già esistenti adeguandoli agli obiettivi del piano e del progetto;
- integrare i nuovi servizi ed interventi con quelli già esistenti e porli in continuità;
- costruire una rete permanente ed integrata di risorse, di servizi ed opportunità in modo da garantire la continuità e la stabilità necessarie agli interventi.
Nella definizione dei progetti si dovrà tener conto dei seguenti "passaggi" metodologici:
- fase preparatoria; si definiscono: i soggetti coinvolti; le modalità e le procedure per favorire il confronto e l'integrazione in sede di ambito; i tempi previsti; gli obiettivi, che devono essere concordati e condivisi, congruenti con finalità ed obiettivi triennali del piano; una rappresentazione concreta del problema, con un'analisi specifica del fenomeno/i su cui si intende intervenire, che favoriscano la concretezza nella definizione degli obiettivi, la condivisione da parte dei soggetti coinvolti e le azioni di verifica;
- fase progettuale; si definiscono: funzioni, ruoli e modalità d'intervento dei soggetti coinvolti, attività ed aree d'intervento, tempi di realizzo, piano di finanziamento;
- recepimento del progetto nel piano territoriale;
- fase di realizzazione: attuazione degli interventi e delle azioni, valutazione in itinere e finale, di processo e di risultato, contestuale riprogettazione.
In ogni progetto dovranno essere indicati, secondo la scheda allegato A 5:
- denominazione del progetto, con indicazione della tipologia d'intervento riferita agli articoli legge n. 285 e della durata complessiva;
- costituzione del gruppo territoriale di progetto, composto da tecnici delle istituzioni e del privato sociale, che sarà responsabile del progetto e delle attività connesse, nonché della documentazione sull'andamento del progetto nei confronti del gruppo tecnico di coordinamento del piano;
- livello territoriale d'intervento: ambito, sub-ambito, circoscrizione, frazione, quartiere, ecc...;
- introduzione su rilevazione e analisi del bisogno per il quale si intende intervenire con riferimento allo specifico progetto proposto;
- definizione dei destinatari - diretti e indiretti - dell'intervento, con chiara individuazione e descrizione del target (quali minori, quali famiglie, quali adulti che, a vario titolo, possono operare con o per i minori);
- finalità del progetto e descrizione dei servizi, degli interventi e delle attività previsti, con specifica indicazione di articolo, comma e lettera della 285 a cui si riferisce, nonché dell'obiettivo/i di piano in cui il progetto si inserisce;
- durata e modalità di erogazione dei servizi e degli interventi, tempi e orari di funzionamento ipotizzati;
- indicazione dei servizi ed interventi già esistenti, con i quali il progetto intende integrarsi;
- operatori necessari per numero, profili professionali, tempi d'impiego, prevedendo la valorizzazione e la piena utilizzazione di quelli già operanti nei servizi, nonché le modalità per l'acquisizione delle figure professionali mancanti;
- indicazione dei servizi e degli interventi che eventualmente si intendono affidare a realtà del privato sociale, nel rispetto delle norme esistenti e di una metodologia operativa che realizzi un'effettiva integrazione tra pubblico e privato, nonché di singole professionalità, non disponibili nelle Amministrazioni aderenti (da acquisire secondo le modalità di cui al paragrafo 5.4);
- strutture e attrezzature utilizzate o da attivare, con la sottolineatura che occorre privilegiare le spese di parte corrente per la gestione degli interventi e delle iniziative, e che saranno ammesse le voci di spesa coerenti e congruenti alle finalità e alle attività ipotizzate dai progetti stessi.
- analisi dei costi e piano finanziario annuale e pluriennale, suddiviso per voci di spesa e relativa copertura finanziaria, con indicazione delle diverse quote parte a carico di: legge n. 285, fondi propri degli enti coinvolti, fondo unico ex l.r. 6/'97, altre leggi regionali, altre fonti nazionali od europee, ecc...; il piano finanziario deve corrispondere a criteri di qualificazione e contenimento della spesa e piena attivazione e ottimizzazione delle risorse già esistenti.
Sono da intendersi azioni strategiche trasversali a tutto il progetto, strettamente correlate con le attività di coordinamento complessivo:
- azioni formative d'ingresso e di supporto, chiaramente correlate alla tipologia degli interventi progettati e fondate sulla "formazione in servizio", miranti alla valorizzazione delle risorse esistenti nelle istituzioni e nel privato sociale e allo sviluppo delle capacità di comunicazione e cooperazione tra le diverse culture delle organizzazioni e delle professioni;
- azioni di documentazione e di divulgazione dei risultati delle attività;
- definizione del piano di valutazione del progetto, con modalità di verifica e monitoraggio, in base a indicatori di processo e di risultato.
Per le suddette azioni potrà prevedersi una spesa non superiore al 10% della spesa complessiva prevista per il progetto.
5.4. Affidamento dei progetti e acquisizione professionalità
Per l'affidamento a terzi dei servizi sociali, ed in particolare per quelli rivolti all'infanzia e l'adolescenza, è necessario operare scelte, principalmente, in merito a criteri di aggiudicazione che consentano un risultato coerente con gli obiettivi che il piano territoriale d'intervento si propone.
Dovrà essere dedicata particolare attenzione all'identificazione dei requisiti soggettivi del gestore del servizio, avendo riguardo non soltanto alla qualificazione giuridica posseduta ma al suo concreto manifestarsi nella realtà operativa. I servizi di cui alla legge n. 285/97, infatti, caratterizzati da elementi di professionalità, riservatezza e continuità, richiedono un'organizzazione complessa e l'utilizzo di personale retribuito nel rispetto dei contratti di lavoro.
Alla luce di quanto verificatosi nel primo triennio in termini di alto turn over degli operatori, , si richiama l'attenzione degli ambiti sulla necessità di assicurare continuità di presenza del personale messo a disposizione.
E' da ritenere, pertanto, che i potenziali gestori dei servizi de quo siano da identificare con organizzazioni e imprese no profit ed in particolare Associazioni di promozione sociale e cooperative sociali (legge n. 383/00, legge n. 381/9 - art. 74 legge regionale n. 32/00).
Tali organizzazioni possono aggregarsi a loro volta in organizzazioni stabili (ad esempio consorzi) o temporanee (ad esempio raggruppamenti temporanei di prestatori di servizi). Pur riconoscendo l'utilità di tali possibili accordi, nella prospettiva di assicurare un'offerta più articolata, andrà prestato riguardo nel garantire parità di trattamento ed imparzialità rispetto ai soggetti non associati. Infatti, per certe tipologie di servizio (ad esempio a carattere territoriale o sperimentale) potrebbe essere preferibile affidare il servizio ad una pluralità di fornitori.
Un'ulteriore precisazione è dovuta relativamente al ruolo delle organizzazioni di volontariato. Si ritiene che alle stesse possa essere affidata la gestione di progetti ed interventi in conformità a quanto previsto dalla normativa vigente (art. 10 legge regionale 7 giugno 1994, n. 22).
Pertanto, vista la necessità di una loro piena partecipazione anche alla fase della gestione dei servizi e di usufruire, di conseguenza, del loro importante apporto, anche alla luce del carattere di realtà fortemente radicate nel territorio, possono essere chiamate in causa come titolari di progetti integrativi. In conseguenza di ciò risulta auspicabile il coinvolgimento delle organizzazioni di volontariato, nella gestione di un progetto o di un intervento, direttamente dalla pubblica amministrazione (in linea generale) o per il tramite dei fornitori di servizi che concludano con loro accordi (ad esempio partenariato con cooperative sociali) al momento della stesura del progetto (per particolari servizi in cui l'azione integrata risulti inscindibile).
Alla luce di quanto sopra specificato si intende superata, pertanto, la disposizione di cui all'articolo 13 del decreto assessoriale n. 977 del 30 aprile 1998 con la quale si dava priorità, in materia di affidamento dei servizi, a quegli enti che avevano partecipato alla progettazione e definizione dei piani territoriali d'intervento.
Si sottolinea, infine, che la durata dell'affidamento, dovrà essere determinata tenendo conto della durata del progetto o del singolo intervento.
5.4.1. Tipo di gara
La scelta del tipo di gara per l'affidamento di un servizio socio-assistenziale, socio-sanitario e socio-educativo si limita a quella tra le procedure ristrette e quelle negoziate, in quanto solo queste possono garantire la necessaria valutazione degli aspetti di qualità.
La forma negoziata (trattativa privata - art. 15 legge regionale n. 4/96 e art. 21 legge regionale n. 22/96) di competenza della giunta e per un importo non superiore ai 400 mila ECU, risulta essere lo strumento privilegiato in materia di affidamento in convenzione delle attività.
Un'ipotesi particolare di trattativa privata è poi costituita dal cosiddetto "affidamento diretto" non preceduto da gara ufficiosa, ammissibile solo nel caso in cui sia possibile motivare che l'esecuzione dei servizi possa venire affidata unicamente a particolari prestatori: l'utilizzo di tale modalità risulta possibile, dunque, solo con adeguata motivazione che esponga oltre alle norme di riferimento anche le ragioni e i fatti che giustificano il ricorso a tale strumento.
Rispetto alle procedure ristrette si indica, invece, come forma da privilegiare l'appalto concorso, in quanto consente il riconoscimento ai partecipanti di una piena autonomia organizzativa, lo spazio di una progettualità propria e la possibilità di valutare la qualità delle prestazioni offerte e del personale che si propone di impiegare.
Si sottolinea, infine, che la delibera di giunta del comune capofila, scegliendo la forma di affidamento di pubblico servizio secondo l'introdotto dell'art. 22 della legge n. 142/90, competenza questa generale del consiglio e nella materia derogata, esprime l'atto d'indirizzo o la scelta della forma gestionale demandando poi la concreta esecuzione al dirigente o funzionario competente.
5.4.2. Criteri di aggiudicazione
Relativamente all'affidamento dei servizi socio-assistenziali, socio-sanitari e socio-educativi rivolti all'infanzia e all'adolescenza, si procede all'aggiudicazione secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa (art. 23 del decreto legislativo n. 157/95), tenendo conto dei seguenti elementi:
a) modalità organizzative e contenuti delle attività e degli interventi, differenziati a seconda della tipologia degli utenti e delle prestazioni richieste. In particolare: proposte innovative, anche sperimentali, riferite ad attività, tecniche, modalità relazionali di supporto ai singoli, ai gruppi ed ai contesti di riferimento; modalità organizzative ispirate a criteri di democrazia gestionale volte al coinvolgimento degli operatori e, là dove possibile, degli utenti o dei loro familiari alla costante ridefinizione del servizio; proposte contenenti la definizione di standard di qualità dei servizi;
b) titoli professionali e qualificazione del personale e le relative modalità di reperimento, selezione, formazione ed impiego;
c) modalità operative tali da favorire il raccordo con le risorse del territorio, in particolare con altre organizzazioni di volontariato e del privato sociale al fine di perseguire obiettivi di inserimento e integrazione sociale;
d) documentata conoscenza del territorio cui si riferisce il servizio, le sue problematiche, e l'eventuale rete di rapporti localmente già stabiliti dall'organizzazione concorrente;
e) prezzo più basso.
E' in ogni caso da escludere l'aggiudicazione unicamente secondo il criterio del prezzo più basso.
Ad ulteriore specificazione di quanto sopra si ritiene che i punteggi da attribuirsi al prezzo più basso debbano essere contenuti tra la percentuale del 40 e quella del 45% del punteggio complessivo e che di conseguenza agli altri elementi vada attribuito un peso percentuale tra il 55 ed il 60% del punteggio complessivo.
5.4.3 Acquisizione singole professionalità
Per l'assunzione, invece, di singole collaborazioni e/o consulenze occasionali o a tempo determinato per profili non ricompresi o non disponibili nei ruoli degli enti partecipanti all'accordo, l'ente capofila ricorre a forme di selezione, con avviso di pubblica evidenza, delle necessarie figure sulla scorta di titoli e curriculum valutati da apposita commissione tecnica. I relativi compensi a carattere tariffario devono avere riguardo alla natura delle professionalità impiegate ed alla durata dell'impiego e comunque non eccedere i limiti previsti dalle tabelle professionali esistenti. In assenza delle suddette tabelle si farà riferimento a quanto previsto nei C.C.N.L.
6. MONITORAGGIO, VERIFICA, VALUTAZIONE
6.1. La valutazione nella legge 285
La legge 285/97 richiama l'attenzione delle amministrazioni coinvolte sulla necessità di monitorare e valutare le azioni progettate, per poter dare realizzazione effettiva alle sue finalità; insieme alla legge n. 285, la legge n. 451/'97 ha richiamato la necessità del monitoraggio, individuando l'attivazione di "flussi informativi" dalle Regioni al dipartimento affari sociali relativamente a: "a) la condizione sociale, culturale, economica sanitaria e psicologica dell'infanzia e dell'adolescenza; b) le risorse finanziarie e la loro destinazione per aree d'intervento nel settore; c) la mappa dei servizi territoriali e le risorse attivate dai privati".
Le attività di monitoraggio, verifica e valutazione divengono quindi componenti imprescindibili anche nell'ambito delle politiche per l'infanzia, per assicurare il rispetto dei principi di efficacia ed efficienza cui deve essere improntata l'azione amministrativa; nei Piani territoriali l.285 la valutazione deve divenire una parte specifica e imprescindibile del processo di progettazione e realizzazione degli interventi, strumento necessario per la ricerca della maggiore efficacia della politica e degli interventi, nell'interesse di tutti gli attori in campo e, soprattutto, per il comune obiettivo di realizzare diritti ed offrire migliori opportunità ai bambini e ai ragazzi.
La verifica e il monitoraggio sono strumenti necessari del processo di valutazione, utilizzati differentemente a secondo del livello in cui si opera. La verifica, "azione attraverso la quale si controlla se un determinato risultato atteso sia stato o meno raggiunto", fa parte del processo di valutazione in quanto consente di realizzare riscontri e controlli sugli esiti di una politica o di un intervento indispensabili per esprimere giudizi valutativi; il monitoraggio, "funzione che consiste nell'accertamento e nella descrizione puntuale e metodica dell'avanzamento di un progetto e nella segnalazione tempestiva delle discrepanze rispetto a quanto stabilito", è un'utile modalità di valutazione dei processi in corso nella realizzazione di una politica o di un intervento. E' pertanto anch'essa una significativa fase di un processo valutativo, utile per riorientamenti in itinere dei progetti, ma di per sé non esaustiva dell'intero processo.
La documentazione è da intendere quale supporto imprescindibile per le azioni di monitoraggio, verifica, valutazione, perché consente la gestione in modo costante ed organizzato delle informazioni e quindi lo scambio tra la dimensione dell'operatività e la dimensione della progettazione.
6.2. Considerazioni preliminari per il triennio 2000/2002
Fatte le superiori premesse, nella prospettiva della nuova programmazione dei piani territoriali 2000/2002 si richiama l'attenzione degli ambiti sul contenuto dell'art. 9 della legge n. 285; in particolare occorrerà:
- considerare se si è attivato un processo nel territorio e in che fase si trovi, cosa deve essere ancora realizzato, quale congruenza ci sia tra tempi, risorse, risultati (stato di attuazione);
- individuare quali risultati si stanno ottenendo, la congruenza tra le scelte compiute e le strategie adottate, la necessità di eventuali modifiche (efficacia);
- conoscere e riconoscere quali cambiamenti si stanno realizzando tra i bambini e nella comunità territoriale, quale accoglienza, quale partecipazione, quali ostacoli o resistenze suscitino gli interventi proposti (impatto sui minori e sulla società);
- individuare i risultati ottenuti, ossia i cambiamenti prodotti dall'intervento rispetto ai problemi individuati e ai risultati prefigurati in fase di progettazione (obiettivi conseguiti);
- valutare i cambiamenti avvenuti e i bisogni ancora presenti per riprogettare gli interventi in corso o pensare nuove azioni (misure da adottare per migliorare le condizioni di vita dei minori nel territorio).
La valutazione, come azione di accompagnamento al piano e ai progetti, è fattibile se il piano e i progetti sono ideati e condotti secondo un chiaro percorso metodologico; per essere efficace dovrà essere "disegnata" contestualmente al piano territoriale per il triennio 2000/2002 e ai progetti dal gruppo tecnico di coordinamento, in linea con le sue articolazioni -indicando le informazioni ritenute effettivamente necessarie, i tempi, gli addetti, le risorse disponibili, le modalità e i destinatari della restituzione delle informazioni- nel rispetto dei seguenti principi:
- di autovalutazione: ogni soggetto interessato dalla valutazione è responsabile e primo utilizzatore della propria valutazione; occorrerà quindi partire dal presupposto di valorizzare le risorse professionali di ciascun servizio ed organizzazione, in quanto la qualità degli interventi non migliora se le capacità necessarie per la valutazione rimangono esterne a chi è deputato alle scelte e alla gestione: il ruolo delle consulenze dovrà quindi mirare all'incremento della professionalità degli operatori, perché senza il coinvolgimento attivo delle risorse interne si rischia di vanificare gli investimenti per la valutazione;
- dei diversi livelli di valutazione: il processo di valutazione interessa tutti i livelli coinvolti nell'attuazione della legge (regionale, territoriale, di singolo intervento) e pertanto ogni soggetto procede ad una valutazione del proprio operato e dei risultati ottenuti;
- di non autoreferenzialità: per quanto possibile la valutazione deve basarsi su riscontri oggettivi;
- di confrontabilità: le valutazioni devono essere condotte sulla base di criteri di giudizio e metodi omogenei, e devono permettere confronti nel corso del tempo, anche tra più esperienze. In questo modo è possibile riprogrammare gli interventi in base a riscontri oggettivi e fornire una base utile per la valutazione al livello regionale.
6.3.  Il percorso di valutazione regionale
Per il triennio 2000/2002 vengono pertanto individuati tre connessi livelli di valutazione:
- il livello regionale, che ha funzioni di indirizzo complessivo, coordinamento e sostegno dei piani territoriali, con l'apporto e il coinvolgimento delle province regionali, per le funzioni assegnate loro dalla normativa e secondo il precedente paragrafo 3.2;
- il livello di ambito territoriale, che ha funzioni di programmazione, progettazione e gestione dei piani territoriali;
- il livello di singolo progetto, che ha funzioni di programmazione, progettazione e gestione degli specifici interventi.
Ciascun livello ha un ruolo nella valutazione dei processi e dei risultati della politica per l'infanzia e l'adolescenza. La valutazione che si svolge al livello più vicino all'erogazione dell'intervento rappresenterà anche la fonte di informazioni per il livello di ambito territoriale, mentre quella svolta a livello di ambito rappresenta la fonte di informazioni per il livello regionale.
Il percorso di valutazione per il triennio 2000/2002 di attuazione della legge n. 285/'97 in Sicilia viene pertanto così schematicamente definito:






Nel complesso, quello proposto è un sistema che si deve autoalimentare con reciproca condivisione del processo, all'interno di un "patto educativo" tra le istituzioni orientato all'obiettivo comune di assicurare il rispetto dei diritti e di costruire un rete di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza, che richiede forme di condivisione di responsabilità e di collaborazioni che favoriscano l'efficacia della valutazione.
Sarà effettuato sulla scorta delle schede di monitoraggio trasmesse dai comuni capofila (allegato A 6).
6.4. Alcune indicazioni per la valutazione
Al fine di favorire l'utilizzazione di un vocabolario comune, si richiamano qui di seguito alcune definizioni condivise dei termini maggiormente ricorrenti nella valutazione, con indicazioni su alcune scelte da operare nel definire il disegno di valutazione.
Per indicatore si intende una caratteristica, o variabile, osservabile o calcolabile che dà indicazioni su un certo fenomeno. L'indicatore, costruito e rilevato per dare informazioni, deve quindi essere chiaro, comprensibile, capace di rappresentare quel certo fenomeno per cui è stato costruito. Gli indicatori prescelti dovranno avere i requisiti di pertinenza (ovvero essere in grado di misurare caratteristiche essenziali del fenomeno), di rilevanza (ovvero d'importanza della caratteristica del fenomeno che l'indicatore è in grado di rilevare), di fattibilità (ovvero che siano effettivamente disponibili le risorse necessarie -competenze, tempi, strumenti- per la loro rilevazione e misurazione).
In base al tipo di obiettivo per cui l'indicatore viene utilizzato, si fa riferimento ad i. di processo (per valutare i tempi d'attuazione, gli ostacoli e i fattori di successo riscontrati, i risultati non previsti e il modo di affrontarli, ecc...), e i. di esito (rispetto ad efficacia, impatto dell'intervento, efficienza). Considerata la specificità dei servizi alla persona, il cui elemento qualificante è la relazione operatore-servizio-utente, e la peculiarità dei primi destinatari/attori delle politiche 285, ovvero i bambini, di avere poca voce, particolare attenzione dovrà essere rivolta alla qualità offerta dai progetti infanzia, con riguardo a flessibilità, accessibilità, trasparenza, radicamento nel territorio, garanzia di spazi di partecipazione attiva, nonché ai requisiti di professionalità ed esperienza degli operatori coinvolti (vedi definizione dei criteri per l'affidamento, il rispetto dei C.C.L.: paragrafo 5.4 Affidamento servizi).
La limitatezza dei fondi disponibili impone inoltre alle Amministrazioni locali una valutazione del rapporto tra la spesa sostenuta e il tipo d'offerta, mettendo in relazione i soggetti coinvolti e le risorse umane e strumentali attivate (efficienza).
Gli indicatori possono essere sia quantitativi che qualitativi ed essere rilevati con diverse modalità. Si sottolinea l'importanza di assicurare la rilevazione di: dati quantitativi che documentano le attività svolte (a titolo esemplificativo: numero e caratteristiche dei soggetti contattati-su iniziativa degli operatori e presentatisi spontaneamente; numero soggetti presi in carico, numero di coloro che hanno abbandonato le attività, ore destinate dagli operatori a ciascuna attività del progetto); informazioni di tipo qualitativo acquisibili attraverso strumenti che favoriscano la valutazione partecipata (riunioni di gruppo: con gli operatori, con i "destinatari" diretti o potenziali -minori, famiglie, altri operatori, per conoscere l'aderenza delle proposte al bisogno, il grado di soddisfazione; assemblee con partecipazione estesa alla comunità e alle risorse formali e informali, ecc..).
Al livello di piano territoriale - i cui obiettivi generali dovranno essere chiaramente correlati agli obiettivi progettuali, in modo da renderne visibile l'effettiva perseguibilità (paragrafo 5.1 e 5.3) gli indicatori dovranno essere idonei a valutare: la diffusione dell'informazione sui temi dell'infanzia e della promozione dei diritti; la crescita dell'attenzione della comunità, in particolare delle istituzioni, alle esigenze dei bambini, anche misurando l'incremento della spesa destinata ai minori; l'accresciuta sensibilità ai temi dell'infanzia nelle scelte politiche adottate; le modifiche intervenute sulle politiche delle organizzazioni operanti sul territorio, il tipo di interrelazioni esistenti e attivate tra loro, le modalità per sostenerle e rafforzarle, il grado di assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni (con particolare riferimento al "patto educativo" che di fatto si sancisce attraverso lo strumento dell'accordo di programma, quindi al suo funzionamento e alla sua funzionalità rispetto agli obiettivi della legge); l'organizzazione dei servizi e le opportunità attivate per i minori e le famiglie, con attenzione alle modalità di offerta e con riferimento ad accessibilità e flessibilità; la crescita di competenze professionali degli operatori coinvolti; le diverse realtà informali sorte e consolidatesi nel territorio, volte ad esempio alla promozione della partecipazione, alla crescita della sensibilità per una destinazione dello spazio urbano più a misura di bambino, ecc... Anche su questo livello, le modalità di rilevazione dovranno prevedere forme di ascolto della comunità e di soggetti "osservatori privilegiati" che rivestono ruoli chiave nelle istituzioni, nelle organizzazioni, nelle diverse agenzie presenti nel territorio, formali e informali.
7. LE RISORSE FINANZIARIE
7.1. Riparto risorse finanziarie agli ambiti
Le quote destinate alla Regione Sicilia, esclusi i comuni di Palermo e Catania, destinatari di una quota autonoma del fondo nazionale (art. 1, comma 2), per il triennio 2000/2002 sono le seguenti:
-  L.  26.657.529.000 (13.767.464 Euro)- assegnazione relativa all'anno 2000;
-  L.    2.136.020.000 (1.103.162 Euro)- integrazione assegnazione anno 2000;
-  L.  24.521.509.000 (12.664.302 Euro)- previsione per l'anno 2001 quale risorsa finalizzata del fondo nazionale per le politiche sociali;
- L.  24.521.509.000 (12.664.302 Euro) quale previsione per l'anno 2002.
Considerata la quota del 5% riservata a norma dell'art. 2, 2° comma della legge n. 285, il totale delle risorse da ripartire agli ambiti territoriali per il triennio 2000 - 2002 risulta essere pari a L. 73.944.738.650 (38.189.270 Euro).
I criteri utilizzati per la ripartizione delle risorse sono i seguenti:
- popolazione in età 0-17 anni residente nel territorio comunale;
- riserva a favore delle isole di una quota pari all'1% sulla disponibilità complessiva delle risorse, visto che le realtà insulari, per la propria collocazione geografica, incontrano maggiori difficoltà rispetto agli altri territori della Regione.
Si rimanda all'allegato B per la ripartizione annuale delle risorse finanziarie con le quote attribuite ad ogni ambito territoriale, con riferimento alle assegnazioni statali relative all'anno 2000 ed introitate nel 2001, ai fondi 2001 e 2002.
7.2. Cofinanziamento dei piani territoriali
Al fine del superamento dell'utilizzo dei fondi della legge n. 285/97 quale unica fonte di finanziamento per le politiche minorili e per promuovere una corresponsabilità da parte degli enti locali si ritiene inderogabile stabilire una quota minima a carico del sistema delle autonomie locali.
La quota di cofinanziamento, composta da risorse economiche (fondi di bilancio), risorse professionali e risorse strutturali, è stabilita in una percentuale non inferiore al 10% della spesa totale prevista per l'attuazione del piano territoriale d'intervento.
Ogni comune, pertanto, nella delibera di presa d'atto del piano, per favorire l'utilizzo delle risorse economiche all'ente capofila, dovrà prevedere:
- lo storno per l'esercizio 2001 della quota di cofinanziamento della 1ª annualità;
- l'impegno a prevedere nel bilancio pluriennale le somme necessarie per le ulteriori due annualità, quali quote di cofinanziamento;
- l'autorizzazione, all'ufficio di ragioneria, di trasferimento delle quote di cofinanziamento delle tre annualità al comune capofila.
7.3. Modalità erogazione finanziamenti
L'Assessorato regionale degli enti locali, approvati i piani territoriali d'intervento, procede contestualmente all'erogazione del finanziamento nei limiti del budget assegnato al singolo ambito territoriale, liquidando direttamente al comune capofila individuato nell'accordo di programma la quota spettante.
I finanziamenti assegnati al comune capofila verranno liquidati, per la prima annualità, per il 60% contestualmente all'approvazione dei piani medesimi, mentre la restante quota del 40%, previa presentazione della comunicazione relativa all'avvio delle iniziative finanziate.
A tal fine, il medesimo comune capofila è tenuto ad attestare, attraverso la scheda di monitoraggio (allegato A 6), all'assessorato regionale degli enti locali, entro il termine del 30 giugno 2002, l'avvenuto avvio delle iniziative in conformità ai tempi previsti nel piano.
7.4. Modalità per la rendicontazione
Il comune capofila di ogni ambito territoriale è tenuto, inoltre, a presentare un consuntivo al 31 dicembre di ciascun anno, debitamente formalizzato (allegato A 8), comprovante gli oneri e gli impegni assunti per la realizzazione dei progetti o delle fasi annuali dei progetti. La regione si riserva la facoltà di chiedere ulteriore documentazione e pezze giustificative delle spese sostenute, che dovranno comunque essere disponibili presso la sede del comune capofila, in originale o copia conforme per eventuali verifiche a campione.
L'Assessorato enti locali si riserva, qualora entro un anno dall'erogazione del finanziamento il comune capofila non abbia provveduto all'avvio della fase di realizzazione del piano, sentito il medesimo comune capofila e il collegio di vigilanza sull'accordo, e constatato il permanere del mancato avvio, a provvedere alla revoca del finanziamento con diversa destinazione del fondo. Nel caso di sotto utilizzo del finanziamento annuale liquidato, destinato a progetti pluriennali, l'ente capofila potrà trattenere la quota quale anticipazione sulle annualità successive; nel caso di somme non spese per progetti annuali, le stesse dovranno essere restituite.
7.5. Utilizzo fondi triennio 1997/1999
Relativamente alla quota anno 1997 legge n. 285/97, le somme non utilizzate dovranno essere restituite nei seguenti casi:
- somme non impegnate entro il termine del 31 marzo 2000, giusta nota del 24 gennaio 2000;
- somme impegnate e non liquidate entro il termine del 31 marzo 2001.
Gli adempimenti connessi alla restituzione delle suddette somme saranno oggetto di apposita nota circolare assessoriale contestualmente alle indicazioni in merito all'utilizzo dei fondi anno 1998 e anno 1999.
8. PROCEDURE E TEMPI D'ATTUAZIONE
I tempi previsti per l'attuazione del secondo triennio della legge n. 285/'97 sono i seguenti:
- 15 settembre 2001 - presentazione alla Regione dei piani territoriali d'intervento, approvati con accordo di programma e corredati dai progetti esecutivi, relativi ai comuni di Catania e Palermo e agli ambiti territoriali, in n. 3 copie e n. 1 copia in floppy disk; i piani dovranno pervenire entro la suddetta data al gruppo di lavoro XII "Interventi per l'area minorile" - dipartimento per gli enti locali dell'Assessorato enti locali, via Trinacria, 34 - Palermo. Una copia dei suddetti piani dovrà essere inviata alla Provincia regionale di riferimento;
- 30 novembre 2001 - approvazione da parte della Regione dei piani territoriali d'intervento dei comuni di Catania e Palermo e degli ambiti territoriali ed emanazione dei decreti di impegno e liquidazione delle quote assegnate;
- 30 giugno 2002 - avvio dei piani territoriali.
I Piani territoriali del triennio 2000/2002 dovranno concludersi entro il 30 giugno 2005.


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Allegato A2
REGIONE SICILIA
FASI DEL PERCORSO DEL PIANO TERRITORIALE. LEGGE N. 285/97

1.  Apertura di confronto sullo stato d'attuazione dei progetti 285 in corso/conclusi sul triennio 1997/99.
2.  Apertura di confronto sulla situazione dei minori e sulla mappa delle risorse: attraverso la necessaria indizione di conferenze dei servizi, ma anche l'avvio di una serie di assemblee cittadine, incontri con il privato sociale sui punti 1 e 2 (in cui distribuire documentazione informativa, ma anche ad esempio questionari per la raccolta di considerazioni dei partecipanti).
3.  Definizione modalità di raccordo e coordinamento interistituzionale: (attribuzione funzioni di coordinamento complessivo, di documentazione, monitoraggio e valutazione del piano, di comunicazione, promozione ed informazione sociale: "chi fa che cosa"; modalità e procedure per ridefinizione scelte effettuate); quindi procedere alla costituzione del "gruppo di coordinamento".
4.  Coinvolgimento di altri soggetti nella predisposizione del piano: ad esempio interni ai comuni (assessori "non del sociale in senso stretto", consiglieri comunali), di altre istituzioni, e soggetti comunitari, ecc.
5.  Coinvolgimento del terzo settore nella predisposizione del piano: con assemblee pubbliche, con incontri con rappresentanti e/o operatori con maggiore o più mirata esperienza, con avvisi pubblici, ecc.
6.  Coinvolgimento della popolazione nella predisposizione del piano:
-  con conferenze/assemblee cittadine o di quartiere di bilancio sui progetti del triennio 1997/99 e di rilancio della 285;
-  con conferenze/assemblee cittadine o di quartiere di promozione/diffusione dei contenuti della convenzione dei diritti del fanciullo;
-  con assemblee aperte di presentazione degli indirizzi/priorità su cui si intende orientare il piano;
-  con incontri in alcune realtà/specifiche aree territoriali, in alcuni servizi del materno-infantile in area socio-sanitaria ed educativa (asili, scuole, consultori, ecc.), interviste ad "osservatori privilegiati";
-  con pubblicità su mass media, o altre forme di diffusione dell'informazione per favorire un'attenzione diffusa sui temi dell'infanzia e della 285.
7.  Previsione di iniziative per la diffusione dei contenuti del piano: (riproduzione del testo, predisposizione di opuscoli, campagne d'informazione sui mass media, ecc.).
Allegato A3
REGIONE SICILIA
Legge 2 agosto 1997, n. 285
Decreto Assessorato enti locali n. 653 del 20 giugno 2001
SCHEDA DI PRESENTAZIONE DEL PIANO TERRITORIALE PER L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA
Triennio 2000/2002
Ambito territoriale n. ......................

 1.  Comune capofila    
 2.  Assessorato, servizio, ufficio responsabile del piano e destinatario dei fondi legge n. 285/97    

Referente tecnico legge n. 285 per l'ambito:
Cognome   Nome ...........................................................................................................................................................  
Indirizzo   cap. ............................................................................  
Tel.   Fax .................................................................................... email ..........................................................................................  

Referente amministrativo l.285 per l'ambito :
Cognome   Nome ...........................................................................................................................................................  
Indirizzo   cap. ............................................................................  
Tel.   Fax .................................................................................... email ..........................................................................................  

 3.  Elenco Comuni dell'ambito
                           
                           
                           
                           
                           
                           

 4.  Procedure attivate per la predisposizione del piano
Conferenze di servizio n. ..............................
Indicare soggetti partecipanti (istituzionali e non)    

 5. Altre azioni intraprese per favorire la predisposizione del piano
Indicare:
-  iniziative di coordinamento della pianificazione, in raccordo con altre istituzioni, servizi e settori della pubblica amministrazione    
-  costituzione gruppo tecnico di coordinamento con indicazione degli enti componenti    

-  iniziative promozionali-informative:
-  con altri enti:  a livello politico   a livello tecnico    

-  con famiglie  
-  con altri soggetti sociali    indicare quali      
   

 6.  Percorso effettuato per giungere alla definizione degli obiettivi
Fornire indicazioni sintetiche su:
-  apertura di confronto sullo stato d'attuazione progettualità 285 in corso;
-  apertura di confronto sulla situazione dei minori e sulla mappa delle risorse;
-  verifica risorse individuabili in sede di conferenza di servizi
 7.  Obiettivi generali del piano, con riferimento agli artt. della l. 285 e alle direttive regionali per il triennio 2000/2002
1.    
2.    
3.    

 8.  Progetti inseriti nel piano: n. ........... (indicare il numero complessivo)





 9.  Numero .progetti esclusi, con riferimento agli artt. 4, 5, 6, 7 e motivi di esclusione:
-  non pertinenti   n. ................. artt. ................. 
-  non prioritari per l'ambito   n. ................. 
-  già finanziati con altri fondi   n. ................. 
-  scarsa articolazione/qualità progettuale  n. ................. 
-  altro (specficare) .................................................................................  n. ................. 
10.  Accordo di programma firmato il   ; pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana ................................................................................ 
10.1 Atto di recepimento del comune capofila: n. ......................... del    


Elenco componenti collegio di vigilanza

  Ente firmatario Nominativo referente 
           
           
           
           
           
           
           
           
           
           
           
           
           


Classificazione azioni progettuali legge n. 285/'97

Art.  4  lett.  a):  erogazione di un minimo vitale a favore di minori in stato di bisogno inseriti in famiglie o affidati ad un solo genitore; 
Art.  4  lett.  b):  informazione e sostegno alle scelte di maternità e paternità; 
Art.  4  lett.  c):  prevenzione delle situazioni di crisi e di rischio psico-sociale, anche mediante il potenziamento di servizi di rete per interventi domiciliari, diurni, educativi territoriali, di sostegno alla frequenza scolastica e di pronto intervento; 
Art.  4  lett.  d):   affidamenti familiari, diurni e residenziali; 
Art.  4  lett.  e):  accoglienza temporanea di minori, anche sieropositivi e portatori di handicap in piccole comunità educativo-riabilitative; 
Art.  4  lett.  f):  attivazione di residenze per donne agli arresti domiciliari; 
Art.  4  lett.  g):  realizzazione di case di accoglienza per donne in difficoltà con figli minori o in stato di gravidanza, promozione di forme di accoglienza da parte di famiglie; 
Art.  4  lett.  h):  interventi di prevenzione ed assistenza nei casi di abuso o di sfruttamento sessuale, abbandono o maltrattamento; 
Art.  4  lett.  i):  servizi di mediazione familiare e di consulenza per famiglie e minori; 
Art.  4  lett.  l):  interventi a tutela dei diritti del bambino malato ed ospedalizzato; 

***

Art.  5  lett.  a):  servizi con caratteristiche educative, ludiche, culturali e di aggregazione sociale per bambini 0/3 anni e famiglie; 
Art.  5  lett.  b):  servizi con caratteristiche educative e ludiche per l'assistenza a bambini 18/36 mesi per un tempo giornaliero non superiore a 5 ore; 

***

Art.  6:  servizi volti a promuovere e valorizzare la partecipazione dei minori a livello propositivo, decisionale e gestionale in esperienze aggregative, nonché occasioni di riflessione su temi rilevanti per la convivenza civile e lo sviluppo della capacità di socializzazione; 

***

Art.  7  lett.  a):  interventi che facilitano l'uso del tempo e degli spazi urbani e naturali; 
Art.  7  lett.  b):  misure orientate alla promozione della conoscenza dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza; 
Art.  7  lett.  c):  misure volte a promuovere la partecipazione dei bambini e degli adolescenti alla vita della comunità locale, anche amministrativa. 

Allegato A4
REGIONE SICILIA
SCHEMA RELAZIONE PIANO TERRITORIALE - AMBITO N. ......................
Comune capofila ..................................................................................................................................

Profilo di comunità: analisi del territorio, interpretazione/diagnosi con riferimento ai punti di forza e di debolezza e alle potenzialità dell'area (A).
Obiettivi generali del piano.
Obiettivi specifici correlati (con risultati attesi articolati per ogni anno e nel triennio).
Descrizione delle aree d'intervento individuate in base alla priorità di attivarvi progetti ed iniziative.
Servizi/attività/opportunità previsti, individuati in base alle priorità emerse dalla lettura del territorio.
Articolazione del piano in fasi operative e tempi.
Risorse professionali necessarie.
Risorse strumentali (attrezzature, locali, ecc.) necessarie.
Modalità di coordinamento.
Modalità di monitoraggio, verifica, valutazione (in itinere e finale, di processo e di esito).
A)  Riferendosi alle schede rilevazione dati per comune (allegato. A1) indicare:
1)  dati demografici sui minori residenti per fasce d'età;
2)  dati relativi a minori in difficoltà (minori appartenenti a famiglie mono-parentali, minori disabili, minori immigrati);
3)  dati relativi ai minori in situazione di disagio (abbandono scolastico, frequenza saltuaria, devianza minorile, abbandoni, ecc.);
4)  dati relativi ai minori in carico ai servizi sociali (minori accolti in comunità di accoglienza, in centri diurni, in affidamento familiare, in carico ai servizi socio-sanitari);
5)  descrivere sinteticamente quali sono i maggiori bisogni della popolazione minorile nell'ambito territoriale;
6)  sintetica mappa dei servizi e delle opportunità per i minori (comprese risorse del privato sociale).
Allegato A5
REGIONE SICILIA
INDICE RELAZIONE PROGETTO
Piano territoriale di riferimento (Ambito n. .....................)

Titolo del Progetto (riferimento ad artt. 4, 5, 6 e 7 legge 285 e lett., oltre ad un titolo "simbolico")    
 1.  Responsabile del progetto    

 2. Territorio della progettualità:
(tutto l'ambito distrettuale, ambito del comune/i di .............................................................., della circoscrizione di   , ecc.) 

 3. Caratteristiche demografiche ed ambientali del territorio interessato, descrizione dell'area e dell'ambito di intervento:
3.1. Individuazione dei problemi specifici dell'area, selezione e definizione di quelli che i soggetti dell'area ritengono prioritari
(rif. scheda dati allegato A1, altre fonti informative, intendendo anche momenti ed occasioni di conoscenza del territorio come le conferenze di servizio, le assemblee cittadine, riunioni nelle scuole, ecc.: specificare quali)    
 4.  Modalità per favorire il coinvolgimento della popolazione e dei destinatari (nella definizione delle azioni, nella gestione, nel monitoraggio e valutazione)    
 5.  Obiettivi generali del progetto (correlati agli obiettivi generali del piano)    
 6.  Obiettivi specifici del progetto (specificare i risultati attesi, ovvero i cambiamenti previsti attraverso: le azioni individuate, le risorse impegnate, i vincoli ipotizzati; saranno correlati agli obiettivi generali del progetto da verificare alla fine di ogni annualità e del triennio)    
 7.  Destinatari del progetto (identificare le caratteristiche dei destinatari, quali età, genere; evidenziare condizione specifica di difficoltà, livello di scolarità, distinguendo altresì tra beneficiari "diretti" e "indiretti" - ovvero sui quali si ipotizzano ricadute positive - comprendendo gli operatori, i genitori, le famiglie, la comunità in generale) (*) (**)    
 8. Modalità previste per favorire il lavoro di rete e il confronto tra le esperienze per la condivisione di "buone prassi" (tra le istituzioni, con il privato sociale, con le risorse del territorio, tra le diverse professioni e competenze, attraverso: gruppo di coordinamento del progetto, gruppi "trasversali" di operatori sul territorio, ecc.)    
 9. Modalità per favorire il coinvolgimento della popolazione e dei destinatari (nella definizione delle azioni, nella gestione, nel monitoraggio e valutazione)    
10. Individuazione dei punti di forza e di debolezza riscontrati nella fase di progettazione    
11. Durata complessiva con fasi d'attuazione    
12. Descrizione del progetto    

(indicare: il modello di intervento e le attività/azioni previste, che si ritiene rendano possibile il raggiungimento degli obiettivi progettuali, comprese le azioni trasversali di supporto al progetto; se si tratta di attività già esistenti prima della 285 e potenziate grazie alla 285, se avviate per la prima volta sulla 285 nel primo triennio e i motivi a sostegno della riproposizione; se trattasi di azioni riproposte, riarticolate, potenziate; se si tratta di nuove attività in risposta a bisogni non affrontati nel I triennio o a nuovi bisogni; se si ritiene il progetto sperimentale, specificandone le motivazioni).
13. Modalità di monitoraggio, verifica e valutazione (indicare i soggetti deputati, le modalità, gli strumenti, utilizzati in fase iniziale e in itinere, gli indicatori quantitativi e qualitativi per la valutazione di processo e di esito)    
14. Articolazione del Progetto (indicare la suddivisione del Progetto in fasi operative ed articolazioni temporali)    
15. Collaborazioni intraprese, con riferimento alla fase di progettazione ed eventualmente per la gestione (specificare i soggetti coinvolti, istituzionali e del privato sociale, ecc. e le procedure per l'individuazione degli enti gestori)    

16. Risorse
16.1.  Risorse professionali impiegate (suddivise per ruolo rispetto al progetto, numero e qualifica, enti di appartenenza, giornate di impiego)    
16.2.  Strutture di supporto (locali individuati, attrezzature, mezzi strumentali)    



 (*)  Destinatari per fasce d'età
  10/31 anni n.  ................... 
  13/61 anni n.  ................... 
  16/11 anni n.  ................... 
  11/14 anni n.  ................... 
  14/17 anni n.  ................... 
  17/30 anni n.  ................... 
più di 30 anni  n.  ................... 
non c'è un'età prevalente  n.  ................... 

(**) Destinatari per tipologia
Minori
Minori di categorie particolari:
1)  con handicap  n.  ................... 
2)  istituzionalizzati  n.  ................... 
3)  vittime di violenza, maltrattamenti, abuso  n.  ................... 
4)  con provvedimenti penali  n.  ................... 
5)  non c'è una categoria prevalente  n.  ................... 

Adulti
1)  genitori e famiglie   n.  ................... 
2)  famiglie problematiche  n.  ................... 
3)  genitori naturali   n.  ................... 
4)  genitori affidatari   n.  ................... 
5)  genitori separati   n.  ................... 
6)     n.  ................... 
7)  non c'è una tipologia prevalente  n.  ................... 


Classificazione azioni progettuali L.285/'97

Art.  4  lett.  a):  erogazione di un minimo vitale a favore di minori in stato di bisogno inseriti in famiglie o affidati ad un solo genitore; 
Art.  4  lett.  b):  informazione e sostegno alle scelte di maternità e paternità; 
Art.  4  lett.  c):  prevenzione delle situazioni di crisi e di rischio psico-sociale, anche mediante il potenziamento di servizi di rete per interventi domiciliari, diurni, educativi territoriali, di sostegno alla frequenza scolastica e di pronto intervento; 
Art.  4  lett.  d):  affidamenti familiari, diurni e residenziali; 
Art.  4  lett.  e):  accoglienza temporanea di minori, anche sieropositivi e portatori di handicap in piccole comunità educativo-riabilitative 
Art.  4  lett.  f):  attivazione di residenze per donne agli arresti domiciliari; 
Art.  4  lett.  g):  realizzazione di case di accoglienza per donne in difficoltà con figli minori o in stato di gravidanza, promozione di forme di accoglienza da parte di famiglie; 
Art.  4  lett.  h):  interventi di prevenzione ed assistenza nei casi di abuso o di sfruttamento sessuale, abbandono o maltrattamento; 
Art.  4  lett.  i):  servizi di mediazione familiare e di consulenza per famiglie e minori; 
Art.  4  lett.  l):  interventi a tutela dei diritti del bambino malato ed ospedalizzato; 

***

Art.  5  lett.  a):  servizi con caratteristiche educative, ludiche, culturali e di aggregazione sociale per bambini 0/3 anni e famiglie; 
Art.  5  lett.  b):  servizi con caratteristiche educative e ludiche per l'assistenza a bambini 18/36 mesi per un tempo giornaliero non superiore a 5 ore; 

***

Art.  6:  servizi volti a promuovere e valorizzare la partecipazione dei minori a livello propositivo, decisionale e gestionale in esperienze aggregative, nonché occasioni di riflessione su temi rilevanti per la convivenza civile; 

***

Art.  7  lett.  a):  interventi che facilitano l'uso del tempo e degli spazi urbani e naturali; 
Art.  7  lett.  b):  misure orientate alla promozione della conoscenza dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza; 
Art.  7  lett.  c):  misure volte a promuovere la partecipazione dei bambini e degli adolescenti alla vita della comunità locale, anche amministrativa. 

Allegato A6

REGIONE SICILIA
SCHEDA DI RILEVAZIONE PERIODICA STATO D'ATTUAZIONE PIANO TERRITORIALE "LEGGE N. 285/'97"


Data compilazione:    
Periodo di riferimento della rilevazione    
  (dal Decreto regionale di approvazione del piano territoriale al 30 giugno 2002) 
Ambito territoriale: codice ambito    
Comune capofila    
Assessorato competente    
Settore e ufficio responsabile    

Referente amministrativo legge n. 285 per l'ambito:
cognome   nome  
indirizzo:   cap.  
tel.   fax email  

Referente tecnico legge n. 285 per l'ambito:
cognome   nome  
indirizzo:   cap.  
tel.   fax email  

1.  Adozione di atti da parte del comune capofila, dei comuni associati, degli altri enti firmatari dell'accordo relativi all'attuazione della legge n. 285 SI   NO  
Se SI, indicare:
da quale ente:   quale atto*:  
da quale ente:   quale atto*:  
da quale ente:   quale atto*:  
da quale ente:   quale atto*:  
da quale ente:   quale atto*:  



*  Indicare se si tratta di deliberazioni di consiglio (DC), di Giunta (DG), determine dirigenziali (DD); specificare quali altre disposizioni di responsabili di enti firmatari.
Tipologia degli enti coinvolti nella gestione degli interventi del piano
 Istituzioni firmatarie dell'accordo
 Altre istituzioni
 Associazioni
 Cooperative sociali
 Associazioni di volontariato
 Altro (specificare)    

Accordi conclusi e strumenti utilizzati per favorire la realizzazione del piano (ad es. definizione di forme di collaborazione interistituzionale):
-  protocollo d'intesa tra:    
-  convenzione tra:    
-  altro (specificare) tra:    

2. Composizione del gruppo di coordinamento del piano
Compilare allegato 1 sulla composizione, articolato per ente di appartenenza, funzione/ruolo rispetto all'ente, professionalità
Modalità con cui si riunisce il gruppo di coordinamento
 Incontri programmati
 Solo su richiesta di uno o più componenti
 Con presenza costante degli stessi componenti
 Con presenza di componenti diversi alle riunioni
 Altro (specificare)    

Temi su cui si è confrontato nel periodo di rilevazione
 Aggiornamento periodico sullo stato d'attuazione del piano
 Questioni connesse alla realizzazione degli interventi
 Ipotesi di significative rimodulazioni dei progetti
 Altro (specificare)    

3. Attività informative, di raccordo, di confronto
Nel periodo di rilevazione, indicare gli incontri effettuati a livello di ambito tra gli enti firmatari degli accordi:
N. incontri ...........................
su quali argomenti:    
   
   

Nel periodo di rilevazione, indicare se si sono tenuti incontri di confronto a livello di ambito tra i soggetti coinvolti
nell'attuazione dei progetti esecutivi:      SI      NO    

Se SI, quali enti sono stati coinvolti:
 Comuni
 Scuole
 Distretti sanitari
 CGM/USSM
 Tribunale per i minori
 Prefetture
 Questure
 Terzo settore: forum rappresentativi, singoli enti gestori
 Altro (specificare)    

Nel periodo di rilevazione, indicare le iniziative di raccordo tra i progetti esecutivi, coordinate a livello di ambito territoriale:
 Riunioni a livello politico      n. .............................. 
 Riunioni a livello tecnico      n. .............................. 
 Riunioni tra responsabili dei progetti      n. .............................. 
 Altro (specificare)    
 Altro (specificare)    
 Altro (specificare)    

Nel periodo di rilevazione, indicare le iniziative di informazione a livello di ambito con riferimento a quanto previsto nel piano:
 Incontri pubblici in ogni comune dell'ambito      n. partecipanti .............................. 
 Incontri pubblici in alcuni comuni dell'ambito      n. partecipanti .............................. 

 Interventi su stampa, TV e radio locali
 Diffusione del piano territoriale   e/o di opuscoli informativi 
 Altro (specificare)    
 Altro (specificare)    
 Altro (specificare)    
Nel periodo di rilevazione si sono effettuate le attività di monitoraggio/verifica, coordinate a livello di ambito:      SI      NO   
Secondo le modalità previste nel piano      SI      NO   

Specificare le modalità effettive:
Riunioni periodiche tra amministratori e dirigenti degli enti coinvolti       
Riunioni periodiche tra tecnici responsabili dei progetti       
Riunioni periodiche del gruppo di coordinamento con responsabile 285, responsabili enti ed operatori del privato sociale       
Compilazione questionari       
Stesura di relazioni periodiche/rapporti intermedi       
Elaborazione appositi strumenti di verifica      SI      NO   
Se NO, tempi previsti per provvedervi    
Individuazione specifici indicatori di verifica      SI      NO   
Se NO, tempi previsti per provvedervi    

Nel periodo di rilevazione sono state avviate attività di valutazione in itinere previste nel piano, coordinate a livello
di ambito:      SI      NO   
Secondo le modalità previste nel piano      SI      NO   

Specificare le modalità effettive:
 Affidate ai funzionari del comune capofila
 Affidate al gruppo di coordinamento
 Affidato a esperti di diverse istituzioni (specificare quali)    

 Affidato a professionisti o enti privati esterni
 Altro (specificare)    
Nel periodo di rilevazione, sono state attivate attività formative a livello di ambito:      SI      NO    
Erano già previste nel piano       
specificare tipo di attività, operatori coinvolti e progetti interessati:    
   
   

4.  Situazione dei progetti esecutivi (*)
Progetti esecutivi approvati nel piano territoriale n. .............................. di cui:
-  Attivati dalla data del decreto regionale di approvazione del piano      n. .............................. 
-  Non ancora attivati      n. ..............................  

per i seguenti motivi:
 in corso di rimodulazione      n. .............................. 
 non fattibili, da sostituire con nuove progettualità      n. .............................. 
 difficoltà incontrate nella definizione degli atti e nel completamento delle procedure amm.ve      n. .............................. 
 altro (specificare)       n. .............................. 



(*)  La presente indicazione ha valore di attestazione di avvenuto avvio delle iniziative, in conformità a quanto richiesto al par. 7.3 della circolare allegato A al D.A. n. ........................... del .......................................................
Stato d'attuazione dei progetti al momento della compilazione:
-  Attivati dalla data del decreto regionale di approvazione del piano      n. .............................. 
 in fase di avvio (completati atti e adempimenti)      n. .............................. 
 preliminari all'inizio delle attività      n. .............................. 
 in fase iniziale (appena iniziate le attività)      n. .............................. 
 in fase operativa (entro la metà dei tempi previsti per l'attuazione)      n. .............................. 
 in fase operativa avanzata (oltre la metà dei tempi previsti per l'attuazione)      n. .............................. 
 in fase finale (oltre il 75% dei tempi previsti per l'attuazione)      n. .............................. 

Percentuale di interventi/azioni attivati al momento della compilazione:
 meno del 25% degli interventi/azioni previsti       in n. .................. progetti attivati 
 tra il 25% e il 50% degli interventi/azioni previsti       in n. .................. progetti attivati 
 tra il 50% e il 75% degli interventi/azioni previsti      in n. .................. progetti attivati 
 tra il 75% e il 100% degli interventi/azioni previsti       in n. .................. progetti attivati 

Modifiche intervenute nei progetti esecutivi
Indicare i progetti interessati - secondo l'elenco di cui alla scheda allegato A3 al piano - e sinteticamente gli aspetti oggetto di modifica:
Progetto n. ........................ con riferimento a:   obiettivi 
  interventi/azioni 
  destinatari 
  risorse 
  modalità di gestione 

5.  Risorse umane e professionali coinvolte
Coinvolgimento dei fruitori/destinatari degli interventi al momento della compilazione (stima approssimativa)
 Meno di 100       in n. .................. progetti attivati 
 Un numero variabile da 100 a 500       in n. .................. progetti attivati 
 Un numero variabile da 500 a 1000      in n. .................. progetti attivati 
 Più di 1000      in n. .................. progetti attivati 

Età prevalente dei fruitori/destinatari degli interventi al momento della compilazione (stima approssimativa)
 0/3 anni:       in n. .................. progetti attivati 
 3/6 anni:       in n. .................. progetti attivati 
 6/11 anni       in n. .................. progetti attivati 
 11/14 anni       in n. .................. progetti attivati 
 14/17 anni       in n. .................. progetti attivati 
 17/30 anni       in n. .................. progetti attivati 
 oltre 30 anni      in n. .................. progetti attivati 
 non c'è un'età prevalente       in n. .................. progetti attivati 

Tipologia prevalente dei fruitori/destinatari degli interventi al momento della compilazione (stima approssimativa)
 Minori in generale      in n. .................. progetti attivati 

 Minori di categorie particolari (con handicap, istituzionalizzati, a rischio, già entrati nel
circuito penale, ecc.)       in n. .................. progetti attivati 
 Adulti in generale       in n. .................. progetti attivati 
 Adulti genitori       in n. .................. progetti attivati 
 Adulti operatori (sociali, educativi, sanitari, insegnanti, ecc.)      in n. .................. progetti attivati 
 Istituzioni (pubbliche, del privato sociale, ecc.)      in n. .................. progetti attivati 
 Non c'è una tipologia prevalente       in n. .................. progetti attivati 
Numero minori seguiti con progetti in rete tra servizi      n. .................. 

Entità delle risorse umane coinvolte (operatori, volontari, destinatari coinvolti in forme di gestione partecipata, ecc.) al momento della compilazione (stima approssimativa)
 meno di 10      in n. .................. progetti attivati 
 tra 10 e 50      in n. .................. progetti attivati 
 tra 50 e 100      in n. .................. progetti attivati 
 tra 100 e 300      in n. .................. progetti attivati 
 superiori a 300      in n. .................. progetti attivati 

Tipologia prevalente delle risorse umane coinvolte (operatori, volontari, destinatari coinvolti in forme di gestione partecipata, ecc.) al momento della compilazione (stima approssimativa)
n. .................. operatori pubblici       in n. .................. progetti attivati 
n. .................. operatori di cooperative e associazioni       in n. .................. progetti attivati 
n. .................. operatori del volontariato       in n. .................. progetti attivati 
n. .................. singoli professionisti con incarico professionale      in n. .................. progetti attivati 

6.  Utilizzo risorse finanziarie
Entità delle risorse finanziarie sul fondo 1.285 già impegnate
 Quota inferiore al 25% del finanziamento       in n. .................. progetti attivati 
 Quota compresa tra il 25% e il 50% del finanziamento       in n. .................. progetti attivati 
 Quota compresa tra il 50% e il 75% del finanziamento      in n. .................. progetti attivati 
 Quota compresa tra il 75% e il 100% del finanziamento      in n. .................. progetti attivati 

Entità degli impegni assunti, al momento della rilevazione, sulle risorse finanziarie destinate come cofinanziamento del piano
 Quota inferiore al 25% del cofinanziamento      in n. .................. progetti attivati 
 Quota compresa tra il 25% e il 50% del cofinanziamento      in n. .................. progetti attivati 
 Quota compresa tra il 50% e il 75% del cofinanziamento      in n. .................. progetti attivati 
 Quota compresa tra il 75% e il 100% del cofinanziamento      in n. .................. progetti attivati 


Effettuare una valutazione complessiva sui punti di forza e debolezza del piano territoriale sulla base dei seguenti aspetti:
-  integrazione interistituzionale:    
-  rapporto con il terzo settore:   
-  rapporto tra progettazione e attuazione:    

Osservazioni generali (a titolo esemplificativo, su: possibili ripercussioni sulle politiche istituzionali; accessibilità e flessibilità dei servizi; crescita dell'attenzione della comunità ai temi dell'infanzia, ecc.)
   
   


Allegato 1
PROSPETTO COMPOSIZIONE GRUPPO DI COORDINAMENTO DEL PIANO


  Ente di appartenenza | Funzione/ruolo nell'ente | Professionalità 
  |
  |
  |
  |
  |
  |
  |
  |
  |
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Allegato A7

ACCORDO DI PROGRAMMA PER L'ADOZIONE DEL PIANO TERRITORIALE DI INTERVENTO PER LA PROMOZIONE DI DIRITTI E OPPORTUNITA' PER L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA
Legge 28 agosto 1997, n. 285

I sindaci dei comuni dell'ambito territoriale    
I dirigenti scolastici dell'ambito territoriale    
Il direttore generale delle Azienda U.S.L. della provincia di    
Il direttore del Centro per la giustizia minorile della Regione siciliana    


Premesso:

che la legge 28 agosto 1997 n. 285 "Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza":
-  prevede l'istituzione di un fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza e demanda alle Regioni la definizione degli ambiti territoriali di intervento all'interno dei quali gli enti locali e gli altri soggetti pubblici aventi competenza nelle materie relative ai servizi ed alle azioni indicate dalla legge adottino i piani territoriali di intervento mediante accordi di programma di cui all'art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142 e successive modifiche (1);
-  che l'Assessorato regionale degli enti locali con decreto ......................................., n. ............ ha individuato gli ambiti territoriali di intervento, provvedendo altresì a definire il riparto economico delle risorse, alcuni criteri e linee di indirizzo cui attenersi nell'elaborazione dei piani territoriali;
-  che il comune .............................................................................. individuato quale capofila dell'ambito territoriale ....................................... in conferenza di servizio del ....................................... ha effettuato a partire dal ....................................... le conferenze di servizio con le istituzioni, gli enti locali e con le organizzazioni del privato sociale;
-  dato atto che in sede di conferenza di servizi del ......................................., in conformità alle direttive dell'Assessorato regionale degli enti locali, giusta designazione da parte delle Amministrazioni interessate si è costituito il gruppo tecnico di coordinamento, al fine di individuare la concreta disponibilità a partecipare alla definizione e realizzazione del piano territoriale d'intervento;
-  rilevato che è stato elaborato, sulla base delle indicazioni emerse in sede di conferenza, l'unito piano territoriale d'intervento dell'ambito territoriale ......................................., trasmesso per parere alle Amministrazioni interessate con esito positivo;
-  dato atto che sono state rispettate le indicazioni regionali contenute nella Direttiva regionale di cui al D.A. n. ..................... del ......................................., relativamente alle tipologie ammesse ed alle percentuali di cofinanziamento previste;
Tutto ciò premesso e considerato, tra le parti si conviene e si stipula il seguente accordo di programma per l'adozione del piano territoriale di intervento per la promozione di diritti e opportunità per l'infanzia e l'adolescenza, relativo all'ambito territoriale ..............................................................................:

Art. 1
Premessa

La premessa e gli allegati sono parte integrante e sostanziale dell'accordo di programma.

Art. 2
Finalità dell'accordo

Le Amministrazioni con il presente accordo approvano il piano territoriale di intervento elaborato nel rispetto dei criteri contenuti nella legge 28 agosto 1997, n. 285, e delle indicazioni contenute nel decreto assessoriale n. ..................... del ...................................................:
Finalità del piano territoriale:    
  (indicare obiettivi e priorità del piano territoriale) 


Art. 3
Articolazione del piano in progetti

Le Amministrazioni danno atto che il piano territoriale di intervento dell'ambito territoriale .............................................................................., unito al presente accordo quale sua parte integrante e sostanziale, è articolato nei seguenti progetti:
Progetto esecutivo    
Interventi previsti:    
  (indicare progetti previsti, soggetti firmatari coinvolti e articoli della legge n.285/97 di riferimento) 
   
   
   


Art. 4
Piano finanziario ed impegni delle pubbliche amministrazioni

Gli aderenti al presente accordo si impegnano a realizzare gli interventi approvati nel piano territoriale di intervento nei territori di rispettiva competenza, nel rispetto dei criteri e delle modalità definiti dal piano stesso, nonché a superare gli ostacoli di ordine tecnico-amministrativo, procedurale e organizzativo.
Il piano territoriale d'intervento dell'ambito .............................................................................. ha copertura finanziaria nel triennio secondo il seguente prospetto:

  Quota enti locali | Quota legge n. 285 | Budget totale 
      |    
  |
  |
  |
  |
   

Le parti convengono che la Regione destini al comune capofila il finanziamento previsto per la realizzazione del piano, che lo gestirà nei territori concordati fra le parti medesime.
I comuni, conformemente a quanto disposto dal D.A. n. ........................ del ................................................, si impegnano a finanziare i progetti per la quota loro spettante.
Il comune capofila assume l'impegno di seguire la esecuzione dei progetti, curandone gli aspetti operativi di realizzazione, provvedendo, altresì, alla stipula di apposite convenzioni con gli eventuali soggetti privati coinvolti nell'attuazione di progetti. Lo stesso provvede, altresì, ad assicurare l'attività amministrativa-contabile di gestione dei progetti, provvedendo anche all'attività di rendicontazione della spesa sostenuta nei termini definiti dall'Assessorato regionale degli enti locali.
Il comune capofila si impegna, inoltre, ad attivare i progetti entro 6 mesi dal ricevimento della 1ª quota di finanziamento di cui alla legge n. 285/97.
I servizi dell'Azienda U.S.L. e le Istituzioni Scolastiche dell'ambito territoriale ..........................................................................., attraverso i propri legali rappresentanti o loro delegati, si impegnano sin d'ora a partecipare, per quanto di loro competenza, a tutti i progetti indicati nel piano.
Il Centro per la giustizia minorile assicura la propria disponibilità ed ogni opportuna collaborazione alla realizzazione dei progetti previsti dal piano e la partecipazione ai percorsi proposti.
Le Amministrazioni aderenti al presente accordo si impegnano, a partecipare al gruppo tecnico di coordinamento di cui al successivo articolo 6 e ad attivare e/o mantenere forme di coordinamento a livello di ambito territoriale, assicurando la partecipazione delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale.

Art. 5
Funzioni di vigilanza

Le Amministrazioni convengono di istituire il collegio di vigilanza di cui faranno parte:    
  (indicare ente di appartenenza e componenti) 

................................................................................. con il compito di vigilare sul corretto svolgimento degli interventi previsti nel piano territoriale.
Il collegio di vigilanza, informato periodicamente sull'andamento del piano dal gruppo tecnico di coordinamento, in caso di ritardi o negligenze nella realizzazione degli interventi, provvede a darne comunicazione agli altri soggetti firmatari dell'accordo al fine di concordare soluzioni o interventi da adottare, ivi comprese le necessarie modifiche al presente accordo.

Art. 6
Gruppo tecnico di coordinamento

E' istituito un gruppo tecnico, coordinato dal comune capofila di ............................................................................................., con il compito di:
-  monitorare i servizi e gli interventi rivolti all'infanzia e all'adolescenza;
-  verificare lo stato di attuazione delle opere e degli interventi previsti dal piano sotto il profilo della efficienza e della efficacia;
-  segnalare eventuali problemi e criticità al collegio di vigilanza   ;  
-  supportare la realizzazione dei progetti e verificare i risultati del piano   .; 

-  favorire la circuitazione delle informazioni e dei risultati conseguiti dai progetti esecutivi.
Il Gruppo sarà composto da:
-  un referente legge n. 285 dell'ufficio di S.S. del comune capofila di  

-  un referente legge n. 285 dell'ufficio di S.S. per ciascun comune dell'ambito;
-  un referente legge n. 285 dell'Azienda sanitaria locale;
-  un referente legge n. 285 del Centro per la giustizia minorile;
-  due referenti legge n. 285 delle istituzioni scolastiche (nota);
-  un referente legge n. 285 delle associazioni;
-  un referente legge n. 285 delle associazioni di volontariato;
-  un referente legge n. 285 delle cooperative sociali.

Art. 7
Eventuale procedimento di arbitrato

Le vertenze che dovessero sorgere fra gli enti aderenti all'accordo di programma e che non si possano risolvere in via amministrativa, saranno definite da un collegio di tre arbitri, di cui uno nominato dal tribunale di ................................................................................................, con funzione di Presidente ed uno ciascuno in rappresentanza delle parti. Il collegio in questione deciderà secondo legge.

Art 8
Modifiche

Eventuali modifiche dell'accordo sono possibili, purché concordate unanimemente tra i soggetti pubblici in esso coinvolti e, qualora comportanti aumenti della spesa prevista, ne riportino la relativa copertura finanziaria.

Art. 9
Durata dell'accordo e sua conclusione

Il presente accordo ha durata triennale; esso si concluderà comunque ad avvenuta ultimazione dei progetti e degli interventi previsti nel piano territoriale allegato al presente atto quale sua parte integrante e sostanziale.

Art. 10
Pubblicazione dell'accordo di programma

Il comune capofila trasmetterà all'Assessorato regionale degli enti locali - gruppo XII- "Interventi area minorile" il presente accordo di programma in n. .................. copie e n. .................. floppy disk entro il termine del ................................................. Provvederà, altresì, alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana della comunicazione dell'avvenuta stipula dell'accordo di programma di approvazione del piano territoriale per l'infanzia e l'adolescenza dell'ambito di ................................................................................................ con l'indicazione degli enti sottoscrittori e con laprecisazione della possibilità di visionare la documentazione presso l'ente capofila stesso.
In fede ed a piena conferma di quanto sopra, le parti si sottoscrivono come segue:
Comune capofila    
Dirigenti scolastici    
Centro per la giustizia minorile    
Azienda sanitaria locale    
Comune di    


Allegato A8
AUTOCERTIFICAZIONE RELATIVA ALLA RENDICONTAZIONE CONTABILE DEL FINANZIAMENTO PERCEPITO EX LEGE N. 285/97 "DISPOSIZIONI PER LA PROMOZIONE DI DIRITTI E OPPORTUNITÀ PER L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA"
(D.A. n. ............ del ................................................) Piano territoriale d'intervento 2000/2002 1ª annualità fondo 2000 - Erogazione 2001

Il sottoscritto ................................................................................................................................. nato il .......................................... a ...............................................................
sindaco del comune di ................................................................................................................................................ provincia di ...............................................................,
comune capofila dell'accordo di programma .............................................................................................................................. siglato per la realizzazione del
progetto finanziato ex legge n. 285/97, dal titolo:    
   

dichiara sotto la propria responsabilità civile, penale e amministrativa che il finanziamento ex legge n. 285/97, 1ª annualità (fondo 2000/anno 2001) pari a L. ....................................................................................... liquidato con D.D.G. n. ..................... del ......................................................... a finanziamento della prima annualità del Piano sopra descritto, è stato utilizzato come di seguito specificato:



Il sottoscritto dichiara che la documentazione (in originale o copia conforme) comprovante le spese sostenute è disponibile presso la sede del proprio ente, per eventuali controlli. In fede.

  ................................................................................................... ................................................................................. ............................................................................................. 
  (luogo e data) (timbro ente) (firma) 


Il Responsabile del procedimento    
Il Responsabile dell'istruttoria    

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FRANCESCO CASTALDI: Direttore responsabile                               MARIA LA MARTINA: Redattore

Ufficio legislativo e legale della Regione Siciliana
Gazzetta Ufficiale della Regione
Stampa della Tipografia Pezzino & F.-Palermo
Ideazione grafica e programmi di
Michele Arcadipane

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