REPUBBLICA ITALIANA
GAZZETTA UFFICIALE
DELLA REGIONE SICILIANA

PARTE PRIMA
PALERMO - VENERDÌ 28 GENNAIO 2000 - N. 4
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ASSESSORATO DEI BENI CULTURALI ED AMBIENTALI E DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE


DECRETO 28 dicembre 1999.
Dichiarazione di notevole interesse pubblico dell'area comprendente la Valle del Fiume Cassibile, Bosco di Baulì, Cava Giorgia, Cava Sture, Cava della Contessa, ricadente nel territorio dei comuni di Siracusa, Canicattini Bagni, Noto e Avola.


Allegati

COMMISSIONE PROVINCIALE PER LA TUTELA DELLE BELLEZZE NATURALI E PANORAMICHE DI SIRACUSA

Proposta di vincolo paesaggistico della Valle del fiume Cassibile, Bosco di Baulì, Cava Giorgia, Cava Sture, Cava della Contessa a conversione ed estensione del vincolo ai sensi dell'art. 5 legge regionale n. 15/91

Verbale della commissione provinciale delle bellezze naturali e panoramiche di Siracusa redatto nella seduta del 20 ottobre 1997


L'anno millenovecentonovantasette, il giorno 20 del mese di ottobre, alle ore 10,00 si è riunita in prima convocazione nei locali della Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali di Siracusa, sita in piazza Duomo n. 14, la commissione bellezze naturali di Siracusa nominata con decreto assessoriale n. 5007 del 7 gennaio 1995 parzialmente rettificato con decreto assessoriale n. 6365 del 12 maggio 1995, così come ricostituita per il quadriennio 1995/99, convocata dal presidente dott. Giuseppe Voza con nota raccomandata n. di prot. 16493/Amm. del 4 ottobre 1997, inviata a ciascuno dei componenti della commissione.
Sono intervenuti alla riunione i seguenti componenti la commissione:
1)  dott. Giuseppe Voza - Soprintendente per i beni culturali ed ambientali pro-tempore della circoscrizione di Siracusa - presidente;
2) prof. Salvatore Russo - componente;
3) ing. Gaetano Capodicasa - componente;
4) ing. Angelo Trupia - in rappresentanza del Distretto minerario di Catania convocato ai sensi dell'art. 2 del decreto assessoriale n. 5007 del 7 gennaio 1995 - membro aggregato;
5) ing. Domenico Turibio - in rappresentanza dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste di Siracusa, convocato ai sensi dell'art. 2 del decreto assessoriale n. 5007 del 7 gennaio 1995 - membro aggregato;
6)  sig.ra Lidia La Ferla - assistente amministrativo della Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali - segretario.
Assistono alla riunione, nella sua prima fase, i seguenti dirigenti tecnici in servizio presso la Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali di Siracusa: arch. Francesco Santalucia, direttore F.F. della sezione P.A.U., dott.ssa A. Trigilia, arch. S. Cancemi, dott. A. Mamo, dott.ssa M. Musumeci, per eventuali chiarimenti ed approfondimenti che dovessero essere chiesti dalla commissione.
Il presidente, accertata la presenza dei componenti la commissione come sopra specificati, dichiara aperta la seduta invitando la commissione a passare all'esame del seguente ordine del giorno:
-  proposta di vincolo paesaggistico, ai sensi della legge n. 1497/39 della Valle del Fiume Cassibile, Bosco di Baulì, Cava Giorgia, Cava Sture, Cava della Contessa a conversione ed estensione del vincolo ai sensi dell'art. 5 della legge regionale n. 15/91;
-  varie ed eventuali.
Introduce l'argomento il presidente, dott. Voza, il quale enuncia alla commissione che il vincolo che si viene a proporre nasce da due ordini di motivi: 1) la necessità di tutelare un patrimonio culturale ed ambientale di notevole valore, quale è la Valle del fiume Cassibile; 2) la necessità di estendere la tutela, ai sensi della legge n. 1497/39, all'area compresa nel vincolo di immodificabilità temporanea, ex art. 5 della legge regionale n. 15/91, denominato Cava Georgia, Cava Sture, Cava della Contessa, di prossima decadenza.
Infatti, il sistema di cave sopra citate inserite all'interno del bacino idrografico del fiume Cassibile mantiene le stesse caratteristiche morfologiche e vegetazionali, di grande interesse paesaggistico e naturalistico, tipiche del Cassibile, che, nel tratto denominato di Cava Grande, la Regione siciliana, nel 1990, ha dichiarato riserva naturale orientata.
Il vincolo ex art. 5, troppo restrittivo e limitato nel tempo, può essere ampliato e trasfuso in un vincolo paesaggistico di ampio respiro, che abbracci un ampio tratto della zona sud dell'altipiano ibleo e si estenda nei territori dei comuni di Noto, Avola, Siracusa, Palazzolo Acreide e Canicattini Bagni.
La tipica conformazione delle cave, a forma di canyon inaccessibili, è l'habitat ideale per la flora e la fauna proprie del nostro territorio, mentre i grandi altipiani e le pianure che si estendono ai piedi del rilievo sono caratterizzati dal paesaggio agricolo tipico del siracusano, ossia, per la maggior parte, paesaggio di mandorli, carrubi ed ulivi, la cui estensione è di frequente limitata da muri a secco a confine dei lotti fondiari.
Questo paesaggio tradizionale, ancora integro e libero da tentativi di intensivazione ovvero di sfruttamento del territorio, presenta caratteri di omogeneità ed integrità, anche per l'appartenenza ad un unico proprietario: il marchese di Cassibile che ha mantenuto il paesaggio agricolo del secolo scorso, conservandolo fino ad oggi quasi del tutto inalterato.
L'area, inoltre, è caratterizzata dalla presenza di rocce calcaree che per la loro conformazione generano un paesaggio omogeneo ed un reticolo carsico tra i più ricchi d'Italia, con un sistema idrografico molto articolato da valle verso monte lungo il corso del fiume Cassibile, dal quale si dipartono numerose ramificazioni, alcune delle quali già esplorate come Grotta Monello, Genovese, Chiusazza, ed altre indicate sulle mappe predisposte nelle pubblicazioni dell'università di Catania e di alcuni gruppi speleologici.
Il bacino idrografico del fiume Cassibile viene alimentato, lungo tutto il percorso, da numerose sorgenti, per cui, anche se una parte delle acque viene prelevata dall'ENEL per essere utilizzata per la centrale elettrica ed una parte viene prelevata per soddisfare le esigenze idriche per la conduzione agricola dei fondi del marchesato, il fiume è ugualmente ricco di acque e non si ha una sensibile diminuzione dell'entità di portata del bacino. Inoltre né il bacino del Cassibile, né i bacini torrentizi limitrofi sembrano presentare problemi di inquinamento, come rilevabile dallo stato di salute della vegetazione ripariale, che si presenta sana e rigogliosa, proprio perché nelle zone a monte non ci sono né insediamenti industriali né urbani. Conferma, infatti, l'ing. Turibio, che gli unici insediamenti abitativi sono le masserie che per la maggior parte sono state trasformate in aziende agrituristiche, in considerazione anche della loro dislocazione. Nell'area non sono previsti progetti che possano sconvolgere l'ambiente naturale, anche perché la presenza di numerosi corsi d'acqua assicura il vincolo ope legis ai sensi della legge n. 431/85.
Per quanto riguarda gli aspetti architettonici dell'area in questione, vi sono numerosi beni sparsi sul territorio, alcuni dei quali anche di particolare pregio storico, come alcune masserie, ville, i mulini su Cava Grande, che sono tuttora in buono stato di conservazione e vengono ancora oggi utilizzati per l'irrigazione e lo sfruttamento delle campagne circostanti.
Per quanto riguarda, invece, gli aspetti archeologici dell'area si ricordano i numerosi siti presenti, dal periodo preistorico al periodo medievale come la grotta Spinagallo, che si è rivelata un ricco deposito di resti paleontologici, la Grotta della Chiusazza, che ha dato un notevole contributo alla ricostruzione stratigrafica dall'età del rame a tutta l'età del bronzo, l'estesa necropoli protostorica del Cassibile, con tombe a grotticella, i numerosi insediamenti di età greca, come ad esempio quello di contrada Aguglia, e quelli di età romana; molti ipogei di epoca paleocristiana e, ancora, gli insediamenti rupestri, come la cosiddetta grotta dei Briganti e i Ddieri lungo le sponde del Magnisi, certo utilizzate a seguito dell'abbandono delle aree costiere ed al conseguente arretramento delle popolazioni verso l'interno in epoca altomedievale. Notevole è l'esistenza di numerose chiese rupestri, come S. Lucia di Mendola.
L'ing. Trupia, rappresentante del Distretto minerario, pone all'attenzione della commissione l'esistenza di alcune cave di estrazione nell'ambito dell'area per la quale si propone il vincolo, reputa più opportuno consentire di completare il piano di cava piuttosto che interromperlo, con obbligo del recupero ambientale; tale obbligo non è previsto per le cave esistenti prima del 1980, tuttavia il recupero, secondo l'ing. Trupia, può essere posto a carico del comune.
L'ing. Turibio, in rappresentanza dell'Ispettorato forestale, condivide e approva la proposta di vincolo, necessaria per la conservazione dell'integrità territoriale dell'area interessata anche dal punto di vista vegetazionale per la presenza di essenze tipiche di un'area ricca di acque che si trasformano in bosco man mano che si risale verso l'alto. Infatti, nella zona a monte del bacino si sviluppa il bosco di Baulì, di proprietà del marchese di Cassibile, che, peraltro, presenta problemi fitosanitari, legati al diffondersi della "processionaria". Inoltre, continua l'ing. Turibio, la zona è oggetto di numerosi interventi CEE, finalizzati soprattutto al rimboschimento dell'area e quindi bisogna vigilare per evitare una trasformazione agricola del paesaggio.
Il prof. Russo aggiunge che la zona è anche di interesse storico rammentando che a Cassibile venne firmato l'armistizio con le forze alleate nel 1943, che pose fine al secondo conflitto mondiale e che, in ogni caso, quella all'attenzione della commissione è una delle aree più belle della Sicilia orientale per cui l'imposizione del vincolo nasce dall'esigenza di tutelare tale bellezza, che è rimasta inalterata nonostante lo scorrere dei secoli, oltre che per le caratteristiche archeologiche e geologiche e anche per la ricchezza di elementi floristici e faunistici presenti.
Il presidente aggiunge che l'unico fattore di disturbo, a margine dell'area in argomento, in basso rispetto al bosco di Baulì, è rappresentato dall'elettrodotto, la cui presenza, per converso, scongiura gli insediamenti di tipo abitativo, che si sono sviluppati solo nella zona superiore, nei pressi di S. Lucia di Mendola, ed hanno carattere prettamente stagionale. Desta, invece, preoccupazione la vendita da parte dell'ENEL dell'impianto di prelievo dell'acqua e la sua trasformazione in S.p.A., che potrebbe comportare un degrado dei fabbricati, non più manutenzionati. Tuttavia all'interno dell'area di cui al punto 17 del piano paesistico sono presenti come ampiamente mostrato, delle valenze paesaggistiche e di unitarietà ed integrità del paesaggio degne di tutela che possono essere riportate nel piano paesistico particolare, il quale dovrà contemperare le contrapposte esigenze di conservazione e sviluppo della zona, ad esempio mantenendo e migliorando la stessa rete viabile esistente.
Infatti, come conviene l'ing. Capodicasa, una maggiore fruibilità della zona comporta inevitabilmente un miglioramento delle condizioni di viabilità, che la rendano più accessibile.
Ritiene, ancora, il presidente che bisogna cercare di mantenere l'area nei suoi caratteri originari, evitando soprattutto una sua trasformazione conseguente allo sviluppo di insediamenti di tipo alberghiero, di carattere troppo invasivo, e favorendo, invece, la vocazione agrituristica. Il vincolo ha anche lo scopo di sensibilizzare i comuni interessati affinché abbiano maggiore cura dello sfruttamento, dello sviluppo, della fruizione e conservazione di questo territorio.
L'ing. Trupia si informa sulla possibilità di potere realizzare in questa area dei pozzi, delle vasche di irrigazione e viene rassicurato in tal senso dall'arch. Santalucia che spiega che quello che si propone non è un vincolo di immodificabilità assoluta del territorio, ma un vincolo paesaggistico che pone delle regole, detta delle direttrici secondo cui, poi, si potrà operare sul territorio senza precludere che in esso possano essere realizzate opere che siano compatibili ed armonizzate o funzionali con l'ambiente in cui vanno ad inserirsi
Sottolinea il dott. Voza che la funzione della commissione provinciale delle bellezze naturali e panoramiche non è quella di bloccare lo sviluppo del territorio, di cristallizzarlo rendendolo poco rispondente alle esigenze in continua evoluzione della popolazione, ma di studiarlo per poter cercare di risolvere i problemi che esso presenta, mettere in evidenza gli aspetti degni di tutela ed armonizzare il tutto in una proposta di vincolo, i cui limiti dovranno essere certi per evitare l'insorgere di eccessivi contenziosi.
Si passa quindi ad illustrare la perimetrazione del vincolo che ripercorre e circoscrive il bacino idrografico del fiume Cassibile ed i cui limiti si attestano lungo gli spartiacque superficiali e le strade più vicine alla zona da includere nel vincolo.
Il dott. Voza propone di effettuare un sopralluogo nella zona; sarebbe auspicabile, data l'asperità e la vastità del territorio, che tale sopralluogo potesse effettuarsi utilizzando un mezzo aereo, tuttavia se tale soluzione apparisse di difficile attuazione, si potrebbe ricorrere all'uso di un fuoristrada con il quale raggiungere i punti panoramici, preventivamente individuati, da cui poter seguire il perimetro del vincolo.
Il sopralluogo viene fissato per il giorno 4 novembre 1997, alle ore 9,00 con incontro dei partecipanti presso gli uffici della forestale di Siracusa, che ha gentilmente messo a disposizione della commissione il mezzo fuoristrada.
Il presidente, alle ore 12,00, ringrazia gli intervenuti alla riunione e dichiara chiusa la seduta.
COMMISSIONE PROVINCIALE PER LA TUTELA DELLE BELLEZZE NATURALI E PANORAMICHE DI SIRACUSA
Proposta di vincolo paesaggistico della Valle del fiume Cassibile, Bosco di Baulì, Cava Giorgia, Cava Sture, Cava della Contessa a conversione ed estensione del vincolo ai sensi dell'art. 5 legge regionale n. 15/91
Verbale del sopralluogo effettuato dalla commissione provinciale delle bellezze naturali provinciali di Siracusa in data 29 novembre 1997

L'anno millenovecentonovantasette, il giorno 29 del mese di novembre, alle ore 8,30, presso gli uffici dell'Ispettorato forestale di Siracusa, a seguito di convocazione con nota prot. n. 19782/Amm. del 21 novembre 1997, si sono riuniti, per effettuare il sopralluogo nella zona per la quale si propone il vincolo, i sottonotati membri della commissione:
1) dott. Giuseppe Voza - Soprintendente per i beni culturali ed ambientali pro-tempore della circoscrizione di Siracusa - presidente;
2)  prof. Salvatore Russo - componente;
3)  ing. Gaetano Capodicasa - componente;
4) ing. Angelo Trupia - in rappresentanza del Distretto minerario di Catania convocato ai sensi dell'art. 2 del decreto assessoriale n. 5007 del 7 gennaio 1995 - membro aggregato;
5) ing. Domenico Turibio - in rappresentanza dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste di Siracusa, convocato ai sensi dell'art. 2 del decreto assessoriale n. 5007 del 7 gennaio 1995 - membro aggregato;
6) sig.ra Lidia La Ferla - assistente amministrativo della Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali - segretario.
Partecipano inoltre al sopralluogo, per eventuali chiarimenti ed approfondimenti che dovessero essere richiesti dalla commissione, i seguenti dirigenti tecnici in servizio presso la Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali di Siracusa: arch. Francesco Santalucia, direttore F.F. della sezione P.A.U., dott.ssa A. Trigilia, arch. S. Cancemi, dott. A. Mamo, dott.ssa M. Musumeci, dott. L. Guzzardi.
Lungo il tragitto che porta ai luoghi da visitare si ha modo di riprendere le argomentazioni svolte in sede di riunione della commissione in data 20 ottobre u.s., precisando che la perimetrazione dell'area da vincolare comprende un territorio ricco di biotopi naturali di particolare interesse.
E' pertanto intenzione della Soprintendenza di procedere all'emanazione di proposte di vincolo relative a bacini idrografici e il bacino del fiume Cassibile presenta tutti i caratteri che costituiscono il presupposto per la creazione di un vincolo più vasto. D'altra parte è anche vero che l'osservazione dei luoghi consente di segnalare numerosi punti di vista panoramici dai quali sono percepibili quei bruschi cambiamenti di paesaggio che sono riferibili a trasformazioni del territorio; per tali motivi la Soprintendenza ritiene opportuno procedere alla formulazione della proposta di un vincolo paesaggistico che contempli tutti gli aspetti di rilievo presenti nell'area, ai fini di una loro tutela e conservazione.
Percorrendo la S.S. Maremonti in direzione Canicattini Bagni si giunge all'altezza dello svincolo per Floridia e attraverso una stradina si giunge presso la cava di estrazione Granulati Cavasecca, contigua all'area di Grotta Monello, Spinagallo e Chiusazza, area interessata da fenomeni carsici di un certo rilievo. Si tratta di una cava dismessa in quanto non ne è stato portato a completamento il relativo progetto di coltivazione, di forte impatto ambientale perché ben visibile, soprattutto percorrendo il tratto di Maremonti che da Canicattini porta a Siracusa.
L'ing. Trupia fa rilevare che in ogni caso sarebbe sempre opportuno che le cave completassero il piano di scavo, con il fine del successivo recupero ambientale dell'area. Nel caso della Granulati Cavasecca, poiché i tecnici della Soprintendenza fanno rilevare che non si può proseguire l'attività di estrazione in quanto rischia di intercettare lo sviluppo della grotta Monello e dei fenomeni carsici presenti nell'area, l'ing. Trupia propone di consentire la coltivazione della cima.
Il dott. Voza controbatte che autorizzare un ulteriore piano di coltivazione della cava per conseguire il recupero dell'area a carico del titolare è controproducente, tanto più se la coltivazione di cava interessa la cima perché è proprio questa che si vuole tutelare in quanto essa interferisce maggiormente con il paesaggio circostante.
L'arch. Santalucia suggerisce che al recupero dell'area per integrare il paesaggio si potrebbe provvedere con i fondi POP messi a disposizione della Comunità europea dopo che la Soprintendenza di concerto con l'Ispettorato forestale ed il Distretto minerario abbia elaborato un progetto finalizzato ad una possibile utilizzazione di tale recupero (ad esempio l'area potrebbe essere adibita a laboratorio di ricerca).
Anche l'ing. Turibio ritiene che al recupero ambientale debba provvedere l'Amministrazione pubblica e non il titolare di cava, perché le finalità e lo spirito del recupero sono diverse a seconda di chi lo attua.
Ling. Trupia ribatte che qualsiasi intervento di recupero richiede l'intervento di mezzi meccanici, il cui impiego produce effetti non difformi da un'attività di cava, quindi non vede il motivo per cui al recupero non possa provvedere il titolare di cava, magari con dei progetti che ne contemplino una destinazione a fini ricreativi, visto che questa appare una soluzione auspicabile per le cave dismesse, come numerosi casi dimostrano.
Il dott. Voza, facendosi portavoce dell'opinione anche degli altri membri della commissione, condivide che la cava debba essere in ogni caso recuperata e rinvia ad altra sede la discussione sulle possibilità e sui modi di recupero, considerato che la Sezione P.A.U. ha fatto di un recupero di tal genere motivo di studio e di interesse.
Si prosegue il sopralluogo e salendo per la strada dei Cugni si giunge in vista della cava di estrazione SIFED e di un'altra cava, entrambe di notevole disturbo paesaggistico, per le quali appare inevitabile il recupero.
Spiega l'ing. Trupia che cava SIFED è una cava classica, coltivata a gradini, motivo per cui il comune di Noto ha imposto al titolare il progetto di recupero, e a questo proposito chiede all'arch. Santalucia, ai fini di un'azione di coordinamento, di suggerire le modalità più opportune per il recupero di tali cave.
L'arch. Santalucia ribadisce che il recupero ambientale si deve conseguire non solo con l'impianto di alberi, necessario per integrare l'area all'ambiente vegetazionale circostante, per ricucire lo strappo al mantello verde che ricopre questa parte del territorio, ma anche destinando l'area ad usi diversi per i quali si possono studiare ed approntare dei progetti.
Continuando lungo l'itinerario prestabilito si giunge nei pressi di "Cava Sture", una delle piü incontaminate di questa parte della Sicilia, come si ha modo di osservare da un'escursione effettuta sul posto. Dall'alto di uno dei versanti della "cava", infatti, si ha modo di ammirare un paesaggio molto suggestivo in quanto la "cava" ha una caratteristica forma a canyon, per la specificità geologica ed il regime pluviometrico presenti in zona, ed è caratterizzata da una fitta vegetazione di macchia mediterranea, con copertura massima del suolo sul versante nord della "cava", che è più protetto dai raggi solari.
Si prosegue, quindi, verso le masserie Stallaini e Cunseria attraverso una zona totalmente integra, un paesaggio tra i più incontaminati, in quanto non vi sono tracce di insediamenti abitativi, ma solo di insediamenti agricoli. Ed ancora attraverso "Cava Campana", si oltrepassa cava Gionfriddo (GIMOTER), cava estrattiva per la quale è previsto il recupero, e si arriva in vista di Villa del Seminario, nei pressi di Canicattini Bagni, zona questa che richiede una sorveglianza attenta per i numerosi insediamenti abitativi che vi si sono impiantati.
Si tratta, come asserisce il dott. Voza, di un'area molto bella dell'entroterra che è riuscita a conservare la sua autenticità perché poco conosciuta e la cui integrità deve essere salvaguardata perché costituisce un polmone verde per l'intera provincia.
Continuando il percorso si passa attraverso il bosco di lecci di Baulì con suggestive sfumature di colori del fogliame, incuneato nel paesaggio agricolo dell'altopiano circostante, coltivato a seminativo od utilizzato a pascolo, in cui gli unici insediamenti presenti sono le vecchie masserie. Inseriti nel paesaggio agricolo, si ritrovano limitati interventi edlizi per la residenza stagionale. Attraversando la zona San Marco si oltrepassa un acquedotto fine ottocento, con vasche di decantazione, ed una zona in cui si trovano evidenti presenze archeologiche, oltre ad esemplari botanici di pregio, come platani centenari, e si prosegue costeggiando il fiume Magnisi, le cui sponde sono ricche di vegetazione ripariale, ove prevale la presenza dei pioppi.
Si giunge, infine, a Cava Grande del Cassibile, nello spiazzo che funge da belvedere da dove si può ammirare uno dei paesaggi naturali più spettacolari e più scenografici, con la vista dei laghetti e della cascatella sul fondo della cava ricco di vegetazione, e della cosiddetta "grotta dei Briganti" e degli insediamenti rupestri lungo le pareti.
La conservazione di questa area, in effetti, è già assicurata in quanto dichiarata riserva naturale, per la cui gestione è stato proposto l'affidamento all'Azienda foreste demaniali della Regione siciliana. Tuttavia anche la Cava Grande è stata inserita nel perimetro del vincolo paesaggistico proprio perché si mira ad un discorso unitario che rispetti la omogeneità dei territori protetti.
L'area dell'altopiano è caratterizzata dalla presenza della gariga, ricca della presenza di numerose palme nane ed altre essenze tipiche della macchia mediterranea.
Attraverso una stradella interpoderale che costeggia la "cava" si arriva ad uno slargo da cui si può osservare il laghetto che si è formato a seguito della frana verificatasi lungo una delle pareti della "cava" stessa. Proseguendo lungo questa stradella, scendendo ripidamente dall'altopiano verso la costa, incontrando Villa Tangi, una delle poche ville stile liberty ben conservate, si arriva all'innesto con la S.S. 115 e si riprende la via del ritorno verso Siracusa.
Alle ore 14,00, il presidente della commissione, dott. Voza, ringrazia e saluta tutti gli intervenuti al sopralluogo.
COMMISSIONE PROVINCIALE PER LA TUTELA DELLE BELLEZZE NATURALI E PANORAMICHE DI SIRACUSA
Proposta di vincolo paesaggistico della Valle del fiume Cassibile, Bosco di Baulì, Cava Giorgia, Cava Sture, Cava della Contessa a conversione ed estensione del vincolo ai sensi dell'art. 5 legge regionale n. 15/91
Verbale della commissione provinciale delle bellezze naturali e panoramiche di Siracusa redatto nella seduta del 25 marzo 1998

L'anno millenovecentonovantotto, il giorno 25 del mese di marzo, alle ore 10,30, si è riunita in prima convocazione nei locali della Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali di Siracusa, sita in piazza Duomo n. 14, la commissione delle bellezze naturali di Siracusa nominata con decreto assessoriale n. 5007 del 7 gennaio 1995 parzialmente rettificato con decreto assessoriale n. 6365 del 12 maggio 1995, così come ricostituita per il quadriennio 1995/99, convocata dal presidente dott. Giuseppe Voza con nota raccomandata n. di prot. 3533/Amm. del 18 marzo 1998, inviata a ciascuno dei componenti della commissione.
Sono intervenuti alla riunione i seguenti componenti la commissione:
1) dott. Giuseppe Voza - Soprintendente per i beni culturali ed ambientali pro-tempore della circoscrizione di Siracusa - presidente;
2) prof. Salvatore Russo - componente;
3) ing. Gaetano Capodicasa - componente;
4) ing. Angelo Trupia - in rappresentanza del Distretto minerario di Catania convocato ai sensi dell'art. 2 del decreto assessoriale n. 5007 del 7 gennaio 1995 - membro aggregato;
5) ing. Domenico Turibio - in rappresentanza dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste di Siracusa, convocato ai sensi dell'art. 2 del decreto assessoriale n. 5007 del 7 gennaio 1995 - membro aggregato;
6) sig.ra Lidia La Ferla - assistente amministrativo della Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali - segretario;
Assistono alla riunione, nella sua prima fase, i seguenti dirigenti tecnici in servizio presso la Soprintendenza per i beni culturali ed ambientali di Siracusa: arch. Francesco Santalucia, direttore F.F. della sezione P.A.U., dott.ssa A. Trigilia, arch. S. Cancemi, dott. A. Mamo, dott.ssa M. Musumeci, per eventuali chiarimenti ed approfondimenti che dovessero essere chiesti dalla commissione.
Il presidente, accertata la presenza dei componenti la commissione come sopra specificati, dichiara aperta la seduta invitando la commissione a passare all'esame del seguente ordine del giorno:
-  delibera del vincolo paesaggistico, ai sensi della legge n. 1497/39 della Valle del Fiume Cassibile, Bosco di Baulì, Cava Giorgia, Cava Sture, Cava della Contessa a conversione ed estensione del vincolo ai sensi dell'art. 5 della legge regionale n. 15/91;
-  varie ed eventuali.
Prima di procedere alla delibera del vincolo in argomento, il presidente dà lettura delle relazioni tecniche che costituiscono il presupposto per la proposta di emanazione del vincolo e costituiscono parte integrante del presente verbale. Copia di tutti gli atti verrà depositata presso gli uffici della Soprintendenza dei beni culturali ed ambientali di Siracusa, per l'eventuale consultazione da parte di coloro che ne abbiano interesse.
PROPOSTA DEL VINCOLO PAESAGGISTICO DEL FIUME CASSIBILE

L'attività di tutela delle emergenze culturali ed ambientali della provincia di Siracusa non può prescindere dall'esame di sistemi omogenei di territorio superando le tradizionali forme di tutela puntiforme o di frammentarie dimensioni.
Le linee guida del piano territoriale paesistico regionale ispirandosi ad una interpretazione innovativa del concetto di paesaggio indirizzano verso l'analisi di sistemi di elementi naturali ed antropici propri di un territorio, la cui dichiarazione di interesse pubblico per le emergenze d'interesse paesaggistico discende dall'individuazione dei valori culturali ed ambientali di un territorio oltre che dall'individuazione di alcuni elementi da considerare "invarianti" nel processo di pianificazione che ne regolerà l'uso.
A questo scopo l'attuale proposta s'inserisce in un'ottica di valorizzazione e conoscenza dei beni paesaggistici costituiti dai corsi d'acqua della nostra provincia, sistemi territoriali, quest'ultimi, legati indissolubilmente agli insediamenti antropici, nelle varie epoche della storia.
Dopo la dichiarazione di pubblico interesse (come bellezza d'insieme), dell'alta valle dell'Anapo, s'intende proporre con la presente relazione la descrizione dei principali caratteri naturalistici ed antropici di rilevante interesse paesaggistico del fiume Cassibile.
Se infatti l'Anapo riveste una rilevantissima importanza per i valori culturali ed ambientali ad esso collegati, altrettanto si può affermare per il territorio compreso nel bacino idrografico del fiume Cassibile. L'Anapo ha certo esercitato una notevolissima influenza favorendo i più lontani e importanti insediamenti antropici, ma altrettanto importanti sono i rinvenimenti e le tracce legate al corso del fiume Cassibile.
Un fiume già ricordato nel "De rebus siculis" di Tommaso Fazello che descrivendo la costa del siracusano parla della "bocca" del fiume Cacipari dal greco Kaciparys, chiamato poi con voce saracina Jasibli, dove si trova a distanza di un miglio dalla costa, una fortezza dal medesimo nome edificata sulla riva del fiume; ed inoltre è possibile vedere ancora lungo il suo corso "certi acquedotti grandi" che portano l'acqua di questo fiume nel paese di Gerate.
Continua il Fazello: "Questo fiume nasce da presso Palazzolo da una fonte, che si chiama Baulì, donde correndo, riceve in se l'acque della fonte d'Amillu, d'Arco, di Baiduno e di Bella e così cresciuto, piglia il nome di Manghisi e passando poi per una grandissima valle, chiamata oggi Cava Grande, cresce per cagione di altre fonti, che sono in detta valle, delle quali alcune sono atterrate, ma anticamente per via di acquedotti, si tiravano le loro acque nel paese di Siracusa e di questi acquedotti si vedono ancora oggi molte vestigia."
Da sottolineare quel "correndo", che evidenzia la grande disponibilità di acqua del fiume e la descrizione dei numerosi sistemi di derivazione attuati attraverso acquedotti che portavano l'acqua sino al paese di Siracusa, fatto questo che, sin da epoche remote, conferma il grande sfruttamento delle acque del fiume Cassibile per gli usi civili.
Connotazione precipua del sistema fluviale del Cassibile, sia nel passato che nel presente, è data infatti dalla sue notevoli portate idriche e dall'intenso sfruttamento agricolo del suo territorio.
Fino ad epoche più recenti, quando nel 1908, la S.E.S.O. (Societa per l'energia elettrica siciliana, divenuta S.G.E.S. nel 1918 ed E.N.E.L. nel 1972) costruì una centrale idroelettrica nel tratto di Cava Grande, che convoglia per intero le acque del fiume in una condotta che si sviluppa in superficie ed in galleria sul fianco destro della cava fino al bacino di carico (manufatto questo di grande interesse architettonico) e poi, tramite la condotta forzata le conduce alla centrale dopo un by-pass di 8 Km.
L'alveo del fiume a partire dalla presa di derivazione E.N.E.L. sarebbe rimasto secco se non fosse per le diffuse sorgenti che rimpinguano via via il corso d'acqua a valle della stessa presa di captazione.
Oltre alla grande risorsa acqua, la cui importanza strategica è da sempre riconosciuta, vi è la grande risorsa ambientale offerta dalla conformazione morfologica a "canyon" del corso d'acqua, la cui suggestione ha motivato negli anni '80 l'istituzione della riserva naturale orientata di Cava Grande del Cassibile, il cui lunghissimo iter istitutivo è stato caratterizzato da numerosissime opposizioni contro il nuovo regime di regole e di usi controllati che l'istituzione della riserva comporta.
Questa Soprintendenza, nel '91, aveva individuato un'area di notevole interesse paesaggistico, ossia il sistema di Cave Georgia, Sture e della Contessa, e l'aveva sottoposto al regime vincolistico di immodificabilità assoluta, ai sensi dell'art. 5 della legge regionale n. 15/91. Oggi, a distanza di un quadriennio, se ne vuole riproporre la tutela ai sensi della legge n. 1497/39, inserendola all'interno di un programma che comprenda i corsi d'acqua principali che si dirigono dall'interno radialmente verso la costa ionica, al fine di definire aree omogenee per valenze paesistiche; procedimento, questo, prioritario nell'ottica della predisposizione del piano paesistico.
Le cave Georgia, Sture e della Contessa rivestono un'importanza preminentemente naturalistica, costituendo un importante biotopo per la presenza di una copertura vegetale di una tale densità e consistenza da ritenersi un vero e proprio esempio di vegetazione allo stato "climax", ossia allo stato di massimo dinamismo, evolutasi naturalmente in assenza di intervento antropico; presentano inoltre caratteri morfologici e geologici di grande interesse per le caratteristiche delle formazioni rocciose che costituiscono un'insieme scenografico di grande suggestione. Poiché questi tratti di cava altro non erano che parti dell'insieme morfologico del bacino imbrifero del Cassibile, appare opportuno inserirle all'interno di una perimetrazione di vincolo paesaggistico d'insieme che, tenendo conto delle "emergenze " naturalistiche ed antropiche presenti, ne eserciti la opportuna tutela.
Rilevante è il valore dell'area proposta per le valenze storiche in essa contenute, poiché vi si rinviene una delle più grandi necropoli della provincia; inoltre la permanenza di un antico feudo, quello del marchesato di Cassibile, che favorito dall'unitarietà del fondo, ha conservato un paesaggio agricolo tradizionale di importante significato storico ed etnoantropologico.
ASPETTI NATURALI DEL PAESAGGIO - LA VEGETAZIONE
Il bosco di Baulì
Benché la Sicilia sia un'isola fortemente antropizzata e benché vi sia un'intensa coltivazione agricola ed un'attiva pastorizia, localizzata specialmente. nelle zone collinari e montuose, tuttavia è ancora possibile ritrovare alcune aree, talora abbastanza estese, interessate da formazioni naturali di tipo forestale. Si tratta ovviamente delle ultime vestigia di quella che doveva essere un tempo la copertura vegetale dell'isola. Pertanto questi sono degli esempi di vegetazione relitta di notevole importanza sotto il profilo naturalistico ed estremamente significativi per lo studio dei tipi vegetazionali, nonché per l'individuazione della loro area potenziale di distribuzione e per la ricostruzione delle serie evolutive.
In particolare, il territorio siculo per la sua ubicazione geografica, geomorfologica e topografica, si presenta nel complesso come un ambiente estremamente vario ed eterogeneo sia dal punto di vista bioclimatico che geopedologico. Tutto ciò si riflette in modo particolare sulla vegetazione forestale, che si presenta abbastanza diversificata sotto il profilo fitosociologico.
Dal punto di vista geomorfologico i monti Iblei si presentano come un vasto altipiano, più o meno ondulato, che dai 986 m. di monte Lauro degrada progressivamente verso il mare.
Il fondo delle cave è generalmente occupato da corsi d'acqua a regime fluviale o torrentizio, che decorrono radialmente rispetto a monte Lauro.
Il clima diversificato di questo vasto territorio è caratterizzato dalla fascia costiera ad andamento climatico termomediterraneo secco e da quella collinare e submontana, ad andamento mesomediterraneo subumido.
Sulla base delle osservazioni effettuate da vari autori, le conoscenze sulla vegetazione di quest'area della Sicilia sono fra le più accurate, rappresentando un vasto patrimonio floristico di notevole interesse geobotanico.
Il clima riscontrato nel tratto delle sorgenti del fiume Cassibile è classificabile nella fascia mesomediterranea sub-umida e di conseguenza favorisce la vegetazione più esigente in termini edafici e di fabbisogno idrico.
Fra le varie querce, merita un cenno particolare il Quercus ilex che caratterizza la gran parte dei boschi presenti nelle contrade di Baulì, Velardo e S. Lucia. In Sicilia questa specie presenta caratteri marcatamente mesofili, costituendo al disotto di 1.000-1.100 m. dei boschi più o meno puri, in genere solo sul fondo dei valloni etnei versanti settentrionali o comunque più freschi dei rilievi.
Talora leccete si instaurano nelle stazioni collinari e submontane della Sicilia limitando il loro insediamento solo a ristrette aree interessate da particolari condizioni microclimatiche.
Su substrati calcarei a quote superiori ai 1.000 m. le leccete costituiscono invece un tipo di vegetazione zonale, perfettamente in equilibrio con il macroclima circostante.
Nel piano collinare e montano fino a 1.400-1.500 m. si rinvengono prevalentemente boschi a caducifoglie.
Si tratta in genere di querceti misti dove assieme alle specie decidue, sono frammiste spesso specie sempreverdi. In alcuni di questi querceti prevalgono Quercus virgiliana e Quercus amplifolia, specie queste marcatamente termofile, le quali si rinvengono su qualunque tipo di substrato, spesso fino quasi a livello del mare.
All'interno del territorio in esame è di notevole interesse il querceto misto della sorgente Velardo che si estende per circa un chilometro, e che attribuisce alla zona, nel periodo autunnale, il tipico aspetto di un bosco appeninico.
I boschi densi e fitti di Quercus ilex, oggi sono localizzati soprattutto in zone accidentate e poco accessibili; tuttavia esempi di questa vegetazione sono presenti pure in aree pianeggianti o collinari all'interno di riserve di caccia.
Nell'ambito ibleo, è la lecceta di Baulì la più estesa in superficie occupata, altre estese leccete sono presenti a Montegrosso e nei tratti più impervi lungo la valle del fiume Cassibile, oltre che dell'Anapo, nonché all'interno delle Cave Sture, Georgia e della Contessa.
La lecceta di Baulì, che in passato ha avuto una conduzione a fustaia, poiché non soggetta a taglio da diversi anni sta riacquistando l'aspetto sempre più intricato e fitto tipico della specie. Si segnala purtroppo il veloce diffondersi di un patogeno che si alimenta di legno, la cui presenza potrebbe in breve tempo distruggere il patrimonio forestale dell'intero bosco di Baulì.
L'alleanza presente nel territorio considerato è quella del Quercion ilicis, la cui differenziazione consiste nel non comprendere specie acidofile. Pertanto la presenza di leccete basofile è stata segnalata da vari autori nella zona in esame; in particolare l'associazione segnalata e il Doronico-Quercetum ilicis, largamente descritta nel versante orientale ibleo.
Floristicamente è proprio la presenza del Doronicum orientale che differenzia l'associazione, il cui areale di distribuzione è prevalentemente compreso nell'Europa orientale, pertanto solo nel versante ionico dell'Italia è possibile rinvenire la specie.
Altre specie arboree presenti nelle leccete sopracitate sono Quercus pubescens, Pistacia terebinthus, Phyllirea angustifolia e Rhamnus alaternus.
Il sottobosco è costituito da numerosi arbusti e liane: Rubia peregrina, Osyris alba, Pistacia lentiscus, Hedera helix, Euphorbia characias, Smilax aspera, Ruscus aculeatus, Asparagus acutifolius, Crategus monogyna, Teucrium flavium, Rosa sempervirens, Rubus ulmifolius.
Fra le specie erbacee, rappresentate soprattutto da criptofite, sono da ricordare Cyclamen repandum, Cyclamen hederifolium, Tamus communis, Asplenium onopteris, Ranunculus neapolitanus ecc.
La degradazione del Doronico-Quercetum ilicis favorisce il costituirsi di una vegetazione arbustiva con marcati caratteri xerici.
Nelle condizioni migliori questa formazione ha l'aspetto di una macchia abbastanza densa, alta fino a 2-2,5 m. A causa però del disturbo antropico causato dal taglio, dal pascolo e dall'incendio, essa è sempre più di frequente diradata.
Questa particolare macchia, che ricopre talora estese superfici, risulta caratterizzata da numerose specie termofile dell'Oleo-Ceratonion e dei Pistacio-Rhamnetalia alaterni:
-  Prasium majus, Teucrium fruticans, Olea europea, var. sylvestris, Calicotome infesta, Euphorbia dendroides, Teucrium flavium, ecc.
Vi sono pure Pistacia lentiscus, Pistacia terebinthus, Asoaragus acutifolius, Rhamnus alatemus, Daphne gnidium, Smilax aspera, Euphorbia characias, Osjris alba, ecc.
Di particolare rilievo è la presenza di Salvia fruticosa, Phlomis fruticosa e Ferulago nodosa, tipici elementi mediterraneo-orientali. Queste specie per la loro corologia e ruolo tassonomico, conferiscono una notevole peculiarietà alla vegetazione. Per quanto riguarda la loro distribuzione in Sicilia, si rileva che Ferulago nodosa è esclusiva del siracusano, mentre Salvia fruticosa è segnalata pure nel palermitano e Phlomis fruticosa si rinviene in gran parte dell'isola tranne che sulla fascia tirrenica.
Questa specie insieme ad Helichrysum scandens endemismo ibleo, permettono di differenziare una nuova associazione dell'Oleo-Ceratonion, proposta come l'associazione Salvio-Phlomidetum fruticosae.
Nelle stazioni prettamente rocciose, questa associazione si arrichisce di tipiche specie termoxerofile dei Cisto-Ericetalia, con caratteri di formazione durevole, le cui specie caratteristiche sono:
-  Thymus capitatus;
-  Erica multiflora;
-  Cistus incanus;
-  Rosmarinus officinalis.
A causa di processi di degradazione del suolo ancora più accentuati, si rinviene l'associazione Chameropo-Sarcopoterium spinosi, che costituisce una bassa gariga caratterizzata soprattutto da pulvini di Thymus capitatus e di Sarcopoterium spinosum.
L'ulteriore degrado di tale associazione favorisce la copertura ad Ampelodesmos Mauritanicus che riveste un ruolo fisionomicamente rilevante: grossa graminacea cespitosa, conosciuta in dialetto anche come "ligama" "disa" "tisu", che oltre a inserirsi in diversi tipi di vegetazione, ricopre spesso con dense ed estese cenosi le pendici di molti rilievi.
Queste cenosi, note comunemente con il nome di ampelodesmeti, sono il risultato di prolungati e profondi processi di degradazione che hanno portato alla progressiva diradazione fino alla totale distruzione, della vegetazione arborea od arbustiva che originariamente ricopriva gran parte del territorio siciliano.
A questa modifica del paesaggio vegetale hanno contribuito in particolare l'estendersi delle superfici coltivate, gli incendi, il pascolo, il taglio dei boschi e più recentemente l'urbanizzazione.
Pur essendo gli ampelodesmeti in massima parte degli stati di degradazione, essi si presentano, nel complesso stabili e durevoli, soprattutto a causa del ripetersi periodico di alcuni fattori antropici, quali gli incendi ed il pascolo.
Pertanto, si tratta di formazioni abbastanza diffuse ed uniformi a causa della loro resistenza agli incendi; dopo che il fuoco ha distrutto la loro parte aerea, già nella stessa stagione sono in grado di rigettare le foglie e riprendere la vegetazione prevenendo anche processi di erosione del suolo in seguito a mancanza di copertura vegetale.
La ripisilva del fiume Cassibile
Dallo studio condotto dall'universita degli studi di Catania, a firma Brullo ed altri (1993), si evince il seguente quadro sinottico della vegetazione osservabile lungo il fiume:
-  Querco - Fagetea;
-  Populetalia albae;
-  Platanion orientalis.
I boschi ripari attualmente rari in Sicilia, si presentano nel complesso, ben tipizzati soprattutto se compresi all'interno di cave strette e profonde che hanno contribuito alla riduzione di cause di trasformazione e degrado. La ripisilva è composta da alberi decidui ad alto fusto, legati alla presenza di suoli umidi quasi in tutto l'anno; si tratta di fanerofite estremamente specializzate, costituenti strette fasce di vegetazione che si sviluppano lungo le rive dei corsi d'acqua perenni.
Le specie arboree ripali presenti sul Cassibile sono:
-  Salix pedicellata;
-  Platanus orientalis;
-  Salix alba;
-  Populus nigra;
-  Tamarix gallica;
-  Ficus carica.
Il denso ed intricato sottobosco presente è costituito da:
-  Rubus ulmifolius, Hypericum hircinum, Nerium oleander, Vitis vinifera, Hedera helix, Crategus monogina, Rubia perearina, Rosa sempervirens, Mirtus communis.
Fra le specie erbacee si rinvengono:
-  Brachypodium sylvaticum, Carex pendula, Symphytum tuberosum, Equisetum ramosissimum, ecc.
Questa vegetazione, localizzata su suoli alluvionali ciottolosi-limosi, in condizioni ottimali occupa una striscia larga mediamente 10-50 m. abbastanza continua lungo il corso dei fiumi.
L'altezza dello strato arboreo raggiunge anche i 15 m.
L'essenza caratterizzante il corso della Cava Grande del Cassibile e il Platano (Platanus orientalis), il cui areale gravita principalmente sui territori del Mediterraneo nord-orientale ed ha in Sicilia il suo limite occidentale. Dimostra maggiori affinità con il platano individuato nelle formazioni ripali descritte nei territori mediterraneo-orientali che non con quelle del Mediterraneo occidentale.
Gli esemplari presenti che assumomo dimensioni impensabili per il consueto habitatus vegetativo assunto in Sicilia, che sono in gran parte secolari, attribuiscono al fiume Cassibile, dal punto di vista botanico, maggior rilievo dell'Anapo; infatti la particolare integrita dell'habitat del canyon di Cava Grande, nonché la particolare inaccessibilità all'uomo od agli animali, e, soprattutto, la difficoltà da parte dei patogeni, di svilupparsi su specie perfettamente sane e vigorose, ha consentito, ad oggi, l'assenza di segnalazioni di cancro colorato, ormai purtroppo ampiamente diffuso su tutti i platani dell'Anapo.
La ripisilva è strettamente connessa con i caratteri geomorfologici delle cosiddette cave, ossia con ambienti fluviali con alvei localizzati sul fondo di valli più o meno profonde e strette. I bacini dei corsi d'acqua del sistema del Cassibile appartengono a questa categoria e sono caratterizzati da una certa pendenza, per cui prevale l'azione delle acque correnti sui processi di sedimentazione dei materiali trasportati.
Queste valli, assumendo il tipico aspetto a V, sono caratterizzate dall'ombreggiamento dei versanti e da abbondanza di acqua nel suolo, creando quindi le condizioni microclimatiche nettamente più umide rispetto al territorio circostante e consentendo l'insediamento delle fitocenosi igrofile dei Populetalia albae.
In questa situazione orografica il bosco ripariale occupa tutto lo spazio golenale fluviale, lasciando poco spazio ad altre fasce di vegetazione.
Ai margini delle formazioni boschive più mesofile, in corrispondenza di stazioni particolarmente umide come quelle poste in prossimità di sorgenti o di pareti con percolamento, si rinviene una formazione affine prettamente igrofila, in cui assume un ruolo fisionomico rilevante Dorycnium rectum. Questa specie arbustivo-lianosa, legata ad ambienti ripali o comunque a stazioni soggette a periodiche sommersioni, risulta qui associata ad altre liane, quali Rubus ulmifolius, Tamus communis e Rubia peregrina.
Sempre dagli stessi autori sopracitati viene segnalata l'associazione Soncho - Cladietum marisci, di solito segnalata per gli ambienti lacustri costieri di Mazara del Vallo e per una piccola area palustre del litorale presso Pozzallo.
Lungo la valle del fiume Cassibile, in corrispondenza del Belvedere di Avola Antica, si osservano alcuni lembi di questa rara quanto peculiare vegetazione.
Essi sono localizzati sul fondo della cava, in prossimità di una sorgente che costituisce una piccola superficie impaludata. Caratterizza l'associazione la specie vegetale Cladium mariscus, grossa pianta elofita molto rara in Sicilia, la quale si accompagna a Sonchus maritimus.
Questo ritrovamento ha un certo interesse, essendo l'unica stazione dell'interno, nota per la Sicilia, in cui si riscontra questa associazione prettamente costiera.
Come si evince il Soncho-Caldietum marisci si sviluppa su una superficice aperta a contatto, nelle stazioni più rialzate con il Rubo-Dorycnietum erecti, mentre nei tratti sempre sommersi, ma con suolo più sottile a contatto con la nuda roccia, si insedia il Carici distansis-Schoenetum nigricantis; aspetto vegetazionale questo, abbastanza peculiare, rinvenuto nell'area interessata dall'associazione precedente, rappresentato da una cenosi ad elofite fisionomicamente caratterizzata da Schoenus nigricans.
Questa ciperacea cespitosa si accompagna, in genere, a Carex distans ed a diverse altre igrofite del Magnocaricion e dei Phragmitetea.
Sulla base dei dati di letteratura, la specie Schoenus n. tende in genere a formare dei popolamenti soprattutto in stazioni palustri costiere o, più raramente, dell'interno, dove si associa a specie con esigenze subalofile del Plantaginion crassifoliae e degli Juncetea maritimi.
Nel complesso, la vegetazione in oggetto si differenzia sostanzialmente dalle altre cenosi a Schoenus n. già note, sia per la sua ecologia che per la composizione floristica.
Essa viene pertanto proposta come associazione nuova, con il nome di Carici distansis-Schoenetum nigricantis, avente per differenziali Schoenus n. e Carex distans.
Si tratta di un'associazione da ascrivere al Magnocaricion, localizzata in ambienti umidi soggetti a brevi periodi di sommersione da parte di acque dolci freatiche e caratterizzati da suoli poco profondi a contatto con la nuda roccia calcarea.
Altra associazione, legata allo stillicidio di acqua dalle pareti umide e soggette spesso a temporaneo disseccamento estivo, risulta caratterizzata da diverse briofite igrofile, che formano un tappeto più o meno continuo su cui si insedia Adiantum capillus veneris, che caratterizza il peculiare paesaggio delle pareti rocciose.
L'associazione denominata Eucladio-Adiantemum rappresenta una vegetazione abbastanza esigente sotto il profilo edafo-microclimatico. Infatti, il prosciugamento della falda freatica, causato soprattutto dalla captazione delle acque, ne determina la sua rapida scomparsa.
Laddove poi, la superficie sia più o meno inclinata ed interessata da acque di scorrimento superficiale durante tutto l'anno, l'Eucladio-Adiantetum viene in genere sostituito dall'Adianto-Cratoneuretum commutati.
Quest'ultima associazione, caratterizzata dalla dominanza di Cratoneuron commutatum, cui in genere si accompagna Adianfum capillus-veneris, era stata finora segnalata solo per diverse località della Sicilia centrale e settentrionale, dove è legata a stazioni molto fresche e umide.
Nell'area iblea, dove risulta abbastanza rara e localizzata, è stata osservata solo in poche stazioni ombreggiate presso la Valle dell'Anapo e del Cassibile, in situazioni microclimatiche marcatamente mesiche.
Sulle pareti ombreggiate o in incavi delle rocce, caratterizzati da abbondante percolamento di acqua, si rinviene un'associazione basifiladi tipo termofilo, legata ad elevata umidità ambientale.
Si tratta dell'Adianto-Pteridetum vittatae, vegetazione descritta da Brullo ed altri per i Peloritani, in cui un ruolo fisionomico rilevante viene assunto da Pteris vittata, che con le sue lunghe fronde ricopre buona parte della superficie.
Abbondante è pure Adiantum capillus-veneris, oltre ad alcune briofite quali Eucladium verticillatum e Pellia endiviifolia.
L'Adianto-Pteridetum vittatae è stato rinvenuto esclusivamente nella Cava Grande del Cassibile, dove è estremamente raro.
Non è comunque da escludere la sua presenza anche in altre cave iblee, in cui probabilmente si localizza in stazioni poco accessibili.
Fra le specie localizzate in quest'area ci sono diversi endemismi tra i quali: Calendula suffruticosa, Myosotis humilis, Urtica rupestris.
La gariga
Nelle stazioni semirupestri che orlano i bordi della cava e dei suoi affluenti è spesso frequente una gariga ricca di Rosmarinus officinalis, Erica multiflora, Cistus criticus, Coronilla valentina.
Si differenzia dalle altre associazioni segnalate nel Mediterraneo centrale, per la presenza di Helichrisum scadens.
Da un transect (Trigilia marzo-aprile 97) eseguito nella zona di Cugno Mola, si rinvengono le seguenti specie caratteristiche della formazione a gariga:
-  Thimus capitatus;
-  Sarcopoterium spinosi;
-  Chaemerops humilis;
-  Rosmarinus officinalis;
-  Daphne sericea;
-  Erica carnea;
-  Cistus incanus;
-  Bupleurum fruticosum;
-  Foeniculum vulgare;
-  Asparagus communis;
-  Asphodelus aestivus;
-  Pyrus amygdaliformis;
-  Lathyrus clymenum;
-  Vicia hybrida;
-  Genista corsica;
-  Ornithogalum montanum.
La flora
Influenzata dalle vicissitudini paleogeografiche, nonché dalla notevole varietà di substrati e dalla topografia molto varia ed accidentata, le diversificate condizioni climatiche del territorio siciliano, corrispondono nel territorio, ad una ricca e differenziata presenza floristica.
Peculiare per il territorio in esame è la diffusa presenza di orchideee spontanee che contribuiscono a creare suggestione più esotica del sito ma anche la presenza più occultata, visto l'habitus tipico delle orchidee spontanee, di solito nascoste al riparo di piante d'asparago.
Il genere Ophrys è il più rappresentato, poiché ricco di forme, diffuso in prevalenza nel bacino del Mediterraneo, con circa 50 specie e sottospecie.
In genere sono piante perenni con 2 tuberi indivisi, da globulari ad ovoidali, con foglie da lanceolate a ovate, di cui le inferiori in "rosetta", le superiori più piccole e guainanti; i fiori posti nelle ascelle di bratee verdi, raccolti in una spiga lassa, in numero di 2-10, con segmenti perianziali esterni più o meno patenti, oblunghi o ovati e con gli interni più stretti e più piccoli, spesso pelosi; labello assai multiforme, simile ad un insetto, fatto apposta per garantire un interessante meccanismo biologico di trasporto del polline da un fiore all'altro.
Tab n. 1 - Elenco delle specie riscontrate (transect Trigilia marzo-aprile 1997, Cava Grande del Cassibile):
Località S. Marco
-  Ophrys speculum Link ssp. Speculum - Ofride azzurra: delle dimensioni pari a 10-15 cm; fioritura compresa nei periodi febbario-maggio. Segmenti esterni verdi, per lo più percorsi da due striscie bruno-viola; il superiore inclinato in avanti. Labello lungo 11-15 mm a tre lobi, con lobo centrale arrotondato, margini provvisti di peli bruni fitti e patenti, recanti al centro una chiazza glabra color blu metallico lucente, orlata di giallo;
-  Ophrys lutea (Gouan) Cav. - Ofride gialla: delle dimensioni pari a 7-30 cm.; fioritura compresa fra febbraio-giugno. Segmenti esterni verdi-oliva; il superiore rivcurvo in avanti, labello tondeggiante o oblungo, a tre lobi, papilloso, bruno con specchio grigioblu, margine giallo, glabro, largo 2-3 mm.;
-  Serapias vomeracea (Burm) - Serapide maggiore: delle dimensioni 10-55 cm.; fioritura compresa da aprile a giugno; 4-9 foglie appuntite, da lineari a lanceolate le due superiori sfumate in bruno-viola al pari delle brattee dei fiori: Infiorescenza composta da 3-10 fiori dalle grosse dimensioni. Brattee assai più lunghe dell'elmo formato da 5 segmenti petaloidi, rivolto verso l'alto. Porzione anteriore del labello brunastro-violacea, densamente e lungamente pelosa nel punto di inserzione;
-  Orchis papilionacea L. - Orchide a farfalla: delle dimensioni di 20-40 cm., fioritura da febbraio a maggio; pianta perenne erbacea. Foglie in numero di 6-10, ammassate alla base, strattamente lanceolate, erette non maculate, le superiori guainanti fin sotto l'infiorescenza. Infiorescenza dalla forma ovoidale, a 3-15 fiori, con bratte spesso purpuree, lunghe come gli ovari.
Segmenti del perianzio bruno-purpurei con nervature scure. Labello a ventaglio intero con margine ondulato di colore bianco ma più spesso roseo o rosso carminio, spesso segnato da un motivo rosso scuro.
Località Avola antica
-  Ophrys fusca Link ssp. fusca - Ofride scura: delle dimensioni di 10-40 cm.; fioritura da marzo a maggio. Segmenti esterni molto larghi, verde giallognoli. Labello oblungo, misurante 13-23 mm., trilobato, color rosso-bruno, scuro con stretto margine giallo, rivestito di pelo vellutato; lo specchio diviso in due parti, è grigio-blu o blu-viola;
-  Orchis italica - Omini nudi Poir: delle dimensioni 20-40 cm.; fioritura da marzo a maggio, pianta perenne erbacea. Con 5-8 foglie, la maggior parte ammassate a "rosetta" alla base; infiorescenza ovoidale lunga 3,5-6,5 cm., densa fiorente dal basso verso l'alto. Brattee percorse da una nervatura, membranose.
Segmenti dal perianzio rosa con striscie più scure appuntiti unilaterali formanti un elmo. Labello 12-16 mm. di colore rosa o bianco, con punti rossi profondamente trilobato; il lobo mediano diviso a sua volta e tra i due segmenti un dentino appuntito e prolungato. Tutti i segmenti del labello sono linaeri ed appuntiti; sperone sottile, rivolto verso il basso, lungo circa la metà dell'ovario.
I biotopi
I biotopi, interpetrati come siti complessi in cui coesistono rilevanti elementi del paesaggio fra loro integrati, quali geomorfologia, presenza di flora, fauna e vegetazione di particolare interesse, specie se endemica ovvero specie in via di estinzione, sono oggetto di misure di tutela specifiche, che preservano la loro peculiarietà, dinamica evolutiva e rappresentatività.
L'individuazione dei biotopi inserita nelle linee guida del piano territoriale paesistico regionale, riguarda i siti di Manghisi, Cava Grande del Cassibile, Cave Sture, Georgia e della Contessa.
Infatti per motivazioni differenti si individuano, all'interno del sistema territoriale del fiume Cassibile, tre aree, all'interno delle quali risultano prevalenti gli aspetti faunistici, nel caso del Manghisi, biotopo classificato omogeneo, per la presenza di rapaci diurni e notturni, già vincolato ai sensi della legge n. 431/85, art. 1, 1° comma.
Inoltre, per gli aspetti della vegetazione naturale, il biotopo risulta identificato come importante stazione di sclerofille sempreverdi.
Il biotopo del Cava Grande del Cassibile, dichiarato già dal 1988 riserva naturale orientata, per la complessità di elementi sia geomorfologici, che floristici e vegetazionali, costituisce un habitat di foresta di ripisilva a salici e platani; è infatti importante stazione di ripisilva a Platanus orientalis con presenza di esemplari imponenti del diametro di m. 1,50.
Ed infine il biotopo di Cave Sture, Georgia e della Contessa, cave di notevolissimo interesse geomorfologico, con presenza di macchie di sclerofille sempreverdi, aspetti delle formazioni di ripisilva, attualmente sottoposte a tutela ai sensi dell'art. 5 della legge regionale n. 15/91.
Dalla ricognizione dei siti eseguita si rileva il mantenimento dei valori peculiari che ne hanno determinato la perimetrazione e che vengono riportati nella presente proposta di vincolo in quanto elementi "invarianti" per la futura pianificazione paesistica.
ASPETTI GEOLOGICI, GEOMORFOLOGICI, IDROGEOLOGICI
L'area interessata dalla proposta di vincolo in questione costituisce una parte del margine sud orientale dell'Altopiano Ibleo ed è caratterizzata da una morfologia ad ampi terrazzi solcati da profonde incisioni fluviali ("cave") nel suo settore orientale e da una fitta e più superficiale gerarchizzazione dei corsi d'acqua, nel suo tratto di monte, ad ovest.
Il paesaggio che ne deriva, già individuato ed ampiamente illustrato nelle "Linee guida del piano territoriale paesistico regionale", è quello tipico dell'Altopiano Ibleo e risulta qui corredato di componenti primarie (strutturanti) riconducibili principalmente alle voci "l" ed "m" delle suddette linee guida (aste fluviali principali e rami fluviali secondari), subordinatamente alla voce "a" ("costa"); occorre inoltre segnalare, anche se ciò non risulterebbe di stretta competenza di questa Soprintendenza, la presenza di componenti secondarie (caratterizzanti), riconducibili alle voci "b" (pianure) e "g" (convergenze e focalizzazioni). Le particolarità naturalistiche (grotte, inghiottitoi, sorgenti, ecc.), che verranno di seguito illustrate, costituiscono certamente elementi di qualificazione (componenti terziarie) dell'area oggetto della presente proposta di vincolo, della quale essa risulta particolarmente ricca.
Fra i numerosi riferimenti bibliografici ai quali si è attinto, fra cui opere di viaggiatori, di naturalisti e di studiosi in genere, risulta essere specifica la pubblicazione di Giuseppe Cugno titolata "Cavagrande del Cassibile" ed edita a cura dell'Ente fauna siciliana nel 1993, in quanto caratterizza in modo esauriente la suddetta cava nel contesto geologico, geomorfologico ed idrogeologico, fornendo, fra l'altro, utili informazioni di carattere naturalistico generale.
Analizzando gli eventi morfogenetici che hanno prodotto la configurazione orografica attuale, occorre illustrare preliminarmente la successione litostratigrafica dei luoghi, che prevede la presenza in basso di un'alternanza calcareo - marnosa dello spessore di circa 150 metri seguita, in alto, da potenti banchi di Calcareniti bianco-giallastre (Formazione Palazzolo), spesse anch'esse circa 150 metri, risalenti al Serravalliano-Tortoniano, coronate dai Calcari ad Alghe della formazione monti Climiti (membro dei Calcari di Siracusa), potenti 100 metri. Un discontinuo banco di Calcareniti bianco giallastre fossilifere testimonia un'ingressione marina nel Pleistocene inferiore, mentre la coltre alluvionale diffusa nella spianata che degrada verso mare è il prodotto della sedimentazione combinata fra i vari corsi d'acqua che qui pervengono da monte e l'attività modellatrice del mare.
La successione litologica sopra citata, prevalentemente lapidea, è stata interessata, dal Miocene al Pleistocene, da episodi tettonici particolarmente intensi (soprattutto durante il Pleistocene) che hanno determinato la frammentazione dell'ammasso roccioso secondo le principali linee di rottura crostale, che risultavano qui avere una componente principale orientata NW-SE e, subordinatamente NE-SW. Su tali direttive si sono impostate, in quanto aree di particolare erodibilità, sia le principali aste fluviali della zona (NW-SE) che la linea di costa (NE-SW), migrata progressivamente dall'entroterra verso mare attraverso un'alternarsi di oscillazioni marine legate ai periodi glaciali-interglaciali medio-Pleistocenici (ne sono testimonianza antiche linee di battente, gradini morfologici e fori di litofagi che oggi si ritrovano a ridosso della paleofalesia che rappresenta il margine ibleo). E' il caso di citare la Grotta Spinagallo quale testimonianza di antichi ingrottamenti costieri abitati da macrofauna pleistocenica costituita da elefanti nani ("Elephas melitensis", Elephas falconeri"), volpi, uccelli, ecc. (Accordi et. alii, 1959).
Prodotto geomorfologico dei suddetti processi è un allineamento (NW-SE) dei principali corsi d'acqua (sistema fiume Magnisi-Cassibile, Cava della Contessa, parte di monte di Cava Sture, Cavadonna, solo per fare qualche esempio) intersecato da un sistema secondario di affluenti ad andamento NE-SW (Cava Buongiorno, Cava Putrisino, area di valle di Cava Sture, Valle Olivella, ecc.) e dalla linea di costa attuale ed antica.
Il paesaggio che ne deriva risulta essere molto suggestivo, in quanto i processi erosivi fluviali si sono spinti nel tempo fino a produrre veri e propri "Canyons", con profonde gole in molti casi del tutto inaccessibili e pareti a picco di altezza complessiva dell'ordine delle centinaia di metri, come nella Cavagrande del Cassibile, dove il dislivello fra il ciglio della cava ed il fondovalle raggiunge i 300 metri, ma anche a Cava Sture o a Cava Campana o nel tratto terminale di Cava della Contessa, dove il dislivello è minore, ma l'effetto scenografico non è certamente da meno. Una morfologia così articolata ha dato luogo alla creazione di nicchie ecologiche del tutto indipendenti dal resto del territorio, con un microclima, una vegetazione ed una fauna rimasti immutati nel tempo in uno degli ambienti più integri della Sicilia.
Volendo fornire sintetici cenni sull'idrogeologia della zona, occorre dire che quasi tutto il settore orientale dell'Altopiano Ibleo è costituito geologicamente da terreni carbonatici spesso intensamente fratturati, che consentono la rapida infiltrazione delle acque piovane e l'instaurarsi di numerose falde idriche a!l'interno di un "acquifero" di vaste proporzioni.
La particolare ricchezza d'acqua della zona è testimoniata dall'abbondanza sia di incisioni fluviali a regime permanente (sistema del fiume Magnisi-Cassibile, Cavadonna, ecc.) che dalla frequenza di manifestazioni sorgentizie, oltre che dalla particolare densità di cavità carsiche, molte delle quali ancora in attività.
Alcune di queste sorgenti, già conosciute in passato, sono state captate ed utilizzate; altre hanno ancora oggi una propria denominazione, come Fontana Velardo e Fontana Saracena per restare nell'ambito del fiume Magnisi, mentre un gran numero ne viene segnalato dal Cugno lungo la gola del Cassibile e difficilmente accessibili.
Sempre lungo le aste fluviali molto incise (Cavagrande del Cassibile, Cava Sture, Cava Campana, ecc.) è possibile osservare le cosiddette "Marmitte dei Giganti", scavernamenti di forma semisferica prodotti dall'azione erosiva dei ciottoli trasportati dall'acqua con moto vorticoso.
Nel contesto tettonico ed idrogeologico sopra descritto, è risultato particolarmente favorevole, già in epoca Plio-pleistocenica, lo svilupparsi di un reticolo carsico fra i più articolati e ricchi della Sicilia, come prodotto dell'infiltrazione delle abbondanti acque meteoriche dei periodi interglaciali all'interno dell'ammasso carbonatico, attraverso il complesso sistema di linee di frattura che si andavano producendo in quel periodo, come già detto.
Gran parte delle cavità carsiche della zona è stata oggi censita e mappata dai vari gruppi speleologici operanti nella Sicilia orientale ed è stato per l'occasione consultato l'elenco catastale delle grotte della provincia di Siracusa curato dal Centro speleologico etneo ed aggiornato al dicembre 1990, che ha fornito dati relativi alle grotte che di seguito vengono così elencate: la grotta Monello o Perciata, che, ricchissima di stalattiti, stalagmiti, colonne, vele e svariate forme carsiche, presenta uno sviluppo di circa 200 metri ed un dislivello massimo di 32 metri dal p.c.; già oggetto di perimetrazione dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, che l'ha inserita nel Piano regionale parchi e riserve, presenta uno sviluppo non del tutto ancora noto ma certamente più ampio di quello rilevato; la già citata Spinagallo, ricca di fauna Pleistocenica, la Quartararo, la Giovanna, la Chiusazza, con uno sviluppo di 190 metri circa e due accessi, la Genovesi I e la Genovesi II, la grotta del Conzo, tutte di interesse archeologico, la Grotta della Bomba ed il gruppo di grotte denominate Moscasanti, nell'omonima località.
Della grotta dei Briganti, sita lungo la Cavagrande del Cassibile e ben visibile nella zona dei "laghetti", si fà altresì menzione in un pieghevole illustrativo curato dall'Ispettorato ripartimentale delle foreste di Siracusa.
Le restanti, mappate nell'allegata carta tematica (tav. 2) e concentrate soprattutto in contrada S. Marco, sono state ubicate sulla scorta della consultazione della "Carta della vulnerabilità delle falde idriche" curata dall'Istituto di scienze della terra dell'Università di Catania e dal Consiglio nazionale delle ricerche ed in parte verificate di presenza. La grotta di S. Lucia, ubicata nell'omonima contrada e compresa all'interno del sito archeologico di S. Lucia di Mendola, presenta un accesso a pozzo piuttosto profondo, oggi cautelativamente chiuso con grate.
Oltre alle grotte sono presenti numerosi inghiottitoi, quasi tutti ancora attivi, molti non conosciuti né mappati, alcuni dei quali individuabili poiché determinano l'improvviso impoverimento, o talora la scomparsa, della portata dei corsi d'acqua; il più noto si trova sul tratto terminale della Cavagrande del Cassibile, e probabilmente contribuisce ad alimentare le numerose sorgenti sottomarine diffuse lungo la costa da Fontane Bianche al lido di Avola; altro inghiottitoio è stato scoperto di recente in occasione di sopralluoghi effettuati a Cava Giorgia, nel suo tratto terminale, ed è venuto alla luce a seguito dell'asportazione, a carico di ignoti, del materasso alluvionale del torrente che ha messo a nudo il substrato calcareo della valle; le considerevoli dimensioni (presenta un diametro di un metro circa) consentono sicuramente l'abbattimento della portata del torrente, anche nelle fasi di piena.
Per concludere, è il caso di segnalare una particolare forma carsica che si trova fra contrada della Contessa e contrada Olivella, lungo il tratto dove il vallone Olivella si apre sulla pianura sottostante; si tratta di una grossa voragine del diametro di 40 metri circa della profondità stimata intorno ai 15 metri, che accoglie interamente le acque del suddetto vallone convogliandole in un inghiottitoio al suo interno e restituendole diverse centinaia di metri più a valle. Considerato che non sono state trovate citazioni bibliografiche del fenomeno, alla luce dei primi sopralluoghi effettuati, la forma è riconducibile probabilmente a ciò che resta di un'ampia grotta alla quale è franato in passato il tetto, verosimilmente piuttosto sottile e che recepisce, ora come allora, le acque del vallone Olivella.
ASPETTI ANTROPICI DEL PAESAGGIO
I siti archeologici
L'area perimetrata per la proposta di vincolo del fiume Cassibile comprende numerosi siti archeologici di varie epoche, da età preistorica ad età medievale. In particolare sono di età preistorica: gli insediamenti in grotta di Spinagallo (anche importante deposito paleontologico), Giovanna, Monello e Chiusazza (questi ultimi importanti sotto il profilo delle frequentazioni durante l'età dei metalli) e le tombe a grotticella artificiale dell'età del bronzo di Orto Stallaini, Piano Milo, Case Valvo, Cava Palumbo, Manghisi, Case Judica, Mezzo Gregorio, Baulì e Deddera. La più importante di queste necropoli e quella detta del Cassibile, di scenografica bellezza, ubicata sui Cugni: Mola e Serrapalazzo, che fiancheggiano il corso del fiume Cassibile nel tratto in cui si immette nella pianura e che si estende fino a Cugno Croce. E' per estensione, con le oltre 2000 tombe, oggetto di indagini da parte di P. Orsi nel 1897 e nel 1923, la più grande necropoli protostorica siciliana dopo Pantalica.
Si inquadra cronologicamente nell'età del bronzo finale (1050-850 a.C.), ma esistono testimonianze di vita dall'età del bronzo Tardo all'età del ferro II.
Sono invece di età greca alcuni interessanti insediamenti siti lungo corsi fluviali nell'altopiano, soprattutto ai margini dello stesso presso le cave o lungo le antiche vie di collegamento, tra questi insediamenti si ricordano Punta Gallina, Feliciazzo, Pianette, Mezzo Gregorio, Testa dell'Acqua e Aguglia.
Le testimonianze di età romana e bizantina sono piuttosto abbondanti in questo territorio e in particolare nei siti di monte d'Oro, Stradicò, Giordano, Cava Miranda, Casa Romano, Cugno Lupo, Cava Petracca, Cava Secca, Ciaramiro, Guardioli, Santalania, Canzeria, Acquedotto Nettuno, Mezzo Gregorio, Stallaini, Baulì, Cozzo Tondo, Cinque Porte, Pianette, S. Lucia di Mendola, S. Marco, Saraceni, Cava Putrisino. In molti di essi sono comprese necropoli rupestri di età tardo/antica caratterizzata da piccoli ipogei catacombali e loculi di tipo siculo/bizantino. Ma non mancano i complessi rupestri abitati di età alto medievale che mostrano chiari segni di riutilizzo in più fasi. Nell'area della Cava Grande, in modo particolare, sono la c.d. "Grotta dei Briganti", che appare "incastonata" nel versante nord e, nel versante sud, l'insediamento dei Ddieri (dal nome di origine araba), dislocato in più piani collegati con stretti cunicoli che superano il grande dislivello. E' dall'emergere sub divo di questi insediamenti, che sarebbe sorto l'abitato medievale di Avola vecchia.
Le presenze medievali sono soprattutto attestate nella zona occidentale del territorio, nel comune di Noto. Si ricordano soprattutto gli abitati rupestri dei DDieri di Baulì e i complessi di contrada Pianette e S. Lucia di Mendola.
Tutti questi siti archeologici, con i resti sparsi nell'altopiano e i monumenti o complessi ipogeici rupestri documentati soprattutto lungo le Cave, arricchiscono le valenze storiche e paesaggistiche di questo territorio, che per tutta l'età greco/romana e medievale è caratterizzato quindi da un insediamento sparso, per lo più legato alle attività agricole dell'altopiano, così come testimoniano una serie di manufatti, quali macine, frantoi, condutture idriche scavate nella roccia e pozzi .
Cenni storici del feudo di baulì e del marchesato di cassibile (ex feudo)
La storia di questo territorio e delle sue acque è in gran parte legata alle vicende di due grandi feudi: quello di Baulì e quello del marchesato (ex feudo) di Cassibile.
Dell'ex feudo di Baulì, confinante con S. Maria dell'Arco e S. Lucia si hanno notizie a partire dal 1392; infatti a partire da quell'anno il feudo risulta intestato a Giaimo di Alagona; la successione del titolo di feudatario, passò nel 1392 a Rainaldo Landolina. Nel 1517 risulta intestato alla Belladama Alagona, Baronessa di Leonforte, fino all'anno 1527 durante il quale viene attribuito a Giovanni Branciforte.
Le prime notizie sull'istituzione del vasto feudo di Cassibile risalgono ai tempi di Re Martino d'Aragona il quale concesse a Giacomo D'Ariccio, la baronia di Cassibile.
Re Martino il giovane concesse al barone di queste terre la proprietà delle acque dell'omonimo fiume.
Altri feudatari succedutesi al D'Ariccio furono i Branciforte, principi di Butera ed in ultimo la famiglia Loffredo, già baroni di Cassibile.
Nel 1797 il Re delle due Sicilie, Ferdinando di Borbone, concesse a Silvestro Loffredo il titolo di marchese del feudo di Cassibile.
In tempi recenti, fra il 1908 ed il 1974, marchesa del feudo di Cassibile fu Maria Emanuela Pulejo; attuale discendente è il marchese Silvestro F. Gutkowski Pulejo Loffredo; attualmente l'ex feudo, nella zona pianeggiante, si estende all'incirca fra il fiume e la frazione di Cassibile, mentre sulle colline iblee confina con il territorio comunale di Noto.
Alcune fra le località comprese in questo marchesato sono Cugno Zagaria, Cugni di Cassaro, Cugni di Mola, Muraglia, Cozzo Spineta, Cugni di Ragusa, Valle di Mare, Fontane Bianche, Stradicò, 50 salme, 22 salme, 30 salme. Questi ultimi appezzamenti corrispondono per l'esattezza al numero delle salme indicate nella denominazione; tali superfici agrarie sono diventate nel tempo, veri e propri toponimi.
Questa estensione di proprietà del feudo è attualmente di poco inferiore rispetto alle dimensioni del passato, comprendendo ancor'oggi le località sopracitate. In particolare la zona interessata dalla Cava Grande del Cassibile, in contrada Stradicò, di proprietà del Marchese, ha un'estensione pari a circa 800 ettari e provvede al soddisfacimento delle esigenze idriche del fondo attraverso le acque derivate dal fiume Cassibile, regolarmente concesse dagli organi competenti in quantità pari a circa 478 l/s per irrigare circa 600 ha di superficie.
Il prelievo dell'acqua avviene per la massima parte allo scarico della condotta della centrale idroelettrica E.N.E.L. di Cassibile che, attraversando una fitta rete di canalizzazioni, provvede all'irrigazione del fondo.
All'interno della contrada Stradicò sorge il borgo di Cassibile oltre a numerosi fabbricati rurali sparsi nel fondo che comprendono alloggi per i contadini, stalle, magazzini, depositi vari ecc. ancora in uso ed in buono stato conservativo, quasi tutti forniti di cisterne per la raccolta dell'acqua piovana; vi è inoltre una notevole viabilità interna costituita da una serie di stradelle poderali a fondo naturale, che attraversano il fondo in tutte le direzioni.
Il fondo si presenta per la gran parte, come una grande proprietà latifondistica condotta direttamente dal proprietario in economia diretta con figure di salariati, ad eccezione di alcuni tratti di agrumeto, e di ortaggi, condotti a mezzadria o in affitto.
Inoltre i numerosi allevamenti zootecnici presenti, in particolare il mantenimento di un notevole numero di capi di bovini, bufali, equini, pecore e capre, il cui latte viene caseificato nella stessa azienda per la produzione e la vendita, accentuano il carattere di azienda agricola di tipo tradizionale, nella quale la gestione dell'attività agricola segue solo parzialmente i ritmi intensivi imposti dalla competizione del mercato. Pertanto grazie a questo tipo di conduzione, il territorio agricolo ha mantenuto nel tempo gli elementi del paesaggio agrario tipici della zona, oggi quasi del tutto integri, avendo conservato gran parte dell'immagine che doveva avere nel secolo scorso.
L'agricoltura
Se la tipica conformazione delle cave, a forma di canyon inaccessibili, è habitat ideale per la flora e la fauna proprie del nostro territorio, i grandi altipiani e le pianure che si estendono ai piedi del rilievo sono caratterizzati dal paesaggio agricolo tipico del siracusano, ossia, per la maggior parte, paesaggio di mandorli, carrubi ed ulivi, la cui estensione è di frequente limitata da muri a secco a confine dei lotti fondiari.
Questo paesaggio tradizionale, ancora integro e scevro da tentativi di intensivazione ovvero di sfruttamento del territorio, presenta caratteri di omogeneità ed integrità, anche per l'appartenenza ad un unico proprietario: un marchesato che ha mantenuto il paesaggio agricolo del secolo scorso, conservandolo ad oggi quasi del tutto inalterato.
Territorio questo, che si potrebbe idoneamente definire come "terra dell'olio e del mandorlo" ovvero "paesaggio dell'olio"; definizioni queste descrittive del carattere e delle peculiarietà strutturali e paesistiche di una zona produttiva rinomata del siracusano.
Il territorio dell'ex marchesato rappresenta ancora uno straordinario coacervo di "natura addomesticata", cultura e costumi sociali locali, creato nell'arco di secoli di storia, sulla scorta di un clima particolarmente mite, di un territorio fertile e della cultura latifondistica dei proprietari.
La stessa toponomastica mantenutasi nella zona rievoca antichi usi agricoli di misura delle proprietà fondiarie locali.
Una produzione di qualità, quella olivicola, mandorlicola e casearia, che meriterebbe il marchio di riconoscimento d'origine controllata, poichè in gran parte ottenuta con tecniche agricole e conduzione aziendale tradizionali ed a basso impatto ambientale.
La stessa coesistenza di colture promiscue a carrubi, mandorli e olivi, presente in gran parte in contrada Stradicò, contraddistingue il paesaggio agricolo tradizionale, delle nostre zone.
Prendendo a prestito un'espressione del filosofo tedesco T. W. Adorno in "Paysage", si potrebbe dire che questo paesaggio ha un'evidente "espressività", attribuitagli proprio dall'azione del-l'uomo.
Ciò riguarda soprattutto le strade; la fitta rete di percorsi poderali che segnano spesso i passaggi di vegetazione, sentieri che s'intersecano sulla pianura e ordinano la campagna che, anzichè risultarne sconvolta, assecondano la visuale, "formano" il territorio.
Pur essendo un paesaggio artificiale, è la fisionomia variegata e mai uniforme delle colture che fa la differenza fra il paesaggio naturale ed il paesaggio agrario; inteso quest'ultimo come risultato di un'azione concertata sulla natura, dove nel primo prevale la vegetazione spontanea, mentre nel secondo si hanno soltanto quelle piante che l'uomo, ritiene utile coltivare. Le piante agrarie presenti appartengono al biotopo endemico di questo territorio, (Oleo-Ceratonion, associazione dell'olivo e carrubo), sono presenti da tempi immemorabili, e ne impostano il tipico assetto paesaggistico ed ambientale.
Una natura questa, evoluta secondo processi antropici qualificanti; la presenza frequente dei lunghi filari rettilinei e parallelli delle colture arboree, appaiono come "irretire" e "innervare" il terreno.
Il palinsesto riformato lascia intravedere le antiche vestigia dell'ordine pregresso, nelle fasce marginali, di bordo, lungo le incisioni fluviali, dove il disegno geometrico e compatto degli appezzamenti si sfrangia e cede il passo al libero sviluppo della gariga e dei boschi di leccio; oppure si ritrova nelle sagome imponenti dei grandi alberi secolari residui preservati nei lembi interstiziali o sparsi in mezzo alle piantagioni, che spiccano visivamente come elementi focali, conferendo forza e contrasto cromatico al monotono e livellato paesaggio agreste, custodi simbolici della intima identità e memoria ancestrale del luogo.
Sono però i filari, le strade, le saie, i muri a secco, la forma dei corsi d'acqua, che costituiscono la trame e l'intelaiatura fondamentale del paesaggio.
Essi impongono al sostrato topografico, un'ordine architettonico minimale, una fitta griglia di coordinate cartesiane tangibilmente determinate che misurano esattamente lo spazio aperto dei campi e ne formalizzano e descrivono il regime d'uso, divendendo riflesso o impronta concreta, nel paesaggio, di realtà profonde e generali d'ordine fisico e soprattutto d'ordine storico, sociale ed economico.
Le cicliche, stagionali o contigenti mutazioni o alterazioni sia dimensionali che di colore del materiale organico, rappresentano poi una sorta di orologio o calendario biologico che trasferisce ed incorpora nei caratteri percettivi del paesaggio la variabile temporale, legata alla naturale fisiologia delle piante e delle colture, quanto alle fasi ed alla programmazione delle attività agricole e delle lavorazioni.
Le campagne "belle" e produttive sono di solito, anche sane, nel senso che le componenti naturali ed antropiche del paesaggio hanno trovato un efficiente ed equilibrato rapporto che ne permette l'autosostentamento.
Laddove invece non si realizzano queste condizioni, poichè le tecniche colturali utilizzate non sono rispettose dell'ambiente, diventa compito delle istituzioni pubbliche provvedere al loro controllo e riequilibrio.
Architettura rurale e territorio
Nel corso degli ultimi anni si deve registrare un crescente interesse per la problematica attinente alla tutela del patrimonio ambientale ed architettonico esistente al di fuori dei centri urbani. La campagna con i suoi insediamenti e il paesaggio agrario, sono divenuti temi di dibattito culturale ed economico, affiancandosi a quello, ormai da tempo entrato a far parte delle grandi tematiche ambientaliste, della tutela e salvaguardia dei centri storici.
Infatti, se la necessità della protezione dei centri storici è nata dalla consapevolezza acquisita anche a livello di coscienza collettiva che tali centri rappresentano documenti di pietra dei valori della civiltà dell'uomo, come conseguenza diretta ne è scaturito che, evidentemente testimonianze e tracce della formazione e della crescita di tale civiltà sono egualmente presenti nella campagna e nei suoi insediamenti; essendo pertanto il territorio extra urbano nient'altro che il "negativo" della civiltà urbana.
Se le preoccupazioni attuali derivano dallo stato in cui oggi versa il patrimonio rurale (e per patrimonio rurale intendiamo la totale consistenza costituita da patrimonio architettonico e produttivo) risulta evidente che ogni indagine volta ad esaminare il problema ed eventualmente a poter configurare cause ed interventi, deve, alla luce di quanto detto più sopra, essere orientata alla determinazione e alla conoscenza del rapporto intercorrente tra città e campagna. In seguito alla definizione di tale rapporto e delle variazioni storiche che ha subito nel tempo si può infatti definire lo sviluppo evolutivo della civiltà stessa.
Il rapporto città - campagna
Con l'avvento dell'economia industriale il rapporto città - campagna varia, dopo aver costituito sempre, nel corso della storia, una costante nello sviluppo dell'insediamento umano. Infatti, fino alla rivoluzione industriale la città dipende strettamente, per il suo esistere, dalla campagna: non esiste contrapposizione fra questi due sistemi, ma vi è piuttosto integrazione e complementarità.
Ma in questo rapporto due gravi limiti continuavano ad essere sempre e comunque presenti: la consistenza della popolazione urbana non poteva superare una data proporzione della popolazione totale, e le città non potevano superare determinate dimensioni dal punto di vista demografico. Questi due limiti sono infatti essenzialmente la conseguenza diretta della consistenza relativa dell'eccedente agricolo. In altre parole l'interazione città - campagna si fissava e si determinava, in una equivalenza esatta, nel rapporto tra consistenza relativa della popolazione urbana ed eccedente agricolo. Tale rapporto varierà decisamente, perdendo di proporzionalità grazie ai progressi produttivi e di rendita consentiti dalla rivoluzione agricola e dall'applicazione dei metodi industriali all'agricoltura. Inoltre la facilità dei trasporti e il ribasso conseguenziale dei costi, affiancandosi all'aumentata produzione, consentono a questo punto un incremento dalla popolazione urbana e l'aumento dimensionale della città. Pertanto la rottura dell'equilibrio città - campagna, ha determinato il sopravvenuto collasso della società rurale e delle sue espressioni (da "Indagini dalla memoria" Mostra fotografica di Giuditta Conigliaro Santini - Italia Nostra sezione di Siracusa).
Processi di trasformazione del paesaggio antropizzato
Gli aspetti della campagna siracusana si colgono nella lettura delle variazioni fisiche e produttive avvenute nel tempo. Nonostante gli sconvolgimenti di questi ultimi anni causati dall'aumento della rete viaria, dall'abbandono delle dimore rurali, dall'insediamento delle industrie, gli elementi cartografici mostrano ancora tracce dell'assetto agricolo e paesaggistico dei secoli scorsi.
Alla costruzione del paesaggio altamente umanizzato hanno interagito fattori geografici, storici, antropologici e sociali, tra cui la ricchezza delle acque, un tempo superficiali, l'antichissima colonizzazione del territorio, il tipo delle coltivazioni, la struttura fondiaria, la rete stradale, le incursioni barbaresche.
Feudi antichi, capitali e dignità ecclesiastiche concesse segnarono il ripopolamento delle campagne di tutto il circondario siracusano cui seguirono un'ampia bonifica dei terreni incolti, la costruzione di masserie, ville e la restaurazione di antiche chiesette campestri (da Urbanistica rurale "La masseria" di Annalena Guidi). Lo sviluppo delle ville e delle fattorie nel territorio siracusano e ibleo subisce una battuta di arresto con il disastroso terremoto del 1693.
La ricostruzione impegnò per circa un secolo sia i feudatari che i religiosi e la gente comune fece concentrare ogni tipo di interesse verso il ripristino di un assetto politico ed economico, nonché verso la ricostruzione di quegli equilibri urbani che prima del sisma erano garantiti da marcati confini di proprietà. Quando le proprietà urbane, in special modo nelle città demaniali, raggiunsero nei confini e nelle strutture quel grado di sicurezza che già caratterizzava i possedimenti prima del terremoto, il ceto nobiliare rivolse la sua attenzione alla edificazione extra-moenia.
I lunghi anni di abbandono non consentirono di recuperare parti strutturali dei complessi architettonici precedenti. L'unico recupero possibile fu in certi casi quello relativo al ripristino dell'impianto planimetrico. Per il resto l'architettura ebbe un volto nuovo e, dove i segni precedenti erano totalmente cancellati, si realizzarono nuovi modelli architettonici.
La tipologia rimase immutata e ciò a conferma del fatto che l'impianto della fattoria fortificata anche nell'età tardo-barocca era un modello funzionale rispondente alle esigenze della nuova nobiltà.
Lo stile degli edifici fu rigido e severo e solo in rari casi accolse lo spirito libero settecentesco.
L'ondata costruttiva delle fattorie e delle ville fu particolarmente intensa dagli inizi del sec. XIX fino al 1880 circa. In tale periodo l'altopiano acrense, la valle dell'Anapo, i feudi di S. Alfano, Bibbia, Braida ecc., ritornarono a popolarsi come nel seicento e l'architettura degli insediamenti fortificati vi fiorì in maniera cospicua (da "decadenza funzionale e fatiscenza strutturale delle fattorie fortificate dell'alto piano ibleo" di Paolo Giansiracusa)
Caratteristiche tipologiche dell'edilizia rurale
Le linee guida del piano paesistico regionale individua come elementi connotanti il paesaggio siciliano, sia esso agrario e rurale ovvero costiero e marinaro, i così detti "beni isolati", costituiti da una molteplicità di manufatti di tipo civile, religioso, produttivo, estremamente diversificati per origine storica e per caratteristiche architettoniche e costruttive.
Tra la metà dell'ottocento e gli inizi del novecento la classe borghese siciliana costruisce dimore di villeggiatura, meno rappresentative, più piccole ma più funzionali, "più adatte, in definitiva, ad uno stile di vita comoda, senza eccessi di spazi e di volumi", rispetto alle grandi ville settecentesche.
Questo tipo di ville e villini, spesso caratterizzati dallo stile liberty, si ritrova sparso in tutto il territorio, in prossimità dei grandi centri lungo la costa, o, nell'interno, in località panoramiche privilegiate.
Nell'area interessata alla proposta di vincolo numerose emergenze storiche sono ancora oggi presenti, caseggiati, masserie, ville, edicole votive, mulini ecc., si alternano a paesaggi ora pianeggianti, ora scoscesi, non sovrapponendosi l'uno con l'altro, bensì integrandosi tra di loro.
Una sola dimora riveste delle caratteristiche ben definite, questa e la "masseria". Infatti con il termine masseria si vuole significare una dimora rurale di campagna, basata prevalentemente sulla granicoltura e sull'allevamento. In questo senso - largamente diffuso tra i contadini e i piccoli proprietari o affittuari o coloni - qualunque tipo di dimora rurale può essere designata come masseria, a prescindere dalla sua forma o costruzione edile. L'equivoco che può sorgere da questa interpretazione popolare è senza dubbio grave ai fini di una classificazione delle forme o tipi della dimora rurale. Si può limitare il termine "masseria" a quelle forme complesse di dimora rurale, che rappresentano il tipico frutto del latifondismo.
Elemento distintivo della masseria è il cortile, che appare ben delimitato, quasi sempre, sui suoi quatto lati, da costruzioni dalle funzioni originariamente ben definite, ad un solo piano. In genere solo su un lato la fabbrica mostra un secondo piano, oltre al piano terreno: è la parte riservata al proprietario, che vi abita solitamente per un breve periodo durante il raccolto.
Accanto a questa - denominata villa o casa di campagna - cioè sullo stesso lato o su quello direttamente opposto, il giro delle costruzioni trova una breve soluzione di continuità nella porta, alta e ad arco leggermente svasato, che immette nel cortile. La fabbrica massiccia, la relativa ristrettezza del cortile rispetto alla superficie occupata, dimostrano in modo chiaro che il cortile della masseria a differenza di quello della "cassina" lombarda, ha costituito un'area libera destinata al disbrigo di alcune faccende domestiche e al sicuro abbeveraggio degli animali stabulati. In questo cortile, cioè, come capita oggi, non si doveva effettuare nessuna operazione agricola: tutto si svolgeva nei campi, e i prodotti arrivavano qui già pronti per essere immagazzinati. Del resto il cortile della masseria è quasi sempre in ombra, è troppo stretto per un agevole movimento dei carri; il fieno stesso e la paglia dovevano essere riposti nei fienili (pagghialore), come avviene ancora oggi nelle masserie degli altipiani, per mezzo di asini che ne curano il trasporto a soma dei campi.
Così considerata, la masseria si presenta come una forma complessa, le cui caratteristiche dominanti sono da una parte l'area relativamente notevole occupata dal corpo edile, dall'altra la presenza di uno spazio racchiuso a cortile.
La masseria è sorta e si è sviluppata soprattutto nei secoli dal sedicesimo al diciottesimo, come una manifestazione del capitale, come centro di direzione e di coordinamento della produzione.
Il disgregamento del latifondo, iniziato in forma timida dall'inizio del secolo scorso, doveva ovviamente comportare la decadenza di questo tipo di insediamento, così strettamente legato a forme economiche e sociali sorpassate e anacronistiche.
Molte masserie sono pertanto decadute con l'estinzione o la quotazione dei feudi, e rimangono nell'aperta campagna come simbolo o testimonio di una struttura agraria venuta meno: lo stato di abbandono e di diroccamento, mostra il senso della decadenza dei signori feudali.
Altre, invece, costituiscono ancora un nucleo di attività agricola, ma non sono molto numerose quelle abitate da 2 - 5 famiglie di affittuari o coloni si servono solo dei magazzini, del palmento e del trappeto, mentre continuano a tenere l'abitazione nei comuni. La masseria si è pertanto trasformata spesso in un insediamento temporaneo, o nella sede di poche famiglie (dalle regioni d'Italia di Roberto Almagià vol. XVIII).
I mulini a Cava Grande
L'area interessata dalla proposta di vincolo comprende parte di territorio già sottoposto ad immodificabilità temporanea, per effetto del decreto assessoriale del 7 settembre 1993, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana del 6 novembre 1993, e poi prorogato successivamente con provvedimenti separati, ora prossimi alla scadenza.
Essa fa parte di quel complesso di incisioni che scolpiscono le zone interne del territorio di Siracusa.
L'articolato complesso di valloni, che da Cava Sture a Cava Contesa fino a Cava Giorgia configura i rilievi a nord del più conosciuto corso del Cassibile, costituisce con quest'ultimo un unico sistema morfologico di grande interesse paesaggistico.
La "Cava Grande del Cassibile", già riserva naturale, è una profonda gola, quasi un immenso canyon scavato dalle acque del Cassibile. Alla formazione di essa hanno contribuito certamente anche fenomeni di bradisismo.
E' lunga dieci chilometri, profonda, nel suo punto massimo sulla sommità della montagna di Avola, 320 metri, larga, nel punto più ampio, alla confluenza Passetti, 1.200 metri. Il fiume, con il nome "Magnisi", nasce da due sorgenti nel feudo di Baulì, a sud-est di Palazzolo Acreide. E' arricchito poi da tre piccoli affluenti alimentati rispettivamente dalle sorgenti di contrada Arco, da quella di Celso - Bancazzo da quella di Testa dell'Acqua. Lungo tutto il suo corso poi il fiume riceve l'apporto di una miriade di sorgenti che sgorgano nel fondovalle.
A partire dalla contrada Petracca la valle assume la caratteristica forma di canyon, avendo il fiume impostato l'alveo in corrispondenza dello spartiacque superficiale, conferendo al paesaggio l'aspetto di una struttura bombata incisa in cresta da un profondo solco che separa il versante destro che quello sinistro. Ed è da questo punto, e fino alla pianura costiera, che il bacino assume il nome di Cava Grande.
Il letto del fiume è caratterizzato da una serie di laghetti e marmitte, inframmezzati da gradini morfologici di varia grandezza, i maggiori dei quali sono impostati generalmente sulle faglie.
Le anse del fiume e le frane hanno formato lungo tutta la Cava, vari costoni e declivi terrosi, in alcuni luoghi quasi pianeggianti, che l'uomo ha occupato e sfruttato per viverci e per coltivare i prodotti della terra. A questa possibilità di adattamento dell'uomo alle condizioni naturali dell'ambiente si deve la presenza umana nella Cava Grande in ogni tempo, con connotazioni e caratteristiche diverse lungo il corso dei secoli e dei millenni.
Lungo la Cava, nel tratto compreso fra il Manghisi e lo sbocco nella pianura costiera, si contavano fino a qualche decennio addietro nove mulini.
Al di sopra la strada statale che collega Noto a Palazzolo Acreide, il mulino Ciranna e quello, vicinissimo alla statale, detto Magnisi, appartenuto in anni recenti alla famiglia Reale. Al di sotto della strada il mulino Pompa, che fu totalmente distrutto dalla disastrosa alluvione del 1951, il mulino Papa; il mulino di contrada Petracca, il mulino Barresi in contrada Carrubella; quasi allo sbocco della Cava sono i mulini appartenenti al marchese di Cassibile: alla sinistra del fiume il mulino Loffredo, detto anche Vecchio, alla destra, dirimpetto al Vecchio il mulino Toscano; più in basso, oltre lo sbocco, il mulino Nuovo, costruito pure alla destra del fiume. Le strutture di tutti questi mulini sono state più volte rifatte nel corso dei secoli per via delle distruzioni subite dagli impianti a causa delle inondazioni.
Poichè tali strutture sono generalmente simili tra di loro, ci si limiterà qui a descrivere il mulino Toscano e il mulino Loffredo o Vecchio, entrambi ancora in buone condizioni.
Il mulino Toscano è raggiungibile dalla strada che, per la contrada Palazzetti, conduce alla centrale ENEL. Il prospetto rivolto a nord misura circa 20 mt. e presenta un'ampia porta d'ingresso, con un arco a tutto sesto, che da nel locale del mulino vero e proprio. A destra e a sinistra ci sono due grandi finestre. Tra la porta e la finestra di destra è murato in alto lo stemma, in pietra calcarea, dei marchesi di Cassibile. La fattura è ottocentesca e risale evidentemente all'acquisto del mulino.
All'estrema destra è una porta un poco più stretta della prima, che dà in quello che era il deposito.
La macina di pietra bianca è ancora al suo posto, così come la tramoggia. Veniva ultimamente utilizzata per il grano. In passato era stata utilizzata, in alcune circostanze, anche per l'orzo.
Il mulino Loffredo o Vecchio è pure di proprietà dei marchesi di Cassibile, si parla nell'atto di investitura, avvenuto nel 1797, di Silvestro Loffredo, quadrisavolo dell'attuale marchese, anch'egli di nome Silvestro. La costruzione è stata più volte rifatta e restaurata nel tempo, fino all'ultimo intervento del 1944/45, quando il prospetto strapiombato in avanti dovette essere abbattuto e rifatto con finestre più grandi di quelle preesistenti. Il prospetto, rivolto a sud-est, è lungo 23 mt. circa e si presenta piuttosto articolato. Al locale centrale, nel quale è il mulino vero e proprio, si accede da un'ampia porta con arco a tutto sesto.
A destra e a sinistra, piuttosto distanziate, sono due alte finestre senza inferriate. Tra la porta e la finestra di sinistra è murato, quasi sotto la bassa grondaia, lo stemma in pietra calcarea del marchese di Cassibile. Essendo stato scolpito meno di cinquant'anni fa, lo stemma è ancora in ottime condizioni. Vi si scorgono, nella sezione inferiore, tre stelle esalobate che sormontano tre colli assai pronunciati, che rappresentano i tre cugni esistenti nel feudo del marchesato. Nella sezione superiore è un leone, dotato di ricca criniera, che, rivolto lateralmente a sinistra, con le zampe trattiene un gigantesco giglio. Il medaglione è fiancheggiato da ramoscelli di quercia e sormontato dalla corona marchionale, il cui fiore centrale si presenta parzialmente mutilo. L'interno del mulino conserva ancora le strutture quasi intatte, con ancora le due mole poggiate sul pavimento e la tramoggia di legno al suo posto. La macina, in pietra lavica, anticamente era usata per la molitura del grano. Al locale di destra, che sul prospetto ha un'ampia finestra, si accede dall'interno del mulino. Serviva come deposito per i lavori di molitura. Il terzo locale quello di sinistra, ha un ingresso autonomo e presenta un'alta finestra sul prospetto, a circa tre metri dalla porta d'ingresso, ed un'altra, piccola e squadrata, sulla parete sud, che è lunga mt. 8,50 circa. Questo locale molto vecchio e in cattive condizioni, in passato era destinato a cucina.
Con l'avvento dell'Unità d'ltalia vennero demanializzate alcune risorse naturali, che prima erano in mano ai privati, fra queste rientrarono le acque. I tre mulini del marchesato di Cassibile: il Vecchio, il Toscano e il Nuovo, furono al centro di una pluriennale vertenza giudiziaria tra la famiglia Loffredo con il comune di Siracusa prima (1874) e la SGES poi, per il diritto sull'uso dell'acqua del fiume Cassibile.
Alla fine, dopo lunghe vicende giudiziarie, la sentenza del Tribunale delle acque di Roma, emanata il 22 maggio 1935, rigettò l'appello della Società elettrica e confermò il diritto alla marchesa Pulejo a prelevare l'acqua del Cassibile secondo le modalità previste da quella sentenza.
Chiusa la questione sul piano legale e restaurati gli impianti, i mulini ripresero a funzionare tutti, fin quando qualche decennio dopo, non cessarono definitivamente l'attività (da "l'opera dell'uomo a cava grande del Cassibile" di Sebastiano Burgaretta).
Edicole votive extraurbane e viabilità rurale
Alle strutture religiose di carattere votivo possono farsi appartenere i cippi funerari innalzati in occasione di fatti luttuosi. Ancora oggi lungo le strade extraurbane si assiste al sorgere di questi cippi in prossimità del luogo in cui è avvenuto un incidente mortale. La caratteristica architettonica dei cippi funerari varia da luogo in luogo ed è quasi sempre il riflesso del gusto locale.
Nell'area oggetto della proposta di vincolo paesaggistico, così come in tutto il territorio del comprensorio ibleo, nei pressi degli incroci viari si incontrano edicole e croci aventi la funzione di rassicurare il viandante durante il suo cammino.
Le croci sono spesso realizzate interamente con pietra da taglio locale; il loro disegno è semplice e testimonia il senso di umiltà e la condizione di povertà della popolazione del luogo. Le edicole sono invece più elaborate e rivelano, attraverso nomi incisi, i propri dedicanti. La loro origine è spesso legata al voto di un ricco possidente o alla consacrazione del luogo da parte della gerarchia ecclesiale.
Le croci votive sorgono anche al centro dei fondi agricoli e testimoniano la consacrazione dei campi da parte del contadino o del signorotto possidente. La loro struttura è molto umile ed è realizzata con materiali di facile reperimento (tronchi d'albero, canne, aste di ferro, ecc.).
Ai limiti della proprietà terriera sorgono spesso edicole a nicchia o a stele le quali segnano i confini del fondo. Le decorazioni di tale edicole si ispirano alla produzione agricola locale.
Nei punti di sosta lungo una via di collegamento tra due centri urbani o nelle vicinanze di una sorgente o di una fontana sorgono spesso edicole votive aventi funzione specificatamente religiosa. Si tratta spesso di pannelli a nicchia o di altarini dinanzi ai quali i viandanti recitano le proprie preghiere.
Edicole a nicchia sorgono ai lati dei cancelli che introducono ad una proprietà privata. Tali edicole hanno la funzione di difendere la proprietà e di proteggere la famiglia che abita nel fondo. Essi sono di un certo pregio e vengono edificate fino ai nostri giorni lungo i muri che recingono la proprietà terriera.
Lungo le trazzere di campagna sorgono edicole votive di un certo pregio che danno denominazione alle contrade. Alcune di queste sono state edificate nel settecento e nell'ottocento. Nell'area in trattazione ne esistono di pregevoli edificate in pietra da taglio locale.
In alcune zone del comprensorio ibleo, spesso in prossimità degli antichi siti urbani devastati dal terremoto del 1693, sorgono edicole votive che ricordano il terribile sisma (da "le edicole votive del comprensorio ibleo" Paolo Giansiracusa).
La viabilità interna dell'area interessata dalla proposta di vincolo è alquanto variegata, essa si intreccia in un sistema articolato formato da strade provinciali secondarie alle quali si innestano trazzere in terra battuta delimitate dalla presenza di muri a secco e vegetazione spontanea.
In molte zone la viabilità attraversa vasti territori dai quali è possibile apprezzare per lunghi tratti suggestivi panorami. Grande valore paesistico assume oggi il tratto di strada denominata "Tangi" la quale da valle, attraverso un sistema tortuoso di curve, conduce al belvedere di Cava Grande in territorio di Avola. Durante la salita, da alcuni terrazzamenti posti ai margini della strada è possibile ammirare ampi scorci panoramici di indubbia bellezza, in particolare tutta la costa sud della Sicilia orientale che va da Portopalo di Capo Passero fino alla penisola di Magnisi.
Lungo la strada e nei terreni ad essa attigui, caseggiati muri a secco e vegetazione spontanea si sommano al paesaggio naturale senza sovrapporsi, costituendo quadri panoramici di notevole pregio paesaggistico.
La proposta di vincolo, così perimetrata, mira a salvaguardare tutte queste aree suscettibili di trasformazioni speculative, così da assicurare una tutela dei valori percettivi e panoramici del paesaggio, permettendone una appropriata considerazione ai diversi livelli di pianificazione e di gestione del territorio.
A conclusione della suddetta lettura, l'arch. Santalucia, la dott.ssa Trigilia, il dott. Mamo, l'arch. Cancemi, la dott.ssa Musumeci e il dott. Guzzardi si allontanano dalla sala della riunione e la commissione passa alla votazione del vincolo e alla perimetrazione dell'area da tutelare che sarà la seguente:
PERIMETRAZIONE

La perimetrazione del vincolo in argomento si diparte dall'incrocio fra la strada satale n. 287 Maremonti, nei pressi del Km. 11, e la strada provinciale Floridia - Cassibile, lato Cassibile, e prosegue verso nord-ovest seguendo la medesima direzione del tracciato stradale fino ad incontrare la balza rocciosa dove devia sulla sinistra per raggiungere e seguire un sentiero che conduce a Case Quartararo e poi verso sud-est fino alla strada statale; corre lungo quest'ultima in direzione Canicattini Bagni fino all'incrocio con la S.P. Palazzolo-Noto; devia sulla destra in direzione Palazzolo fino a poco prima del Km. 4 dove gira sulla destra lungo un sentiero che conduce ad una casa, 700 metri circa più a nord, e poi sulla sinistra per reinnestarsi ancora sulla S.S. e seguirla fino al Km. 2; qui devia sulla sinistra lungo la strada asfaltata che attraversa contrada Saracena, prosegue sulla destra, dopo appena 150 metri lungo un sentiero che, correndo in direzione sud-ovest, si affianca al limitrofo corso d'acqua per circa 400 metri deviando lungo un sentiero in direzione nord-ovest; segue quest'ultimo per poco più di 700 metri e poi devia sulla sinistra in contrada Velardo per un altro sentiero che segue per altri 800 metri circa in direzione ovest-sud-ovest, devia ancora sud imboccando un nuovo sentiero per altri 300 metri ed ancora sulla destra seguendo la strada asfaltata che conduce alla chiesa di S. Lucia di Mendola; comprende per intero l'area degli scavi archeologici, così come già sottoposta a tutela da apposito decreto ex legge n. 1089/39, e segue la strada citata fino all'incrocio con la strada Palazzolo - Testa Dell'Acqua - Avola, intorno al Km. 4 di quest'ultima, seguendola sulla sinistra fino all'abitato di Testa Dell'Acqua; qui devia sulla sinistra seguendo la strada asfaltata che corre grosso modo parallelamente a Cava Testa Dell'Acqua fino all'incrocio con la S.P. Palazzolo - Noto; imbocca questa strada fino alla zona denominata "Montanga D'Avola" e, subito dopo la masseria di località Monzello di Pietre e cisterna Buonafiglia, devia sulla destra, segue l'impluvio sottostante, percorrendo la linea di scorrimento delle acque e, sotto sorgente Miranda, risale, sempre lungo l'impluvio, ma in contropendenza, fino ad innestarsi sul sentiero che conduce ad un fabbricato nei pressi di case Romano, gira a sinistra e segue sulla destra il sentiero della forestale fino ai pressi di Case Fassio di Sopra dove, deviando sulla destra, segue l'argine di Cava Ombra, comprende Monte d'Oro e scende a valle in direzione di Case Grande, devia sulla sinistra intorno o a quota 180, segue un sentiero che conduce a Case Fassio di Sotto, scende lungo l'impluvio di Cava Tangi fino alla ferrovia, la segue in direzione Siracusa fino ad incontrare, in contrada Gallina, un sentiero che, rimarcando il tracciato della riserva di Cavagrande del Cassibile, giunge a mare; segue la linea di costa verso nord-est, si innesta su un sentiero verso nord-ovest, devia sulla sinistra per 100 metri circa lungo la strada asfaltata ed ancora sulla destra su un nuovo sentiero che riprende la S.S. 115 poco prima del passaggio a livello, attraversa quest'ultimo e arriva al Borgo di Cassibile, comprendendolo, dove devia sulla sinistra imboccando la strada per Floridia seguendola fino all'incrocio con la S.S. n. 287, operando una piccola deviazione subito dopo Case Cafici per comprendere il sito della Grotta Giovanna.
Tutto ciò esaurito e condiviso, la commissione all'unanimità

Delibera

di proporre l'inclusione nell'elenco delle BELLEZZE naturali della provincia di Siracusa, ai sensi dell'art. 1, nn. 3 e 4, della legge 29 giugno 1939, n. 1497, come bellezza d'insieme e panoramica, la parte del territorio comprendente la Valle del fiume Cassibile, Bosco di Baulì, Cava Giorgia, Cava Sture, Cava della Contessa così come descritta nella perimetrazione suddetta.
(Omissis)
Letto, approvato e sottoscritto.
  dott. Voza - presidente prof. Russo - componente ing. Capodicasa - componente ing. Trupia - membro aggregato ing. Turibio - membro aggregato sig.ra La Ferla - segretario 

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FRANCESCO CASTALDI: Direttore responsabile                               MARIA LA MARTINA: Redattore

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